Capitolo 1: Hope

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Electric Daisy Violin - Lindsey Stirling


Era ormai sera quando, finalmente, raggiunsi il quartiere di Hermosa Beach.

Come sempre non mi ero fermata neppure un istante da quando mi ero alzata quella mattina, girando per la città come una trottola, tra faccende varie da sbrigare, lo studio e il lavoro.

Nonostante questo non ero affatto stanca, anzi, mi sembrava di essere ancora più euforica e attiva del solito.

Raggiunsi l'ampio vialone che portava verso la spiaggia, già gremito di giovani energici armati di tavola da surf e skateboard, che passeggiavano o sostavano di fronte ai locali, bevendo un cocktail o mangiando un gelato.

Mi diressi rapidamente verso il locale dove mi aspettavano gli altri, il "The Duke", un localino piccolo ma caratteristico, dove si trovavano clienti abituali e spesso parecchi turisti. Una specie di baretto da spiaggia in cui ragazzoni, palestrati e abbronzati, offrivano da bere alle ragazze altrettanto fisicate e abbronzate.

Era affollatissimo, come sempre, e appena entrai dovetti farmi spazio per passare tra gli enormi energumeni surfisti che mi salutarono appena mi videro.

Considerando che ero praticamente la metà di loro mi chiedevo sempre come riuscissero a notarmi. Non ero nana, ovviamente, ma di certo l'altezza non è mai stata una delle mie caratteristiche migliori.

Una breve descrizione? Magra e slanciata, con capelli castani tenuti né troppo corti né troppo lunghi, per lo più ribelli e acconciati in vari modi piuttosto artistici. I miei occhi invece erano di un verde acceso che contrastavano contro la pelle abbronzata. Energica e piena di vita, saltellavo instancabile da un posto all'altro tanto da dare nel complesso l'idea di un folletto.

Come mio solito salutai tutti con allegria, passando tra i vari ragazzi e ragazze in piedi davanti al lungo bancone per raggiungere i miei amici che, con tutta probabilità, mi stavano aspettando per preparare il nostro spettacolo.

Infatti li trovai lì, sul fondo del locale, nella zona dei tavolini, anch'essi super affollati e con parecchia gente in piedi. Quando ci esibivamo, di solito, avevamo per fortuna un tavolo riservato, altrimenti sarebbe stato impossibile sederci, visto che suonavamo sempre in posti strapieni.

Li intravidi al tavolo, intenti a ridere e scherzare tra di loro, tre ragazzi e una ragazza, per essere più precisi: Mark, l'energumeno biondo, stava ridendo in maniera sguaiata, quasi ribaltandosi dalla sedia; Joan, con i suoi lunghissimi capelli corvini, che si teneva le mani sugli addominali tanto dal ridere; Luke, con quei suoi profondi occhi di un verde smeraldo che davano il capogiro, corrucciati in un'espressione imbronciata. Quest'ultimo era intento ad asciugarsi la maglietta da ciò che, fino a pochi attimi prima, era la bibita di Matthew, il ragazzo con i dreads castani, che cercava in ogni modo di scusarsi.

«Ohi, ragazzi! Vi state già divertendo, noto!» ridacchiai, mentre osservavo con un sorrisetto divertito il gruppetto. «Che cosa è successo, Luke?» domandai guardandolo e spostandomi dalla spalla la custodia del violino.

«É successo che Matt è un imbranato, come al solito!» Luke aveva un caratterino piuttosto irritabile e suscettibile, serio e distaccato. Non era certo il tipo che prendeva bene questo genere di cose, sebbene sembrasse a tutti gli effetti un incidente.

«E dai, Luke, fratello, alleggerisci!» Mark si asciugò le lacrime dagli occhi castani, spostandomi una sedia per farmi accomodare, era una montagna di muscoli sempre pronta a ridere e scherzare.

«Infatti! Non essere così pesante! Matt non voleva mica lanciarti la bacchetta di proposito.» Joan mi passò la bibita, mi conoscevano così bene che avevano già ordinato per me.

«Mi dispiace, davvero!» Matt era mortificato. «Ti giuro che non mi era mai capitato di perdere il controllo mentre facevo ruotare la bacchetta tra le dita. Ho... ho sentito qualcosa di strano, tipo un brivido alla schiena e mi sono distratto.»

«Che mi sono persa!» Sghignazzai divertita mentre prendevo posto accanto a Mark, guardando Luke che rivolgeva un'occhiataccia al suo compagno. Presi da bere iniziando a sorseggiare. «Matt, non sarai nervoso per lo spettacolo, vero? Qui fuori è già tutto pronto. Ma questa gente è tutta qui per noi?» Domandai, guardandomi attorno.

«Miracolo dei social, mia cara.» Joan tirò fuori uno specchietto per sistemarsi il mascara che si era sciolto agli angoli, si era fatta venire le lacrime per le risate; era così bella che neanche il trucco fuori posto avrebbe potuto sminuire la sua perfezione. «Si è sparsa la voce che suoniamo qua e questo è il risultato.»

«I tuoi video sono virali, pensa che hanno fatto un hashtag con il nome del gruppo per l'occasione.» Ogni volta che Mark si stiracchiava sembrava che i vestiti stessero per strapparglisi. «Almeno oggi non si paga il conto del bar visto che abbiamo riempito il locale. Così Luke può prendersi un altro bicchiere!» Ricominciò a ridere senza ritegno mentre il chitarrista del nostro gruppo storceva il naso, indignato e indispettito, per quanto accaduto.

«Intanto mi tocca suonare ridotto così!» Tirò un lembo della maglietta, per sottolineare il concetto.

«Siamo vicino al mare, Luke, puoi anche toglierla, se questo è il problema.» Joan scosse la testa, raramente trovava un motivo per cui valesse la pena litigare o far polemica. Per lei ogni questione era facilmente risolvibile con il minimo sforzo.

«Se vuoi te ne presto una delle mie.» si offrì gentile Matt, con quella che mi sembrò quasi una nota di timidezza nella voce.

«Dubito seriamente che tu le abbia lavate di recente.» replicò, ancora più infastidito, il ragazzo.

«Dio quanto sei noioso, Luke!» Joan alzò gli occhi al cielo, sghignazzando.

«Beh, secondo me non dispiaceresti alle ragazze, se suonassi a petto nudo, sai? Sempre meglio che con una maglietta chiazzata di... qualsiasi cosa sia!» Ridacchiai, bevendo un altro sorso. «Ah... i social! È già tanto se accendo il cellulare e leggo i vostri messaggi. E poi quei video non sono niente di che! Che si aspettano di vedere!?» Domandai in ansia.

Non avevo problemi a suonare. Mi dissociavo dal mondo quando impugnavo il mio strumento assieme all'archetto. Ero in fibrillazione quanto eccitata, come ogni volta che dovevo esibirmi in pubblico. Per quanto lo facessi da tempo non cambiava mai nulla. Ogni singola volta temevo di deludere tutte le persone che avevano fatto tanta strada solo per ascoltarmi.

«Credo si aspettino un miracolo.» mi rispose Matt, con la sua dolcissima ingenuità e una risatina.

«Ma la finisci di dire stupidaggini?» Luke si tolse la maglietta, mettendo in bella mostra i perfetti addominali e gliela lanciò, prima di attirare l'attenzione della cameriera per ordinare un secondo giro.

«Quello che volevo dire... è che la gente adora sentirla suonare.» rispose il ragazzo con i dreads togliendosi la maglia nera dalla faccia. «Lo sai che crea un'atmosfera coinvolgente quando si esibisce.»

Per un attimo vidi comparire sul volto di Matt un'espressione strana, un bagliore sul fondo dei suoi occhi che tradiva un misto di sentimenti in contraddizioni. Durò solo un attimo, poi distolse lo sguardo, tornando a giocare nervosamente con le sue bacchette da batterista. Lo faceva sempre quando era nervoso.

«Smettetela di fare salire l'ansia a tutti!» li rimproverò Joan «Sta tranquilla, Hope, siamo qui solo per divertirci, andrà bene! Le muse non ti molleranno proprio adesso.» Mi fece l'occhiolino.

«Guarda che non le serve mica l'ispirazione, le serve questo!» Luke recuperò dal vassoio, che la cameriera tese verso di noi, un paio di shottini e me ne passò uno, mentre la ragazza se lo mangiava con gli occhi. «Butta giù, ragazza!» Diede l'esempio, facendo imbronciare Mark, il cui sorriso si spense rapidamente per essere sostituito da un cipiglio severo e austero.

«Non credo che sia una buona idea bere prima dell'esibizione.»

«Adesso chi è il pesante? È solo uno shottino!» sentenziò Luke, mettendo giù il bicchiere capovolto, ormai vuoto.

«È il sesto!» mi bisbigliò Matt, mettendosi una mano davanti alla bocca per non farsi sentire.

«Ma sì! È solo uno shottino!» Risposi io bevendo un sorso di quello che mi sembrava alcol puro. «Un forte shottino!» Tossicchiai poggiandolo poi sul tavolo. «Ce la fai a suonare, Luke?» Domandai, dopo aver sentito le parole di Matt, prima di tornare su Joan. «Non so che farei senza di voi!»

Li conoscevo fin dall'infanzia e da sempre erano stati una sorta di migliori amici. Non avevo famiglia e mia madre era morta dandomi alla luce. Di mio padre non avevo altro se non gli assegni che aveva mandato ai miei nonni quando erano in vita e i regali che mi spediva per le occasioni. Non sapevo neanche che faccia avesse. Loro erano tutto quello che potevo considerare di quanto più vicino ad una famiglia. Tranne per uno di loro, per il quale avevo sempre provato qualcosa in più e che non riuscivo a guardare direttamente, soprattutto adesso che se ne stava a torso nudo a dividere l'alcol con me.

«Per chi mi hai preso?» mi rispose lui, fintamente indignato. «Non sono mica una ragazzina che va gambe all'aria con un bicchierino!» Una frecciata che parlava di tempi ormai lontani, in cui non ero altro che una ragazzina smilza, perdutamente innamorata di uno dei suoi migliori amici, con cui pensava un giorno di poter avere un futuro. Da quell'occasione però era cambiata solo la consapevolezza che non ci sarebbe mai stato niente tra noi.

«Mi sa che è ora ragazzi, si va in scena!» ci avvisò Matt dando un occhio allo schermo dello smartphone.

«Tu, piuttosto? Ti reggi ancora in piedi?» mi chiese Mark, sghignazzando.

«Io la vedo traballante.» Ghignò Joan, lanciando un'occhiata d'intesa al bestione con il cappellino al rovescio che, senza alcuna fatica, spostò la sedia e mi caricò in spalla come uno scalciante sacco di patate tra l'ilarità generale del locale.

«Mollami, brutto bisonte!» Risi io divertita, mente gli tiravo pugni sull'ampia schiena ridendo. Sapevano sempre come stemperare i momenti di tensione e distogliermi dai miei drammi interiori. «Sto benissimo!» Dissi mentre indicavo il violino a Joan. «Il violino!»

Luke fu più veloce, intercettando al volo il mio segnale e prontamente me lo passò, incrociando per un attimo lo sguardo al mio. Sapeva quanto fosse prezioso per me.
Accennò un ghigno strafottente, prima di distogliere lo sguardo dal mio e avviarsi fuori con le mani in tasca, seguito da Joan, Matt e Mark, con me in spalla.

Sorrisi, stringendo il violino mentre uscivamo dal locale insieme, trovando segretamente piacere in quegli sguardi fugaci e quei sorrisi a cui cercavo costantemente di non pensare.

Mark mi trasportò fuori di peso. Non che fosse un problema per quella montagna di muscoli visto che non pesavo praticamente niente e lui sembrava poter fare da controfigura a Hulk.

«Oddio è pieno di gente!» esclamai sbalordita, guardandomi attorno dal metro e ottanta che raggiungevo sulla spalla del mio forzuto amico.

Mi trasportò tra la calca, fino alla piazzetta fuori al locale, dove i ragazzi avevano preventivamente scaricato tutta l'attrezzatura e dove Mark si decise, finalmente, a scaricare anche me.

«Sembrano più del solito.» osservò Matt, facendo roteare tra le dita una delle bacchette con cui suonava la batteria, ripeteva spesso quel movimento, quasi fosse un tic nervoso. Infatti, da quando ero arrivata, mi era sembrato un po' più agitato del solito. Lo vedevo spesso lanciare occhiate indagatrici tutto intorno, quasi si aspettasse di scorgere qualcuno tra la folla.

«Cerca di non tirarle addosso a nessuno!» Lo punzecchiò Luke, riportandolo alla realtà e sorpassandoci per recuperare la chitarra.

«In effetti c'è un po' troppa gente.» Mark sembrava preoccupato e stranamente serio, come fosse stato contagiato dal nervosismo di Matt ma, appena si accorse del mio sguardo addosso, tornò ad assumere la solita aria allegra e leggera. «Su con la vita, Hope, facciamo rizzare i capelli a questa gente e raggiungiamo i centomila like!» Mi diede una poderosa pacca sulla spalla che quasi mi sbalzò a terra, prima di andarsene a controllare la tastiera. Faceva davvero strano vedere un simile energumeno alle prese con tale strumento, eppure, quando suonava, le sue dita si muovevano agili e leggere, come se sfiorassero appena i tasti.

Anche Joan si stava guardando intorno, con un cipiglio piuttosto serio. «Tira un'aria strana.» Si avvicinò a Mark per mormorargli qualcosa, prima di prendere il basso.

«Va tutto bene?» Domandai guardando i due ragazzi, mentre tiravo fuori il violino dalla custodia, guardando poi Luke e Matt.

«Ma certo che va tutto bene!» mi rispose il biondo, allegro come sempre, mentre faceva scivolare le dita su tutta la scala per saggiarne i tasti. Eppure li vedevo scrutare alternatamente tra la folla per poi lanciarsi occhiate tra di loro, pensando che non li vedessi.

«Pensano che il fatto che ci sia molta gente possa essere un problema, invece io credo sia una cosa positiva.» Luke era l'unico che non prestava attenzione al pubblico, intento ad accordare la chitarra, mentre alcune ragazze già gli urlavano dietro.

Joan mi si avvicinò. «Ignorali! Fanno i duri ma risentono anche loro dell'ansia prima di uno spettacolo.» Mi passò un braccio intorno alle spalle sorridendomi.

«Parla per te!» le rispose con distacco Luke, continuando ad ignorarla.

«Va bene! Siete pronti?» Domandai sorridendo a Joan e a Mark, passando poi lo sguardo da Luke a Matt.

In tutta risposta, Matt fece roteare le bacchette un'ultima volta prima di fermarle, pronto a cominciare. Joan posizionò le mani per prendere il primo accordo, Mark mi fece un gesto d'assenso con la testa e Luke pizzicò rapidamente le corde con il plettro. «Fa la tua magia, Hope.» mi disse lui con un'intensa occhiata, prima che i ragazzi attaccassero.

Poggiai il violino sotto al mento, posizionando poi l'archetto sulle corde. Chiusi gli occhi, concentrandomi per estraniarmi dal pubblico, che ormai si era disposto attorno a noi. Attesi che il brano partisse, prima di far scivolare con maestria ed eleganza l'archetto sullo strumento musicale e iniziare a danzare con esso.

La musica mi mandava su di giri in una maniera pazzesca e, nonostante suonassi uno strumento classico, ciò che creavo era energico e ritmico e nel dar vita a quella melodia lo diventavo anche io.

Suonavo e mi muovevo come se fosse una cosa unica e lo stesso violino fosse una parte del mio corpo. Le emozioni mi travolgevano come sempre e io non facevo altro che esprimerle attraverso la musica.

I miei video erano virali, ma era dal vivo che avveniva la magia, per questo lo spiazzo era così affollato. La musica che producevo diventava quasi tangibile, come una cappa che avvolgeva chi ascoltava, penetrando nei cuori e nelle menti di chi ascoltava, dando euforia e scariche di energia, buonumore e voglia di vivere. Era stordente e inebriante al tempo stesso.

Suonammo senza sosta, dando tutto noi stessi e alla fine della canzone, dopo saltelli e giravolte accompagnate dall'angelica voce di Joan che faceva da coro ai nostri strumenti, venimmo acclamati dal boato della folla esultante.

Joan si affiancò a me per complimentarsi, senza dar segno di volermi lasciare per tornarsene al suo posto, quasi come se non volesse perdermi d'occhio neanche per un istante.

«Grazie!» Le dissi entusiasta e stanca per l'esibizione. «Suoniamo ancora?» Domandai, guardando poi verso il pubblico che continuava ad applaudire. «Sembra che vogliano un bis!»

«Certo, ragazza! Diamoci dentro!» fece un gesto agli altri e continuammo con il nostro repertorio, ma lei mi rimase stranamente vicina durante tutte le canzoni, dandomi solo quel margine di spazio che mi serviva per ballare tranquillamente e senza ostacoli.

Trasmettemmo emozioni forti per tutto il concerto e ci divertimmo un mondo, come sempre. Ad un certo punto dello spettacolo, però, feci una piroetta un po' più larga, che terminò troppo vicina alla folla che ci aveva accerchiato e mi trovai davanti un paio di occhi grigi e freddi come il ghiaccio che mi fissavano, accompagnati da un sorriso sarcastico.

Un ragazzo con il pizzetto ed i capelli neri, in prima fila. Non urlava, non ci acclamava, non scaricava l'energia che aveva dentro come stavano facendo gli altri. Se ne restava lì, fermo, tranquillo e imperturbabile, a osservarmi con quel sorriso impertinente, quasi mi stesse studiando. Una cosa davvero molto strana, un comportamento fuori dal comune e uno sguardo che metteva fortemente a disagio.

Lo fissai per qualche istante, sentendomi quasi ipnotizzata da lui e dallo strano fascino magnetico che emanava. Era strano e, forse per via del suo atteggiamento, stonava con tutto il resto dei presenti. Tornai indietro a suon di musica, cercando di non pensarci, ricominciando a suonare e a concentrarmi sul mio pezzo fino a terminare, finalmente, anche quella canzone.

Non ebbi quasi il tempo di sollevare l'archetto dal violino che Joan mi afferrò per un braccio, trascinandomi vicino a sé, dietro al microfono. «Per oggi è tutto, ragazzi! A nome della band vi ringrazio per essere venuti così numerosi, so che molti di voi hanno fatto molta strada per ascoltarci. Continuate a seguirci sulla nostra pagina e ci vediamo alla prossima!» Era allegra, come sempre, eppure quel comportamento mi sembrava strano; era molto più appiccicosa del solito e mi sembrava andasse quasi di fretta.

«Ehi, Joan che c'è?» domandai, osservandola perplessa senza capire. Solitamente non ce ne andavamo mai così frettolosamente.

«C'è un tipo strano tra la folla. Non mi piace come ti guarda. È meglio se andiamo via.» Mise a terra lo strumento mentre intorno a noi chiedevano il bis a gran voce.

«Penso sia meglio restare un altro po' invece, saremmo scortesi con chi ha fatto tanta strada per ascoltarci.» controbatté Luke, avvicinandosi a noi e guardando in cagnesco lo strano tipo che continuava a ghignare serafico, senza muoversi di un millimetro.

«Sei impazzito?» gli chiese Joan, iniziando a tradire la sua preoccupazione.

«Affatto! Siamo in quattro qui e siamo circondati da persone che vogliono sentirci suonare, mi sembra assolutamente inutile darsela a gambe per un tipo stravagante che ci fissa.» Luke sembrava sicuro, ma si era avvicinato anche lui a me.

Nel frattempo ci stavano raggiungendo anche gli altri due, per capire cosa stesse succedendo.

«Sei impazzita? Stai dicendo di andare via perché un tizio strano mi sta fissando?» domandai io sorpresa, osservando poi Luke. «Siamo qui per suonare. Non voglio già andare via!» Insistetti, rivolgendomi a quest'ultimo, sperando mi desse man forte.

Ok, il tipo era effettivamente strano e inquietante, ma Luke aveva ragione. Cosa poteva mai farmi nel mezzo di una piazza tanto affollata, oltre a fissarmi con insistenza?

«Sei diventata troppo apprensiva, ti lasci condizionare da quello che leggi sul giornale e Hope non è una stupida, sono piuttosto sicuro che non darà corda a quel tipo. Possiamo continuare il nostro concerto.» il nostro chitarrista tornò al suo posto, lanciando occhiate ai ragazzi, che dopo poco seguirono il suo esempio, anche se palesemente a malincuore, ma era sempre stato così per loro: gli ordini di Luke non si discutevano.

«Hope, non ti avvicinare troppo a lui, non mi piace quel tipo.» Joan mi mise la mano sul braccio, prima di recuperare il suo basso e tornare al microfono. «D'accordo gente, so che ne volete ancora e allora tenetevi forte perché la nostra stella si sta per scatenare!» Mi lanciò un'occhiata e i ragazzi ripresero a suonare, ma l'atmosfera era più tesa, lo percepivo, così come percepivo quegli occhi di ghiaccio che mi stavano trapassando la schiena.

La mia performance ne risentii, o meglio, oltre alla parte frizzante ed energica che mettevo in ogni mia nota, vi era un piccolo sottofondo di apprensione e preoccupazione. Le mie emozioni si trasmettevano attraverso la musica, influenzando quelle di chi ascoltava. Cercai di non fissarmi su quegli occhi grigi, perdendomi nell'incanto del mio violino, ma la mia attenzione, più di una volta, scivolò in direzione del ragazzo dagli occhi di ghiaccio.

E più il mio disagio aumentava, più si rifletteva su chi mi ascoltava, più mi sembrava che il suo sorriso si accentuasse. Sembrava trarre soddisfazione dal mio turbamento. Poi ad un certo punto il sorriso si spense, lasciando solo un ghigno compiaciuto, prima di voltarsi e sparire tra la folla. Con un'ultima nota chiusi l'ultimo brano, sentendomi più stanca di quanto mi aspettassi e credessi.

Chi diavolo era quel tipo? Il disagio se ne era andato appena lui era sparito, ma ugualmente mi sentivo nervosa e strana, forse più per l'atteggiamento dei miei amici che per lui stesso.

Tornai a guardare il gruppo, mentre ancora venivamo acclamati dalla gente che ci attorniava. Ma loro sembravano tranquilli, come sempre. Matt aveva alzato le bacchette verso l'alto, incrociandole, Mark salutava la folla, ghignando, Luke ignorava tutte le donne che gli urlavano dietro quanto fosse bello, sexy e meraviglioso. Joan invece si avvicinò a me preoccupata.

«Stai bene? Mi sembri più stanca del solito.» non capivo se era in ansia per me o ancora per quel tipo.

«Sì! Prima mi ha messo un po' a disagio il fatto di andare via, ma ora sto meglio! Il tizio se ne è anche andato!» Risposi, per poi girare il violino tra le mani. «Facciamo l'ultima?»

«Certo!» Mi sorrise, voltandosi per far segno agli altri che eravamo pronte per un'ultima canzone. Di nuovo la vidi scrutare tra la folla, ma il tipo dagli occhi grigi non c'era più.

Mi rilassai, tornando a suonare con molta più tranquillità, per quanto fossi sempre energica e spontanea, ballando e saltellando a ritmo del mio stesso violino. Quando terminai, mi presi gli applausi di tutti, chinando il capo e accennando un inchino, prima di chiamare i miei compagni.

Non potei fare a meno di cercare di nuovo quell'uomo, ma non mi riuscì di vederlo da nessuna parte in mezzo a tutta quella confusione di gente acclamante.

Vidi, però, un ragazzo dai capelli rossi togliersi le mani dalle orecchie, con un'espressione di profondo fastidio, come se fosse finalmente cessato un rumore assordante. Si avvicinò al gruppetto di ragazze che si sbracciavano per farsi notare da Luke e parlò con una di loro prima di allontanarsi.

Anche il mio chitarrista aveva seguito la scena e fece appena in  tempo ad aprire la bocca per dire qualcosa che alcune di quelle ragazze si fiondarono su di lui, tirandolo letteralmente giù. Le ragazze erano sempre state pazze di Luke e del suo fascino un po' cupo e malinconico, ma non era mai capitato che cercassero di strappargli i vestiti di dosso in mezzo alla piazza, sebbene fosse di certo la prima volta che suonasse a torso nudo.

Vidi Mark lasciare la tastiera per andare a recuperare il nostro amico da quelle belve. Fu appena un attimo e mi parve di notare un paio di occhi verde smeraldo, poco prima che Matt e Joan venissero circondati per degli autografi e dei selfie.

Era tutto terribilmente strano: i fan avevano letteralmente assaltato i miei compagni lasciandomi in disparte. Non si erano mai comportati così.

«Suoni davvero bene.» Sentii dire alle mie spalle da una voce tranquilla e posata e, senza ancora che lo vedessi, nella mia mente si delineò l'immagine di quel sorrisetto sarcastico e degli occhi di ghiaccio che avevo visto tra la folla.

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