Capitolo 50

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Île au Benitiers, Mauritius, 1 Marzo 2006

Dopo che l'ultimo cucchiaino del budino più buono che avesse mai assaggiato le fu scivolato giù per la gola – Severus aveva ragione, Tabby era davvero un'ottima cuoca – Hermione si lasciò andare indietro contro l'alto schienale della sedia, massaggiandosi lo stomaco.

«Rettifico: non mi sto trasformando in Ronald. Lui sarebbe riuscito a fare il bis di tutte queste ottime portate senza battere ciglio.»

«Per quanto io trovi il signor Weasley molto meno irritante rispetto a qualche anno fa, professo con veemenza la mia felicità nel non dover più guardare lui, o una sua copia, consumare un pasto.»

«Immagino.»

Entrambi si trovarono a fissare la luce delle candele che erano ormai quasi tutte agli sgoccioli. La cena si era prolungata per più di due ore ma, anche se erano riusciti a imbastire una conversazione quasi piacevole, ora che la lunghissima serie di portate si era interrotta, sembrava che i due, privati di uno scopo, non sapessero più cosa dirsi.

I secondi scivolarono via in un silenzio sempre più imbarazzante, che sembrava condensarsi sul fondo del torace di Hermione in un plumbeo disagio.

Pesante, sempre più pesante finché qualcosa, dentro di lei, scattò.

Quella era la sua prima notte di nozze, porca miseria, e se c'era una cosa di cui aveva la certezza in quello stupido matrimonio, era la chimica che c'era tra di loro. Se non poteva avere altro, almeno avrebbe avuto quello.

Le avrebbe spezzato il cuore passare notte dopo notte a fare l'amore con qualcuno che invece la scopava e basta, lo sapeva, ma il pensiero di non poterlo nemmeno toccare faceva ancora più male.

Si alzò in piedi, sapendo che le candele alle sue spalle avrebbero reso la sua sagoma meno distinta, più sensuale. Sperando che lui non l'avrebbe rifiutata.

Calmò il tremito delle mani e se le portò alle spalline del vestito leggero che aveva indossato sopra il costume. Le fece scivolare lungo le braccia con un movimento deliberato e lasciò che l'abito si arricciasse intorno ai suoi piedi scalzi.

«Hermione» sussurrò lui, e lei non riuscì a cogliere l'inflessione con la quale il suo nome era stato pronunciato. Ricacciando indietro ogni esitazione, aggirò il tavolo e si portò a un soffio da Severus, che si era voltato verso di lei.

Permise ai ricordi di invaderle la mente insieme al suo profumo, lasciando che il fantasma del suo tocco le riverberasse in tutto il corpo. Il fremito che ne ricavò le diede il coraggio di prendergli le mani e portarsele sui seni, sopra il reggiseno.

«Hermione» ripeté Severus, sforzandosi di mantenere un tono accuratamente neutro, che non rivelava l'intensità della brama che per quasi due mesi aveva represso e che in quel momento riprese pieno possesso delle sue membra, mano nella mano col dolore lancinante di sapere che non poteva avere più di questo, da lei.

Beh, almeno questo se lo sarebbe preso.

Seguì con le dita l'orlo del costume fino al centro della schiena, dove rilasciò il gancetto che lo chiudeva. Nuda, aveva bisogno di sentirla nuda.

Aggredì un capezzolo con la bocca, lasciandosi sfuggire un grugnito soddisfatto quando lo trovò già teso. Mentre succhiava, fece sparire le mutandine di lei e tutto ciò che lui stesso indossava, prima di cercare il suo calore per immergervi due falangi.

Non fu gentile, non fu delicato, ma lei lo ripagò con un gemito di piacere che gli fece tendere il pene al punto da fargli temere di non avere più sangue nel resto del corpo. La scopò con le dita mentre le divorava il seno con le labbra e i denti, sentendo la tensione crescere nei muscoli di lei e dei propri.

Sapeva come far vibrare il suo corpo, sapeva come portarla fino al limite e quando fermarsi per lasciarla ansimante e arrossata, con gli occhi appannati che faticavano a mettere a fuoco. Sapeva che, ogni volta che accadeva, a lui rimaneva solo lo sprazzo di lucidità necessario a muoverla fin dove la voleva, prima di sprofondare dentro di lei e perdersi.

Quella volta non fece eccezione, anche se faceva male sentire il proprio nome sgorgare a ripetizione dalla sua gola, sapendo che non poteva essere amore ciò che le faceva vibrare la voce, ma solo lussuria.

Anche i pochi passi che li dividevano dal letto furono una tortura tutta particolare, ma non appena la schiena di Hermione toccò il materasso, lui aveva già affondato la faccia tra le sue cosce, inalando il suo sapore come fosse una droga.

Solo quando la sentì inarcarsi sotto e intorno a lui, implorando un sollievo che non era ancora intenzionato a darle, si arrampicò lungo il suo corpo allineandovi il proprio. Le tirò le mani sul cuscino, ai lati della testa, intrecciando le sue dita alle proprie mentre si appoggiava sui gomiti.

Voleva guardarla negli occhi mentre la penetrava. Mentre penetrava l'unica donna che avesse mai avuto e l'unica che, lo sapeva, avrebbe scelto di avere per il resto della sua vita, anche se lei non provava lo stesso desiderio, la stessa dedizione.

Entrò in lei lentamente, godendosi ogni centimetro di quel percorso, bevendo ogni respiro e il gemito gutturale che le sfuggì dalle labbra, gemello del proprio. E lentamente si mosse.

Lentamente fece l'amore con lei, nonostante non fosse in grado di ammettere nemmeno con sé stesso che era quello, ciò che provava. Nonostante il rifiuto esplicitato dalle lacrime di Hermione, solo poche ore prima.

Nonostante il dolore e la paura e il vuoto.

Perché era per lei che qualcosa dentro di lui cantava.

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Lo sciabordio ipnotico delle onde contro i pali che sorreggevano il bungalow riempiva la stanza, ora illuminata da una sola candela.

Hermione era scivolata dolcemente nel sonno mezz'ora prima, appena dopo il secondo amplesso, più irruento e giocoso del primo ma non per questo meno intenso.

Almeno, non per Severus, che ora la osservava dormire senza riuscire a prendere sonno a sua volta.

Gli era sembrato di sentire il proprio cuore spezzarsi ogni volta che lei pronunciava il suo nome, un attimo prima dell'orgasmo. Ogni volta che lo stupido organo tentava di illudersi che fosse qualcosa di più degli ormoni, a parlare. E anche adesso che lei gli si era addormentata addosso come se fosse la cosa più naturale del mondo, adesso che il suo viso si era rilassato nel più dolce dei sorrisi, lui non era capace di non desiderare che quel sorriso fosse causato da lui, rivolto a lui.

"Un sorriso tutto per il pipistrello dei sotterranei, per il mago oscuro che ha avuto abbastanza pelo sullo stomaco da ammazzare Silente" ricordò a sé stesso con uno sberleffo. "Come no."

Le accarezzò i capelli un'ultima volta, poi la scostò con delicatezza, facendo sì che la sua testa scivolasse sul cuscino prima di sfilarsi da sotto il suo braccio. Lei mugugnò qualcosa, si rigirò ma continuò a dormire.

Lui si alzò e si infilò nella cabina armadio, dove prese un cambio pulito d'abiti e una piccola scatola. Muovendosi in silenzio sui piedi scalzi, attraversò il soggiorno e raggiunse la seconda camera da letto della suite.

Lasciò la porta socchiusa, in modo da sentire se Hermione si fosse svegliata e avesse avuto bisogno di qualcosa, e accese un'unica candela.

Non gli serviva molta più luce, per comporre la combinazione che chiudeva la scatola e tirare fuori la foto di Lily.

Una volta rientrato a Londra da Hogwarts era riuscito a trovare la forza di finire di leggere il suo diario. Aveva trovato, come temeva, un resoconto dettagliato e zuccheroso come solo le adolescenti sanno fare, di come Lily si fosse innamorata di Potter... ma non solo. La sua amica a un certo punto si era pentita di come l'aveva trattato e di ciò che aveva scritto di lui. Solo la tristezza per l'insulto, e il timore di sentirselo ripetere – e, sì, anche un pochino di orgoglio – le avevano impedito di cercarlo e chiarirsi.

Le parole che aveva letto gli avevano fatto sentire più vero il ricordo della notte di Capodanno e dell'affetto che lei gli aveva dimostrato e, quasi senza accorgersene, aveva ricominciato a "parlare" con lei.

Accarezzò con un dito i contorni del viso sorridente della sua unica amica.

«Cosa faccio, Lily? Come faccio ad averla intorno tutto il giorno, a sentire la sua pelle sulla mia senza che quel poco che rimane di me vada in pezzi?»

La fiamma della candela guizzò per un refolo di vento entrato dalla finestra spalancata e, per un istante, parve che la donna nella foto alzasse gli occhi al cielo. Quasi a dire, "ma allora non mi ascolti".

«È inutile, rassegnati» le rispose lui, con un sorriso amaro. «Ti sei sbagliata. Non c'è nessuna per me. Nessuna che possa... amarmi. Anche se adesso sono sposato, sono comunque solo, come sono stato finora.»

La foto di Lily sorrise, come era solita fare, ma lui sapeva che se lei fosse stata lì in carne e ossa avrebbe insistito per portare avanti il proprio punto di vista.

