Chapter 40

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I nostri saluti furono interrotti da una voce meccanica che ci informava che il treno sul binario due, diretto verso Laboratory, stava per partire. Fummo praticamente trascinati dalla frenetica e impacciata presa di Christopher, che a malapena riuscì a tenere con la medesima mano me e la sua ventiquattrore. Nel frattempo che andavamo al nostro binario, ci spiegò alcune cose: tra ogni città c'è una stazione di rifornimento in mezzo; quindi, se da dove ci trovavamo c'era solo un'altra città tra noi e Laboratory, sarebbero state due quelle che avremmo trovato sul nostro percorso. Ci disse di prepararci i biglietti non appena  ci fossimo fermati, facilitando così i controlli, dato che ci sarebbero stati a ogni fermata. Dato che avremmo dovuto attraversare un numero enorme di chilometri in circa un'ora, il treno sarebbe andato a una velocità elevatissima, rendendo complicato il poter osservare il paesaggio esteriore. Dovevamo prestare molta attenzione a chiunque, oltre al fatto che dovevamo cercare di evitare il più possibile che qualcuno potesse riconoscerci.

Il treno arrivò dopo circa dieci minuti che eravamo al binario giusto, lasciandoci salire non appena si fu fermato di fronte a noi. Salirono sì e no venti persone totali, di cui poco meno della metà erano vestiti con abiti civili; tutti gli altri portavano un camice bianco che spuntava dal cappotto. Evitammo di entrare tutti quanti dalla stessa entrata, infatti Christopher usò lo sportello del vagone successivo a quello dove entrammo noi, altrimenti avremmo potuto suscitare qualche domanda da parte delle altre persone presenti a bordo. Avremmo dovuto fare praticamente tutto il viaggio da soli; mi tornò in mente quando eravamo saltati sul treno merci per scappare dai poliziotti, quando ancora credevamo di essere inseguiti per non aver fatto il biglietto, invece che per essere catturati.

Ci accomodammo sui primi posti liberi che trovammo, proprio subito dopo l'entrata da cui eravamo arrivati. Io mi misi vicino al finestrino, sperando di poter vedere qualcosa durante il viaggio; pensai che, dato che c'erano quattro stazioni a cui il treno si sarebbe fermato, e il viaggio durava circa un'ora, prima di arrivare alla prima stazione di rifornimento ci sarebbero voluti circa quindici minuti.

"Mi sento proprio entusiasta per questo viaggio." Disse Jonathan, apparendo come un bambino di fronte alle caramelle. "Non sono mai stato su un treno; almeno, non in modo legale." Fece una piccola risata, alludendo al nostro viaggio fatto qualche sera prima.

Ricambiai la risata, dandogli un piccolo colpo sul braccio e sgridandolo: "E stai un po' zitto Jonathan, non deve mica saperlo tutto il treno del nostro viaggio clandestino."

Smettemmo di ridere solamente perché avevano cominciato a girarsi verso di noi quelle poche persone che erano nel nostro stesso binario. Feci per l'ennesima volta il gesto di fare silenzio al ragazzo di fianco a me, continuando però a ridere a un volume più basso, risultando poco credibile.

"Adesso veramente, smettiamola, dobbiamo mantenere un profilo basso." Jonathan annuì, questa volta smettendo veramente di ridere, ma mantenendo un sorriso divertito sul viso. "Davvero non sei mai salito su un treno?" Chiesi curiosa una volta che ebbi finito di ridere, dando un'occhiata veloce fuori dal finestrino; eravamo già partiti, ma il paesaggio fuori scorreva sotto ai miei occhi in una maniera talmente tanto frenetica da non lasciarmi neanche la possibilità di vedere cosa c'era fuori. Solo una cosa capii: non eravamo più vicino alla città, perché gli unici colori che si riuscivano a distinguere fuori erano il verde, il marrone, l'azzurro e il giallo.

"No, non ero mai salito su un treno prima di adesso." Mi rispose Jonathan, guardando per un attimo anche lui fuori dal finestrino. "Non ne ho mai avuto il bisogno, tantomeno i miei genitori; se dovevamo spostarci lo facevamo con la macchina."

"Hai presente l'autobus?" Lui annuì, facendo una piccola risata. "Ecco, è come essere su un autobus, solo che il treno è più tranquillo, e non devi suonare per fermarlo e scendere."

Mi circondò le spalle con un braccio, tirandomi a sé; io mi voltai, in modo da avere la schiena rivolta verso di lui, che gli poggiai contro, come la testa sul suo petto. Portai le gambe sul sedile, in maniera da poter osservare lo scenario fuori. Nonostante scorresse a una velocità incredibile, provai a immaginare ciò che ci stava scivolando a fianco: enormi distese di grano maturo, pronto a essere raccolto, sotto un limpido cielo azzurro senza nuvole. Niente sole caldo da spaccare le pietre, ormai era vicino allo spegnimento. Nello sfondo colline verde smeraldo e alte montagne rocciose e innevate si stagliavano verso l'alto, come dei bambini che allungano le mani verso le proprie madri, chiedendo di essere presi, cullati e coccolati dalle loro braccia amorevoli.

Posai le braccia sul grembo, fatalità nello stesso istante in cui Jonathan mi lasciava un bacio tra i capelli, facendomi sorridere. Tutto quell'amore mi mandò per l'ennesima volta con il pensiero alla mia famiglia: odiavo il fatto che fossero morti per colpa mia, avevo preferito evitare di pensarci, ma quel momento di pace e tranquillità, in cui la mia mente aveva avuto la possibilità di viaggiare, mi riporto a esso. Perché era colpa mia? Cioè, non avevo voluto che quasi tutti morissero su quell'aereo, perché allora mi sentivo così in colpa? Mi venne quasi da piangere pensando a quante povere anime fossero volate in cielo quel giorno, non riuscivo a sopportare il fatto che potesse essere successo tutto quanto a causa mia. Scossi la testa, cercando di scrollarmi di dosso quella sensazione e poggiandomi ulteriormente contro il ragazzo dietro di me, la testa posata sulla sua spalla. Mi donava conforto, infatti feci in modo di far passare il braccio sul mio tronco, abbracciandolo come se fosse un salvagente, un'ancora di salvaggio. In quel momento decisi che ne avrei parlato con Jonathan prima o poi, per avere almeno un piccolo confronto e parere.

All'improvviso il paesaggio fuori dal finestrino diventò meno sfocato, i contorni e le figure più definiti, segno che ci stavamo avvicinando a una stazione ferroviaria, che da quello che aveva detto Christopher serviva solo da rifornimento. Mi staccai da Jonathan e gli diedi un piccolo colpo, consigliandogli di preparare il biglietto, in modo tale da farci trovare pronti con i controllori che sarebbero saliti.

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