Capitolo 3: La cena

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Guardians - Lindsey Stirling


Le giornate successive passarono tranquille. Niente sconosciuti molesti dagli occhi grigi, niente amici storici che mi stavano addosso e che mi baciavano la guancia senza motivo o preavviso. Ogni cosa era tornata alla normalità e io avevo ripreso la solita routine, tra i corsi al conservatorio, le prove con il gruppo e qualche sporadico lavoretto con cui racimolavo qualche soldo.

Ma qualcosa di nuovo c'era.

Avevo un coinquilino ormai da quasi una settimana. Ancora non riuscivo a non stupirmi di svegliarmi al mattino e trovarlo addormentato sul mio divano o di rincasare con lui mentre ci scambiavamo battute e sguardi. Luke aveva preso in parola ciò che gli avevo detto e il giorno dopo si era presentato in casa mia con un borsone e tutto l'occorrente per occupare il mio divano.

Onestamente ero rimasta a bocca aperta, domandandomi cosa lo avesse spinto ad agire in quel modo.

All'inizio non mi ero lamentata: avere Luke in casa con me, in quella convivenza improvvisata, era un sogno che si avverava. Ero così felice di quella situazione che non avevo pensato a quanto il suo comportamento fosse, in realtà, strano e decisamente sospetto, ma i giorni passavano e l'euforia piano piano iniziava a lasciare posto alla ragione, o almeno a quel poco che mi restava quando non ero con lui.

Non glielo chiesi mai, ma iniziai a convincermi che avesse qualche motivo che gli impedisse di tornare a casa. Forse, semplicemente, era in corso una disinfestazione e non aveva voluto dirmelo. Avevo pensato a mille motivi per la sua permanenza nel mio buco d'appartamento, tranne quello più logico e scontato, perché sapevo quanto fosse irreale: per Luke non ero altro che un'amica, lo aveva messo in chiaro anni addietro e mi rifiutavo di credere che avesse cambiato idea, così, di punto in bianco.

Nell'ultima settimana non sembrava neanche essere lui. Mi ero sempre tenuta a distanza, per non rischiare di farmi coinvolgere ancora di più e soffrirne, ma forse la convivenza mi stava mettendo di fronte a una parte di Luke che ancora non conoscevo. Non era mai stato uno che si perdeva troppo in chiacchiere, anzi, risultava sempre riservato e scostante, sebbene sempre pronto ad ascoltare e tenere in considerazione il punto di vista di tutti e ad aiutare chi di noi avesse bisogno.

Avevo sempre sospettato che in passato qualcosa lo avesse profondamente turbato, qualcosa che spiegasse quella sua perenne cupezza e l'attaccamento morboso alla bottiglia. Ovviamente, le rare domande riguardo alla sua vita privata erano prontamente glissate da una battuta sarcastica o da una presa in giro e negli anni avevo smesso di chiedere chiarimenti.

Era fatto così e gli volevo bene per quello che era e, forse, proprio per quei suoi modi di fare estremamente contrapposti ai miei mi ero legata a lui, così tanto da iniziare a provare più che semplice amicizia nei suoi confronti. Ed era proprio a causa di quei sentimenti che adesso mi sentivo divisa tra l'euforico piacere di averlo vicino e il disagio del sapere che quei sentimenti non erano corrisposti e non lo sarebbero stati mai.

Fortunatamente non era mai servito che mi riportasse in camera sbronza. Penso proprio che avrei avuto grossi problemi a non obbligarlo a passare la notte con me, nel mio letto.

Ormai era diventata abitudine persino vederlo arrivare all'ingresso del conservatorio in moto per riportarmi a casa. O forse, più semplicemente, ero io che volevo abituarmi a quelle piccole attenzioni che avevo sempre desiderato ricevere da lui.

Quel giorno, però, dovetti tornare da sola. A quanto pareva era rimasto in accordi di vedersi con i ragazzi per discutere di qualcosa.

Stranamente, come mi capitava negli ultimi tempi quando ero senza Luke e mi trovavo da sola, avevo sempre la spiacevole sensazione di essere osservata. Tuttavia, anche guardandomi attorno, non vedevo mai nessuno che avesse un'aria sospetta.

Rientrai in casa stanchissima, dopo una lunga giornata di prove e giri per la città, valutando cosa fare da mangiare. Davo per scontato che lui avrebbe cenato con me anche quella sera, per poi occuparmi abusivamente il divano.

Durante il giorno avevamo scambiato qualche messaggio. Sentirlo era diventata quasi un'innocua ossessione e spesso mi sorprendevo a guardare lo schermo del cellulare, per vedere se ci fosse una qualche sua notifica, o ad afferrarlo d'istinto quando sentivo squillare, sempre sperando fosse lui. Dal canto suo, aveva iniziato a cercarmi più spesso: di tanto in tanto mi chiedeva cosa stessi facendo o come stessero andando le prove e io iniziavo a vivere in funzione di quei messaggi, in trepidante attesa, non aspettando altro.

Sorrisi sullo schermo, senza neanche accorgermene, quando mi confermò che avremmo cenato entrambi a casa mia.

Il frigo non era proprio fornitissimo, dopotutto, avevo sempre vissuto da sola. Quasi mi leggesse il pensiero, il cellulare vibrò, indicando l'arrivo di un messaggio di Luke, avvisandomi che stava andando a prendere la cena.

Conoscendolo sperai vivamente che ci fosse anche del cibo, oltre agli alcolici.

Non potei fare a meno di sorridere stupidamente, ma fu più forte di me. Cosa diavolo stava succedendo? Mi sembrava tutto troppo assurdo. Possibile che in una sola settimana la mia vita fosse stata stravolta in maniera così drastica dopo anni di assolutamente nulla?

Cercai di non pensarci e iniziai a preparare la tavola alla bene e meglio, lanciando di tanto in tanto qualche occhiata dalla finestra, in attesa che il mio ospite arrivasse. Ero talmente in fibrillazione da non avere testa neanche per rispondere ai miei amici. Non vedevo l'ora che arrivasse, per poter ammirare il suo bel viso e perdermi in quei magnifici occhi verdi, mentre cenavamo e scherzavamo, senza pensieri.

Finalmente, sentii il rombo della moto nel viale e dopo poco lo vidi apparire, rallentando fino a fermarsi davanti al vialetto, come la sera precedente. Scese agile e si sganciò il casco, recuperando la busta con quella che doveva essere la cena.

Mi sistemai istintivamente i capelli, iniziando a sentirmi euforica e agitata, come ogni sera in quell'ultima settimana. Li avevo legati alla bene e meglio in un paio di codini e qualche treccina. Non che fossi un tipo hippie, semplicemente, li sistemavo come venivano.

Attesi che salisse, ascoltando il rumore del portone che si chiudeva e poi i suoi passi sulle scale e sul pianerottolo, prima di aprire la porta e salutarlo con un sorriso.

«Ciao!»

Mi rispose con il solito ghigno sarcastico, prima di mettermi tra le mani una busta, quella più leggera, ed entrare in casa. Si guardò intorno, come sempre. Un'abitudine che non avrei mai capito. «Ciao...» mormorò, per poi voltarsi verso di me soddisfatto della perlustrazione, posando momentaneamente la busta pesante. «Ho preso la cena al ristorante e mi sono fatto dare qualche bottiglia di vino. Immagino sia sufficiente a pagare l'affitto del tuo divano.» Scherzò, posando il casco e togliendosi il giubbotto di pelle.

«Siamo passati all'affitto?» Domandai sarcastica, osservandolo tirare fuori le bottiglie dalla busta. «Vuoi trasferirti qui definitivamente?» Ridacchiai. L'idea non mi sarebbe affatto dispiaciuta, sebbene avrei preferito prima chiarire la situazione tra noi. Portai tutto sul tavolo e iniziai a svuotare il sacchetto, non volevo che vedesse quanto mi allettasse quella possibilità. «Grazie, comunque. Non sapevo che fare da mangiare! Mi hai salvata!» Ridacchiai.

«Ti conosco da una vita e conosco bene le condizioni del tuo frigo.» Mi canzonò, appoggiandosi alla cucina per osservarmi mettere in tavola la cena. «Ho parlato con i ragazzi oggi e... abbiamo confermato la serata al club.» Mi disse incrociando le braccia sul petto.

«Per domani?» Domandai senza guadarlo, mentre sistemavo i vari piatti pieni di cibo e facendogli cenno di sedersi. «Passata l'angoscia dei ragazzi che possano saltarmi addosso?» Sghignazzai.

«Ne abbiamo discusso un po' e abbiamo deciso che non sarà certo una serata in un club a metterti più o meno in pericolo. La musica è la tua vita, non devi certo fermarti per un tipo strano, anche perché se ha intenzione di molestarti ci penseremo noi a spaccargli la faccia.» Mi faceva strano immaginarli mentre facevano a botte, di solito erano tutti e quattro tremendamente pacifici, ma da come sorrideva forse scherzava.

Ridacchiai divertita. «Dai! Non succederà nulla di tutto questo.» Sorrisi, per poi iniziare a mangiare. «E non è che poi potete fare scene simili per ogni ragazzo che mi si avvicina!»

Gli lanciai inconsciamente una frecciata. Non mi aveva voluta anni addietro, adesso non poteva prendersela se vedevo qualcun altro.

Non che non avessi mai frequentato nessuno oltre i miei amici. Durante il liceo ben più di un ragazzo aveva attirato la mia attenzione oltre a Luke, soprattutto visto che quest'ultimo non mi calcolava. Non mi ero mai spinta oltre al bacio, per la semplice ragione che quelle relazioni terminavano ancor prima di iniziare, in maniera dolorosa e senza troppe spiegazioni, lasciandomi in una sorta di confusa realtà, dove le domande sul perché di quanto successo galleggiavano senza risposta.

Ero impaurita e al tempo stesso timorosa ogni volta che qualcuno si approcciava a me, memore di quanto in passato mi fosse successo.

Avevo centinaia, se non migliaia di fan, eppure mai nessuno era arrivato ad avvicinarmisi più di un abbraccio o un selfie scattato assieme.

«Hai tre fratelli maggiori, passeranno ai raggi x ogni ragazzo che ti si avvicina.» mi richiamò alla realtà il mio chitarrista, mentre stappava la prima bottiglia di vino, con la quale riempì due bicchieri, passandomene poi uno. Sembrava non aver colto per niente la mia provocazione.

«Sì, ma se neanche gli lasciate il tempo di avvicinarsi li farete scappare per forza!» gli feci notare, prendendo il vino. «Come siete possessivi!» Borbottai sorseggiando, un po' indispettita dalla sua risposta.

Mi osservò per qualche attimo. «I ragazzi hanno un sesto senso molto sviluppato.» Continuava a parlare in terza persona, e non riuscivo a capire se dal conto stesse escludendo Joan o se stesso. «Se pensano che tu debba stare alla larga da qualcuno dovresti dargli retta.» Vuotò il suo bicchiere tutto di un fiato e, senza pensarci su due volte, lo riempii nuovamente, iniziando finalmente a mangiare.

«Non è detto che abbiano sempre ragione però!» Dissi mangiando anch'io, osservando poi il suo bicchiere pieno. «Ognuno ha i propri motivi di essere ciò che è!»

Mandò giù un altro boccone. «Vuoi fare da sola le tue scelte, è comprensibile.» Non mi guardava. «Solo che non tutti hanno la tua luce. Alcuni non si faranno scrupoli a farti del male se ne avranno l'occasione. Sappi solo che noi saremo sempre lì a guardarti le spalle e provare a tenerti al sicuro.» Mi guardò con grande intensità, facendomi accaldare il volto. Non lo avevo mai sentito parlare in quel modo.

«La mia luce? Ma di che stai parlando?» Domandai perplessa. «Senti... Non sono stupida!» Esordì, distogliendo lo sguardo e bevendo. «Negli ultimi giorni sembrate tutti strani. Joan che vede un tipo e cerca di portarmi via. Tu che mi stai appiccicato e ti trasferisci qui, quando non ti avvicini a nessuno. Adesso mi parli in questo modo. Cosa diavolo sta succedendo?» Incrociai le braccia, tirando fuori tutto ciò su cui stavo rimuginando da giorni.

Luke sollevò un angolo della bocca. «Ti ha dato fastidio?» Mi chiese con il suo solito tono sarcastico. «Guarda che loro tre si considerano tuoi fratelli maggiori, io non ho mai detto di considerarmi tale.»

Lo guardai sorpresa e alquanto sconcertata, non potevo credere stesse dicendo sul serio. Ebbi la sensazione che si stesse prendendo gioco di me, che tutto quello che stesse accadendo non fosse altro se non uno scherzo. La mia espressione cambiò bruscamente, divenendo di colpo seria.

«Mi stai prendendo in giro? No che non mi ha dato fastidio, ma non è da te!»

«Cosa non è da me? Trovare qualcuno interessante?» Continuò a sorridere. «Ammetto che non siano molte le persone che riescono ad attirare la mia attenzione, ma questo non vuol dire che non esistano.»

Ora che ci riflettevo conoscevo tutti loro da tantissimi anni eppure non sapevo in sostanza niente della loro vita privata. Non sarei stata in grado di dire quale donna potesse interessare a Luke, ma ero piuttosto sicura di non rientrare tra quelle. Eppure sembrava star dicendo esattamente l'opposto in quel momento e io non potevo crederci.

«Mi stai dicendo che mi trovi interessante? Io?» Domandai sorpresa, indicandomi. «No dai! Mi stai prendendo in giro! Non ci credo!» Dissi scuotendo il capo. «Non mi hai mai dato impressione di interessarti, se non come amica, come una sorella. Me lo hai ribadito una volta e mi è bastato.» Mormorai quasi imbarazzata, nascondendo la punta di delusione per com'erano andate le cose tra noi. Non me lo aspettavo proprio.

«Di sicuro sei più interessante di tutte quelle galline che mi saltano addosso quando suoniamo.» Disse con una smorfia di fastidio. «Ma non preoccuparti, non ho intenzione di sbatterti sul tavolo durante la cena, il nostro rapporto non deve necessariamente cambiare, mi basta poterti tenere al sicuro.» Riportò l'attenzione sul bicchiere, vuotandolo. «Non guardarmi come fossi un alieno, sono sempre il solito Luke!»

«Oddio!» Dissi imbarazzata, imitandolo nel finire il mio vino. «Questo proprio da te non me lo aspettavo!» Risposi, mentre sentivo la faccia andarmi in fiamme, iniziando a razionalizzare ciò che mi stesse dicendo. Possibile che in tutto questo tempo mi avesse rivalutata? Che avesse cambiato idea?

«Rilassati, non cambierà niente, puoi continuare a comportarti con me come hai sempre fatto e io farò altrettanto.» Finì di mangiare e si poggiò alla sedia a osservarmi. «Ti ho messa a disagio? Vuoi che me ne vada?» Freddo e distaccato come suo solito.

«No! Affatto!» risposi frettolosamente, guardandolo e scuotendo il capo, stordita sia dal vino che dalla sua inattesa confessione. «A me fa piacere se resti! Sto bene con te, lo sai! Mi ha solo un po'... sorpreso sapere che mi trovi interessante!» Dissi ancora incredula. «Hai un sacco di ragazze che ti muoiono dietro e io non mi sento così... speciale!»

Non mi ero mai accorta che qualcosa in lui stesse cambiando, che stesse cominciando a nutrire qualcosa per me di più profondo dell'amicizia. Mi sembrava davvero irreale.

Possibile che stessi sognando? Che mi avesse colpito in testa qualcosa e che magari in quel momento fossi in realtà in un letto d'ospedale, in coma? Come potevo sennò spiegarmi quello che stava succedendo e ciò che aveva detto?

«Sul serio tu pensi di valere meno di una di quelle insipide galline starnazzanti?» Mi riempì di nuovo il bicchiere.

«No, loro no. Ma ci sono tante altre ragazze! Che ho io di speciale, Luke?» Domandai bevendo. Neanche ormai facevo caso al vino, troppo presa da quella discussione.

«A dire il vero non so dirtelo, forse perché ti conosco da così tanto, forse perché non mi corri dietro, forse perché vivi in un buco con un frigo vuoto e non ti importa, forse per la tua semplicità disarmante.» Si stiracchiò, portandosi le mani dietro la testa «Non so proprio dirtelo, so solo che se potessi tornare indietro, forse le cose andrebbero diversamente, questa volta.»

Strinsi le labbra mordicchiandomele. «E perché me lo dici solo adesso?»

«So di essere in ritardo di qualche anno, ma c'era un momento adatto?» Ghignò lui. «Mi avresti fatto la stessa domanda, anche se te lo avessi detto l'anno scorso o l'anno prossimo.»

«No, ma io... non credevo. Mi hai spiazzata!» farfugliai, accennando un sorriso, ancora rossa in viso.

Sbuffò una risata. «Non ricordavo fossi così timida.»

«Mi conosci! Con quanti ragazzi mi hai vista?» borbottai bevendo. «Anche io faccio fatica a trovare qualcuno di interessante. Non sono mica tutti come te!» Sbuffai prendendo la bottiglia e versando altro vino, da sola, ormai completamente fuori controllo.

«Non pensi di star esagerando? Non reggi quanto me.» Mi sfilò la bottiglia di mano, sfiorandomi le dita e avvicinandosi di più.

«No! Ma almeno che per una volta non c'è Mark, che non vuole che beva, perché non posso farlo?» Dissi abbassando lo sguardo sulle sue dita.

Lui rimase in silenzio, guardandomi e finendo, poi, di terminare il nostro pasto.

«È presto però per andare a dormire. Che facciamo?» Domandai, a disagio per quell'improvviso silenzio e tutto a un tratto terrorizzata all'idea di restare così a lungo senza parlare. Non sapevo cosa fare, né come comportarmi. Avevo aspettato e sognato quel momento per anni e adesso che le mie speranze stavano diventando reali mi sentivo paralizzata dal panico. Bevvi un altro bicchiere per darmi coraggio, iniziando a sentire l'effetto del vino e la testa che mi girava.

Le sere in cui eravamo stati da soli erano state relativamente poche, visto che per lo più si usciva con gli altri o si provavano nuovi brani. Le uniche volte che eravamo stati in casa, mi ero addormentata subito dalla stanchezza, mentre guardavamo un film e la seconda avevamo passato quasi l'intera notte a parlare, bere e scherzare. L'idea di guardare un film, al buio su quel divano, con me decisamente poco sobria e dopo quello che mi aveva detto, mi causò una vampata che mi costrinse a metter giù il bicchiere e a pensare di non riprenderlo più per il resto della serata.

«Cosa vuoi fare?» Mi chiese lui tranquillo e assolutamente e inspiegabilmente sobrio. «Hai sentito per caso i ragazzi? Sai se hanno programmi?»

«Non lo so! Potremmo uscire, o vedere un film. Le cose che fanno gli amici di solito!» Dissi vaga lanciandogli un'occhiata e sperando che non accettasse la mia ultima proposta. Non mi ricordavo momenti nei quali ero rimasta da sola con lui, dove non ci fossero anche gli altri, prima di quell'assurda settimana. «Perché non mi porti da qualche parte dove stare soli tu e io?» Domandai più seria, ormai conscia che il vino avesse iniziato a parlare al mio posto.

Lo vidi riflettere per un attimo, mi sembrò accigliarsi per un momento, come se stesse valutando delle possibilità, poi riaccese il sorriso, si alzò e mi tese la mano.

«Vieni, c'è un posto in cui potrei portarti, ma devi fidarti di me.»

«Mi fido!» Esclamai alzandomi. Dopotutto mi ero sempre fidata ciecamente di lui, e devo ammettere che ero decisamente curiosa di dove volesse portarmi.

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