6- Fanculo il patriarcato

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25 febbraio

Le ragazze si riunirono in un locale sotto i portici di Piazza Vittorio Veneto. Le luci soffuse, la musica lounge, i tavolini in vetro e le poltrone color mogano rendevano il luogo raffinato e accogliente.

"Non ero mai venuta qua" disse Rebecca, guardandosi attorno incuriosita.

"Io sì, ma l'anno scorso, quindi non me lo ricordavo molto" rispose Denisa, per poi avvolgere la cannuccia con le labbra e sorseggiare il suo drink.

Emilia e Alessia si scambiarono un sorriso. La serata stava procedendo bene, le quattro ragazze erano riuscite a fare amicizia in un batter d'occhio, o almeno era quella la sensazione che provava Emilia. Si sentiva affine a Rebecca e Denisa, nonostante le avesse appena conosciute.

"Sai, Emilia, ti sta molto bene il rossetto rosso" commentò Denisa. "Dovresti metterlo più spesso".

Emilia sorrise imbarazzata. "Ti ringrazio, anche a me piace un botto, ma non lo metto mai".

Quella sera tutte e quattro erano molto eleganti. Denisa illuminava il locale con il suo abitino nero cosparso di brillantini, Alessia indossava un vestito attillato e un trucco che metteva in risalto i grandi occhi azzurri ed Emilia un top aderente che lasciava la pancia scoperta. La più sobria era Rebecca, con la sua camicetta in pizzo e una raffinatezza che apparteneva tanto agli abiti che portava quanto ai suoi movimenti.

"Perché non lo metti mai?" domandò Denisa, poggiando i gomiti sul tavolo. I suoi occhi leggermente a mandorla erano curiosi e attenti. Scrutava chiunque avesse di fronte, come la più acuta delle investigatrici.

"Non lo so, mi fa sentire un po' a disagio".

Denisa non distolse lo sguardo.

Emilia sospirò. "Sai, tutti che ti fissano".

"E quindi?". La ragazza le lanciò un'occhiata maliziosa. "È bello essere osservata, no?".

"Dipende da chi" rispose Emilia "Tipo se lo fanno i cinquantenni, anche no, grazie".

Rebecca ebbe un sussulto. Per poco non si strozzò con il cocktail e iniziò a tossire.

"Ehi, calma, piccola" esclamò Denisa, battendole dei colpi sulla schiena.

"Sto bene, sto bene". La ragazza deglutì rumorosamente. "Ho solo dimenticato come si beve".

Le altre scoppiarono a ridere, così rumorosamente da attirare alcuni sguardi contrariati.

"Ma parlando di cose serie" riprese Denisa, lo sguardo fisso su Emilia. "Sbaglio o domani qualcuno ha un appuntamento?".

Emilia sbuffò, le altre ridacchiarono sotto i baffi.

"Dove andate di bello?".

"Gli ho proposto di andare da Gerla, la pasticceria su corso Vittorio".

"Ma dimmi te, ci trattiamo bene, eh?". Denisa incrociò le gambe e massaggiò le cosce, coperte da un sottile strato di collant neri.

"È un posto carino". Emilia sorrise e abbassò lo sguardo, giocherellando con la cannuccia. "Che dite, secondo voi può andare bene?".

"Ma sì, alla fine l'importante è stare insieme" disse Rebecca, con un sorriso incoraggiante.

"Tanto sappiamo già quale sarà il suo unico obiettivo".

Emilia fulminò Denisa con uno sguardo.

"Baciarti, baciarti e ancora baciarti".

"Cogliona" rispose Emilia, ridendo.

"Basta che non vomiti subito dopo" aggiunse Alessia e tutte scoppiarono a ridere. Emilia si fece rossa fino alla punta delle orecchie.

"Che risata meravigliosa". Sul divanetto libero accanto a Denisa si sedette un uomo. Portava gli occhiali, sul viso aveva un accenno di barba e indossava un elegante completo blu. Dimostrava una trentina d'anni.

"Sì?" rispose Denisa, sarcastica.

"Sì". L'uomo la scrutò da capo a piedi, con un sorriso borioso stampato in faccia.

Anche Denisa sorrise. "Sai, quando ci si unisce al tavolo di qualcuno è buona educazione parlare anche con tutti gli altri presenti".

L'uomo accennò una risata. "Ma io voglio parlare con te".

Tra le ragazze cadde il gelo. Si scambiarono delle occhiate perplesse. Rebecca pareva quella più a disagio.

"Beh, però io non voglio parlare con te". Denisa mosse la chioma castana. "Stasera sono qua con le mie amiche e sono le uniche con cui voglio parlare".

L'uomo rise sprezzante. "Ti piace stuzzicare, eh?".

L'espressione di Denisa si fece all'improvviso seria. "Per favore, mi stai infastidendo".

"Ma come?". Gli occhi dell'uomo si soffermarono sulle gambe. "Una principessa tutta sola ha bisogno di un principe, no?".

"Non sono stata abbastanza chiara? Non ho voglia di chiacchierare con te, te ne devi andare".

"Non cacciarmi così, splendore". Abbassò il tono di voce e si avvicinò alla ragazza. "Non riesco a resisterti".

"Un no è un no, coglione". Denisa scattò in piedi e versò quello che restava del suo cocktail in faccia all'uomo. "E smettila di importunare le diciottenni".

"Puttana" urlò l'uomo, alzandosi, con il drink che gli colava sulla camicia.

Denisa non ebbe bisogno di dire nulla.

Le ragazze presero in fretta e furia le loro giacche, corsero fuori dal locale e l'uomo si precipitò a inseguirle.

"Correte, cazzo" strillò Emilia, in testa al gruppo.

"Merda". Denisa si fermò. "Voi non fermatevi, andate".

"Den, che cazzo stai facendo?".

La ragazza si tolse i tacchi e riprese a correre. "Forza, andiamo".

Corsero a perdifiato per tutta piazza Vittorio Veneto, sotto lo sguardo allibito dei passanti.

Emilia sentì un dolore al petto. L'aria gelida le aveva inondato i polmoni.

Si fermarono solo quando ebbero raggiunto il Po, su cui la piazza si affacciava. Alessia arrivò per ultima e si lasciò cadere sul marciapiede.

"Che palle". Denisa si osservò i piedi. Le calze erano strappate. "Erano i miei collant preferiti".

Emilia si sedette sul muretto a cavalcioni, lasciando penzolare una gamba sopra il fiume. Sull'altra sponda, la chiesa della Gran Madre, a dominare la notte con il suo cupolone, che la rendeva simile al Pantheon di Roma.

Per alcuni istanti nessuna parlò. A riempire il pesante silenzio che era calato tra loro, il rumore del traffico sul ponte e il vociare dei passanti.

Emilia guardò oltre la sponda del Po. La Vergine col Bambino, scolpita sul frontone della chiesa, assunse le sembianze di una matrigna.

Respirò affannosamente. Il fiato si addensava davanti alla bocca.

Il silenzio venne interrotto da un singhiozzo. Rebecca era in lacrime, con il volto nascosto tra le mani.

"Rebi, tesoro, che succede?". Denisa circondò le spalle dell'amica con un braccio.

"Mi sono spaventata" disse la ragazza tra i singhiozzi. "Ho avuto paura".

Denisa la abbracciò. Affondò le mani nei suoi riccioli biondi e la strinse con forza a sé.

"Va tutto bene, Rebi, non siamo più in quel bar, quel coglione è lontano".

"Ho avuto paura ti facesse del male. Era così... così....".

"Molesto". Emilia completò la frase.

Denisa e Rebecca restarono abbracciate.

"Sei stata una forza, Denisa" esclamò Alessia, rimettendosi in piedi. "L'hai distrutto".

La ragazza sorrise, ma le altre non lo videro. Il volto era coperto dalla chioma di Rebecca. "Ci sono uomini di merda, ma che possiamo farci, le mele marce ci sono sempre state e ci saranno sempre".

"No, non sono semplici mele marce". Emilia balzò giù dal muretto. "Sono uomini normalissimi, che crescono in una cultura marcia".

Denisa guardò Emilia con curiosità e ammirazione, continuando a tenere Rebecca stretta contro il proprio petto.

"Perché se una ragazza dice no, il suo no non viene considerato". Emilia era un fascio di nervi. "E a me questo fa incazzare. Io non voglio essere una preda, un mero oggetto sessuale, io voglio che il mio no abbia valore".

"Ben detto" le fece eco Alessia.

"Non è normale uscire la sera ed essere molestate. Non è normale dover vivere con la costante paura che qualcuno ci faccia del male".

Denisa sorrise. Aveva le lacrime agli occhi, ma guardò in alto, affinché non le colassero lungo le guance.

Nessuna aggiunse altro.

Emilia guardò una ad una le sue amiche, poi salì in piedi sul muretto.

"Fanculo il patriarcato". Il suo grido riecheggiò oltre la sponda del Po.

"Tu sei pazza" esclamò Denisa, ridendo. La imitò e, una volta in piedi sul muretto, cacciò il suo urlo liberatorio. "Fanculo l'uomo con quell'orribile completo blu".

Alessia prese per mano Rebecca.

Si affacciarono al muretto e Alessia, con quanto fiato aveva in gola, urlò: "Fanculo questo mondo di merda".

Rebecca non disse nulla. Ma sorrise, e le sue lacrime si mescolarono alle risate.

Emilia guardò commossa le sue amiche e le si strinse il cuore davanti a quella profonda e sofferta solidarietà femminile. Davanti a quelle grida, a quelle lacrime.

Abbracciò con forza Denisa. Poi scese dal muretto e abbracciò Alessia, e con ancor più forza Rebecca.

Sentì che quella notte avrebbe segnato le loro vite.

Sentì che quella notte le avrebbe rese sorelle per sempre.


Spazio autrice

Ciao lettori, scusate per il ritardo nella pubblicazione del capitolo, ma oggi sono partita per tornare una settimana a casa e ieri ho avuto un milione di cose da sistemare, che mi hanno impedito di dedicarmi alla storia.

Questo è in assoluto uno dei miei capitoli preferiti. Con questa affermazione non voglio assolutamente dire che sia perfetto, anzi, magari a voi potrebbe non piacere e per me è importantissimo conoscere la vostra opinione, forse ancora più del solito, trattandosi di un capitolo al quale sono affezionata. Le molestie sono frequenti, trasformano il più sereno dei momenti in un ricordo fastidioso, una spina nel fianco, minano l'autostima e la sicurezza.
E ciò che le rende davvero agghiaccianti è la loro banalità. Perché, quando iniziano a diventare un motivo di accomunamento, tra ragazze, forse abbiamo un problema che va ben oltre le cosiddette "mele marce".

Vi abbraccio❤️

Baby Rose

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