5- Un drink e un caffè

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22 febbraio

"Non è affatto giusto che Chiari sia direttore del giornalino".

Emilia sfogliava con disappunto il numero di febbraio, sdegnata come se avesse tra le mani un manifesto di propaganda fascista. Elia e Alessia si scambiarono un'occhiata divertita.

I ragazzi erano soliti trascorrere l'intervallo attaccati al termosifone di fronte alla Quarta D, la classe di Emilia e Alessia. Il corridoio, affollato di studenti, aveva ampie finestre che davano sul cortile sgangherato.

"Perché odi Gabriele Chiari?" domandò Elia, con finto stupore.

"Perché è un pessimo direttore" rispose Emilia, senza sollevare gli occhi dal giornalino. "E sai perché fa il direttore? Perché suo padre ha una tipografia, quindi può stampare i giornalini senza che la scuola debba spendere nulla".

Elia scoppiò a ridere. "Senti, Karl Marx, vedi di fare meno la complottista".

Alessia si infilò una Croccantella in bocca, senza togliere di dosso gli occhi dall'amico. Nonostante la delusione avuta alla festa, non riusciva a frenare l'attrazione che provava nei suoi confronti.

"Quindi vuoi dirmi che non ho ragione?". Emilia chiuse il giornalino e lo posò sul davanzale della finestra. "Questo è il primo numero dopo cinque mesi di scuola, abbiamo fatto una sola riunione e non solo lui non propone mai idee nuove, ma non accetta nemmeno quelle degli altri".

"Ah, ho capito qual è il problema". Elia trattenne a fatica le risate. "Rosichi perché non sei stata scelta tu come direttrice".

"Sei uno stronzo" strillò Emilia, colpendo l'amico con il giornalino. "Non ho il diritto di fare delle critiche perché se lo faccio sono in automatico una rosicona?".

L'arrivo di Andrea interruppe il battibecco.

Emilia si ammutolì e Alessia per poco non si strozzò con una Croccantella, mentre Elia lo salutò con una stretta di mano e un accenno di abbraccio.

"Bella Saba" esclamò il ragazzo, rivolgendo un'occhiata di sottecchi a Emilia. "Oggi ci sei agli allenamenti?".

"Sì e lascia stare, viene pure mio padre a vedermi".

Andrea scoppiò a ridere. "Serio?".

"Sì, dice che vuole vedere come cresce il suo piccolo campione".

Andrea scosse il capo divertito. "Adoro tuo padre, è un grande. Va beh, allora ci vediamo più tardi".

Rivolse un saluto forzato a Emilia, per poi allontanarsi imbarazzato, con le spalle ricurve e i capelli davanti agli occhi.

"Sono io una disfattista o c'era un po' di tensione nell'aria?" domandò Alessia, sporgendosi verso l'amica.

Emilia osservò Andrea finché non fu sparito dalla sua vista, una morsa invisibile ad artigliarle la bocca dello stomaco.

"Si tagliava con il coltello" sibilò Elia, passandosi la lingua sulle labbra.

"Si è offeso, vero?" domandò Emilia, la voce ridotta a un mormorio.

Elia sospirò e si guardò attorno. "Mah, vedi un po' te".

La ragazza nascose il volto tra le mani. "Che figura, che figura".

"Cosa ti aspettavi, scusa? Che rivedendoti sarebbe esploso di gioia, dopo quello che hai detto di lui?".

Emilia incrociò le braccia sotto il seno e fece roteare gli occhi al cielo. Ogni volta che pensava che il suo umore nero non potesse peggiorare, Elia le dimostrava il contrario.

"Va beh, io torno in classe ché devo copiare la versione di latino per l'ora dopo". Il ragazzo indietreggiò e rivolse un saluto a entrambe, nonostante Emilia stesse evitando il suo sguardo. "Ci vediamo".

"Ciao Elia" esclamò Alessia, con la voce più civettuola che potesse usare.

Scomparve all'istante, inghiottito dalla massa di studenti. Il traffico era intasato a causa di un gruppo di primini che si era messo a chiacchierare in mezzo al corridoio, ma, dopo qualche imprecazione da parte di altri studenti, i ragazzi si spostarono e la viabilità riprese regolarmente.

"Io non capisco proprio come faccia a piacerti".

Alessia fulminò l'amica con lo sguardo. "Non iniziare. Sai qual è il tuo problema? Non ti piace che le persone ti dicano in modo chiaro come stanno realmente le cose ed è per questo che Elia ti infastidisce".

"Ho capito, ma a volte non mi dispiacerebbe un po' di empatia".

"Ciao ragazze".

Alessia fece per risponderle, ma dovette zittirsi.

"Rebi, ciao" esclamò Emilia, stupita. "Che bello rivederti, come stai?".

Rebecca sorrise, con la bocca e con gli occhi. Il suo viso aveva una luce diversa rispetto alla prima volta in cui la avevano incontrata.

"Io tutto bene, voi? Come sono andate le vacanze di carnevale?".

Emilia e Alessia si scambiarono un'occhiata imbarazzata.

"Bene bene" rispose Emilia, sforzandosi di essere il più naturale possibile. "Le tue? Hai poi risolto con le tue compagne di classe?".

"Ehh" strinse con forza i pugni, fino a far sbiancare le nocche. "Più o meno".

Alessia captò all'istante il disagio della ragazza e cercò di deviare la conversazione. "Sei venuta alla festa d'istituto?".

La tensione del corpo di Rebecca si allentò. "No, non c'ero. Com'è stata?".

Le ragazze non riuscirono a trattenere le risate.

"Diciamo che ci sono stati un po' di problemi" esclamò Emilia, arrossendo. "Ma niente di grave per fortuna".

"Cose con ragazzi" aggiunse Alessia, sorridendo maliziosa.

Rebecca scoppiò a ridere, nascondendo la bocca dietro la mano, quasi provasse vergogna per la propria risata. "Va bene, non indagherò. L'interrogazione di filosofia com'è poi andata, invece?".

Emilia abbassò lo sguardo, imbarazzata. "Diciamo che Baroni mi ha messo sei per pietà e simpatia".

"Ma quale simpatia" intervenne Alessia, scuotendo il capo. "Solo pietà".

"Grazie, ti voglio bene anch'io" rispose la ragazza.

"Ma guarda un po' chi si rivede". Denisa comparve come un tornado alle spalle di Emilia e si inserì nel gruppetto. "Sarò sincera, così sobrie quasi non vi riconoscevo".

Le ragazze scoppiarono a ridere ed Emilia esclamò: "Oddio, ma sei Denisa! Credevo che non ti avrei mai più rivista". Aveva trascorso il giorno successivo alla festa a sfogliare le foto del suo profilo Instagram: Denisa Dervishi aveva oltre 3000 followers e tutta una serie di scatti professionali in cui posava come una modella da copertina. Riteneva impossibile che una persona così popolare potesse degnarla anche solo di uno sguardo.

"Scherzi? Non mi sono mica dimenticata che mi avete promesso un drink". La ragazza strizzò l'occhio a Emilia e poi lasciò vagare lo sguardo sulle altre: "Come state? Vi siete riprese da lunedì?".

"All'incirca".

"E con quel ragazzo? Vi siete poi chiariti?".

Emilia arrossì fino alla punta delle orecchie e distolse lo sguardo.

"Meglio non commentare" aggiunse Alessia, sogghignando.

Denisa parve sinceramente delusa. "No, mi dispiace".

"Tranquilla, è che sono una cretina".

"Hai provato a parlargli?".

Emilia scosse il capo e la ragazza alzò una mano con fare teatrale. "Come no? Provaci, vedrai che le cose si sistemeranno".

Alessia notò la confusione nello sguardo di Rebecca e sentì l'impulso di renderla partecipe dell'accaduto. "Dato che non sai i fatti, ti faccio un riassunto. Siamo uscite con gli amici di Elia Sabatucci, non so se lo conosci, va beh, conosce quelli della quinta B, che avevano il tavolo, quindi ci hanno offerto da bere. Emilia si è sbronzata e ha limonato con Andrea Costantini".

"No, ma veramente?". Rebecca scoppiò a ridere. "È nella mia classe".

Emilia sentì il bisogno di sprofondare nel pavimento, mentre Alessia continuava a raccontare le sue disgrazie. "Però poi le è salito lo sbocco, così è andata in bagno e ha vomitato nel lavandino. Denisa l'ha aiutata ed è così che l'abbiamo conosciuta".

"Oddio".

"Il delirio, ti giuro". Alessia non riusciva a smettere di ridere. "Ma non è finita qui. Dato che non tornava dal bagno, Costantini ed io siamo andati a cercarla e lei, seduta vicino a un water, senza sapere che lui fosse sulla porta, ha detto che il bacio le aveva fatto schifo e le era sembrato di avere una lumaca in bocca".

Rebecca scoppiò a ridere e guardò Emilia. "Sei fantastica, veramente".

"Ma fantastica cosa, cioè, riuscite a capire perché non ho il coraggio nemmeno di guardarlo in faccia?".

"Guarda, se posso dire una cosa" intervenne Rebecca, timorosa "Andrea è davvero un bravo ragazzo, fossi in te gli parlerei tranquillamente. Non è uno rancoroso o irascibile, soprattutto con le ragazze".

"Visto?" le fece eco Denisa. "Non conosco né te né lui, ma il mio sesto senso mi dice che devi ascoltare questi consigli. Comunque piacere, Denisa".

Allungò la mano in direzione di Rebecca, che, ridendo, si presentò.

Emilia, con lo sguardo perso in un pesce lesso, cercò conferma in Alessia. La ragazza annuì.

"Potrei provare".

"Brava" esclamò Denisa, orgogliosa, ma la sua voce venne coperta dal suono della campanella. "Però ti devi sbrigare, l'intervallo è finito".

Emilia annuì e iniziò a ripetere frasi motivazionali nella propria testa.

Ce la posso fare.

Ce la posso fare.

Ce la posso fare.

"Va bene, mi avete convinta". Indietreggiò, iniziando a pensare a quello che avrebbe potuto dirgli. "Per il drink che dobbiamo offrirti, invece?".

Denisa fece spallucce. "Quando volete voi".

"Sabato sera". Emilia allungò l'indice come se stesse dando un ordine. "Rebi, se non hai impegni vieni anche tu".

Un preludio di ansia si manifestò nello stomaco di Alessia di fronte a quell'invito così allargato. Fulminò l'amica con lo sguardo, ma ella parve non accorgersene.

"Davvero?" esclamò Rebecca, con l'ingenuo stupore di un bambino di fronte ai regali di Natale.

"Certo. A sabato, allora. Date ad Ale i vostri numeri, così ci accordiamo per il posto".

Emilia si dileguò con quella frase e si mise alla ricerca della Quarta A. Non fu difficile trovarla: era in una privilegiata e sfortunata posizione, tra l'aula insegnanti e la presidenza, dove gli alunni oscillavano tra la rassicurante consapevolezza di essere i cocchi dei professori e il timore che, al primo minimo sgarro, avrebbero perso il loro ruolo di spicco.

Andrea era seduto sul divano, accanto al nuovo acquario, insieme ad alcuni compagni di classe.

La ragazza sentì le gambe cederle. Si vergognava tantissimo e si sentì una stupida lì, immobile in mezzo al corridoio, mentre tutti la scansavano.

"Andre".

Il suo nome uscì dalla sua bocca in un sussurro e si chiese come fosse possibile che egli fosse riuscito a sentirla.

"Ehi". Rispose lui, con un sorriso forzato.

I suoi amici guardarono con frenetica curiosità ora l'uno ora l'altra.

"Posso parlarti un secondo?".

Andrea indicò la sala insegnanti. "Sta per arrivare la Bianchi".

Emilia trattenne il fiato per alcuni secondi. Insistere o desistere?

"Per favore". Mormorò, infine, guardando negli occhi il ragazzo. Il senso di vergogna iniziava ad essere surclassato dal bisogno di risolvere quell'equivoco. Non sarebbe più riuscita a chiudere occhio se non avesse prima messo un punto fermo a quella storia.

Andrea non sembrava convinto, ma alla fine cedette con un sommesso "Ok".

Si allontanarono dalla folla di studenti che faceva ritorno in classe e si fermarono sulle scale, deserte, lasciando che la porta antipanico si chiudesse alle loro spalle con un tonfo.

Andrea si appoggiò al muro, Emilia al corrimano.

"Volevo chiederti scusa" disse lei, disegnando cerchi immaginari con la punta del piede e leccandosi di tanto in tanto le labbra per il nervoso.

"E di che?". Andrea non riusciva a guardarla. Il suo sguardo correva ora al pianerottolo ora alla grata in ferro in mezzo alle rampe, a testimoniare che prima vi si trovava un ascensore.

"Lo sai".

Ci furono alcuni istanti di silenzio. Due ragazze salirono le scale chiacchierando e passarono in mezzo a loro.

"Ero ubriaca, ho parlato a vanvera, continuavo a dire tante di quelle cazzate".

"Di solito gli ubriachi dicono la verità".

Emilia abbassò lo sguardo. Non aveva torto.

"Senti". Esitò alcuni istanti, sentendosi un po' in colpa per quella mezza verità. "Quello dell'altra volta è stato il mio primo bacio".

Il ragazzo schiuse la bocca. "Davvero?".

"Sì" rispose Emilia, accennando una risata. "Non avevo mai baciato nessuno prima e devo ammettere che è stato strano, ma non è colpa tua, è solo che è stata una sensazione nuova".

Andrea sorrise. "Allora ci sta, dai".

Si guardarono negli occhi. Avevano entrambi iridi profonde e scure.

"Scusa, se l'avessi saputo ci sarei andato più piano".

Emilia distolse lo sguardo, imbarazzata. "Mi hai messo fuori posto le tonsille".

Andrea scoppiò a ridere. "Cazzo, Emilia, è un'immagine orrenda".

"Scusa" rispose la ragazza, trattenendo a fatica le risate. "Mi è uscita così, non l'avevo programmata".

Andrea annullò la distanza che li divideva. "D'accordo, allora direi che possiamo fare pace".

Emilia sorrise. "E pace sia".

Si strinsero con forza la mano, continuando a guardarsi. Emilia notò per la prima volta una piccola voglia marrone sotto il mento di Andrea.

"Cos'è?" domandò, sfiorandola con il pollice.

"Credo una voglia di caffè".

La ragazza esitò alcuni istanti prima di porre la fatidica domanda.

"Questo è un segno che domenica prossima dobbiamo prenderci un caffè insieme".

Andrea rise imbarazzato. "Seria?".

"Certo".

"Va bene, contaci".

La ragazza salì le scale. "Ora è meglio che tu vada in classe, altrimenti la Bianchi ti fa fuori".

"Hai ragione".

Emilia fece per aprire la porta e imboccare il corridoio, ma il ragazzo la fermò.

"Aspetta".

"Sì?".

"Se ti do il mio numero di telefono mi fai sapere il bar?".

Spazio autrice

Ciao lettori, grazie per aver letto questo capitolo. Finalmente Emilia e Andrea hanno fatto pace e usciranno insieme. Cosa accadrà durante il loro appuntamento? E come andrà la prima uscita con Denisa e Rebecca? Lo scoprirete settimana prossima!

Scusatemi, tra l'altro, se ho pubblicato un po' più tardi rispetto al solito, ma oggi ho avuto un po' una crisi con questo capitolo e più lo rileggevo meno mi piaceva. Non lo so, ci sono delle parti che secondo me sono scritte male, mi danno l'idea di un elenco della spesa, ma ho pubblicato ugualmente il capitolo perché mi sono ripromessa costanza e così farò. Se avete consigli su come potrei migliorarlo, mi aiutereste molto!

Un abbraccio❤️

Baby Rose

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