Lui scosse la testa, ripensando al viso tirato di Hermione, alla sua espressione atterrita quando l'aveva visto accanto a Harry. Alle sue lacrime silenziose. Rivederla nell'occhio della mente gli fece provare una profonda oppressione al petto, tale da far fatica a respirare.

«Lei piangeva, Lily» disse con voce rotta. «Piangeva, mentre Percy Weasley la dichiarava mia moglie.»

Quasi non se ne accorse, ma un velo era salito a offuscare anche la sua vista.

Si sentiva da schifo, e non poteva farci niente.

La fotografia rimase silenziosa.

Con un sospiro rassegnato, gettò un incantesimo silenziatore sulla stanza, poi si dispose a fronteggiare l'ennesima notte popolata dai demoni del suo passato. Sperò che, essendosi spostato lì, almeno sua moglie non sarebbe stata disturbata.

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Il canto sconosciuto di un uccellino sul balcone, a pochi passi dal letto, fu ciò che strappò Hermione dalle braccia di Morfeo.

Da anni il suo sonno si era fatto così leggero che quasi qualunque rumore lo disturbava. Fece per tirarsi un cuscino sulla testa e provare a tornare a dormire, quando si accorse che qualcosa non quadrava.

Era da sola nel letto, ma non avrebbe dovuto.

Dov'era Severus? Era lì, quando lei si era addormentata.

Ancora un po' confusa, si alzò per vedere dove si fosse cacciato. Magari non si sentiva bene...

Nuda e scalza, uscì dalla camera da letto e si guardò intorno nel soggiorno ancora illuminato da un paio di monconi di candela, ma non lo vide. Uscì nel portico e poi sul terrazzo, accendendo la punta della bacchetta e rabbrividendo per l'aria fredda e umida che proveniva dal mare, ma anche lì non c'era nessuno.

La seconda porta che aveva notato arrivando dava su una passerella che portava verso il resto del villaggio. La richiuse prima che qualcuno la vedesse senza niente addosso.

La terza era socchiusa e lei la spinse con delicatezza, sporgendo la testa oltre il battente.

Tristezza e solitudine le franarono addosso quando lo vide.

Dormiva, le lenzuola attorcigliate intorno al corpo nudo, il viso rivolto verso la parete opposta, la pelle leggermente sudata illuminata del giallo caldo del moccolo sul comodino, i capelli scuri scomposti.

Dormiva. Lontano da lei.

Non aveva mai voluto fermarsi a casa sua per la notte quando erano stati amanti e, anche ora che il Ministero li aveva costretti a sposarsi, non sembrava comunque intenzionato a concederle un gesto intimo come addormentarsi al suo fianco.

Strinse la presa sulla bacchetta, cercando da qualche parte dentro di sé il coraggio che aveva fatto decidere al Cappello Parlante di metterla in Grifondoro e si ricordò ciò che le aveva detto Ginny. "Pazienza" si disse "devi avere pazienza. Dargli il tempo di abituarsi a te."

Stava per ritirarsi, quando lo sguardo le cadde su un rettangolo bianco che giaceva sul cuscino accanto alla testa di Severus.

Sapeva che non avrebbe dovuto, che qualsiasi cosa ci fosse scritta su quel biglietto erano affari di Severus, ma non riuscì a resistere alla tentazione. Mosse la bacchetta per un Accio non verbale e il foglietto le volò silenziosamente in mano.

Non era un biglietto.

Qualcosa le si lacerò dentro nel posare lo sguardo sugli occhi verdi e sul sorriso dolce di una Lily Evans diciottenne.

Senza emettere un suono, fece planare di nuovo la fotografia al proprio posto, poi accostò in silenzio la porta e uscì sul terrazzo, appoggiandosi alla ringhiera per guardare il mare, che scintillava di schegge d'argento sotto una falce di luna circondata dalle nuvole.

Severus era andato a dormire con Lily. Lily la perfetta, Lily che aveva preso per sé tutto il suo cuore.

Non c'era spazio per lei e, se prima l'aveva solo temuto, ora ne aveva la prova.

«Mi spiace, Ginny. Non posso lottare contro i mulini a vento» mormorò, mentre una lacrima le scivolava oltre il mento, finendo per mischiare il proprio sale con quello dell'oceano.


** Se alla fine dello scorso capitolo volevate sbattere le loro teste insieme, alla fine di questo non oso immaginare XD **

https://youtu.be/x3xYXGMRRYk

Well I'm some stain there on your bed sheet
You're my diamond in the rough

Darling I'll bathe your skin
I'll even wash your clothes
Just give me some candy
Before I go

...Oh and I'll be there waiting for you
Know that I'll be there waiting for you 

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