Chapter 41

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La fermata fu tutt'altro che semplice e veloce. Mentre eravamo seduti ai nostri posti, dopo aver mostrato i biglietti ai controllori sorridenti che erano saliti, il treno non aveva accennato minimamente a partite. Stavo per chiedere a Jonathan se fosse il caso di andare a chiedere spiegazione a Christopher, quando sentii il suono dell'altoparlante accendersi, e subito dopo una voce metallica che diceva: "Attenzione per favore. Si chiede ai gentili passeggeri di rimanere fermi ai propri posti, comincerà un semplice e veloce controllo da parte di tre persone specializzate. Buon viaggio e buona giornata."

"Che controlli?" Mi domandò immediatamente il ragazzo di fianco a me, guardandosi intorno disperato.

Dato che io ero vicino al finestrino tentai di vedere se riuscivo a capire il significato di quel messaggio, potendolo capire dopo un po': fuori dal treno, e più precisamente sotto al nostro binario, c'erano una scienziata di colore dai lunghi capelli scuri, raccolti in dei rasta colorati da vari fili di colore diverso, tutti sgargianti; riconobbi il suo ruolo dal solito camice bianco latte. A fianco a lei, due poliziotti in divisa stavano discutendo animatamente; a malapena riuscii a sentire quello che stava dicendo lei: "Vedete di non farveli scappare anche questa volta, altrimenti ci penserò io stessa a dirlo a Wilson." Quel nome scosse i due omaccioni in un modo quasi assurdo; che importanza aveva quel nome? Era lui il capo di tutto? Andava bene che ci fosse una città con praticamente il suo nome, ma il ricordo dello stupore nella voce della signorina Murphy quando lo aveva nominato Christopher era fin troppo puro; possibile che fossero la stessa persona? Sembrava troppo falsa come semplice coincidenza.

Un terzo poliziotto, sembrava un ragazzo da quanto i suoi lineamenti risultassero giovani, raggiunse il gruppo da te con un cane al guinzaglio, che riconobbi come pastore tedesco; di solito, venivano usati dalla polizia per il loro eccezionale fiuto per individuare oggetti o persone. È in quel momento che la mia mente elaborò tutte quelle informazioni: il controllo altro non era che la ricerca di me e Jonathan, per poterci portare via e inserirci di nuovo nell'esperimento. La conferma mi arrivò poco dopo dal poliziotto più alto, che disse al giovane allievo: "Perfetto novellino, ora puoi tornare in macchina; queste sono cose da grandi."

"Perché non mi dite almeno per quale motivo siamo qua? Perché ci serve un cane? Cosa deve fiutare?" Domandò impaziente il più piccolo, l'eccitazione e l'entusiasmo per l'azione che traboccava da tutti i pori.

"Stiamo cercando le nostre due cavie dell'esperimento," Rispose immediatamente la scienziata, afferrando il guinzaglio del cane al posto del poliziotto, che di ritrovò a mani vuote e con uno sguardo fulminante da parte dell'altra. "Il cane ha già fiutato dei loro vestiti trovati nelle loro valigie nella carcassa dell'aereo, prima che affondasse; se sono su questo treno, lì troverà senz'altro." Ebbi un tuffo al cuore nel sentire quelle parole. Chiusi gli occhi, rivedendo con quelli della mente l'aereo; ad affiorare, tuttavia, furono i ricordi legati alla mia permanenza nell'aereo prima che Ralph mi salvasse, non quelli legati all'incubo.

"È solo un controllo di routine; è da un paio di giorni che lo facciamo, ma non abbiamo trovato ancora niente." Disse l'altro poliziotto, sollevando le spalle mentre sul suo viso gli compariva un'espressione perplessa; non era molto convinto di riuscire a trovare qualcosa quella volta, e io non avevo nessuna voglia di dimostrargli il contrario.

"Hey Jonathan." Sussurrai a denti stretti al ragazzo di fianco a me, afferrandogli il braccio per abbassarlo, facendo così scivolare entrambi dal sedile a terra. "Il controllo riguarda noi; qua fuori c'è una scienziata con due poliziotti e un cane, vogliono fiutare il nostro odore." Provai a dare un'altra occhiata fuori dal finestrino, ma quello che vidi mi gelò il sangue: i nostri tre nemici erano spariti.

"Dobbiamo trovare un nascondiglio, ci troveranno se rimaniamo qui." Dissi in modo abbastanza disperato, guardandomi intorno in cerca di qualcosa che potesse aiutarci.

"Un nascondiglio dici? E dove vorresti nasconderti?" Mi chiese Jonathan turbato, osservando anche lui la situazione intorno a noi.

Per quanto fossi presa da quella situazione, non potei fare a meno di notare che le due o tre persone che avevamo intorno, nello stesso nostro vagone, ci stavano fissando: di sicuro il nostro comportamento improvviso sarà sembrato strano a tutti, attirando così l'attenzione. Addio a uno degli avvertimenti fatti da Christopher: potevamo salutare il mantenimento di un profilo basso.

"Qual è uno dei posti, all'interno di un treno, in cui nessuno potrebbe trovarci o seguirci?" Domandai quasi sovrappensiero, rendendomi conto solo troppo tardi di averlo detto forse troppo ad alta voce.

"Hey, ragazzi." Una donna di fianco a noi richiamò la nostra attenzione. Tentai di studiarla il più possibile, nel limite di tempo che avevo: avrà avuto più o meno quarant'anni, lunghi capelli biondi, occhi verdi e intelligenti come quelli di Christopher, con però una qualità in più: erano talmente grandi e penetranti da farti sentire nudo di fronte a quello sguardo, come se ti stesse leggendo l'anima da cima a fondo, un libro aperto tra le sue mani. "C'è il bagno in fondo al binario adiacente a questo, perché non vi nascondete lì?" Ci propose, scrollando le spalle. "Cosa c'è di più privato di una persona che fa i propri bisogni?" Sforzò un sorriso gentile, nel frattempo che da sotto il cappotto usciva il solito camice bianco; era una scienziata? Allora perché ci stava aiutando? Perché darci una mano, quando ci eravamo fermati proprio perché potessero trovarci e catturarci? Non aveva senso, stava praticamente andando contro a dei suoi colleghi e, probabilmente, amici, perché avrebbe dovuto farlo? Soprattutto per salvare noi? Non lo sapevo, non avevo la risposta a nessuna di quelle mie domande, eppure dalla bocca mi uscirono solo due parole: "Grazie mille."

Perché l'avevo ringraziata? E se ci avesse traditi appena voltati le spalle? Se avesse avvisato quei tre con il cane che eravamo al bagno? Poteva benissimo andare in quel modo, eppure vedevo anche in lei qualcosa di familiare, un sentimento che avevo provato solo con un'altra persona prima di lei: con Ralph.

Ci stavamo alzando per andare a nasconderci in bagno quando la porta dalla parte opposta rispetto a noi si aprì, e i due poliziotti capitanati dalla scienziata, che stava cercando di tenere il cane che sembrava impazzito e stava abbaiando a squarciagola verso di noi, entravano nel nostro vagone. Il momento di pensare era finito, ora dovevamo correre.

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