38- Padre e Madre

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TW: Omofobia

13 maggio- notte

Il traghetto era l'unica chiazza di luce nel nero di quella notte senza luna. Il vento umido scompigliava i capelli e il freddo penetrava nelle ossa, mentre l'odore di salsedine si appiccicava alla pelle.

"Zio fa, raga, meno male che non mi hanno sgamato l'erba".

Ruben, con la schiena contro una colonna e le gambe distese davanti a sé, guardò il cielo e sorrise.

La piscina era stata svuotata dell'acqua e il gruppo di ragazzi era seduto sul bordo e nella vasca, chi sdraiato, chi a gambe incrociate o distese. Una luce artificiale soffusa disegnava giochi di ombre sulle piccole piastrelle blu e verdi.

"Comunque sei proprio coglione" esclamò Denisa, accovacciata su Federico. "Se te l'avessero beccata avresti passato dei guai che neanche immagini".

"Spaccio internazionale". Federico ruotò la mano vicino all'orecchio, le dita raccolte come se stesse tenendo in mano una mela. "Ti dice qualcosa?".

"Non farmi la morale, ché tanto te la fumi pure te".

Federico fece per ribattere, ma Denisa lo precedette: "Ma perché rischiare così tanto per fumarsi due cazzo di cannette una settimana? Non potevi portarti delle sigarette?".

"Tu non capisci". Ruben sollevò il mento. "È una questione di principio. La cannabis deve essere legalizzata, esattamente come lo è il tabacco, e portarmela in giro è il mio personale modo di protestare".

Simone ridacchiò scettico. "Puoi dirlo che non riesci a stare due giorni senza fumare, eh, non ti giudichiamo".

Gli altri risero e Ruben, invece di rispondere, si limitò a fulminare l'amico con un'occhiataccia.

I volti di tutti erano stanchi e gli occhi circondati da pesanti occhiaie. Erano partiti in pullman da Torino alle cinque di mattina ed Emilia già sognava di accoccolarsi sotto le coperte, in cabina.

Sbadigliò e lasciò cadere la testa sulla spalla di Alessia.

Le voci lontane dei passeggeri seduti al bar erano inghiottite dal suono delle onde del mare, che si riversavano contro le pareti della nave. Emilia osservò il paesaggio oltre la banchina e venne colta da un leggero senso di angoscia. Non vedeva altro che buio.

"Che carini".

Alessia osservò intenerita una famiglia, seduta poco distante da loro.

I due papà indicavano al bambino le costellazioni e il piccolo, tutto felice, ripeteva i nomi, sbagliando alcune pronunce, gli occhi rapiti dallo spettacolo che la notte offriva.

Le mani libere dei due uomini erano intrecciate.

Emilia distolse lo sguardo. Vedere quell'armonia le faceva male, ampliava i vuoti che abitavano il suo cuore.

"Sì, però".

Le parole di Elia la riscossero.

"Però cosa?" esclamò Alessia ed Emilia sollevò il capo, avvertendo il corpo dell'amica accanto a lei fremere.

"No, niente". Il ragazzo abbassò lo sguardo, le braccia appoggiate sulle ginocchia sollevate.

Il silenzio si fece carico di tensione. Tutti sapevano il significato di quel "però", ma nessuno aveva il coraggio di dirlo.

"Perché sono una coppia gay?".

Gli occhi di tutti si posarono su Ruben, che aveva il fuoco nello sguardo.

Cadde il silenzio e l'aria si fece così densa da risultare irrespirabile. Tutti erano in attesa della risposta ed Emilia sperò con tutto il cuore che Elia tenesse la bocca chiusa.

Il ragazzo aveva lo sguardo fisso su Ruben, ma non lo stava davvero guardando. Era come ipnotizzato, presente con il corpo, ma distante anni luce con la mente.

"Boh, non lo so" disse, infine. "A me non sembra così giusto, poi ognuno la pensa come vuole".

La ferita che si aprì negli occhi di Ruben immobilizzò gli altri.

Emilia attese con trepidazione che il ragazzo dicesse qualcosa. Non sapeva se per lui fosse più dolorosa la frase discriminatoria che aveva appena sentito o il fatto che a pronunciarla fosse stato proprio il ragazzo per cui provava dei sentimenti.

"E perché non ti sembra giusto?". Alessia interruppe il silenzio e guardò Elia, ogni muscolo del corpo teso.

"Perché due padri non possono crescere bene un bambino, c'è bisogno sia della figura materna sia di quella paterna".

I ragazzi mostrarono subito il loro dissenso.

"Perché?" domandò Emilia, cercando di conservare la diplomazia che gli altri stavano perdendo. "I bambini hanno bisogno di affetto, serenità ed educazione, cose che non c'entrano niente con il sesso o il genere dei genitori".

"Però se tipo uno ha due mamme comunque gli manca la figura maschile, che fa da pilastro, non so come dire".

"Certo" rispose Ruben. "Quindi se uno non è il tipico capofamiglia maschio alfa non può essere un buon padre?". C'era grande sforzo nella sua voce. Le parole erano quasi un singhiozzo ed era sull'orlo delle lacrime, ma non voleva piangere e la voce gli si strozzava in gola.

Emilia intervenne prima che Elia potesse dire altro. "Saba, sei troppo concentrato sui ruoli di genere. Non è che tutti gli uomini sono forti e fanno da pilastro nella famiglia e tutte le donne mostrano solo il loro lato più sensibile".

"Appunto, uomini forti 'sta minchia" esclamò Alessia. "Elia, mia mamma è rimasta incinta al liceo e mio padre, invece di prendersi le sue responsabilità, se n'è andato quando lei era al terzo mese. Io sono cresciuta con mia mamma e mia nonna e non mi pare che mi sia mai mancato qualcosa".

Emilia sentì lo stomaco attorcigliarsi. Nonostante la rabbia che in quel momento provava per suo padre, il suo cuore era pieno di affetto nei suoi confronti. Era suo padre ad averle sempre cucinato ogni pasto. Era suo padre che era andato ogni giorno a prenderla a scuola e la aveva aiutata con i compiti alle elementari. Era suo padre che le aveva comprato i vestitini da piccola e che ora la aspettava paziente dalla parrucchiera. Era suo padre che le aveva parlato di mestruazioni e la aveva rassicurata la prima volta che si era ritrovata le mutandine sporche di sangue.

In Alessia aveva trovato una persona che potesse comprendere una situazione familiare diversa da quella che la società proponeva come canonica. Si erano sentite sbagliate, sotto il costante giudizio di tutti coloro che pensavano di conoscere le loro famiglie, anche se non ne sapevano nulla.

"Ale, lascia stare, non ne vale la pena". Ruben si alzò e trovò la forza di rivolgersi un'ultima volta a Elia. "Tanto a te cosa cambia dire queste cose?".

Si allontanò di gran carriera e Simone e Federico, senza il bisogno di dirsi nulla, si precipitarono a inseguirlo.

Elia si alzò di scatto. Senza guardare nessuno degli altri, girò sui tacchi e attraversò il ponte.

Andrea cercò lo sguardo di Emilia.

"Ha fatto una cazzata" mormorò, sperando che la ragazza prendesse in mano la situazione, ma Emilia restò in silenzio.

Nel "Tanto a te cosa cambia dire queste cose?" pronunciato da Ruben era compreso un mondo di significati.

"Tanto a te cosa cambia dire queste cose, dall'alto del tuo privilegio? Dopo aver detto la tua bella cazzata torni alle tue faccende, ma quella cazzata omofoba può rovinare la mia vita per sempre e diventare parte del sistema che mi opprime. E, a quel punto, se in Parlamento vengono bloccate proposte di legge che potrebbero tutelarmi o se per strada mi pestano, è anche colpa tua".

Emilia si alzò, intenzionata a tornare in cabina.

"Io non vado a cercarlo" sentenziò. "Se ci parlo rischio di buttarlo in mare. Buonanotte".

Spazio autrice:

Ciao ragazzi, grazie mille per aver letto questo capitolo❤️ Cosa ne pensate? Vi giuro che mentre lo rileggevo non avrei voluto far altro che strozzare Elia hahaha.

L'omofobia è un altro dei tanti temi che ho voluto inserire all'interno della storia, in quanto la nostra società è ancora permeata, purtroppo, da tanta ignoranza e tante discriminazioni e mi sembrava irrealistico raccontare le vite di un gruppo di adolescenti senza affrontare tutto ciò. Siamo nel 2023 e ancora le coppie omosessuali si vedono negate il diritto di adottare un bambino, non esiste una legge che attesti il reato di omolesbobitransfobia e, più in generale, le persone appartenenti alla comunità LGBT+ subiscono continue violenze, fisiche e psicologiche, per il semplice fatto che siamo così schifosamente eteronormati da non riuscire a concepire orientamenti sessuali e identità di genere diversi da quelli che abbiamo sempre pensato esistessero.

Penso che a tutti sia capitato di sentire frasi discriminatorie come quella detta da Elia, magari pronunciate da amici, conoscenti o addirittura persone della famiglia. Purtroppo non ho la speranza che gli adulti di oggi cambino idea, ma ripongo la mia fiducia nelle nuove generazioni e spero che possano essere sempre più aperte e tolleranti.

Se avete voglia di aggiungere un vostro pensiero alla discussione, ne sarei più che felice.

Un saluto, ci vediamo martedì❤️

Baby Rose

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