Capitolo 11

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

Ministero della Magia, Londra, 2 Settembre 2005

Quella mattina Severus si svegliò stanco e nervoso.

Non che fosse solito dormire bene... l'ultima buona notte di sonno l'aveva avuta forse nel 1964, prima che la violenza di suo padre iniziasse a riversarsi anche su di lui, oltre che su sua madre. Quella notte, però, l'insonnia e gli incubi erano stati i peggiori degli ultimi cinque anni.

Un mese e dieci giorni in giro per il mondo con appresso Hermione Granger, dividendo con lei quasi ogni ora di veglia e gli spazi ristretti dei veicoli babbani. Ecco cosa l'aveva tenuto sveglio più del solito.

Aveva implorato Witcheheazel di mandarlo da solo. L'aveva minacciato di andarsene. L'unica risposta che aveva ottenuto era stato un "se viaggiare con una ragazza competente, bella e dalla conversazione piacevole ti infastidisce tanto, puoi chiedere ai tuoi colleghi di prestarti uno dei loro pozionisti di primo livello da portarti al posto di Granger", al che si era trovato costretto a fare marcia indietro.

Almeno, Granger era una persona tollerabile, aveva un'intelligenza superiore alla media e lui era quasi sicuro che non avrebbe combinato grandi disastri. Dei beoti che popolavano i laboratori del Ministero non si poteva certo dire lo stesso.

Sì, era quello il motivo per cui aveva ritrattato. L'unico motivo.

Beh, la sua irritazione non calò di sicuro nel momento in cui, arrivato nell'atrio del Ministero alle sette in punto come prestabilito, si trovò davanti una Granger in shorts, scarponcini e camicetta, con sulle spalle uno zainetto di dimensioni assolutamente ridicole.

«Dov'è il tuo bagaglio?» ringhiò.

Lei sollevò con fare plateale gli occhi al cielo. Aveva preso a farlo più spesso, da quando il suo apprendistato era finito pochi giorni prima.

«Incantesimo di espansione irriconoscibile, ormai dovresti saperlo» gli rispose, con quel tono da maestrina che a Hogwarts gli aveva sempre fatto prudere le mani per la voglia di togliere centinaia di punti ai Grifondoro.

Prima che potesse replicare, l'addetto del Reparto Trasporti li raggiunse, brandendo una borraccia tra uno sbadiglio e l'altro. In spalla aveva uno zaino.

«Signori, qui dentro ci sono tutte le Passaporte che vi serviranno e questa è quella di oggi. È programmata per tutti i vostri prossimi spostamenti. Vi ricordo che all'arrivo saranno le otto del mattino e che in Zimbabwe è in atto una feroce repressione contro i bianchi, che sono spesso vittime di violenze. Il Ministro raccomanda la massima attenzione. Ora, se volete miniaturizzare il vostro bagaglio...» li invitò, occhieggiando il grosso baule che Severus aveva portato con sé.

Quest'ultimo vi infilò lo zaino che l'incaricato gli porgeva e lo ridusse a una lunghezza di pochi centimetri, infilandoselo in tasca. La sua irritazione salì ancora di qualche tacca: come veniva in mente a questo imbecille che aveva chiaramente dimenticato la testa sul cuscino di venire a fargli la lezioncina?

«Conosco bene la situazione. Ora, se vuole fare il suo lavoro, attivare la Passaporta, e lasciar fare a me il mio...»

Hermione sogghignò da sotto il cappello che si era affrettata a indossare. Sì, Snape doveva avere avuto una nottataccia. Anche lei non aveva dormito molto, troppo eccitata all'idea della partenza. Dopo i primi attimi di titubanza si era scoperta felice che le fosse stata offerta la possibilità di fare un viaggio del genere al seguito del pozionista più valido di tutto il Regno Unito. Se pensava ai posti che avrebbe visto, alle cose che avrebbe imparato, faticava a impedirsi di saltellare sul posto per la contentezza e l'ansia di partire.

Finalmente l'incaricato posò a terra la borraccia, mormorò l'incantesimo e augurò loro buona fortuna. Lei e Snape si chinarono a toccarla e il familiare ma sempre sgradevole strappo all'ombelico tranciò in un istante tutti i pensieri.

La prima cosa che sentì, quando il cervello smise di vorticarle nella scatola cranica, fu l'odore della polvere. Barcollò nel riprendere l'equilibrio e aprì gli occhi.

Una luce impietosa, già a quell'ora del mattino, le ferì le pupille abituate alla blanda foschia londinese e fu solo dopo diversi secondi che riuscì a mettere a fuoco ciò che la circondava: sparsi alberi dall'aria piuttosto rinsecchita sullo sfondo di una distesa di terra battuta, quasi priva di erba dato che si era alla fine dell'inverno, che in quella regione comportava assenza totale di pioggia. Sentì la bocca aprirsi da sola e girò su sé stessa, cercando di memorizzare ogni dettaglio di quell'angolo di mondo. Basse colline terrose tutt'intorno, qualche casa in lontananza e una strada polverosa a pochi passi. Sopra di loro, un cielo che pareva infinito, e infinitamente profondo.

Si voltò verso Snape e sorrise.

Lui non ricambiò, anzi, pareva aver rispolverato il vecchio cipiglio degli anni da spia.

«Non siamo qui per ammirare il panorama, Granger. Andiamo.»

Lei si chiese quand'è che il suo capo aveva perso la capacità di stupirsi. Beh, immaginava che gliel'avessero tolta Voldemort e Silente a suon di missioni crudeli.

Provando un inaspettato moto di simpatia, si affrettò a seguirlo verso la strada che li avrebbe condotti al villaggio più vicino, la loro meta.

Sudafrica, 6 Settembre 2005

«Tu lo vedi?»

Il respiro di Granger mentre gli sussurrava all'orecchio mosse qualche ciocca dei suoi capelli e gli provocò un brivido.

Non era abituato a una vicinanza di quel tipo con un altro essere umano e non era sicuro gli piacesse. Anzi, no: non gli piaceva.

Per l'ennesima volta scandagliò le bancarelle che li circondavano da sotto la tesa del cappello che gli proteggeva testa e viso dal sole battente. Per fortuna era la fine dell'inverno, perché il suo fisico abituato al clima inglese non si trovava esattamente a proprio agio con tutta quella luce così... luminosa e calda.

Il suo fisico da vecchio pozionista solitario non si trovava esattamente a proprio agio con una giovane donna appesa al gomito, anche se si trattava di una recita.

Anche se la giovane donna era bella e interessante, anzi, soprattutto per quel motivo.

D'altra parte, era imperativo recitare la parte della coppia felice in vacanza in modo da mimetizzarsi in mezzo ai babbani vocianti che affollavano il mercatino all'ingresso del Bourke's Luck Potholes Park sul fiume Blyde.

«Vedo solo cianfrusaglie colorate. Cosa se ne fanno i babbani di questa roba?»

Lei sollevò lo sguardo, posandolo non per la prima volta su quel viso altero, che tre giorni di sole africano non erano ancora riusciti nemmeno ad arrossare. Non che lui avesse permesso all'astro di provarci, dato che non aveva fatto altro che proteggersi con copricapi sempre più ampi e incantesimi che erano l'equivalente magico delle creme solari.

«Si chiamano souvenir. Quando un babbano fa un viaggio, specie se in posti esotici, acquista oggetti caratteristici del posto, che siano facilmente trasportabili e poco costosi, per portarli in regalo a parenti e amici o per tenerli come ricordo.»

«Perché, la memoria delle cose che hanno visto non gli basta?» chiese lui, genuinamente perplesso.

«Beh, è diverso. Magari non ci pensi per anni, ma maneggiando questi oggetti riporti alla mente il viaggio. Dai, i tuoi genitori non ne avevano?»

Lui si incupì.

«Mio padre era un ubriacone violento che non era capace di tenersi un lavoro per più di tre giorni, come ben sai. L'unico modo che aveva per far viaggiare mia madre era rintronarla tanto di botte che non si ricordava più nemmeno dove fosse» rispose, amaro, e lei si pentì di aver sollevato l'argomento. Sia per ciò che lui aveva passato, tra le mura domestiche prima ancora che nella sua vita da adulto, sia per il modo in cui qualcuno aveva fatto filtrare ai media le sue memorie, sia quelle che egli stesso aveva donato a Harry, sia altre rubate dal suo ufficio a Hogwarts. Nessuno aveva mai trovato il colpevole, ma la privacy di Severus era stata violata sulla prima pagina della Gazzetta del Profeta per una settimana di fila prima che il poveretto, dal suo letto di ospedale, riuscisse a trovare le forze per assumere un avvocato e fare causa.

