Capitolo 15: Il peccato di superbia

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Mirage - Lindsey Stirling

«Fantastico! Bravi i miei demonietti!» ero molto molto soddisfatta del loro operato: Pruslas e Aamon avevano annebbiato completamente le menti di due degli evangelisti, inducendoli a peccare e ad aggredirsi tra loro. «Adesso diamo un'occhiata al più piccolo dei piumati.» passai la mano sullo specchio nero e lui prontamente obbedì al mio ordine mostrandomi il cucciolo di casa, Matt l'evangelista, che avanzava lungo un corridoio, ignaro del fatto che i suoi amichetti stessero lottando tra loro a solo qualche piano di distanza.

Non c'era nessuno, l'intero livello era completamente vuoto tanto da far riecheggiare i passi dell'angelo. Astaroth aveva detto chiaramente a tutti i demoni di stare lontani; voleva occuparsene personalmente. Aveva in mente qualcosa di speciale per quel dolce angioletto dalle candide ali, me lo aveva accennato poco dopo averlo incontrato la prima volta.

Matt camminava guardingo, senza accorgersi che Astaroth lo stesse seguendo con attenzione, ben nascondendo la sua presenza alla sua ignara vittima.

Era spietato e crudele quanto i suoi fratelli, tanto subdolo quanto bastardo e dalla sua espressione potevo ben capire che avesse in mente qualcosa di molto interessante.

Lo adoravo.

L'angelo neppure si accorse di lui mentre il demone lo raggiungeva alle spalle con passo felpato, senza emettere nessun rumore.

«Ti sei perso piccolo piccione?» gli sussurrò divertito da dietro.

Matt si voltò di colpo, fendendo l'aria con la spada di luce che aveva fatto prontamente apparire tra le sue mani, ma non c'era nessuno.

Un particolare talento dei peccati capitali era l'evanescenza, la capacità di sussurrare all'orecchio della vittima per poi dissolversi nell'aria un secondo dopo. Ti si insinuavano nella testa senza darti la possibilità di rendertene conto e nel bisbigliare all'orecchio Astaroth era proprio un asso.

«Ma guarda come arruffa le penne il piccolo! È davvero molto teso.» osservò il demone, mentre una risata riecheggiava da nessun punto preciso.

L'evangelista si guardava intorno nervosamente, cercando di capire dove fosse Astaroth. Era formidabile negli spostamenti veloci e molto silenzioso, quasi uno spettro o una fantasia della mente.

Continuò a ridere, mentre si spostava nelle ombre attorno a lui.

«Ti stavo aspettando, lo sai?» gli disse mentre appariva di fianco a lui, con un ghigno in volto da fare accapponare la pelle. «E sono sicuro che tu volevi trovare me!» non riusciva proprio a contenere la sua superbia, di cui egli stesso era vittima oltre che portatore.

«Fatti vedere bastardo!» il cucciolo fendeva l'aria colpendo a casaccio, troppo lento.

Il demone stava giocando con lui apparendo per qualche breve istante alle sue spalle e poi tornando a sparire. Lo stava facendo agitare ed innervosire e si stava divertendo nel farlo.

Quando si fu stufato di stuzzicarlo gli apparve di fronte e sfruttando il riflesso dell'angelo, che tentò di colpirlo, gli immobilizzò il polso.

«Eccomi qui! Sei felice adesso, piccoletto?» domandò sfoggiando un sorriso arrogante e sarcastico, tenendogli gli occhi fissi addosso.

Era di poco più alto di lui, e nonostante tra i principi demoni fosse quello più basso, sembrava comunque sovrastare il giovane angelo.

«Questo incontro è decisamente tanto interessante quanto eccitante, non trovi? Certo, non poteva essere diversamente!»

«Lasciami subito, demone della superbia! Conosco le vostre abilità ma sei capitato male, io sono immune al tuo peccato! Sono più forte di te!» come no! Quello che lo faceva parlare in quel momento era appunto il peccato di Astaroth e, si sa, la superbia porta sempre a sottovalutare il proprio nemico.

«Credere di poter resistere al mio demone è superbia ragazzino!» non aveva scampo.

Lui però sembrava non rendersene affatto conto, infatti strattonò il braccio con forza, per liberarsi dalla presa ferrea del suo avversario, mentre faceva apparire la spada nell'altra mano per provare a colpirlo.

Astaroth fu più lesto e risoluto di lui e non solo non perse la presa ma gli afferrò anche l'altro polso, bloccandolo e stringendo fino a fargli male.

Non riuscì a trattenere il riso di fronte alla smorfia che si dipinse sul volto del piumato ed ai suoi patetici tentativi di ribellione.

«Quanta decisione! Quanto fervore!» lo provocò ridacchiando. «Sei più divertente di quanto mi aspettassi!» disse leccandosi le labbra. «Ho intenzione di giocare con te a lungo, molto a lungo, e ti assicuro che ti piacerà!»

«Devo salvare Hope, non ho tempo da perdere con te!» fece leva sulla presa del demone per colpirlo allo stomaco con un calcio.

Ma Astaroth schivò, infilando un ginocchio tra le gambe dell'angelo e spingendolo indietro. «Ti assicuro che quello che ho da offrirti io è molto meglio di quello che potresti avere andando a salvare quel mezzo angelo. Inoltre non ha bisogno di essere salvata, si sta ampiamente divertendo con il mietitore! Ben presto le sue ali saranno nere quanto quelle di Low!»

«Hope non si sta affatto divertendo con il mietitore. Inutile che cerchi di ingannarmi! Il cuore di Hope è di Luke!» strattonò bruscamente le braccia girando su sé stesso, in modo da poter dare una gomitata al fianco di Astaroth.

Per sua sfortuna il mio demone era abituato a combattere molto di più di lui. Aveva fatto guerre, ucciso centinaia, se non migliaia di persone. Era decisamente più forte.

Sfruttò unicamente le mosse del suo avversario facendolo girare, così da essere alle sue spalle. Lo spinse con forza contro il muro, bloccandocelo contro, afferrandolo poi per i capelli per tenerlo fermo, premendosi contro di lui.

«Combatti come una ragazzina, mia piccola colomba!» sghignazzò avvicinando il viso al suo orecchio. In realtà era stato anche più sveglio e combattivo degli altri due pennuti ma non era necessario che lo sapesse. «Sei così ingenuo da non capire quanto sia facile cedere al desiderio. Sei uno stupido se credi che quella piccola cosina non abbia aperto le gambe al mietitore!» rise divertito. «Poi ti sbagli, so benissimo che non ti dispiacerebbe affatto se il cuore di Hope non fosse più di Luke. Giusto?» disse accarezzandogli il fianco languido.

«Tu non conosci la purezza dei sentimenti. Luke e Hope si appartengono e questo non si può cancellare, non importa quanto sia forte il desiderio!» rispose lui, anche se mi parve di percepire una punta di rammarico. «E adesso toglimi le mani di dosso e affrontami da uomo.» tuonò quasi, tentando di divincolarsi.

Astaroth rise, stringendo le dita tra i dredlock del ragazzo e scivolando poi con una mano fino al suo sedere per stringerglielo con decisione.

«Smettila con questo falso buonismo. Lo sappiamo tutti come stanno le cose!» sghignazzò scuotendo il capo. «Ti assicuro che basta così poco per tentare qualcuno e farlo cedere!» osservò con tono languido, strusciandosi contro di lui. «E tu odori terribilmente di peccato, molto più degli altri.» inspirò a fondo il suo odore sfiorandogli il collo con la punta del naso.

Il ragazzo reagì prontamente contorcendosi per toglierselo di dosso e possibilmente colpirlo.

«Preferisco di gran lunga fottermi una donna, ma per te credo proprio che farò un'eccezione!» mormorò al suo orecchio, continuando a provocarlo con fare languido e rinforzando la stretta, strattonandolo a sua volta.

«Toglimi le mani di dosso, demone!» si ostinavano sempre a fare resistenza. Astaroth intanto rideva di gusto. «Oh andiamo! Lo so che non ti dispiace affatto! A nessuno dispiacerebbe ricevere da me certe attenzioni.» sghignazzò leccandogli il collo. «Anche se immagino preferiresti Luke al mio posto, ma ti garantisco che io sono molto più bravo!» ridacchiò provocatorio.

«Ti ho già detto di non nominare Luke!» cercava di far forza con le braccia contro il muro. Era più resistente degli altri due, il ragazzino. Non era difficile da credere, doveva aver passato tutta la sua esistenza a negare cosa fosse davvero, anche più degli altri due, era abituato a resistere, ma Astaroth sapeva il fatto suo.

«Se vuoi puoi immaginare che sia lui!» ridacchiò languido. «Magari potrei assumere le sue sembianze e realizzare il tuo inconfessabile sogno.» continuò a solleticargli il collo con la punta del naso, leggendo la sua storia dall'odore di peccato represso che emanava. «Chissà quante volte hai immaginato che ti sbattesse contro un muro e che ti abbassasse i pantaloni prendendoti con forza!» ridacchiò divertito «Ma non ti ho chiesto se sei passivo o attivo...» rise di gusto. «Passivo, vero?» terminò quindi sghignazzando, passandogli la mano sul bordo dei pantaloni.

«Lasciami.» ringhiò Matt, ancora piuttosto fermo e combattivo, ma iniziava ad essere agitato e accaldato. Astaroth aveva fatto centro.

«Non ci penso neanche!» Rispose quest'ultimo con tono deciso.

La mano del demone scivolò sotto il bordo della maglietta, accarezzandogli l'addome, scivolando poi sopra i pantaloni di Matt, scendendo tra le sue cosce, andando a stringergli il cavallo. «Mi sembra che qui sotto qualcosa dica il contrario! È merito mio o del pensiero di Luke?»

Il ragazzino iniziava ad avere il fiato corto e ad arrossire, sempre più a disagio, sempre più instabile e irrequieto. Mi chiedevo cosa sarebbe accaduto se Astaroth lo avesse lasciato: lo avrebbe fatto a pezzi o forse si sarebbe fatto sottomettere?

«Sapessi cosa ti farei! All'Inferno ho già una camera per te, per farti diventare il mio personale giocattolino!» Insistette ancora, continuando a tenerlo bloccato e a muovergli con insistenza la mano sulla patta dei pantaloni. «Darò vita a tutte le tue fantasie con Luke e sarà meglio di quanto tu creda!» sussurrò premendosi con tutto il corpo contro di lui.

Stava giocando e si stava divertendo un mondo nel veder crescere il disagio dell'angelo. Poteva negare, urlare, dar sfogo all'ira e alla violenza ma il suo corpo non era capace di mentire e stava reagendo al tocco esperto del demone, confessando quella scomoda verità che aveva tenuto nascosta per secoli, la quale lo avrebbe condannato all'immediata cancellazione per mano degli altri angeli. Più Astaroth lo sbugiardava, e lo obbligava a mostrare il suo lato più nascosto, più lo condannava.

«Ho voglia di strapparti di dosso questi stupidi pantaloni! Tu che dici?»

L'angioletto era in difficoltà. «Non sarò la tua puttana, demone!» tono poco convinto, suggeriva esattamente il contrario.

«Tu dici? Il tuo corpo mi sta chiedendo il contrario, sembra quasi supplicare per queste attenzioni che per troppo ti sei dovuto negare e che brami ardentemente, nel profondo. Tu non vuoi che mi fermi, tu vuoi che ti faccia di peggio, tu vuoi sentirmi dentro, vuoi sapere cosa si prova.» rispose voltandogli poi la testa per guardarlo. «Mi domando se riusciresti a resistere tanto, se avessi le sembianze di Luke. Vogliamo provare?» domandò a un soffio dalle labbra di Matt.

«Smettila, ti prego...» il solo pensiero del quasi caduto aveva sconvolto un bel po' il piccolo. Da come si erano gonfiati i suoi pantaloni sembrava che il demone avesse fatto centro nell'indovinare i suoi reconditi desideri.

«Non mi piacerebbe prendere le sue sembianze. Ma se è ciò che desideri lo posso fare!» ridacchiò sarcastico iniziando a cambiare e a prendere le sembianze dell'angelo dai capelli neri e dagli occhi verdi. «Sono il migliore in ciò che faccio. Il preferito della signora oscura» sussurrò sulle sue labbra con la voce di Luke. «Ti assicuro che non resterai deluso!» ridacchiò prima di baciarlo.

«Povero cucciolo. Spero che Astaroth riesca a corromperlo invece di ucciderlo, mi piacerebbe giocarci.» osservai Matt completamente soggiogato dal mio demone. Non vedevo l'ora di vedere quelle ali immacolate iniziare ad ingrigirsi.

Astaroth stava giocando tanto con i suoi sentimenti quanto con le sue paure, fragilità e debolezze, e lo stava facendo sia con le parole che risvegliando il corpo del ragazzo. Il demone stava manipolando la sua mente ed il corpo di Matt reagiva alle carezze e ai baci del suo aguzzino. L'aspetto di Luke aveva peggiorato le condizioni del ragazzo, ormai con il respiro pesante ed i pantaloni gonfi sotto le mani esperte di Astaroth.

Io stavo per ribaltarmi dal nero trono per le risate. Un angelo, in quella situazione, con un demone maschio, pazzesco! Gli altri angeli lo avrebbero cancellato senza pietà e più si lasciava andare con il finto Luke, più non gli restava altra scelta se non la morte o la caduta. Non poteva salvarsi, non più ormai, era troppo tardi, troppo compromesso.

Astaroth lo baciò con foga. Continuava a stringergli i capelli mentre l'unica mano libera lo accarezzava, iniziando a farsi largo nei pantaloni del ragazzo.

«Adesso è il momento di smettere di essere vergine angioletto!» sghignazzò. «Non aver paura di cadere. Mi occuperò personalmente di te!» osservò, mantenendo le fattezze di Luke.

«Che adorabile bastardo!» avevo quasi le lacrime agli occhi. «Se riesce a farlo venire, quando torna lo premio.»

Il piumato era sempre più in difficoltà, sembrava non volere altro che essere preso.

«Di che mi vuoi Matt!» sussurrò sulle sue labbra mordendogliele e muovendosi piano conto di lui. «Non aspetto altro!» Non poteva usare la forza dopotutto. L'angelo doveva cedere e doveva farlo di sua volontà. «So che vuoi diventare il mio giocattolo!» gli slacciò i pantaloni continuando a giocare con le sue parti sensibili.

«Luke...» l'angioletto ansimava. «Maledizione...»

Astaroth sorrideva vittorioso, ormai sapendo di aver vinto.

«Segui l'istinto. Segui me! Cadi assieme a me!» disse stringendolo. «Mi stai facendo decisamente venire voglia di prenderti e farti mio!» sussurrò seducente.

Finito con l'angelo sarebbe andato a cercarsi ben più un'anima dannata da usare come sfogo, sempre che non si sfogasse davvero su di lui.

«Si... ti prego...» il pulcino tremava, stava arrivando al limite.

«Come tu desideri!» ridacchiò al suo orecchio, portando le mani sui suoi fianchi, intenzionato probabilmente ad abbassargli sul serio i pantaloni. Astaroth glieli abbassò appena un po', e gli si premette contro, tenendolo per i fianchi. Lui in risposta rabbrividì di piacere, sentendo il demone sussurrare al suo orecchio e stringersi a lui. Chissà per quanto tempo aveva desiderato un paio di braccia forti che lo stringessero, un bel ragazzo aitante che lo facesse suo. Se non fosse stato una verginella piagnucolosa probabilmente se li sarebbe già tirati giù da solo i pantaloni.

La superbia rise e letteralmente inizio a strappargli di dosso i vestiti.

«Bene mio piccolo angioletto. Sei finalmente mio!» ridacchiò baciandogli il collo e passargli le mani dappertutto. «Urla... Fammi sentire quanto ti piace. Quanto sono bravo!»

Non urlò ma di certo i suoi versi indicavano che stava gradendo non poco la situazione per quanto in realtà ancora non stavano facendo nulla di concreto. «Questo non va bene... Dio mi punirà se andrò avanti...» aveva il fiato pesante e la sua pelle era diventata sensibilissima alle dita di Astaroth. Se il demone avesse insistito dubitavo sarebbe riuscito a resistergli ancora a lungo.

L'unico problema era che il vero Luke era sulla loro strada, presto li avrebbe intercettati e sebbene fosse divertente che lo scoprisse in quelle condizioni, a petto nudo e con i calzoni calati mentre godeva delle attenzioni di Astaroth, avrebbe finito con il rovinare i miei piani. Volevo che cadesse, non potevo rischiare che Luke lo salvasse da me solo per consegnarlo agli angeli che lo avrebbero cancellato dall'esistenza. Ero quasi tentata dal trasportarli in un posto diverso, ma era la preda di Astaroth ed era giusto che gestisse lui la situazione.

«Avresti dovuto fermarti prima.» rispose la superbia, scivolando con le mani sul suo addome. «Il provare tutto questo ti farà solo accettare che ti piace, che ne valeva la pena. Posso fare meglio di così, posso farti impazzire, farti vedere davvero come stanno le cose!» Rise mentre gli girava di nuovo la testa verso di lui tornando a baciarlo. «Sei mio!»

Quelle parole, quel bacio e le mani di Luke che tornarono insistentemente tra le sue gambe furono la goccia che fece traboccare il vaso. L'angioletto superò il limite e probabilmente, per la prima volta in vita sua, riuscì a godere liberamente grazie all'aiuto di un altro uomo. Si appoggiò contro il finto Luke e venne, proprio nel momento esatto in cui quello vero li raggiungeva.

«Togli le mani da Matt, demone!» ringhiò furioso intuendo al volo cosa stesse succedendo.

Astaroth si voltò a guardarlo, sogghignante e vittorioso, avvicinandosi poi all'orecchio di Matt. «Adesso sei davvero diventato la mia puttana, piccolo angioletto caduto!» ridacchiò all'orecchio del ragazzo, senza staccare gli occhi da Luke, prima di staccarsi dalla sua vittima come se niente fosse. «Ma guarda! Proprio di te si parlava, Luke!» disse per poi scoppiare a ridere.

Il piccolo corrotto crollò giù come una bambola di pezza, tremante e mezzo svestito, in preda alla confusione più totale ed al rimorso per quello che aveva fatto e che Luke aveva scoperto.

«Stronzo, che gli hai fatto?» Luke invece sembrava non razionalizzare cosa fosse successo davvero.

«Gli ho solo fatto capire quali sono i piaceri della vita. Un po' come i piaceri che tu hai fatto scoprire a Hope e che lei ora sta provando con il mietitore!» sghignazzò lui con sufficienza riacquistando le sue sembianze. «Gira tutto attorno a quello insomma.» ridacchiò tornando a guardare Matt. «Adesso è diventato il mio giocattolo!»

«Che stai blaterando, razza di pazzo? Dov'è Hope?» lanciò un'occhiata a Matt ma non si avvicinò. Chissà se il pulcino tremante aveva gradito quell'interruzione o avesse preferito che il finto Luke fosse arrivato fino in fondo.

«La tua Hope è con Low, ovviamente, e di certo non stanno giocando a carte!» sghignazzò osservando Matt. «Vai pure a raggiungerla se vuoi! Presumo che li troverai avvinghiati nel letto del mietitore. Di lui tanto me ne occupo io! Ho già un posto adatto a lui all'Inferno!»

«Non ti azzardare a toccarlo di nuovo!» fece apparire la spada di luce. Pensava di sicuro che Astaroth lo avesse obbligato.

«Mi domando come prenderebbe la proposta di riprendere il discorso qui giù.» meditai, speravo Astaroth riuscisse a portarlo qui.

«Non è stato necessario toccarlo. Ha fatto tutto da solo.» ghignò il demone. «È bastato parlargli di te. Non te ne sei mai accorto che l'angioletto aveva un debole per il moro chitarrista?» domandò ridendo, accarezzando la testa di Matt come se lo stesse facendo a un cane fedele. «Io neanche mi sono tolto i pantaloni. È bastata una strusciatina e qualche parola. Non è neanche durato tanto. A quanto pare il tuo amico è piuttosto deviato non ti pare?»

Duemila anni di repressione, sfido che non fosse durato tanto.

Il ragazzo era talmente sconvolto e devastato che continuava a restarsene con le braccia e la testa poggiate al muro, dando loro le spalle, in uno stato semi catatonico. Si lasciò accarezzare la testa senza battere ciglio, Astaroth avrebbe potuto prenderlo senza incontrare nessuna resistenza da parte sua, si sarebbe fatto scopare da brava ragazzina.

«Adorabile!» fu il mio commento sarcastico e compiaciuto.

«Allontanati da Matt!» disse calmo sebbene si percepisse tutto l'odio che provasse in quel momento. In effetti era fin troppo calmo. Che già lo sapesse?

«No! Lui adesso è mio!» Rispose Astaroth con altrettanta calma. «Te l'ho già detto!»

«Non sarà mai tuo! Lui è un angelo!» non avanzava, cercava di far spostare Astaroth dal fianco di Matt.

«Guardalo!» Disse stringendo i capelli dell'angelo. «È appena venuto per le attenzioni di un uomo, di un demone! Ha già perso tutto!» Rise lui. «Te l'ho detto! È mio, così come Hope sarà presto del mietitore!»

«Matt reagisci! Non cedere a questo impostore!» lo spronò il suo amico, ma il ragazzo non reagiva, sembrava essersi svuotato della sua energia ed allegria, distrutto e confuso. Non era difficile immaginare cosa passasse nella sua mente. Era fragile al punto giusto, se Astaroth fosse riuscito a portarlo da noi sarebbe stato facile convincerlo a cambiare fazione.

«Impostore? E su cosa avrei mentito? Gli ho dato solo quello che voleva! Quello che ha sempre desiderato e mai avuto il coraggio di avere!» Ridacchiò tornando ad accarezzarlo. «Te l'ho detto. Lui verrà all'Inferno con me! Se vuoi salvare la tua preziosa mezzo angelo ti conviene darti una mossa. Sai cosa farà il mietitore una volta che le sue ali saranno nere!» ridacchiò leccandosi le labbra. «Divertente. Perderai non solo un'altra Nephilim affidata a te per essere protetta, ma sei persino il motivo della deviazione di un altro angelo!» scoppiò letteralmente a ridere.

«Brutto bastardo! Non perderò più niente!» tagliò corto Luke, prima di scagliarsi su Astaroth, ma anche dall'Inferno percepivo quanto Matt fosse combattuto. Non era certo di voler essere salvato, inoltre sapeva di dover affrontare la collera di Dio e degli altri angeli per quello che era, per non aver saputo resistere alla sua natura, per aver fallito la prova di Dio. Non lo avrebbe perdonato ed anche se ci fosse riuscito, davanti avrebbe avuto solo una vita di rinunce e sacrificio, non sarebbe mai stato felice perché Dio non permetteva rapporti omosessuali. Se solo il demone della superbia fosse riuscito ad allontanare Luke a sufficienza, potevo parlare con Matt, instillare in lui il dubbio e compromettere le sue ali.

«Credi davvero di riuscirci? Davvero? E come?» lo schernì ridendo di gusto. «Sai come agisce Low! Ricordi no come hai perso la tua prima protetta? Ohhh, adesso neppure la riconosceresti! È stato un piacere avere a che fare con lei! Per me e i miei fratelli!» si leccò le labbra. «Sarà un piacere potermi sbattere anche Hope una volta arrivata all'Inferno assieme al tuo amichetto!»

«Non se ti cancello prima.» Luke era una furia, forte e rapido. Era di certo molto più forte di quando aveva affrontato Low l'ultima volta, senza contare che non aveva neppure estratto le sue ali, o quello che ne restava, limitando quindi il suo potere.

Astaroth parò, estraendo a sua volta la spada con la lama nera e continuando a indietreggiare.

«Perché pensi di farlo? Anche se ci riuscissi ci sono centinaia di mostri là sotto.» Rispose Astaroth frapponendo la spada a quella di Luke e avvicinando il volto ghignante al suo. «Puoi solo immaginare cosa farebbero alla piccola e innocente Hope!»

«Niente! La risposta è niente! Finché le sue ali saranno candide non la toccherà nessuno!» lo spinse via con forza continuando ad attaccarlo e seguirlo, senza rendersi conto di star cadendo in trappola a sua volta.

«Ma quali ali candide!» Rispose il demone ridendo. «Quando mi sono allontanato da lei prima, era avvinghiata a Low, con le gambe avvolte attorno a lui. Credo proprio che quando andrai da lei non la troverai tanto candida!» sghignazzò, continuando a provocarlo. «Era meravigliosa in quell'abito nero!»

«Brutto bastardo!» era seriamente intenzionato a cancellare demoni e mietitore, impresa piuttosto ambiziosa, anche per uno come lui.

«Quante belle parole!» rispose il demone. «Potresti finalmente cadere del tutto e venire con noi. Potresti stare con lei per sempre, non lo capisci?» domandò. «Se lei dovesse andare in Paradiso poi non la vedresti più.»

Il comportamento di alcuni angeli era quanto mai assurdo. Lo stesso Luke era terribilmente incoerente. Diceva di amare la Nephilim, di voler stare con lei e volerla proteggere quando l'unico vero pericolo per lei era rappresentato proprio da lui e dalla sua banda di amichetti. I Nephilim erano considerati un abominio, le leggi divine proibivano l'amore agli angeli in qualunque sua forma. Generare un figlio era il più grande peccato che un angelo potesse mai commettere, e quei vigliacchi alati non ci tenevano a farsi scoprire da papino. Per cui la regola era: cancellare i Nephilim dall'esistenza appena i loro poteri e la loro natura angelica si fosse manifestata.

Il destino di Hope era segnato, lo era stato dal momento esatto in cui era stata concepita. Quei quattro la tenevano d'occhio solo per poi consegnarla a Michele per lasciare che la giustiziasse. L'amore che Luke diceva di provare o l'amicizia che gli altri tre le professavano non esisteva, non era mai esistita. Io al contrario ero la sua sola speranza. Certo, doveva morire, ma la morte era solo un momento, poi avrebbe passato il resto dell'eternità al sicuro, nel mio regno. In cambio mi avrebbe aiutata a tirare giù il Paradiso, ma una volta scoperta la verità sulle reali intenzioni dei piumati mi avrebbe seguita spontaneamente, tutti i Nephilim che avevo salvato si erano schierati al mio fianco, lei non sarebbe stata diversa.

Gli angeli non avevano buone intenzioni, non ne avevano mai avute, l'unica cosa che a loro interessava davvero era non far arrabbiare il loro Dio. Solo che invece di evitare di ingravidare e abbandonare povere donne umane, preferivano cancellare il frutto del loro peccato.

Luke poi era il peggiore tra tutti, le aveva mentito su tutta la linea. Conosceva il mio mietitore, eccome se lo conosceva, e durante il loro precedente incontro negli anni '20, era accaduta una cosa davvero bizzarra. Quei due si erano scontrati per una Nephilim, il bell'angelo se ne era innamorato, si era messo in testa di parlare con Dio per evitarne la cancellazione. Un folle! Gli altri angeli lo avrebbero ucciso prima che riuscisse a smascherarli. Provò stupidamente a salvarla ma non ci riuscì, restando gravemente ferito nello scontro.

Quel giorno la sua fede nel sistema angelico e nel suo Dio vacillò e le sue ali, o ciò che ne restava dopo lo scontro con il mietitore iniziarono a scurirsi.

C'è un motivo se la punizione per gli angeli è il taglio delle ali: senza non si può più entrare né in Paradiso, né all'Inferno. Con le ali mutilate dopo lo scontro non poteva più tornare a casa e nonostante le avesse perse cercando di compiere la volontà di Dio, lui rimase sordo e cieco. L'onnipotente non mosse un dito, né per salvare la Nephilim, né per curare le sue povere ali, di cui ormai gliene restava solo una, piuttosto martoriata. Dell'altra non rimaneva che un moncherino sanguinante.

L'indifferenza di Dio alle sue preghiere lo fece vacillare e la sola ala che gli era rimasta iniziò a scurirsi. Non si è mai annerita del tutto per cui, ufficialmente non è un caduto ma di certo non è più un vero angelo di luce.

Anche se i suoi sentimenti per la Nephilim fossero stati reali, anche se lei fosse riuscita ad entrare in Paradiso, non c'era modo per loro di stare insieme e Luke lo sapeva, tutti loro lo sapevano. Al termine della vita mortale della ragazza avrebbero dovuto comunque dirsi addio. Non lasciando che la prendessi la stava solo condannando alla cancellazione.

Mark l'apostolo era stato l'unico ad insistere sull'assurdità di quella relazione, illegale, immorale e destinata comunque a finire male. Inoltre, se li avessero scoperti, Luke avrebbe perso anche la sola ala che ancora gli restava. Ciò nonostante, lui non mollava, si ostinava stupidamente a negare l'evidenza. Stoltezza tipica degli angeli, così ottusi ed egoisti.

Ripresi a seguire il duello, tornando a concentrarmi su di esso e al mio demone che continuava a stuzzicare il mezzo caduto.

«Non è giunto ancora il suo momento e non giungerà certo per mano del mietitore!» ringhio Luke, ferocissimo, accecato dalla rabbia ed assolutamente non disposto a ragionare.

«Come sei sicuro di te stesso. Se davvero lei si fosse fidata tanto di te non sarebbe fuggita. Invece non ti ha creduto, ti ha preso per folle e si è gettata tra le braccia del mietitore.» rispose calmo il demone. «Praticamente ce l'hai gettata tu stesso!»

«Si è approfittato di lei e della sua confusione, come il viscido serpente che è!» si stavano allontanando dal piccolo, bene. Ancora un po' e avremo fatto quattro chiacchiere.

Astaroth continuava imperterrito a provocarlo e attaccarlo, scivolando tra i corridoi così da farlo allontanare.

«Smettila di dare la colpa agli altri e prenditi le tue responsabilità.» rise lui tirandogli un calcio. «Avete lasciato che stessero insieme per più di un mese al conservatorio. Credi che il legame che hai creato con lei sia così forte?» scoppiò a ridere. «Sarà divertente quando vedrai quelle dannate ali per nulla immacolate.»

Luke era fuori di sé, al punto da non riuscire più a rispondere. Si limitò solo ad urlare mentre si lanciava nell'ennesimo attacco. Ormai era stato messo di fronte alla realtà: presto avrebbe perso di nuovo un'altra Nephilim.

Ormai erano abbastanza lontani da consentirmi una chiacchierata con il piccolo. Schioccai le dita e mi materializzai lì, non molto distante dal ragazzo.

«Ciao! Allora, come è andata questa prima mezza volta?»

Lui si voltò a guardarmi e appena mi riconobbe impallidì. Poi si fece più serio e agguerrito, o quantomeno ci provò.

«Vattene!» tentò incerto. La sua mente era ancora scossa per quanto successo.

«Non sono qui per farti del male, Matthew l'evangelista.» dissi sorridendogli e prendendo ad avvicinarmi a lui ancora mezzo svestito. «Sono qui perché ci sono passata, so quello che stai provando.»

«Smettila. Non credo ad una sola parola di quello che dici! Vattene!» Rispose lui, cercando di riprendere quel poco di dignità che gli restava, inutilmente.

Era ancora troppo scosso e gli mancava la lucidità necessaria per capire cosa stesse davvero succedendo, altrimenti si sarebbe già lanciato contro di me a spada tratta.

«Matthew.. Matt..» dissi melliflua. «Non sono tua nemica, sono qui per aiutarti. Ho visto quello che è successo qui, ho visto tutto quanto.» abbassai lo sguardo fino alla patta dei suoi pantaloni, con un ghigno malizioso stampato sul volto.

«Non credere che non sappia dove vuoi arrivare, bestia immonda!» disse a fatica distogliendo lo sguardo. Cercava di darsi un contegno ma era in ansia e si vedeva benissimo, sapeva cosa gli sarebbe capitato e sarebbero stati i suoi stessi amichetti ad eseguire la sentenza celeste.

«Oh andiamo, abbassa le penne. Anche io sono un angelo, dopotutto.» cercavo di avere un tono quantomeno materno con quel cucciolo spaurito.

«Di angelico non hai proprio niente! Sei la progenie del male!» Rispose scuotendo il capo. «Che cosa vuoi?»

«Mio padre era un arcangelo ed è caduto. Sai perché è caduto?» chiesi girandogli intorno in maniera indifferente.

«Certo che lo so! Lo sanno tutti!» ringhiò disgustato.

«Dio non ci accettava! Per questo siamo caduti.» spiegai avvicinandomi a lui. «Non è colpa tua Matt. Non hai chiesto tu di essere così, lui ti ha creato così. Non sei sbagliato. Non è giusto colpevolizzarti per un crimine che non hai commesso.»

«Sta zitta! Tu non hai diritto di dirmi qualcosa! Sta zitta!» urlò quasi fuori di sé. «Dio non accetta nulla di tutto questo!»

«Dio è egoista! Prima ti crea in un modo e poi ti chiede di essere diverso. Vuoi passare tutta la vita a sentirti solo e sbagliato mentre gli atri si godono la vita e la compagnia?» continuai ad avere un tono tranquillo. «Io capisco quello che stai passando, Matt, è il motivo per cui noi caduti ci siamo allontanati da Dio.»

«Voi siete dei mostri! Io non sono come voi!» Ribatté infervorato

«Nessuno ti giudicherà nel luogo che dirigo io. Sarai a casa. Non dovrai più vergognarti di ciò che sei, nessuno ti farà sentire sbagliato, potrai avere tutto quello che vuoi e sarai amato per ciò che sei.» a volte erano proprio assurdi nell'aggrapparsi così disperatamente a Dio.

«Non prendermi in giro! L'Inferno è l'Inferno! Non di certo casa! Non ho intenzione di farmi mettere di nuovo le mani addosso da un demone!» rispose sempre più in ansia senza guardarmi.

«Chi ti ha detto che l'Inferno è un posto così orribile? Gli stessi che ti hanno detto che sei sbagliato? Ti è dispiaciuto così tanto, cucciolo, che un demone ti abbia messo le mani addosso? Non ti sei divertito?» gli accarezzai la guancia comprensiva. «Il mio demone non ha fatto niente, hai fatto tutto da solo, ma se vuoi la prossima volta può essere più collaborativo.» suggerii tranquilla, una cosa senza impegno.

«Non voglio che sia più collaborativo! Mi ha solo manipolato! Esattamente come stai cercando di fare tu!» disse scuotendo il capo ma molto meno combattivo di prima

«Nessuno ti ha manipolato, confettino, era quello che hai sempre voluto e mai osato chiedere per paura di papà.» era combattuto, lo sentivo.

«Lui non lo avrebbe mai permesso!» digrignò i denti portandosi una mano al volto e scuotendo il capo. «Ho sbagliato... Ho deluso Dio!»

«No, tesoro, non hai fatto niente di male. Dio è ingiusto. Chiede agli angeli sacrifici che lui non fa e che gli esseri umani non fanno. Ti ha creato così solo per mortificarti e non è giusto. Tu non sei sbagliato, Matt.» gli misi una mano sulla spalla. «Non ti permetterà di avere relazioni con altri uomini, non perdonerà quello che hai fatto, lo sai. Lui perdona solo gli umani, per gli angeli non c'è perdono. Ti toglierà le ali e si volterà dall'altro lato mentre implorerai la sua misericordia. Vieni con me, Matt, e ti prometto che non ti sentirai mai più in questo modo.»

«No... non posso... non chiedermelo. Ho votato la mia vita a Dio. Non posso abbandonarlo!» rispose con le mani sul volto. «Ho peccato ed è giusto che venga punito! Mi ha messo alla prova e ho fallito! Sono un debole!»

Tirai un bel respiro allontanandomi di qualche passo. «Non c'era nessuna prova, Matt. Ma oggi mi sento buona, capisco la tua confusione. Se deciderai di accettarti per ciò che sei invoca il mio nome e verrai ricevuto con tutti gli onori e il rispetto che merita un angelo del tuo calibro.»

«Che cosa vuoi dire?» domandò lui guardandomi.

Era dubbioso, incerto. Si vergognava di ciò che aveva fatto ed era evidente. Non era riuscito neanche a guadare Luke quando era comparso

«Che all'Inferno gli angeli non sono servi di nessuno, sono liberi. E tu non sei un angelo qualunque, sei un evangelista. Più in alto sono gli angeli in Paradiso, più sono tartassati da Dio e più vengono poi ricompensati per quello che hanno dovuto sopportare quando discendono nel mio regno. Sarai alla mia destra Matt e nessuno ti farà più vergognare.» mi avvicinai accarezzandogli di nuovo il viso. «All'Inferno vanno i malvagi, è risaputo, ma è gestito da coloro che non sono stati accettati, coloro che non hanno una casa, coloro a cui Dio ha voltato le spalle. Mio piccolo Matt vieni con me e se non ti troverai bene potrai sempre andare via.»

«Non si può lasciare l'Inferno. Dove potrei andare poi?» domandò incerto. «Dove potrei andare comunque!» dopo quello che aveva fatto non aveva più un posto dove andare.

«Non sei un'anima dannata, tesoro, sei un angelo, puoi andare dove ti pare, tranne in Paradiso ovviamente.» aggiunsi in fretta.

«Non posso più stare con gli altri. Non sarei più degno.» disse scuotendo il capo. «Forse davvero dovrei venire con te!»

«Starai con altri angeli proprio come te, uomini e donne che sono stati abbandonati da Dio, ragazzi e ragazze che lui ha fatto sentire sbagliati e non ti sentirai mai più solo e fuori posto.» allungai la mano verso di lui. «Vieni con me, Matt, andiamo a casa.» gli sorrisi.

Lui guardò la mia mano scuotendo il capo e digrignando i denti per il nervoso e la frustrazione.

Poi l'afferrò.

Strinsi la sua mano, con decisione, ponendomi dinanzi a lui con uno dei miei sorrisi sarcastici e schioccai le dita, un attimo dopo eravamo all'Inferno.

«Benvenuto a casa, Matt.» gli dissi entusiasta.

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