Capitolo 38

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

Londra, 1 Gennaio 2006

Severus non era tornato a casa, dopo essersi smaterializzato dall'appartamento di Granger: si era limitato a proiettarsi fuori dalla porta d'ingresso, sul pianerottolo, dove si era infilato le scarpe, il farsetto e il cappotto.

Era poi sceso in silenzio dalle scale ed era uscito nel gelo della notte londinese.

Fuori il mondo sembrava impazzito. Le strade erano piene di gente festante e semi-ubriaca – se non del tutto ubriaca – di musica, colori e rumore.

Lui fendette quel bailamme come un'ombra, giovando dell'aria fredda che gli schiaffeggiava i pensieri, diretto verso il Paiolo Magico e il punto di Apparizione.

L'idea era stata quella di schiarirsi le idee con una breve passeggiata, ma si rese conto di non avere sonno né voglia di andare a chiudersi in casa, in quella nottata che per tutto il mondo occidentale aveva un significato importantissimo ma di cui a lui non fregava nulla. Un altro anno cominciava, ma era solo uno stupido numero. Solo un cumulo di giorni tutti uguali che finivano per confondersi l'uno nell'altro.

"Quest'anno però non è iniziato come gli altri."

Quel pensiero gli risuonò ossessivo nella mente mentre si faceva largo tra i babbani, camminando senza meta per le strade di Londra. I piedi lo portarono verso il Tamigi, ma lo fecero allontanare dalla zona del London Bridge e del Big Ben, troppo piene di gente per i suoi gusti, pur in un momento come quello, nel quale quasi non si accorgeva di chi gli stava intorno, nera figura che passava in silenzio tra i capannelli di persone allegre, come un presagio di morte e sventura.

"Quest'anno è partito in modo diverso."

Il pensiero lo terrorizzava al punto da togliergli quasi il fiato.

Il suo mondo tranquillo e anestetizzato aveva ricevuto una scossa potente, che si chiamava Hermione Granger.

Hermione, che occupava troppi dei suoi pensieri.

Hermione, che rischiava di sconvolgere ancora di più la sua esistenza, di invadere i suoi spazi.

Hermione, che stava lentamente invadendo il suo cuore e che avrebbe lasciato solo macerie, quando se ne fosse andata. Perché se ne sarebbe andata, questo era chiaro.

"C'è un modo per far sì che non se ne vada."

Si fermò sui suoi passi, rischiando che la coppia che camminava dietro di lui gli sbattesse contro la schiena e lo buttasse a terra. I due lo superarono borbottando, ma lui nemmeno li sentì, congelato sul posto.

Era la prima volta che si permetteva di formulare esplicitamente quell'idea, anche solo sotto forma di pensiero.

Il cuore gli batté nel petto in maniera irregolare e forsennata.

"Puoi sfruttare la legge matrimoniale a tuo vantaggio."

"C'è Potter."

"A 'fanculo Potter. Se l'avesse davvero voluta, se la sarebbe già presa."

"Magari stanno progettando le nozze e lei semplicemente non te l'ha detto. Vuoi davvero metterti nella posizione di sentirti dire no, mi spiace ma sto con lui? Sposerò lui? Un altro dannato Potter?!"

"Dov'è finito il tuo coraggio, Severus Snape?"

"Se l'è preso Nagini. Se l'è preso Voldemort. Se l'è preso Albus."

"Stronzate."

"E poi c'è Lily."

"No, non è vero. Non più. Da quanto non pensi a lei per più di una manciata di minuti a settimana?"

Una rabbia profonda, insieme a una vergogna bruciante gli prese il petto e la gola, spingendolo a camminare.

Perché stava permettendo a una... a una ragazzina di insinuarsi tra lui e la cosa più preziosa che aveva, quella che per anni era stata la sua unica ragione di esistere e di agire?

Doveva smetterla, smettere di avere determinati pensieri, prima che il danno divenisse permanente e Hermione Granger gli portasse via le uniche due cose che gli erano rimaste, la dignità e l'amore per Lily, senza dargli nulla in cambio.

Nulla.

Attraversò il Blackfriars Bridge e scese le scalette fino a una delle piccole spiagge sassose e umide che costeggiavano quel tratto di fiume. Con le punte degli stivali a pelo dell'acqua, tra l'odore sgradevole di alghe e la nebbiolina gelida che saliva dal Tamigi, si fermò a contemplare i riflessi cangianti della città sulla superficie nera e tranquilla.

«Oh, Lily, come vorrei che fossi qui» bisbigliò in direzione dell'acqua, sentendo il magone stringergli la gola.

Come mago, sapeva benissimo che in alcuni momenti le parole, specie quelle mormorate dal profondo di un cuore sofferente, hanno un potere. Sapeva anche che, in determinate occasioni, accadevano cose solitamente impossibili. E che durante la notte di Capodanno, quando milioni, anzi miliardi di persone festeggiano tutte la stessa cosa, la magia è più forte, più viva.

Non ci pensava, però: in quel momento, le nozioni teoriche erano quanto di più lontano potesse esserci dalla sua mente.

Fu per questo che restò sbalordito, quando vide l'acqua proprio davanti ai suoi piedi roteare e mischiarsi, in un caleidoscopio di riflessi colorati. Veloce, sempre più veloce, finché non iniziò addirittura a ribollire, prima di iniziare lentamente ad acquietarsi.

Sul pelo di quella massa in movimento, i colori iniziarono a separarsi e a prendere forme sempre più distinte, finché non si fermarono nelle sagome di un volto amato e familiare.

«Lily...» sussurrò Severus, prima di sfregarsi gli occhi. La stanchezza gli stava di sicuro tirando uno strano scherzo.

«Sono io, Severus, amico mio» rispose lei, con quella voce dolce che ricordava bene. «Sono io e non stai sognando. Questa notte, il Velo è più sottile e sono potuta venire da te.»

«Perché proprio me? Perché non... tuo figlio?»

«Perché mio figlio è sereno e ha accettato che io e suo padre non ci siamo più. Anche grazie a te, devo dire.»

«A me?»

«Sì, i tuoi ricordi gli hanno donato qualcosa di me e di James, qualcosa che gli ha fatto sentire che siamo stati reali, che siamo stati lì per lui quando serviva. Non sono qui per parlare di lui, però. Sono qui per parlare di te.»

«Di me?»

Si sentiva un ebete. Lei era con lui, finalmente, forse per l'ultima volta, e lui non riusciva a fare altro che balbettare monosillabi.

«Sì, tesoro. Io... ti sono grata per quello che hai fatto per Harry, so che l'hai fatto per me e ciò mi lusinga e mi fa sentire bene. Mi fa sentire bene sapere che mi hai perdonata.»

«Come avrei potuto non farlo? Sei l'unico amore della mia vita.» Crollò in ginocchio sulla ghiaia, fissando quel viso che tanto aveva amato. «E mi sento in colpa, perché la tua morte è stata colpa mia.»

«No» rispose lei, decisa. «C'è una sola persona che ha la colpa di ciò che è successo, e quella persona non potrà più nuocere a nessuno, anche grazie a te. Ma non è neanche di questo che sono venuta a parlare.
Sev, è ora. È ora che mi lasci andare. È ora che cominci a vivere sul serio.»

«Lasciarti andare? Lily, non posso! Tu sei ciò che mi ha dato la forza di vivere, come posso dimenticarti?»

«Non voglio che tu mi dimentichi, e non è quello che intendevo. Anzi, spero di restare tra i tuoi pensieri ancora per tanti anni, però è giunto il momento di imparare che nel tuo cuore c'è un sacco di posto, amico mio. Che, per quanto grandi siano stati i tuoi sentimenti per me, io non ne occuperò che una fetta. E che il resto lo puoi donare agli amici, ai figli che un giorno avrai... e a un'altra persona speciale, quella che riempirà le tue giornate e finalmente dipingerà un sorriso sul tuo viso.»

«Avrei voluto che fossi tu, quella persona. E non ce ne saranno altre.»

«Ti sbagli. Ce n'è una, ora. Lo so, lo sento.»

«Sarebbe solo un'altra te. Un'altra che se ne andrà con qualcuno di più... accettabile di me.»

«Io credo che dovresti avere un po' più di fiducia in lei. Ma soprattutto, un po' più di fiducia in te stesso.»

Una rabbia sorda gli pulsò nel petto. Proprio lei gli diceva di avere più fiducia in sé? Lei, che gli aveva calpestato l'autostima fino a ridurla a polvere finissima dispersa dal vento?

«Non avrei mai voluto farti del male, Severus» continuò lei, forse percependo il suo stato d'animo. «Ero una ragazzina stupida che non aveva capito che il suo amico soffriva. Che non aveva capito di stare facendo un danno irreparabile. Ti volevo bene e te ne voglio ancora, anche se non nel modo che avresti voluto tu, e mi dispiace per quello che ti ho fatto. Lei, però, non è come me.»

Lui fece una risata amara.

«E invece ti sbagli, è come te. Anche lei sta per farsi portare via da un Potter. Anzi, è peggio di te, perché sta solo giocando con me, e con tuo figlio.»

L'immagine di Lily sospirò.

«Oh, Severus. Ci sono così tante cose che non sai e...» Un rumore alle spalle di lui la fece interrompere. «Mi dispiace, il mio tempo qui è scaduto. Pensa a quello che ti ho detto, amico mio, tesoro mio, fratello mio. Pensaci e vivi, finalmente.»

Il viso sul pelo dell'acqua si distorse e si infranse in mille scintille.

«Lily? Lily, ti prego, torna. Non andartene, non lasciarmi solo!» implorò lui, sentendo le lacrime traboccare dagli occhi.

«Non sei solo...»

Un sussurro, poco più che foglie smosse dal vento, poi più niente.

Severus restò immobile, in ginocchio, gelato fino al midollo, svuotato.

«Signore?» Qualcuno lo scosse per la spalla. «Signore, si sente bene?»

Lentamente, girò la testa, incontrando lo sguardo preoccupato di un ragazzetto che non poteva avere più di sedici anni. Dietro di lui, quattro o cinque coetanei lo guardavano straniti.

Severus si tirò in piedi e, con tutta la dignità che gli rimaneva, scosse i pantaloni dalla polvere e si asciugò le lacrime.

«Sto bene, grazie. Cercate...» gli si ruppe la voce. «Cercate di tenervi stretti gli amici» concluse, e si avviò su per la scaletta, lasciando gli adolescenti perplessi a fissarlo.

Lily aveva torto.

Era solo, lo era sempre stato e, alla fine di febbraio, lo sarebbe stato ancora di più.

Perché Lily se n'era andata e, come lei, Hermione Granger non era mai stata davvero sua.



https://youtu.be/uXoF6DQiTsM



** Buon anno a tutti! Spero che il vostro sia iniziato bene :)
Io oggi torno al lavoro... voglia zero! Però almeno tra un cotechino e un panettone sono riuscita a mettere giù un altro capitolo. **

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro