Chapter 38

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Passammo la nostra ultima cena tranquilla insieme anche alla signorina Murphy, cercando di comportarci da persone normali; non mi ricordavo come si facesse o quale fosse il suo effetto, so solo che non avrei mai voluto lasciare andare la meravigliosa e fresca sensazione di libertà che mi circolava in corpo. Josephine rimase con noi anche dopo la cena, era proprio curiosa di conoscere di più Jonathan. Passarono tutto il tempo a parlare di letteratura straniera e artisti di cui non avevo mai neanche sentito il nome. Io, da parte mia, non ne ero molto interessata o attratta in quell'istante; continuavo a passarmi fra le dita il coltello che fino a poco fa mi aveva catapultato in un posto a me totalmente estraneo. La serata passò velocemente in questo modo: io che riflettevo sulle strane emozioni e sensazioni appena provate, e gli altri due che discutevano di argomenti che molti avrebbero definito da 'secchioni'.

L'ora di andare a dormire arrivò presto, anche perché non è che ci potessimo permettere di rimanere tanto svegli: ci saremmo dovuti alzare alle quattro per prendere il treno delle cinque la mattina dopo.

"Buonanotte Jonathan." Gli dissi, dandogli un bacio sulla guancia una volta che si fu infilato sotto le coperte, nel frattempo che Josephine si avviava verso le scale.

"Crystal?" Mi chiamò lei dopo aver fatto uno scalino. "Puoi venire qua un secondo?"
Mi avvicinai a lei, curiosa di cosa volesse da me. Provai a immaginarmi tutto ciò che avrebbe potuto dirmi, eppure non mi veniva in mente niente; avrebbe potuto chiedermi qualsiasi cosa, come anche augurarmi semplicemente la buonanotte.

"Vorrei che tu facessi molta attenzione quando sarete là fuori." Cominciò la donna, tenendo il tono di voce basso, in modo che Jonathan non potesse sentirci, o che al massimo sentisse dei bisbigli incomprensibili. "Tra i due sei tu quella più portata alla sopravvivenza, l'ho capito dal modo in cui hai spinto entrambi nella stanza oggi." Fece un gesto del mento verso il ragazzo, come a indicarlo. "Lui avrà l'intelligenza dalla sua, ma tu possiedi i riflessi pronti."

"Senza di lui non mi sarebbe mai venuto in mente di usare il tavolino." Cercai di difenderlo, percependo una strana sensazione; era come se stesse descrivendo Jonathan come una zavorra, un peso che avrebbe potuto portarmi dei guai molto seri.

"Non intendevo affatto dire che lui sia inutile." Provò a eliminare con quella frase tutti i dubbi che mi stavano assalendo in quel momento, anche se continuavo a nutrire lo stesso qualche sospetto. "Il fatto è che tra i due, sei tu quella che ha più probabilità di sopravvivere." Mi poggiò le mani sulle spalle, avvicinando il suo viso al mio. "Vi completate a vicenda: se tu oggi non avessi avuto i riflessi pronti di chiudervi qua, vi avrebbero scoperti subito; se a lui non fosse venuto in mente il tavolino, vi avrebbero scoperti dopo." Fece un respiro profondo, lasciandosi andare le braccia lungo il corpo e allontanandosi, facendo un sorriso sincero, pieno di affetto. "Dovete fare molta attenzione, veramente." Detto ciò, salì le scale, girandosi verso di me solo una volta che fu in cima, per augurarmi la buonanotte e sogni d'oro, perché nessuno di noi avrebbe potuto dire con certezza quando avremmo potuto dormire di nuovo tranquilli.

Non sapevo perché mi avesse detto ciò, come mai avesse insistito sul fatto che io avrei avuto più possibilità di sopravvivere. Con questi pensieri mi allontanai dalle scale, spegnendo poi le candele e andandomi ad accomodare nella mia brandina, scuotendo la testa per cercare di eliminare quei pensieri dalla mia testa.

"Ha ragione." La voce di Jonathan mi spaventò a morte, il cuore che batteva all'impazzata.

"Ma tu non stavi dormendo?" Gli chiesi, credendo che la situazione di oggi l'avesse talmente turbato e scosso da prosciugargli tutte le energie.

"Tu hai più possibilità di sopravvivere." Si poggiò su un braccio, la sua figura a malapena visibile nel buio. "Io oggi ero paralizzato, se non fosse stato per te saremmo stati scoperti."

"Jonathan, se siamo arrivati a questo punto è perché eravamo insieme." Lo rimproverai, alzandomi dalla mia brandina per buttarmi di fianco a lui, abbracciandolo più forte che potevo e lasciandogli un bacio sulla guancia. Lui ricambiò in una maniera sia grata che disperata, distendendosi di conseguenza di fianco a me, come se fosse l'unica cosa di cui avesse bisogno in quel momento per andare avanti. Nonostante la signorina Murphy avesse provato a non farsi sentire, lui l'aveva sentita lo stesso, facendolo finire in uno stato di tristezza e autocommiserazione.

"Senti Jonathan, se siamo qui è perché entrambi ci siamo aiutati a vicenda, non per altro." Premetti il volto contro il suo petto, stringendolo ancora di più, mentre tra di noi calava il silenzio, indicando che il discorso era finito lì.

Ero sul punto di addormentarmi quando Jonathan disse: "Credo di essermi proprio innamorato di te." Fece una piccola risata, poggiando poi la faccia contro la mia testa, dove vi lasciò un bacio e si addormentò.

Mille emozioni viaggiarono in me in quel momento, soprattutto per il fatto che molto probabilmente lui non credeva che io lo avessi sentito, dato che non mi chiamò in cerca di una risposta. Un sorriso ebete mi affiorò sul viso, il cuore cominciò gradualmente a pompare sempre più velocemente, il suo calore mi inondava completamente, come un coperta. Il fatto che potessi liberamente stare bene di fianco a lui, senza dover per forza essere amici, contenendo di conseguenza le mie emozioni, per evitare litigi che ci avessero separati per sempre, era la sensazione più bella che potessi provare. Ero sicura che non avremmo avuto problemi poi, in qualche modo saremmo riusciti a rimanere insieme, bastava solo che ci supportassimo l'uno con l'altra. Chiusi gli occhi con il pensiero di me e Jonathan felici, sulle spiagge di Los Angeles e circondati dai nostri amici, ridendo e scherzando come se tutto questo non fosse mai successo. Poco prima di addormentarmi, però, questi pensieri felici furono sostituiti dalla figura dei miei genitori e di mio fratello. Inizialmente li ricordai vivi, sorridenti all'aeroporto, poco prima di partire per tornare a casa dai parenti a Londra; l'attimo dopo erano morti, esattamente come nel sogno della notte prima. Non seppi come feci a cadere tra le braccia di Morfeo, l'unica cosa di cui fui sicura era che non volevo rivivere di nuovo quell'incubo orribile.

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