Hermione, all'epoca, si era sentita male per lui e le dispiacque di avere inavvertitamente rivangato quello spiacevole fatto.

Intrecciò le dita a quelle di lui, trascinandolo verso destra.

«Vieni, credo che valga la pena esaminare quella bancarella con l'ombrellone giallo.»

Severus sentì il tocco di lei riverberare per tutto il corpo e mollò la mano che aveva ghermito la sua, precedendo la ragazza nella direzione che lei aveva indicato.

Hermione lo guardò allontanarsi, osservando i passi irrigiditi e gli sguardi feroci che Severus lanciava intorno a sé. Forse avrebbe dovuto evitare di provocarlo con quei piccoli gesti di cui, al posto suo, nessun altro praticamente si sarebbe accorto ma che per lui significavano colmare l'abisso che lo divideva dal resto del genere umano.

O forse faceva bene a insistere, a cercare di aprire una finestrella nel guscio che si era costruito intorno e che lei giudicava poco sano, innanzitutto perché non si può vivere sempre nell'isolamento più completo, e secondariamente perché quel guscio era stato eretto in conseguenza a traumi che, sospettava lei, non erano stati in seguito affrontati come avrebbero dovuto.

Sospirando, si affrettò a seguire la figura snella e sorprendentemente atletica che fendeva la piccola folla che animava il mercato, lanciando occhiate furtive alla schiena dritta, alle sue braccia nervose, alle gambe forti che i pantaloni aderenti che lui indossava per mimetizzarsi tra i babbani fasciavano alla perfezione, esattamente come le natiche tonde che...

Smettila, Hermione, si redarguì. D'accordo, erano due mesi che non faceva sesso, ma non era il caso di intrattenere determinati pensieri su un collega di grado più elevato che, perdipiù, era un solitario che non faceva mistero di non essere interessato.

Per quanto appetitoso fosse.

Lo raggiunse al banchetto che gli aveva indicato.

Lì, una signora paffuta coi capelli raccolti in un'intricato disegno di treccine stava mostrando una sciarpa di seta grezza a un turista dall'aria molto scandinava.

Hermione accennò con la testa al lato della bancarella dove erano disposti sacchettini di stoffa chiara contenenti diversi tipi di spezie, frammisti a ciondoli colorati. Ciò che aveva attirato la sua attenzione era la disposizione dei ciondoli.

Esaminandola più da vicino, esultò: aveva avuto ragione. Si trattava di un incantesimo di protezione che si manteneva nel tempo proprio grazie a un preciso collocamento di diverse pietre. Non era importante il tipo di minerale, a patto che avesse una struttura cristallina: nel caso davanti ai suoi occhi, si trattava di acquamarine, che erano state disposte agli angoli di un esagono immaginario, proprio perché erano pietre dalla struttura microscopica esagonale.

Ne indicò una a Severus, fingendo che le piacesse il pendaglio in cui era stata incastonata. Lui annuì brevemente: era la bancarella che cercavano, ed era pronto a scommettere che quell'incantesimo nascondesse ben altro che spezie.

Si trattenne a stento dal congratularsi con Granger per la vista acuta.

La proprietaria, dopo aver venduto la sciarpa al turista per un prezzo esorbitante, si avvicinò loro.

«Buongiorno, signori, avete visto qualche prodotto che vi interessa?»

«Non userei esattamente quell'espressione, no» replicò Hermione con un sorriso. «Si tratta piuttosto di qualcosa che non abbiamo ancora visto, ma che probabilmente ci interessa molto.»

Nel parlare, si allungò in avanti, tracciando col dito un simbolo ben preciso appena sopra la merce. L'aria tremolò, rivelando per qualche istante ciò che si nascondeva in un cassetto sotto il piano di legno, che la tela che copriva la bancarella nascondeva e che l'incantesimo serviva a proteggere.

Anche se non lo diede a vedere, Severus era piuttosto impressionato dall'abilità della sua ex apprendista la quale, con la massima nonchalanche e senza bacchetta, aveva perturbato un incantesimo piuttosto potente e ben fatto e, allo stesso tempo, reso brevemente invisibile un ripiano e tutto ciò che gli stava sopra.

Lui avrebbe potuto creare un effetto più stabile e duraturo... ma non molti altri sarebbero stati in grado di raggiungere il risultato di Granger senza sforzo apparente e senza un libro tra le mani che spiegasse passo passo cosa fare.

Insomma, la ragazza si confermava abile anche in ambiti non strettamente pozionistici.

La venditrice annuì, guardandosi intorno per assicurarsi che non ci fossero orecchie babbane concentrate sulla loro conversazione, poi consultò l'orologio da polso.

«Tornate tra un'oretta. A quel punto la maggior parte dei turisti se ne sarà andata e potrò mostrarvi con calma la merce.»

«D'accordo, a dopo.»

Si allontanarono fino ai margini del mercato.

«Senti, dato che siamo qui e che dobbiamo ammazzare il tempo, cosa ne dici se visitiamo il parco? Così evitiamo di dare nell'occhio e di annoiarci.»

Severus scrollò le spalle.

«Come preferisci.»

Fu strano, per lui, inoltrarsi sui sentieri che si intrecciavano nel parco senza altro scopo che guardarsi intorno e godersi il panorama. Tra la povertà dei suoi genitori prima, la sua vita da spia in seguito e la sua condizione di paria degli ultimi anni, non si era mai concesso quel tipo di lusso, anche se forse avrebbe potuto.

Stranito, si lasciò condurre per il gomito da Hermione fino al punto saliente del parco, un canyon lavorato da millenni di acqua corrente, zeppo di pareti dalle forme insolite e fori inaspettati. Lei gli lesse la descrizione geologica sul volantino che aveva preso all'ingresso e gli chiese perfino di farle qualche fotografia con una bizzarra macchinetta babbana riconvertita a magica.

«L'hai fatta tu?» le chiese stringendo tra le dita lo striminzito oggetto.

«Sì, con Arthur e Minerva. È un esperimento, per il momento sembra funzionare bene. Dai, mettiti lì e togli il cappello, che ti faccio una foto.»

Severus si sentì preso in contropiede.

«A me?»

Hermione si guardò intorno con fare teatrale.

«No, a quel signore sconosciuto là in fondo.»

«Spiritosa.»

«Ovvio.»

«Perché mi vuoi fotografare?»

Stavolta fu lei a bloccarsi, perplessa. In effetti, aveva dato per scontato che, come tutti, Severus ritenesse normale avere un ricordo fotografico di un viaggio, ma a ben vedere era un'abitudine che aveva preso dai babbani e con la quale aveva contagiato i suoi amici, ma che non era tale nel mondo magico.

«Perché stiamo facendo questo viaggio insieme e mi piacerebbe che nelle foto ricordo ci fossi anche tu» spiegò infine, con semplicità.

Severus provò una sensazione insolita. Erano anni che nessuno a parte Minerva, Narcissa o Lucius gli dimostrava qualcosa di assimilabile al desiderio di frequentarlo, di avere dei ricordi di lui che non fossero negativi. ... beh, escluse le cacciatrici di fama e di dote, che non gli dispiaceva affatto non avere più tra i piedi.

Imbarazzato, raggiunse il punto che lei gli indicava.

«Se sei proprio sicura che il mio brutto muso non ti romperà la fotocamera...»

«Ma quale brutto muso, finiscila... una volta che sono riuscita a far entrare nell'inquadratura quella vela che ti ritrovi, tutto il resto è perfetto. Via il cappello.»

Lui la guardò con gli occhi sbarrati per un lungo istante, poi capì che aveva fatto una battuta e, inaspettatamente, scoppiò a ridere.

Fu così che Hermione riuscì a coglierlo in uno scatto, colmo di una vitalità che veniva soppressa fin troppo spesso, ma che quando riusciva a trovare un varco per uscire gli trasfigurava il viso, rendendolo davvero... bello.

Quando tornarono alla bancarella, solo una manciata di turisti si trovava ancora nella zona del mercatino e molti dei venditori stavano già iniziando a ritirare la merce.

Mentre si avvicinavano, la proprietaria li squadrò con un'espressione imperscrutabile.

«Non siete sudafricani.» Un'affermazione, non una domanda.

«Inglesi» tagliò corto Severus. «Ora, se può essere così gentile da dirci se ha delle code di scorpione a coda spessa del Transvaal...»

La donna annuì e, aperto il cassetto sotto il piano del banco, estrasse un grosso sacchetto di semplice cotone bianco con dipinto sopra un simbolo che né Severus né Hermione riconobbero.

«Ecco qua» affermò, versandosene due o tre sul palmo.

Severus ne prese in mano uno, lo esaminò a fondo, poi lo passò alla sua assistente che annuì.

«Quanto?»

«Un bedrag l'una.»

Severus fece un rapido conto mentale: un bedrag equivaleva a un galeone e due falci... un po' più caro del previsto. Stava per protestare, quando Hermione intervenne.

«Li prendiamo tutti se ci fa nove bedrag per dieci code.»

«A cosa vi serve, averne così tante?»

«Magazzino. Ora ci dica se accetta la proposta della mia... compagna» la sollecitò lui, brusco, beccandosi anche un calcio nello stinco da parte di suddetta compagna. Ma che aveva detto?

La donna sembrò non accorgersene, ma scrollò le spalle.

«D'accordo. Qui ho quaranta code, quindi fa trentasei bedrag. Serve altro?»

Severus ne fu sollevato. Hermione aveva capacità di contrattazione decisamente maggiori delle sue. Il prezzo era ancora piuttosto alto, ma non intollerabile.

«Sì. Corna di cudù ne ha?»

«Un paio. Aspetti che le prendo.»

La donna fece oscillare il cotone del proprio vestito coloratissimo fino al furgone scassato parcheggiato alle spalle della bancarella e frugò in una scatola di cartone alla quale erano state appuntate altre acquamarine per ricreare un incantesimo protettivo come quello del bancone.

Tornò, posando due corna piuttosto pesanti dietro una pila di sciarpe, in modo che i pochi babbani rimasti non potessero notarle.

«Dieci bedrag l'una.»

Era un furto! Severus inspirò per parlare, quando fu raggiunto da un nuovo colpo sullo stinco. Rivolse a Hermione una delle sue occhiate peggiori, ma lei non fece una piega, anzi, gli rivolse un piccolo sorriso, posandogli una mano sul braccio come a chiedergli di lasciarla fare.

La ragazza tornò a guardare la venditrice, dipingendosi un sorriso in volto, ma i suoi occhi raccontavano un'altra storia.

«Guardi, questo corno è bucato, qui, qui e qui. Magari c'è anche qualche parassita, dentro. Inoltre, dalla quantità di polvere che vedo accumulata sulle spire, credo che siano in suo possesso da un bel po' di tempo.»

«Le corna di cudù non scadono!» protestò l'altra, sdegnata.

«Certo che no, ma se non le vende a noi, le ingombreranno il magazzino per altri» strinse gli occhi, valutando lo stato degli oggetti «beh, cinque o sei anni minimo. Noi invece la libereremo della presenza di entrambe per undici bedrag in totale.»

«Diciotto.»

«Dodici.»

«Quattordici.»

Severus si ritrovò a girare la testa tra l'una e l'altra. Interessante... questa inaspettata capacità di Granger gli sarebbe tornata comoda nel Maghreb, nei cui bazaar era imperativo contrattare.

«E quattordici sia. Ora mancano solo i semi di Sceletium Crassus.»

La donna prese un minuscolo sacchetto dal cassetto e lo aprì, arrotolandone il bordo in modo che i clienti potessero visionarne il contenuto.

«Sono molto rari e difficili da trovare, vengono due bedrag l'uno. Quanti ne volete?»

Hermione intervenne di nuovo.

«Non le do nemmeno un centesimo di bedrag, per uno di quei semi. Manca il caratteristico puntino giallo. Questo è Sceletium Tortuosum, non Crassus. Posso comprarne un vasetto già pronto in un qualsiasi negozio babbano di giardinaggio per una sterlina.»

Severus represse un sogghigno: la donna pareva sul punto di strangolarla, ma si ricompose.

«Sì, mi scusi, ho preso per errore il sacchetto sbagliato.»

Per errore, un paio di fluffe. Hermione però lasciò cadere il discorso e, dopo pochi minuti, lei e Severus si allontanarono coi propri acquisti ben chiusi in un sacchetto di tela.

Lui non si degnò di dirglielo, ma era piuttosto soddisfatto della mente acuta e della prontezza della sua assistente.


** I nostri sono partiti per il loro lungo viaggio... e voi? Avete qualcosa in programma per il weekend? 
Io sì: lavorare :'(
**

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro