Capitolo 19: Il sigillo

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Anti gravity – Lindsey Stirling


Mi sentivo piuttosto felice. Era sempre un bel momento veder cadere un angelo.

Si, d'accordo, tecnicamente Matt non era caduto ancora, ma era sulla buona strada, e se c'è una cosa che l'Inferno sa fare è indurti in tentazione.

Appena arrivato, gli avevo tolto di dosso quei quattro stracci puzzolenti di beatitudine e gli avevo dato un look tutto nuovo, che potesse gridare "peccato" da ogni lembo di stoffa.

Dovevo ammettere che l'aspetto da caduto gli stava diabolicamente bene. Peccato non poterci giocare personalmente, ma il pulcino aveva gusti diversi e non avrebbe affatto apprezzato quello che avrei potuto offrirgli.

Così avevo deciso di fargli fare il giro della sua nuova casa, in compagnia di tre giovani bocconcini che non vedevano l'ora di spupazzarselo a dovere.

Dopodiché, avevo richiamato i miei tre adorati demoni, non volevo che ostacolassero gli angeli, un po' perché volevo far colpo sul mio nuovo acquisto, sfoggiando il mio animo nobile e misericordioso, e un po' perché non volevo che Low prendesse la Nephilim. Letteralmente due piccioni con una fava.

«Siete stati molto bravi ragazzi, sono davvero molto soddisfatta del vostro operato, in particolare di te, demone della superbia.»

Lui, in risposta, sorrise con arroganza osservando i due fratelli. «Già! Ma era ovvio, dopotutto, che il mio lavoro sarebbe stato migliore degli altri!» sghignazzò borioso.

Aamon rise, scuotendo il capo. «Fidati, per poco i due angeli non si ammazzavano tra di loro. È stato epico! Peccato che alla fine sia intervenuto il mezzo caduto a fermarli e farli ragionare.»

«Inoltre senza la mia lussuria nessuno di voi altri sarebbe stato capace di fare qualcosa.» si vantò Pruslas.

«Certo.» sghignazzai divertita. Battibecchi inutili ma simpatici. «Ora sapete cosa fare: togliete di mezzo la Nephilim mentre corrompiamo l'evangelista.»

«Certo mia signora. Ci organizzeremo per toglierla di mezzo.» rispose Aamon risoluto, prima di sparire insieme al fratello maggiore dai capelli fiammanti.

Astaroth invece rimase lì, come se stesse aspettando di restare solo con me.

«Mio demone dai meravigliosi occhi blu» dissi melensa, dandogli le spalle per recuperare un calice di vino. «La tua intuizione era corretta. Grazie a te abbiamo un angelo.»

Si era dimostrato davvero lungimirante e intraprendente e mi aveva portato qualcosa di prezioso. Ovvio che adesso volesse una ricompensa per il suo operato.

Lui mi si avvicinò, spostando il volto a lato del mio, restando alle mie spalle. «Io non sbaglio mai mia regina. Dovresti saperlo.»

Respirai a fondo. «Emani superbia da tutti i pori, sei assolutamente adorabile.» osservai. Da quando frequentavano il mietitore erano migliorati molto. «Suppongo che tu sia qui per avere una ricompensa per il tuo operato.»

«Esattamente, mia signora.» rispose, passandomi le dita lungo la colonna vertebrale.

«Fammi indovinare, vuoi finire l'opera sul piccolo piumato sperduto?» domandai con tono malizioso. Apprezzavo l'iniziativa che ultimamente mostrava, degna di un principe demone, incarnazione della superbia.

«Assolutamente.» rispose baciandomi il collo. «Ma non solo.»

Inclinai la testa lasciandolo fare. «E cos'è che vorresti? Sentiamo.» mi sentivo piuttosto di buonumore ed incline ad accontentare richieste.

«Te. Voglio te e voglio l'esclusiva. Senza doverti condividere con gli altri miei fratelli.» spiegò, mordendomi appena, delicatamente.

«Una richiesta piuttosto audace.» osservai, senza la minima intenzione di fermare ciò che stesse facendo, come se da un lato ne fossi incuriosita. Mi scoprì ad apprezzare molto le sue attenzioni.

«Dici bene, sono il demone della superbia. Io voglio solo il meglio perché io stesso lo sono.» rispose in un sussurro, accarezzandomi i fianchi e continuando a baciarmi il collo.

«Non posso darti torto... è nella tua natura, dopotutto.» Iniziavo a sciogliermi, facendomi trasportare da baci e carezze audaci. «E sia. Potrai avermi da solo, dopotutto te lo sei guadagnato.»

Lo sentii fremere appena contro di me, continuando a scivolare sul mio collo e sulla mia spalla con le labbra. «Voglio averti subito, mia Regina.» mi sussurrò all'orecchio, prima di mordicchiarmelo delicatamente.

«Fortuna che ho mandato tre demoni minori ad intrattenere il nostro nuovo ospite, allora.» scostai le spalline del mio abito e tirai giù la cerniera per farlo scivolare a terra.

«L'angelo può aspettare. Non è lui il mio massimo interesse. Non è lui che in questo momento desidero.» sussurrò, scivolando con le mani sul mio corpo. Era eccitato e potevo sentirlo dal suo respiro quanto dal suo corpo. «Ti assicuro che poi mi occuperò personalmente di lui.»

«Bene. Non mi deludere, Astaroth, in tutti i sensi. Non ti piacerebbe vedere cosa succede quando la mia benevolenza si esaurisce.» lo avvisai, continuando a godermi i suoi baci e le sue mani sulla mia pelle.

Apprezzavo davvero tanto la situazione e le sue attenzioni, trovavo il suo atteggiamento piuttosto eccitante.

«Io non deludo mai. Non lascio insoddisfatto nessuno, mia Regina.» esordì, per poi farmi voltare verso di lui tenendomi per i fianchi, con il volto a pochi centimetri dal mio. «Da tempo volevo fartene rendere conto.» aggiunse con un tono quasi irritato.

Sollevai lo sguardo su di lui. «A quanto pare ci sei riuscito, sono molto compiaciuta del tuo operato.» passai un dito lungo il suo petto leccandomi le labbra. «E del tuo spirito di iniziativa.»

«Volevo solo soddisfarti.» sghignazzò sarcastico, passandomi le mani lungo la schiena prima di tirarmi a sé con decisione. «Dopotutto, quello che faccio non è solo ai fini della mia soddisfazione, ma anche della riuscita dei tuoi obbiettivi. Sono meglio di molti in cui credi.»

«Non ho mai dubitato della tua fedeltà e lealtà.» lo rassicurai, continuando a mantenere un tono malizioso e bramoso di maggiori attenzioni, nonostante sapessi bene che quella fosse una frecciatina al mietitore. «So bene di chi fidarmi.» specificai, iniziando a far saltare i bottoni della sua camicia.

«Hai la mia totale dedizione, mia sovrana.» disse, mentre guardava le mie mani sbottonare la sua camicia, con il respiro sempre più accelerato. «E ti dimostrerò di cosa sono capace.»

«Non vedo l'ora... Astaroth.» ammisi, mentre gli spalancavo la camicia, mettendo in mostra il suo fisico perfetto da demone.

Ero la regina dell'Inferno, potevo avere chiunque volessi e sarei stata capace di corrompere anche i Santi con il mio corpo, motivo per cui ero piuttosto esigente e selettiva nella scelta di coloro da cui mi lasciavo scopare.

Lui sorrise, conscio del suo aspetto fisico e dell'effetto che poteva avere. Scivolò con le dita tra i miei capelli, stringendoli appena all'altezza della nuca. Poi avvicinò il volto al mio, cercando con fervore le mie labbra in un bacio ben poco casto e chiaramente pieno di desiderio, come se non riuscisse più a trattenersi.

C'erano cose e privilegi che chiaramente a loro non erano concessi. Ero di certo più alla mano di Dio, ma il potere restava comunque in mano mia. Tuttavia, quando si trattava del sesso ero piuttosto permissiva con loro, purché capissero quando avevo la luna storta e non fosse il caso di avvicinarsi. Anzi, ero solita incoraggiare le pulsioni dei miei dipendenti, di qualunque natura esse fossero. Quindi non mi sorprese molto che avesse istinti da voler soddisfare. Eppure tutta quella sfacciataggine era di certo una novità, e la cosa non mi dispiaceva affatto. A forza di dare ordini sentivo il bisogno, di tanto in tanto, di un po' di autorità, per ritrovare l'equilibrio.

«Prendi ciò che vuoi demone, sono a tua completa disposizione.» dissi col fiato corto e la testa leggera.

Astaroth passò le dita sulla mia schiena come se ci volesse lasciare i segni. «Non chiedo altro, mia signora.» ringhiò contro le mie labbra. Mi fece indietreggiare senza troppa delicatezza verso la mia stanza e il mio letto. Luogo che conosceva piuttosto bene, dal momento che ci eravamo divertiti moltissime volte, da soli o insieme ai suoi fratelli.

Gli morsi le labbra e gli solcai la pelle con le dita, lasciandomi spingere. Iniziai a slacciargli i pantaloni perché non fossero di impedimento alle nostre fantasie.

Arrivammo al letto che ormai non indossavamo più nulla entrambi e lui mi ci spinse sopra, con forza.

Aveva decisamente più iniziativa del solito, soprattutto se paragonato a quando era con i suoi fratelli. Si abbassò su di me, iniziando a baciarmi collo e petto, continuando incessante ad accarezzarmi, stringendo le mani sul mio corpo come se fosse fatto di creta da modellare.

«Non ti facevo così, demone.» gemetti quasi, con il fiato corto toccando lui a mia volta e baciandolo.

«Non mi hai mai lasciato la possibilità di mostrarti come sono davvero.» ringhiò in risposta, mentre si soffermava a dedicarsi al mio petto, tra baci e carezze ardenti. «E con i miei fratelli non è la stessa cosa!»

«Non avevi mai chiesto di tentare da solo.»

«Mi avresti detto di no.» spiegò, ritornando a fissarmi. «Solo un uomo condivideva il tuo letto da solo con te e spesso senza neppure che tu glielo ordinassi.» ghignò sarcastico e con una certa malizia, prima di baciarmi l'addome.

Continuò a baciarmi, accarezzarmi e toccarmi ininterrottamente e con intensità, per nulla delicato. Passò inesorabile le labbra su ogni parte del mio corpo, prendendosi il tempo necessario per farmi impazzire, soffermandosi in alcune parti più di altre, mordendomi o sfiorandomi.

Ci conoscevamo da secoli, forse millenni, sapeva cosa mi piaceva e in che modo, e il fatto che non dovessi chiedere aveva dell'eccitante. Lo lasciai fare, era il suo premio, la signora delle tenebre alla sua mercé, e mi piaceva come stava gestendo la situazione.

Mi voltò, trovandosi alle mie spalle, tornando sempre a toccarmi come se volesse esplorarmi con attenzione. Non chiedeva permessi, faceva quello che voleva, anche se mi rendevo conto che ogni suo gesto era per portare me al massimo del desiderio. Voleva assicurarsi che desiderassi ripetere l'esperienza, che quello non fosse un caso isolato. Non era mai stato così diretto e, solitamente, come gli altri, era sempre rimasto servile.

Era decisamente strano sentire le mani di qualcuno, muoversi in quel modo, sul mio corpo, senza che fossi io a chiederglielo.

Sembrava sicuro e certo di cosa stesse facendo, non aveva paura di commettere un passo falso e morire male, era assolutamente padrone della situazione, alternando dolore e gentilezza, chiaramente divertendosi.

Lo sentii stendersi poi sopra di me, mordendomi il collo e passandomi le dita tra i capelli, voltandomi la testa verso il suo volto.

«Che cosa vuoi che faccia per te, demone?» domandai, inchiodando i miei occhi ai suoi. Non ero mai stata io a chiedere, solitamente erano gli altri a rivolgermi quella domanda, ma bruciavo di desiderio tanto da avere il fiato corto. Avrei accontentato le sue richieste, dandogli l'illusione del comando, lasciandogli guidare quel gioco, e lo avrei fatto perché lo volevo, perché lo desideravo, perché non avere il comando di tutto, almeno per una volta, mi eccitava da impazzire.

Lo sentii scalpitare alle mie parole, come se l'avere lì me, in quelle condizioni, lo stesse facendo impazzire a sua volta.

«Voglio sentirti gridare dal piacere.» rispose, serrando la mano sui miei capelli e mordendomi le labbra, mentre con l'altra mano stringeva appena il mio fianco, spostando un ginocchio tra le mie gambe. Si infilò tra di esse, tirandomi a sé, tanto da alzarmi appena contro di lui. «E voglio che mi dici che mi vuoi.»

«Ti voglio, demone della superbia.» sospirai spingendomi di più verso di lui. «Fa di me ciò che vuoi... sono tutta tua...» un privilegio riservato davvero a pochi.

Lui non si fece pregare. L'istante dopo era già in me, tenendomi per i capelli e restando alle mie spalle, alzandomi appena il fianco verso di lui, assecondandomi. Mi morse la spalla, quasi in un ringhio, senza trattenersi minimamente.

Anche io mi lasciai andare, non che di solito mi trattenessi. Reagii ai suoi movimenti muovendomi a mia volta contro di lui, ringhiando, ansimando e urlando all'occorrenza, solcando le lenzuola con le dita e aggrappandomi a esse.

Si assicurò che urlassi a dovere prima di rigirarmi, tornando ad avermi sempre sotto di lui. Mi afferrò da sotto le ginocchia, senza smettere con quel ritmo forsennato. Mi baciò con rabbia e foga, stringendomi di nuovo i capelli prima di tirarmeli indietro così da liberare il collo.

Non mi dava tregua e continuava imperterrito a cambiare posizione, senza mai fermarsi.

Non so neppure quanto tempo restammo nella mia stanza, senza minimamente trattenerci e andando avanti probabilmente per delle ore, quando finalmente raggiungemmo entrambi l'apice del piacere.

Urlai senza ritegno il piacere che mi aveva dato, ansimando, ormai priva di fiato, felicemente devastata. Mi abbandonai sul letto, sollevando pesantemente il petto, cecando di respirare.

Lui, a sua volta ansante, si mise su un fianco, osservandomi con un ghigno sarcastico e arrogante, ma decisamente soddisfatto. Era il suo momento di gloria. «Pare che abbia soddisfatto adeguatamente la mia regina.» sghignazzò.

«Oh sì... sei stato bravo, te ne do atto.» ero più che soddisfatta.

«Non avevo dubbi.» ridacchiò, sfacciato come al solito. Restò poi a guardarmi in silenzio qualche istante, prima di farsi serio. «Voglio averti altre volte Kora... mia regina.» si affrettò a correggersi.

«Direi che ne possiamo riparlare.» mi accoccolai contro di lui come un gatto che fa le fusa, assolutamente felice e di buon umore, ignorando il fatto che mi avesse appena chiamata per nome e che ai miei sottoposti ciò non fosse concesso.

Lui mi accarezzò il fianco, ridacchiando e tornando a sfoggiare tutta la sua arroganza e sfacciataggine. «Ma guarda...» sghignazzò divertito. «Decisamente molto più interessante che dividerti con gli altri.»

«Non pensavo che ti piacesse l'esclusiva ma, d'altronde, gestisci la superbia, è ovvio che tu voglia essere l'unico, il solo e senza rivali.» era più forte di lui, doveva essere il migliore.

«Ovviamente!» ammise infatti, dandomi un bacio leggero.

«E cosa hai provato ad avere la signora delle tenebre al tuo completo servizio?» chiesi, riacquistando il mio solito tono sarcastico e al contempo provocante.

Astaroth tornò pensieroso e serio. «Onestamente? Non te lo saprei spiegare. Non ha un nome ciò che ho provato. Mi ha soddisfatto più di quanto mi aspettassi.» rispose sempre pensieroso.

«La tua ricompensa doveva essere quanto meno soddisfacente.» gli sorrisi sfacciata. «Magari la prossima volta saprai dare un nome a questa soddisfazione.» lo provocai dando ad intendere che ci sarebbe stata una prossima volta.

Lui, infatti, ghignò divertito. «Ogni volta che lo desiderate, mia signora!» mormorò sarcastico, accarezzandomi il volto e scendendo verso il collo, osservandomi con attenzione.

«Ogni volta che lo desidero... già.» stavolta mi feci pensierosa io, eravamo tornati alla solita routine in cui io chiedevo e loro obbedivano solerti.

«Ti ho già detto che ti voglio ancora.» aggiunse però il demone, osservando la mia espressione e cogliendo l'ombra di fastidio che avevano causato le sue parole. «Ma non posso prendermi ciò che voglio liberamente, per quanto lo vorrei.»

«Dipende da cosa vuoi, Astaroth. Devo dire che ho apprezzato la tua iniziativa e non mi dispiacerebbe se ne mostrassi ancora.» spiegai guardandolo, era una grande concessione la mia.

«Non voglio fare niente che ti offenda, mia signora.» si affrettò a rispondere, anche perché sapeva quale sarebbe stata la punizione, per poi sogghignare divertito. Vidi la sua espressione cambiare di nuovo, mentre mi poggiava una mano sulla spalla, per stendermi e scivolare sopra di me. «Ho parecchia iniziativa e te la mostrerò volentieri, anche ora se vuoi.»

«Attento a non consumare troppe energie però, ricorda che hai del lavoro da fare.» lo avvisai, mentre gli stringevo le gambe intorno alla vita. Contavo sul fatto che avesse più resistenza di quanto desse a vedere.

«Per te avrò sempre le energie che servono, mia regina.» disse prima di baciarmi, passando le dita tra i capelli, tirandoli indietro per scoprirmi il collo, sorridendo sarcastico. «Fintanto che posso averti solo per me, l'angelo dovrà aspettare. Mi dedicherò a lui con calma.»

«Se hai tutto sotto controllo, allora non opino il tuo operato.» acconsentii, lasciandolo fare. «Ad ogni modo, io ho tutta l'eternità a disposizione.» non c'era fretta, avremmo potuto farlo molte altre volte ancora.

«Anche io, mia signora.» rispose, mordendomi il collo con decisione e accarezzandomi i fianchi prima di stringerli. «Ma se andassi ora dall'angelo, rischierei di massacrarlo. Non che mi dispiacerebbe, ma credo che non otterrei un bell'effetto.» sghignazzò contro le mie labbra, prima di stringere le dita sui miei fianchi con decisione, scivolando poi con una mano dietro la mia gamba, alzandola, poi, fino a portarsela sulla propria spalla.

«Davvero interessante il tuo punto di vista.» mi tesi a mordicchiare le sue labbra. «Hai tutto questo desiderio?»

«Per te, sempre.» ridacchiò, scivolando con una mano lungo il corpo, tra i seni. «Ho sempre desiderato solo il meglio.»

Mi lusingava, ma era un dato di fatto, ero di quanto meglio ci fosse agli inferi, il sogno più ardente di ogni demone o angelo caduto.

«Cosa desideri che faccia questa volta?» desideravo mi guidasse, almeno per un po', ero stanca di portare il peso degli inferi sulle mie spalle e di dover prendere sempre tutte le decisioni, almeno a letto preferivo fosse qualcun altro a decidere e darmi ordini.

«Baciami e mordimi. Ovunque. Voglio sentire le tue labbra su di me.» disse lui risoluto. «Voglio sentire che anche tu mi vuoi. Che mi desideri. Che non vuoi nessun altro a parte me. Che sono il meglio che tu possa desiderare e avere.» ringhiò contro le mie labbra.

In risposta lo baciai, mordendogli poi le labbra ed iniziando a scendere, con baci sempre più infuocati e peccaminosi, cercando di non risparmiare neanche un centimetro di pelle. Scesi fin sotto l'addome intenzionata a far impazzire il demone della superbia.

Lo sentii sospirare, appagato ed eccitato, mentre mi passava le mani tra i capelli, praticamente estasiato e soddisfatto di quanto stessi facendo e del controllo che stesse esercitando in quel momento su di me.

Mi piaceva vederlo così, mi eccitava a mia volta tanto da indurmi ad impegnarmi ancora di più. Quando si trattava di peccato ero la migliore e non lo pensavo solo perché lì ci fosse il peccato di superbia a influenzarmi con i suoi poteri.

Mi staccai solo quando fu pienamente soddisfatto, solo allora tornai sulle sue labbra. Di solito erano loro, i miei fidati demoni, ad accontentare me. Credo che l'essere lui a dettare le regole gli procurasse non poco piacere.

La sua espressione, infatti, confermava perfettamente le mie ipotesi, dal momento che era palesemente appagata. Probabilmente neppure credeva che mai si sarebbe potuto trovare in una situazione, o meglio posizione simile, con me, e la sua espressione incredula lo lasciava ben intendere.

Mi baciò quasi con rabbia e trasporto, letteralmente graffiandomi con le dita lungo tutta la schiena. Fu anche più passionale e selvaggio della volta precedente e arrivammo alla fine di quell'amplesso praticamente entrambi privi di energie.

Crollai sopra di lui, con il fiatone, ma decisamente di buon umore. Sospirai poggiata sul suo petto. Entrambi avevamo graffi e segni delle dita, ma ne era decisamente valsa la pena.

Lui ridacchiò, accarezzandomi con un po' più di delicatezza la schiena.

«Soddisfatta, vostra altezza?» domandò sarcastico, conoscendo già, con tutta probabilità, la risposta.

«Decisamente.» accompagnai la mia affermazione con un altro sospiro, chiudendo gli occhi e rilassandomi.

Lui in tutta risposta ridacchiò divertito.

In quello stesso istante sentii l'avvicinarsi di passi decisi e sicuri. Lo riconobbi ancora prima di vederlo apparire alla porta, con il solito sguardo gelido e fermo, limitandosi a guardarci con distacco.

«Sei arrivato tardi, mietitore. Qui abbiamo già finito.» gli dissi sarcasticamente ad occhi chiusi. Dubitavo seriamente fosse quello il motivo della sua visita. «E comunque oggi mi aveva prenotata già lui.»

«Dobbiamo parlare.» rispose secco, come se le mie parole non avessero minimamente importanza.

Sentii Astaroth irrigidirsi infastidito, sia dal tono di voce che, probabilmente, dal suo arrivo.

«Parleremo dopo. Adesso mi sto rilassando e qualsiasi cosa non sia il demone che in questo momento si trova sotto di me dovrà aspettare.» Dopotutto non era questo che immaginavo quando avevo detto a Low che poteva entrare e uscire a suo piacimento dalla mia camera da letto.

Astaroth sembrò rilassarsi alle mie parole e sorrise divertito. Low, invece, sbuffò spazientito e irritato. «Non mi interessa cosa stai facendo. Dobbiamo parlare.» insistette.

Sentii il demone spostarsi appena da sotto di me, probabilmente per guardare nella direzione del mietitore.

«Bada a come parli! Ti stai rivolgendo alla nostra Regina!» ringhiò minaccioso.

«Se l'Inferno non sta collassando o non abbiamo le armate celesti alle porte o l'esistenza non sta per finire allora può aspettare.» risposi al mietitore, voltandomi a mia volta verso di lui, guardandolo infastidita. Immaginavo di cosa volesse parlare e non avevo nessuna voglia di rovinarmi la giornata con le sue accuse, per quanto assolutamente fondate.

Lo sentii sospirare scocciato e irritato più che mai. «Ho già aspettato abbastanza.»

«Che diavolo vuoi, Low?» sibilai indignata, iniziando ad irritarmi.

«Voglio sapere cosa sia successo nell'attico.» rispose lui secco.

«Ti sei lasciato scappare la Nephilim e adesso cerchi qualcuno da incolpare per il tuo fallimento, ecco che cosa è successo.» risposi, spostandomi agilmente dal demone per recuperare una vestaglia nera.

Lui ignorò la mia frecciata, deciso ad arrivare fino in fondo alla faccenda.

«Gli angeli non dovevano arrivare e nessuno mi ha avvisato che erano entrati. Inoltre, i demoni hanno attaccato Hope prima che fosse corrotta.»

«Si stavano occupando degli angeli i peccati capitali, è per questo che sono stati assunti, solo che ad un certo momento hanno dovuto battere in ritirata.» spiegai scocciata. «Il resto dei demoni ha provato a sopperire alla mancanza di loro tre ma a quanto pare sono dei perfetti idioti.»

«Dei perfetti idioti?» domandò lui con sarcasmo nero. «L'hanno attaccata in massa senza neppure prendersela con gli angeli. Che cosa hai in mente, Kora?»

«Mi stai accusando di qualcosa, mietitore?» sollevai la testa per guardarlo. Ci voleva una bella faccia tosta ad entrare nelle mie stanze private, nel cuore esatto dell'Inferno, interrompermi mentre stavo facendo sesso, per accusarmi di doppio gioco. Aveva ragione, ovviamente, ma ci voleva comunque del fegato visto che non aveva nessuna prova.

Lui mi guardò impassibile senza rispondere, mentre anche il demone della superbia si metteva seduto, tenendomi un braccio attorno alla vita.

«Astaroth, va ad occuparti del nostro ospite, continueremo la nostra chiacchierata più tardi, adesso devo occuparmi del mietitore.» ordinai al demone dal quale mi spostai, avvicinandomi quindi al caduto, estremamente scocciata.

Anche Astaroth sembrava piuttosto irritato, non capiva perché gli concedessi tante libertà, gli dessi carta bianca su tutto e soprattutto perché gli dessi spiegazioni e giustificazioni circa le mie azioni, e lo sguardo che lanciò a Low fu piuttosto eloquente.

Era il mio mietitore, capace di fare grandi cose per me e per la mia causa e al tempo stesso capace di creare enormi problemi. Il mio atteggiamento nei suoi confronti non era solo dovuto al debole che avevo per lui, ero consapevole di aver creato un mostro e cercavo solo di tenerlo alla catena ed evitare che rappresentasse un pericolo per me, per il mio piano e per il mio regno. Low era una di quelle persone che era meglio annoverare tra gli amici che tra i nemici.

Il mio demone si rivestì seccato, senza smettere di fissarlo, mentre lui restava impassibile come sempre.

Attesi che Astaroth uscisse, per poi sedermi sul bordo del letto, accavallando le gambe. «Te lo ripeto Low: che cosa vuoi?»

«Sapere che cosa hai in mente. Hanno attaccato Hope di proposito.» ripetè lui impassibile.

«Non li ho mandati io. Avranno pensato che tu l'avessi già corrotta. Io ero altrove.» lo guardai duramente. «Ma a quanto sembra dopo mesi di lavoro le sue ali sono ancora candide e immacolate. Per fortuna qualcuno si è dato da fare al grattacielo e abbiamo preso almeno un angelo. Se fosse stato solo per te adesso saremmo a mani vuote.»

«E chi li ha mandati allora?» domandò lui ignorando il resto delle mie parole.

«Che significa "chi li ha mandati"? Erano nella torre, avevano l'ordine di uccidere gli angeli. L'avranno scambiata per un angelo o avranno pensato fosse già corrotta, cosa vuoi che ne sappia io.» voltai il viso infastidita.

Lui rimase in silenzio, come a voler valutare le mie parole, poi assottigliò lo sguardo, irritato ma senza dire nulla.

«C'è altro di cui vuoi incolparmi o vuoi continuare a menarmela per il tuo fallimento?» gli puntai gli occhi addosso, avrebbe dovuto essermi grato per quello che gli avevo dato.

«Fallimento?» Domandò sarcastico sogghignando appena, con ironia, per poi scuotere la testa. «No. Non ho altro da chiedere.» disse facendo per voltarsi per poi tornare a guardarmi. «Solo una domanda.»

«Chiedi pure, mietitore.» cercai di mostrarmi più gentile.

«Perché un Nephilim è stato sigillato da un arcangelo?» domandò impassibile.

«Cosa?» sbarrai gli occhi e mi tirai su avvicinandomi a lui. Con quelle parole aveva di certo attirato la mia attenzione. «La Nephilim ha il sigillo di un arcangelo?»

Lui non rispose, limitandosi ad assottigliare lo sguardo per poi accennare un ghigno. «Se così fosse?»

«Non fare l'idiota Low! È una cosa importante!» lo guardai seriamente. «Dimmi quello che sai.»

«Sembra che lei avesse addosso il sigillo di Michele. Per questo non sono riuscito a percepirla prima e non riuscivo a sbloccare i suoi poteri.» spiegò, fissandomi attentamente.

«Il sigillo di Michele...» ripetei pensierosa cercando di riflettere. Perché Michele, il braccio armato di Dio, la guida della caccia ai Nephilim per quei pennuti fanatici, aveva messo un sigillo su una Nephilim per tenerla lontana da me? Era quantomeno strano. «Lo hai sbloccato?»

«Sì!» rispose gelido, continuando a fissarmi.

«Ben fatto.» gli battei una mano sul petto, distrattamente, per poi dargli le spalle. Chi diavolo era quella Nephilim?

«In che cosa consiste quel sigillo?» domandò ancora, incrociando le braccia al petto.

«Esistono diversi tipi di sigilli angelici.» spiegai, continuando a muovermi nervosamente per la stanza. «Sono come delle rune. Quei buoni a nulla del Paradiso le usano per potenziarsi o sui propri nemici, hanno diversi effetti, anche tu ne hai qualcuna tatuata addosso, se non sbaglio. Quella che aveva la Nephilim doveva essere una runa di contenimento e occultamento. Serve a contenere i poteri angelici e nasconderli. Se applicata ad un Nephilim, prima della maggiore età, rallenta il manifestarsi di alcuni suoi poteri e ne blocca altri.» tornai a guardarlo. «Tuttavia è strano che si trovi addosso ad un Nephilim e che a metterglielo sia stato lo stesso Michele.»

Lui mi guardava in silenzio. Ero certa che stesse valutando ogni parola che gli stessi dicendo ma ovviamente non sembrava avere nessuna intenzione di condividere i suoi pensieri, come suo solito.

«I Nephilim vengono cancellati dagli angeli. Cosa ha lei di diverso?»

«È quello che mi chiedo anche io. Tutto questo non ha senso.» tenni gli occhi su di lui. «I Nephilim non possono andare in Paradiso, che senso ha tenerla in vita e nasconderla per evitare che venga corrotta. Che diavolo di piano ha Michele? E chi è quella ragazza?»

Lui era pensieroso ma non aggiunse altro. Si limitò ad annuire, distogliendo lo sguardo. «Bene. Non ho altro da chiederti!» concluse, voltandosi poi a sua volta, intenzionato ad uscire dalla stanza.

«Low...» chiamai per fermarlo. «Corrompi la Nephilim, se vuoi, ma non ucciderla ancora, voglio prima capirci qualcosa.»

Lui assottigliò lo sguardo. «Me lo stai ordinando?» domandò irritato.

«Te lo devo ordinare?» stavo provando ad avere con lui un tono gentile e civile ma lui era sempre sul piede di guerra.

«È l'ultima Nephilim. Non vedo perché dovrei aspettare a ucciderla, quando puoi tranquillamente averla qui all'Inferno e scoprire quello che vuoi su di lei.» ribatté scocciato.

«Perché la situazione è strana.» mi avvicinai a lui posandogli una mano sul petto. «Ti costa così tanto restare qui con me un altro po'?» mi avvicinai a lui ulteriormente.

Low rimase in silenzio, fissandomi per poi sospirare, spostandosi.

«Corromperò la Nephilim e non la ucciderò subito. Bisogna cancellare l'angelo mezzo caduto, però.»

«Vuoi davvero che le cose tra noi vadano in questo modo?» ignorai il suo commento su Luke, iniziavo ad irritarmi di nuovo.

«Non vedo in che altro modo possano andare.»

«Potresti restare.» mi avvicinai di nuovo, cercando un contatto con lui. «Potresti condividere con me il nero trono... ti farei riavere i tuoi uomini e ti darei qualunque cosa tu voglia, saresti felice.»

«L'unico motivo per cui sarei potuto restare è diventato polvere, sotto terra, distrutto dalla peste.» rispose lui lanciandomi un'occhiata.

«Ti do atto che la peste è una brutta malattia, ma sai bene che non ho quel potere. Forse dovresti smettere di incolpare me per ogni cosa ed iniziare a vedere tutto quello che ho fatto per te.» era impossibile andare d'accordo con lui.

«Tu hai solo usato una situazione a tuo favore. Te l'ho già detto. Non ho intenzione di continuare a vivere in eterno in questo modo. Il tuo scopo non mi interessa e non ho intenzione di restare accanto a te.» spiegò fissandomi.

«Preferisci passare l'eternità come anima dannata piuttosto che al mio fianco?» dissi con tono ferito.

«Non ho intenzione di stare sotto i comandi di nessuno, tantomeno sotto quelli di un mostro come te.»

«Lo sai che al mio fianco non saresti mio sottoposto, condivideremmo tutto insieme, il potere, il trono, la vita eterna, il letto... tutto. Saresti un mio pari, il principe delle tenebre.» come faceva a non vedere la fortuna. «Il mio potere ha dei limiti, lo sai. Puoi incolparmi per il kraken, per il contratto, per quello che vuoi ma questo non toglie che la tua vita è mortale e non scherzavo quando ti ho mostrato quella cella. Non posso impedire la punizione eterna che ti spetta, a meno che tu non lavori con me o per me. Non vedrai più quella donna Low, ed hai settecento anni di vissuto in più con cui l'Inferno può torturati. Non costringermi a guardare la tua anima dannata per l'eternità.» gli accarezzai il viso, ci stavo provando a non essere stronza, a tendergli la mano.

Ma il suo sguardo non mutò di una virgola. Scosse il capo chiudendo gli occhi. «Non voglio stare assieme a te, Kora. Non mi fido di te.»

Mi ritrassi. «Come vuoi. Non posso obbligare nessuno a restare, lo sai.» risposi tornando cupa, per poi voltarmi, diretta verso l'uscita della stanza per andare a fare un bagno. Avrei parlato con Astaroth per la questione del sigillo. Quel marchio cambiava veramente tutto. «Non uccidere la Nephilim prima che abbia capito cosa rappresenta quel sigillo o non ti piacerà vedermi arrabbiata.» minacciai, fermandomi solo un istante per lanciare un'occhiata verso il mietitore, il quale, ovviamente, rimase impassibile, dandomi poi le spalle a sua volta per allontanarsi. 

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