9- Del Boca, non ti permettere

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

2 marzo- sera

Quando l'ultimo banco venne aggiunto alla barricata, che serrava l'ingresso del liceo Massimo D'Azeglio, si levarono applausi e schiamazzi. Tutti i docenti e il personale scolastico avevano abbandonato l'edificio e la scuola poteva dichiararsi ufficialmente occupata.

Fino all'ultimo istante il preside aveva tentato di convincere Federico a desistere. Alcuni studenti del secondo anno, mentre i due discutevano in strada, si erano affacciati da una finestra per sbirciare la scena e, dopo i primi minuti di scambio civile, avevano iniziato a volare urla e minacce.

"Sai che quello che stai facendo è un reato? Tu sei maggiorenne, se succede qualcosa finisci in guai seri".

"Lo so e sono disposto ad assumermi tutte le mie responsabilità".

Il preside aveva agitato le mani come un ossesso. "Queste azioni infantili non ti porteranno da nessuna parte! Stai rischiando il tuo ultimo anno per una stupidaggine".

"Quello che non capisce è che è esattamente per persone come lei che io e tutti gli altri studenti là dentro siamo qui a protestare, persone che non fanno nulla per rendere la scuola un posto migliore, ma si ostinano a portare avanti modelli arcaici e conservatori".

"Del Boca, non ti permettere". Il preside si era allontanato furioso, con la giacca che sventolava come il mantello di Batman. "Io stanotte ti mando la Digos".

Nel sentire quella parola gli studenti che sbirciavano si erano allontanati dalla finestra, terrorizzati.

"Che cos'è la Digos?".

"È tipo la polizia?".

"Ci arresteranno?".

Quando Federico ebbe terminato il discorso in cui spiegava con maggiori dettagli le ragioni dell'occupazione e ne dichiarava ufficialmente l'inizio, quei ragazzi furono i primi a raggiungerlo, chiedendogli cosa sarebbe successo se fosse venuta la tanto temuta Digos.

Emilia e Alessia si erano accaparrate un angolo nella palestra della scuola, in attesa che qualcuno dei loro amici le raggiungesse. Elia, come scusa per farsi notare da un gruppetto di primine cotte di lui, si era preso la briga di intrattenere una lezione sui metodi per imbucarsi alle feste più in, come i diciottesimi privati o le feste universitarie, e aveva costretto Andrea a fargli da assistente, mentre Denisa si stava occupando di alcuni aspetti organizzativi dell'occupazione. L'unica a mancare era Rebecca, che aveva dichiarato di non poter assolutamente partecipare, o i suoi genitori si sarebbero arrabbiati da morire.

"Tuo padre ancora non sa niente?".

Emilia scosse il capo. "Gli ho detto che stasera dormo da te".

"Tu sei tutta scema" ribatté Alessia. "Non è peggio se lo viene a scoprire direttamente dalla nota che ti prenderai sul registro?".

"Non ci voglio pensare, dai, lascia perdere".

Alessia mostrò il proprio disappunto con una smorfia, ma non aggiunse altro. Sapeva quanto complicato fosse il rapporto tra Emilia e suo padre ed era consapevole che qualsiasi suggerimento sarebbe rimasto inascoltato.

"Ehi ragazze". Denisa le raggiunse di corsa e si lasciò cadere in ginocchio, esausta. "Finalmente abbiamo finito. Venite di là, dai, così vi presento Fede e un po' di amici".

Alessia ed Emilia si scambiarono uno sguardo imbarazzato, che Denisa ignorò.

"Chiamate anche Elia e Andrea" aggiunse, balzando in piedi. "Fede vuole ordinare un po' di pizze al metro, le mangiamo tutti insieme".

La ragazza si dileguò, lasciando le due amiche in un limbo di preoccupazione e imbarazzo.

"Tutto a posto, Emi?" domandò Alessia, scrutandola.

Emilia sorrise, fingendo di non capire. "Certo, perché non dovrebbe?".

La ragazza alzò un sopracciglio. "Su, lo sai. Questa storia che Federico è il ragazzo di Denisa, non lo so, ti è piaciuto per così tanto tempo".

"Ale, ma ti pare?". Emilia nascose tutto il proprio disagio dietro la più credibile delle risate forzate. "Mi è piaciuto un sacco, è vero, ma è una storia vecchia, ormai sono cresciuta, e poi ora c'è Andrea".

Ora c'è Andrea. Avvertì una stretta allo stomaco nel pronunciare il suo nome e non seppe se descrivere quella sensazione come positiva o negativa.

"Va bene". Alessia non sembrava convinta, ma si impegnò a non darle contro. "Se mi assicuri che è tutto a posto, possiamo raggiungere gli altri".

Emilia annuì. Federico Del Boca apparteneva al passato. Un passato in cui aveva pensato che fosse normale morire dietro a uno sconosciuto e in cui non aveva più intenzione di riconoscersi.

Quando Andrea vide le due ragazze raggiungerlo, i suoi occhi si illuminarono.

"Eccovi" esclamò, balzando in piedi. Baciò Emilia sulla guancia e poi accostò la bocca al suo orecchio. "Ti prego, porta Elia via da qui, non ne posso più".

La ragazza non se lo fece ripetere due volte. "Saba" tuonò, scatenando espressioni di disappunto tra le primine. "Su, vieni, c'è Federico Del Boca che vuole conoscerci".

Il volto di Elia si contorse in un'espressione così stupita da sembrare disgustata, come se qualcuno gli avesse rivelato che un ufo era appena atterrato in cortile. "Scusa?".

"Sì, abbiamo scoperto che è il fidanzato di Denisa e ora lei ce lo vuole presentare insieme a degli altri loro amici".

"Aspetta". Il ragazzo restò immobile alcuni istanti, la connessione nel suo cervello interrotta. "Cosa?".

Guardò Emilia dritto negli occhi e, senza che ebbe bisogno di dirle nulla, ella comprese tutti i dubbi che lo affliggevano. Come Alessia, anch'egli si era ritrovato spiazzato di fronte a quella coincidenza incredibile.

"Tranquillo, è tutto a posto" disse la ragazza, ridendo. "Andiamo?".

Elia ebbe bisogno di altri secondi per riflettere, prima di alzarsi. "In che cazzo di multiverso sono finito" esclamò, per poi tirarsi su a fatica e rivolgere un'ultima occhiata distratta alle primine. "Arrivederci signorine, è stato un piacere".

Le ragazzine trucidarono Emilia con lo sguardo, ma ella non se ne curò. Lei ed Elia litigavano a giorni alterni, ma se uno dei due aveva bisogno di supporto, l'altro non esitava ad accorrere. Per Elia nulla aveva la priorità su Emilia.

Si fecero largo tra gli studenti fino all'atrio e trovarono Denisa, che parlava animatamente con due ragazzi. Il più alto aveva il viso spruzzato di lentiggini scure, i capelli afro tagliati corti e il taglio degli occhi allungato. Proveniva da una famiglia mista e il nero ebano della pelle di suo padre si era mescolato col bianco avorio della madre, dando vita a una meravigliosa tonalità cioccolato. Vicino a lui, un ragazzo vestito di nero dalla testa ai piedi, con i capelli ossigenati e la pelle diafana. Le sopracciglia biancastre e gli occhi di un azzurro vitreo, contornati da due profonde occhiaie, gli conferivano un'aura furba e stanca al contempo.

"Ehilà" esclamò Alessia, pizzicando i fianchi di Denisa.

"Eccovi, belle" rispose la ragazza, prendendo le due amiche per mano. "Allora, vi voglio presentare Simone e Ruben".

Mentre stringeva loro la mano, Emilia si accorse che quei volti le erano famigliari. Quei due giravano sempre con Federico, e Simone, il ragazzo con le lentiggini e la pelle scura, si occupava del gruppo di teatro.

"Oh, finalmente conosciamo le nuove amiche di Denisa" esclamò Ruben, esibendo un gran sorriso e spazzolandosi i capelli platinati. "Ci ha parlato un sacco di voi".

Alessia nascose l'imbarazzo dietro una risata. "Spero abbia detto cose positive".

"Sì sì, assolutamente. Ma non ne manca una?".

"Sì, Rebecca non è potuta venire" rispose Denisa, liquidando la domanda per evitare ulteriori intromissioni. "Comunque, loro invece sono Elia e Andrea".

Ruben allungò subito una mano per presentarsi ad Andrea, senza togliersi di dosso il sorriso, ma i suoi atteggiamenti estroversi si raffreddarono quando fu davanti a Elia.

"Piacere" mormorò, indugiando nella stretta di mano. Rivolse al ragazzo un sorriso timido, per poi allontanarsi subito, imbarazzato.

Emilia conosceva troppo bene quell'atteggiamento per restarne stupita.

"Oh no" pensò, senza riuscire a capacitarsi di come facesse Elia ad ammaliare così tante persone. "Elia ha mietuto un'altra vittima".

"Le pizze stanno arrivando". Federico piombò nel cerchio all'improvviso, intromettendosi nella conversazione. "Ho preso un po' di gusti misti, anche vegana nel caso qualcuno di voi lo sia".

"La mia amica Rebecca non c'è, alla fine, ed è vegetariana, non vegana" rispose Denisa, come se quell'informazione fosse ovvia a tutti. "Comunque, ho un po' di personcine da presentarti".

Se l'anno prima qualcuno avesse raccontato a Emilia quello che sarebbe successo, probabilmente non gli avrebbe creduto. Il destino sapeva essere assurdo.

"Emilia" mormorò, stringendo la mano al ragazzo. Quasi per istinto si aspettava che egli le rispondesse "Ah, Martucci", ma non accadde. Si limitò a presentarsi e dallo sguardo non pareva l'avesse riconosciuta.

"Sei riuscito a contattare La Stampa?" domandò Simone, quando le presentazioni furono terminate.

"La Stampa?". Alessia non era capace di frenare la propria curiosità e Federico, che non sprecava nessuna occasione per parlare di sé, era la persona perfetta per soddisfarla.

"Sì, ho chiamato La Stampa per comunicare che abbiamo occupato e che domani intendo rilasciare un'intervista" rispose il ragazzo, con una punta di orgoglio nella voce. "Il preside deve capire che sto facendo sul serio, che questo non è solo un capriccio".

Ruben sembrava scettico. "E se stanotte chiama davvero la Digos?".

"Si fa la figura del conservatore del cazzo, non mi interessa. Io vado avanti". Federico trasudava orgoglio e testardaggine. Emilia impazziva per quell'ardore, ma al contempo il suo ego gigantesco la infastidiva.

"Scusa una cosa" domandò, senza nemmeno sapere il perché. Semplicemente, non riusciva a tenere a freno la lingua. "Stai portando avanti l'occupazione perché davvero ti interessano tutte le tematiche di cui hai parlato oggi o perché stai facendo a gara con il preside a chi ce l'ha più grosso?".

Piombò il silenzio e tutti gli sguardi si posarono su Emilia.

"Avere degli ideali significa essere disposti a mettere la causa per cui si lotta davanti alla propria immagine" aggiunse la ragazza, guardando Federico dritto negli occhi. "Altrimenti è solo esibizionismo".

Federico sostenne lo sguardo. Emilia capì che in quel momento lui la stava davvero guardando per la prima volta.

"Le mie intenzioni cambiano i fatti?" rispose il ragazzo, pacato. "Guardati attorno: in questa scuola siamo 900 studenti e all'occupazione oggi siamo in 400. È l'occupazione più partecipata tra quelle avvenute quest'anno in Italia, quindi che cambia se sto facendo tutto questo per ambizioni personali o perché ci tengo davvero? Siamo così tanti che questo evento avrà sicuramente delle ripercussioni, a Roma parleranno di noi e il nostro messaggio arriverà".

Aveva sempre la risposta pronta. Emilia lo trovava odioso.

"È comodo citare solo i risvolti positivi delle tue azioni" disse. Non gliela avrebbe lasciata vinta. "Peccato che le tue intenzioni possano anche essere deleterie per qualcun altro. Dici che non te ne frega niente se la Digos fa uno sgombero, ma pensi che sia così per tutti qua dentro? Io so come funziona, una persona molto vicina a me ci lavora, e se becchi l'agente sbagliato ti prendi le manganellate".

Gli amici attorno a loro erano in religioso silenzio.

Federico sorrise beffardo. "Sei hai così paura dei poliziotti perché sei qui? Parli tanto di ideali, ma averli non significa anche rischiare per essi? Se no come cambi le cose?".

La domanda rimase in sospeso. Qualcuno urlò che erano arrivate le pizze e un folto gruppo di persone delle altre classi accorse per andare a prenderle.

"Io vado, chi mi aiuta?" esclamò Simone, indicando il corridoio con il pollice.

"Vengo io, aspettami" rispose Federico, per poi voltarsi di nuovo verso Emilia, con un'espressione beffarda stampata in volto. Era convinto di aver zittito la ragazza e voleva godersi quella piccola vittoria.

"Non ho paura dei poliziotti, comunque". Emilia gli si parò di fronte. Ormai nessuno stava più seguendo il loro dibattito e nella confusione, per farsi sentire, fu costretta ad avvicinarsi. "La persona che conosco che lavora nella Digos è mio padre".

Il ragazzo sorrise, incapace di nascondere lo stupore. "Fregato" pensò Emilia, soddisfatta.

"Va bene" rispose il ragazzo, addolcitosi. "Allora se vengono a sgomberarci faccio andare avanti te a parlare, così non mi accusi di volermi sempre mettere al centro dell'attenzione".

1-1. Il dibattito poteva dirsi concluso.



Spazio autrice

Ciao ragazzuoli, spero che il capitolo vi sia piaciuto! L'occupazione è finalmente iniziata, ma il clima è molto teso, sia all'esterno sia all'interno delle mura scolastiche... Come andrà a finire, secondo voi? Sono curiosa di conoscere le vostre teorie!

Sono felice di aver aggiunto queste scene nella nuova stesura. Mi sono ispirata ai fatti dell'autunno del 2021, quando in tutta Italia gli studenti occupavano le scuole: secondo me è stata una forma di protesta pazzesca e sono certa che, se i personaggi della mia storia fossero reali, avrebbero davvero aderito. Nella vostra scuola è mai avvenuta un'occupazione?

Volevo poi aggiungere una piccola postilla su cosa sia la Digos, perché magari c'è qualche lettore più piccolino che non lo sa: è un organo della Polizia che si occupa di contrastare alcuni reati particolarmente gravi, come il terrorismo, ma viene impiegata anche per questioni di ordine pubblico come, appunto, occupazioni e manifestazioni violente.

Detto questo, vi saluto, vi auguro un bellissimo weekend. A martedì❤️

Baby Rose


Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro