Capitolo 30: La Partenza

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Something wild – Lindsey Stirling


«Salem?» Domandai, inarcando un sopracciglio e alzandomi appena verso di lui. «Perché Salem?»

«Perché è un posto sicuro. Né Kora con i suoi demoni né Michele con i suoi angeli, possono entrare.»

«Ma saremo vulnerabili per tutto il viaggio, giusto?» chiesi, nervosa. «C'è la possibilità che ci possano trovare?»

«Sì. Potrebbero trovarci e attaccarci, ma non abbiamo scelta. Restare qui significa mettere in pericolo i Sioux.» mormorò, mentre mi accarezzava il collo con le dita.

«E andare a Salem invece è più sicuro. Non ci vive gente anche lì?» incalzai, sfiorandogli il petto con le dita.

«Ho messo personalmente i sigilli su quella città. Non possono entrare.»

«E quindi lì saremo al sicuro, sempre se riusciremo ad arrivarci.» valutai pensierosa, stringendomi poi a lui, accarezzandogli distrattamente il petto e tentando in tutti i modi di distrarmi da un pensiero che continuava a insinuarsi nella mia mente, volendo cercare di farmi rendere conto di ciò che fosse accaduto poco prima. «Quanto ci metteremo? Tre giorni come avevi detto?»

«Sì. Ci vorrà qualche giorno di viaggio. Non ti preoccupare. Ti proteggerò io.» Mi strinse di più, ma era in ansia anche lui.

«E chi proteggerà te?» Domandai, spostando appena il capo di lato e accarezzandogli la schiena.

Sorrise. «La domanda giusta è "chi proteggerà loro da me?"» Sghignazzò.

«Sì, visto chi sei non avrai molte difficoltà.» Osservai, chiudendo gli occhi. «Viaggeremo senza fermarci?»

«Sarebbe impossibile non fermarci. Ma cercheremo di farlo il meno possibile e per poco tempo.»

«Va bene!» Dissi annuendo. «Allora andiamo a Salem.» Poggiai il capo sul suo petto, tornando con i miei pensieri su quanto accaduto e con la mente che correva ovviamente a Luke. Avrei dovuto sentirmi in colpa e le mie ali probabilmente adesso non erano più innocenti come prima. Ma non volevo affatto guardarle.
Quelle cupe idee venivano alleggerite da ogni sua carezza, da ogni suo bacio. Dalla stessa voce del mietitore. Rialzai lo sguardo su di lui, cercando di fuggire ai ricordi focalizzandomi sul volto di Low e chiedendomi perché davvero avevo ceduto alla tentazione. Accennai un sorriso, tentando di dissimulare la guerra che impazzava nella mia mente. «Allenamento anche oggi?»

«Sì. Direi di approfittare di questo ultimo giorno per allenarti. Una volta a Salem penseremo a cosa fare.»

«Va bene!» risposi, accoccolandomi tra le sue braccia. «Adesso, comunque, ho decisamente fame.»

A quelle parole sorrise. «Resta qui. Vado a prenderti qualcosa in cucina.» Mi diede un altro bacio sulla fronte e si alzò dal letto, completamente nudo. Che meraviglia! Ancora più meraviglioso quando lo vidi riapparire nelle stesse condizioni ma con un piatto con qualcosa da mangiare.

Sorrisi istintivamente, anche se trovai quella scena stranamente familiare e alla mente mi tornò il ricordo di Luke, apparso una mattina nelle stesse condizioni del mietitore, con un piatto di pancake in mano. Il sorriso sul mio volto vacillò per un attimo.

«Ehi, va tutto bene?» Poggiò il piatto sul letto e si sedette accanto a me.

«Sì, tranquillo. Ho solo dei vecchi ricordi che mi tornano alla mente.» Spiegai, prendendo poi qualcosa dal piatto sul letto, iniziando a mangiare e sorridendogli a stento, cercando di dissipare quei ricordi.

«Non è facile mettere da parte i ricordi di chi si ha amato.» Strinse i pugni. «Lo capisco.»

«Hai amato anche tu in passato. Ho sentito il tuo dolore per la sua perdita, mentre ci allenavano.» Spiegai accarezzandogli il viso.

Distolse lo sguardo. Non era uno a cui piaceva parlare di se stesso. Quel poco che sapevo di lui lo dovevo alla mia empatia angelica.

«Va tutto bene!» mormorai con un sorriso. «Siamo qui, vivi e stiamo bene! Non pensiamo ad altro.» mormorai, accarezzandogli il volto, dicendo tali parole forse più per me che per lui.

Appoggiò la fronte sulla mia spalla per poi lasciarvi un bacio e cingermi con le braccia, mi stava scaldando con il suo calore corporeo. Ora che gli echi dell'atto appena compiuto iniziavano a scemare iniziavo anche a raffreddarmi.

Presi la coperta, tirandola sopra di noi per coprirci, sospirando, molto più tranquilla, accoccolandomi tra le sue braccia sentendomi protetta e felice.

Sospirò anche lui, sereno e alquanto silenzioso. Dovevano essere secoli che non si sentiva più così. Attese che finissi di mangiare e solo a quel punto spostò il piatto e mi tirò tra le sue braccia, sotto la coperta. Sembrava essere tranquillo solo quando mi stringeva a sé.

Mi addormentai poco dopo, rilassata, appagata e nutrita, tra le sue braccia. Dormii come un sasso e mi svegliai che fuori già splendeva il sole, con il suo respiro caldo a solleticarmi il collo, ancora lento e ritmico. Mi rigirai tra le sue braccia, iniziando ad accarezzarlo lentamente, volendo perdermi in quel peccato che nonostante tutto mi stava facendo stare bene più del previsto.

Mugugnò felice iniziando a sorridere. «Potrei anche abituarmi a questo genere di risvegli.»

«Temo che, per ora, ti debba accontentare di oggi e domani mattina, fino a che non arriveremo a Salem.»

Arrivati lì poi avremmo dovuto prendere delle decisioni. Anche se avevamo appena passato la notte insieme e il mondo al risveglio sembrava un posto migliore, Luke non era ancora sparito dalla mia testa, era stato troppo importante per me per poter essere dimenticato in una sola notte.

In realtà non ero ancora ben convinta dei miei sentimenti: qualcosa per Luke la provavo, ero sempre stata convinta fosse amore, ma da quando avevo scoperto la verità non avevo potuto fare a meno di chiedermi se, quei sentimenti che provavo per lui, fossero o meno reali o se solo il frutto della loro veicolazione. Insomma, amavo davvero Luke e mi ero infatuata del mietitore? Oppure l'amore che tanto millantavo per il mio angelo era solo frutto della sua stessa volontà, di quelli che erano stati i suoi ordini? Possibile che Low fosse molto più di una sbandata? Non ero in grado di rispondere a quelle domande e mi sentivo solo una gran confusione e il cuore diviso in due.

Forse, arrivata a Salem avrei avuto le idee più chiare, ma qualunque fosse stata la mia scelta, alla fine non avrei abbandonato Luke, lo avrei comunque tirato fuori da quella prigione infernale nel quale adesso risiedeva. Mi avrebbe odiato ormai, dopo quello che avevo fatto. Lo avrei di certo deluso, ma quello che provavo era per me incontrollabile e soprattutto inspiegabile, ma non per questo mi ero allontanata dalla mia idea iniziale di andare a riprenderlo. Ci avrei perso l'anima, mi sarei dannata, ma sentivo che non avrei potuto fare altrimenti.

«A Salem avremo tutto il tempo per concederci risvegli simili.» Le parole di Low mi ridestarono dai miei pensieri. Aprì gli occhi e strofinò la guancia contro la mia spalla. «Sempre che tu lo voglia ancora.»

«Sì... Non nego che io lo voglia.» ammisi, dandogli un bacio. Ero comunque in pensiero, con la paura di come fossero diventate le mie ali. Confusione o non confusione, la verità restava che avevo indegnamente tradito il mio ragazzo, mentre rischiava la vita per salvare me e Matt. Lo avevo tradito con il suo peggior nemico, tra l'altro, l'uomo che lo aveva praticamente distrutto. Non avrei mai avuto il coraggio di mostrargli le mie ali e spiegargli il perché avessero cambiato colore.

«Risolverò tutto, Hope. Te lo prometto.» Mi accarezzò il viso, forse percependo la mia titubanza e i miei dubbi, anche se, probabilmente, non poteva sapere a cosa fossero realmente dovuti.

«Hai la mia completa fiducia! E la mia intera vita.» Risposi, prima di baciarlo. «Ma restiamo qui ancora un po'! Non ho proprio voglia di alzarmi subito.»

«Sono d'accordo! Il mondo può aspettare.» Ricambiò il mio bacio, felice di quella intimità che si era creata tra noi.

Tornammo a girarci tra le coperte e dopo meno di un'ora ci alzammo, affamati. Consumammo una fugace colazione per poi tornare nella foresta ad allenarci.

La giornata scivolò via rapida lasciandoci completamente esausti. Mi ero allenata senza mostrare le ali, non ancora pronta a fare i conti con ciò che ero diventata e lui sembrava averlo capito perché non mi fece alcuna pressione. Le avrei guardate, prima o poi, ma adesso dovevamo lavarci, mettere qualcosa sotto i denti e andare dal Capotribù per predisporre la partenza.

«Lago?» Domandai abbracciandolo alle sue spalle, ancora carica di adrenalina per via degli allenamenti.

«Stavolta difficilmente riuscirai a convincermi a restarmene dall'altro lato.» Sorrise, facendo sparire la spada nera.

«Fa abbastanza freddo per aver bisogno di te, dal mio lato!» Ridacchiai, mordendogli il collo. «Mi hai provocata per tutto l'allenamento, non ti lascerei dall'altra parte del lago!»

«Essere braccato da una violinista che vuole essere provocata da me... mmm sembra interessante.» Voltò la testa di lato per cercare le mie labbra.

Lo strinsi forte, lasciando che le trovasse, ridacchiando divertita. «Dai, andiamo a farci il bagno! Abbiamo da preparare tutto per la partenza di domani.»

«Ai tuoi ordini!» Recuperò le nostre cose, lasciando che mi affiancassi a lui.

Lo seguii felice e tranquilla, fino a raggiungere luogo predestinato. Faceva un po' più freddino e tirava un filo di vento che mi fece rabbrividire. Iniziai a spogliarmi lo stesso, rivolgendo un'occhiata curiosa verso di lui che se ne stava là a osservarmi, godendosi lo spettacolo.

Rimasi nuda di fronte a lui, aspettando che facesse lo stesso.

Mi squadrò per bene prima di lasciar cadere la felpa e sfilarsi la maglietta, mettendo a nudo i pettorali tatuati per poi passare ai pantaloni.

Rimasi a guardarlo, godendomi lo spettacolo che rappresentava. Era davvero incredibile, come se fosse uno di quegli adoni greci rappresentati nelle statue.

Si avvicinò a me, prendendomi la mano e conducendomi verso il lago, lentamente, vista la freddezza delle sue acque. Rabbrividii avvinghiandomi a lui come a volerne assorbire il calore. Lo avevo desiderato per tutta la giornata e adesso non vedevo l'ora di poterlo avere lì al lago.

Mi lasciai trasportare dalle emozioni e sensazioni che mi trasmetteva, lasciandomi di nuovo coinvolgere da quello che sentivo, dimenticandomi per la seconda volta di tutto il resto.

Non riuscivo a definire il motivo del perché mi sentissi così, del perché lui mi facesse sentire in maniera così incredibile. Aveva il potere di farmi completamente dissipare i miei più cupi pensieri, allontanandomi sempre di più dal dubbio che stessi facendo qualcosa di sbagliato.

Eppure se non lo fosse stato era da considerarsi peccato?

«Tu non sei affatto umano!» mormorai contro la sua pelle, dopo che mi ero completamente donata a lui, di nuovo, stanca, stravolta e con il respiro ansante.

Sorrise appena, cercando di smaltire le ultime scariche di piacere. Aveva il fiatone e il cuore gli batteva veloce, tanto da sentirlo contro il mio petto.

«Ti assicuro che convinceresti a peccare anche un santo.» mi rispose divertito, abbassandosi in acqua fino alle spalle e continuando a reggermi.

Ridacchiai alle sue parole, ma rimasi in silenzio, visto e considerato chi era il primo uomo con cui avevo avuto un rapporto. Non era stato un santo, ma pur sempre un angelo e a quel pensiero mi strinsi ancora di più a lui, mentre alla mia mente tornava di nuovo il pensiero di Luke e, ancora una volta, mi ritrovai a doverlo allontanare rapidamente dalla mia mente, per non correre il rischio di avere ripensamenti e uscirne distrutta.

Mi sentivo colpevole, sapevo di aver sbagliato tutto e di essermi comportata malissimo nei confronti dell'uomo che dicevo di amare, ma allo stesso tempo stavo rendendo felice l'uomo che mi teneva tra le braccia, gli avevo restituito la voglia di vivere e, da un lato, ciò mi alleviava la coscienza.

Avevo percepito le sue emozioni durante gli allenamenti del pomeriggio ed erano risultate completamente differenti dalla giornata precedente. Sentivo in lui la scintilla della speranza come rianimarsi mano mano che stavamo insieme.

Frappose il viso al mio, per guardarmi, spostandomi i capelli dalle guance e dalla fronte accaldata. «Stavolta sarà diverso.» disse più a se stesso che a me. «Troverò il modo per non perderti. Dovessi dichiarare guerra a tutto il creato, non permetterò a nessuno di farti del male o portarti via.»

Sorrisi alle sue parole, accarezzandogli i capelli. «Ci sarà qualcuno che vorrà di certo portarmi via da te! Forse più di uno!» mormorai, accarezzandogli il volto.

Non sarebbe solo dipeso da lui, se mi fossi trovata di fronte Luke non avrei saputo come comportarmi e di certo avremmo dovuto parlarne, ma in quel momento non volevo pensarci.

«Quando saremo al sicuro, a Salem, penseremo a cosa fare con Kora, con Dio e con chiunque abbia problemi con la tua vita o con la nostra unione.» Aveva un tono molto rassicurante, sembrava crederci davvero.

«A Salem parleremo.» Annuii, sapendo che quel discorso non sarebbe stato affatto facile. Non potevo di certo nascondere i miei sentimenti per Luke anche se sospettavo di nutrire qualcosa di simile anche per lui.

Finimmo di fare il bagno, ma l'acqua e l'aria fredda ci costrinsero presto ad uscire e avvolgerci nelle enormi asciugamani e coperte che ci eravamo portati da casa. Lui mi aiutò ad avvolgermi e poi mi strofinò le braccia e la schiena con la coperta per generare calore. Sembrava essere sempre attento alla mia fragilità da mortale, come se non fosse la prima volta che ci avesse a che fare in modo così personale e intimo.

Gli sorrisi grata, lasciandogli un bacio ogni volta che ne avevo l'occasione o che mi capitasse a tiro.

Ci rivestimmo, tornando poi verso il villaggio che già si era fatto buio. Andammo a recuperare da mangiare e, mentre lui si faceva riempire il cestino, vidi da lontano la nipote del Capotribù che ci osservava.

Le lanciai uno sguardo attento. Era palese che tra me e Low fosse cambiato qualcosa ed ero certa che lei se ne fosse accorta e nell'assurdo dovevo proprio a lei quel cambiamento.

Low sembrò non vederla neanche e di tanto in tanto si voltava per chiedere se gradissi o meno qualcosa.

La ragazza se ne andò abbastanza in fretta, era evidente che ci fosse rimasta male, ma, a prescindere da me, dubitavo seriamente che lui l'avrebbe mai considerata. Mi dispiaceva per lei, non doveva essere bello vedere chi vuoi con un'altra persona e, nuovamente, sentii la colpa pizzicarmi, come se quello che stessi facendo fosse sbagliato. Eppure, nel momento in cui incontravo gli occhi di Low, quel dubbio veniva come sempre cancellato.

Mangiammo tranquilli prima di sistemare alcune cose e recarci dal Capo villaggio.

Si stupì quasi nel vederci arrivare, cosa che mi sorprese, visto che sembrava essere sempre al corrente di tutto.

«Vi prego, non mi dite che avete distrutto qualcos'altro!» Sorrideva come sempre.

«No, nulla!» Risi, lanciando un'occhiaia a Low. «Domani partiremo.»

«Di già?» chiese il vecchio con un'espressione che non lasciava intendere se lo sospettasse o meno. «Speravo restaste un altro po'.»

«Lo sai che ci cercano. Più restiamo e più sarà probabile che ci trovino. La nostra presenza vi mette in pericolo.» rispose il mietitore.

«Se ci trovassero rischiereste anche voi. Non possiamo permettercelo.» aggiunsi, lanciando un'altra occhiata a Low e poi al vecchio. «Ti ringrazio per la tua ospitalità.»

«La nostra porta è sempre aperta per il demone grigio e per la colomba che danza.» Mi sorrise, per poi tornare a Low. «Di cosa avete bisogno per la partenza?»

«Coperte, cibo e acqua.» disse sbrigativo. «E ho bisogno di marchiare l'auto con cui viaggeremo.»

«Va bene. Farò preparare tutto e caricare nella tua auto.» rispose il vecchio, annuendo.

Mi avvicinai a lui sorridendo. «Non so come ringraziarti per tutto il tuo aiuto.» Dissi sincera. «Mi ha insegnato molto stare qui.»

«La tua strada è appena all'inizio, bambina, c'è ancora molto in serbo per te.» Sembrava una specie di profezia. «Immagino che ci saluteremo come si deve domani mattina, non credo vogliate partire di nascosto nel cuore della notte.» Scherzò lui.

«Non ce ne sarà bisogno, partiremo domani con calma, è meglio essere ben riposati.» Confermò il mietitore.

«Allora a domani, miei giovani amici, che quest'ultima notte passi serena e tranquilla, che gli spiriti veglino su voi due.» Praticamente una benedizione.

«Buona notte anche a te!» Risposi sorridendo gentile per poi guardare Low, affiancandomi a lui per uscire.

Tornammo alla nostra casetta per l'ultima volta. Mi sarebbe mancata un po', dopotutto. Lui iniziò a preparare le nostre cose, in modo da averle pronte l'indomani.

Rifeci lo zaino con un po' di nostalgia. Non mi dispiaceva vedere altri luoghi con Low, ma quel posto mi sarebbe sicuramente mancato. Finito tutto tornai da lui, osservandolo mentre finiva di sistemare le sue cose.

«Sei preoccupato?»

«Non più del solito. Ma di sicuro starò meglio quando saremo a casa, a Salem. Anche se non torno lì da un bel po' di tempo.» Distolse appena lo sguardo.

«Ne parli come se davvero ritenessi Salem casa tua.» osservai, incrociando le braccia. L'aveva chiamata casa dopotutto, e non aveva usato mai quel termine mentre eravamo dai Sioux.

«In un certo senso lo è. Ho appartamenti costosissimi ovunque, messi a disposizione da Kora, ma a Salem ho una piccola casetta, molto semplice, in cui in realtà manca tutto, ma è l'unico posto davvero mio. È il posto in cui sono stato in assoluto più felice e che mi ha più spezzato il cuore.» Mi sembrò quasi di percepire quelle sensazioni.

Non chiesi altri dettagli, rispettando la sua riservatezza. «Troveremo un modo per farti tornare ad essere felice in quel luogo.» dissi sorridendogli. «Vedrai!»

«Per ora è un posto sicuro. Poi si vedrà, magari quando avremo sistemato le cose potremmo andare da un'altra parte e farci una vita nostra.» Era come se l'idea di andare lì lo facesse soffrire e non potei fare a meno di chiedermi quali fantasmi vivessero in quel luogo.

«Una vita nostra.» Annuii, eppure per me c'era un macigno che avrei dovuto togliermi di dosso prima di valutare se quella cosa fosse fattibile. «Senti, Low io sto bene con te, davvero, ma non posso fingere o dimenticare quello che è successo prima che ti incontrassi.» mormorai in tono più basso e attento.

Si voltò a guardarmi. «Ti riferisci a Luke?»

«Sì, non posso dimenticarlo da un giorno all'altro, Low. Credo che tu mi possa capire, in un certo senso.» dissi assottigliando lo sguardo. «Lui è importante per me, se dicessi il contrario mentirei.»

«Non mi aspetto che tu lo dimentichi.» mi disse con una tranquillità disarmante. «Voglio che scegli me e resti con me, non che lo dimentichi, non si può pretendere una cosa del genere, le persone che sono state importanti non si possono dimenticare, ma si può andare avanti.»

«E se lui fosse vivo e tornasse?» domandai osservandolo. «Che cosa faresti?»

«La domanda giusta non è ciò che farei io, è ciò che faresti tu.» puntualizzò serio.

«Io non lo so. Tengo ad entrambi in maniera molto diversa» risposi altrettanto seriamente, sospirando. «Non sarebbe un bel momento per tutti e tre. Però voglio sapere se è vivo. Se non lo faccio me lo chiederò per sempre.»

«Spero che tu ti renda conto che non sono disposto a perderti e che farò tutto il necessario affinché questo non avvenga.»
Rialzai lo sguardo su di lui, accigliandomi. Mi stava avvertendo o forse minacciando? «Certo, mi mentiresti anche se dovesse essere necessario, vero?» domandai inclinando il capo di lato.

«No, non voglio che tu stia con me con l'inganno.» Il discorso non gli piaceva e odiava sentir nominare Luke, era evidente.

Sorrisi, avvicinandomi a lui e abbracciandolo. «Grazie.» sussurrai chiudendo gli occhi. «Non voglio ferirti, Low. Non ne ho nessuna intenzione. Ma dovevo dirtelo.»

«Immagino che non sarà l'ultima volta che dovrò sentire parlare di quel tipo.» Sospirò rassegnato.

«No, non sarà l'ultima volta.» ammisi. «Ma ora è inutile parlarne. Quando saremo a Salem vedremo come fare a trovare una soluzione. Va bene?» domandai accarezzandogli il viso.

Annuì, anche se ero sicura che si sarebbe risparmiato volentieri di sentirselo nominare ancora. «Andiamo a letto, sempre che vuoi che dorma con te.» mi punzecchiò sorridendo.

«Certo che voglio che tu dorma con me. Non fare l'offeso adesso!» dissi ridacchiando, passandogli le mani tra i capelli. «Volevo solo che le cose fossero chiare.»

«Mmm... offeso dici? Ora che mi ci fai pensare un po' offeso mi sento, magari potresti consolarmi tu.» disse stringendomi a sé con uno strattone.

Sogghignai, ogni volta che si comportava in quel modo mi faceva perdere ogni controllo e i miei pensieri sparivano, lasciando solo spazio al cieco desiderio. «Allora lascia che ti consoli!» mormorai sulle sue labbra.

Mi sollevò di peso e mi appoggiò sulla tavola, quel tipo sembrava non averne mai abbastanza di me. «Mi consolerebbe molto poterti prendere adesso, proprio qui su questo tavolo.» mormorò a sua volta sogghignando.

«Hai bisogno della mia autorizzazione?» domandai, avvolgendo le gambe attorno a lui, stendendomi sul tavolino e scivolando con le mani sul suo petto e addome. «Non credo ti serva.»

«Hai ragione. Non mi serve.» si calò su di me e per quasi un'ora buona mise a dura prova quel tavolo, era un miracolo che fosse ancora in piedi quando ebbe finito con me. Io al contrario ero distrutta e completamente avvolta in un senso di letargico torpore e rilassatezza. Mi sentivo una gelatina sonnacchiosa più che una persona e non avevo proprio idea di come raggiungere il letto. Tra gli allenamenti, il bagno e gli incontri con lui potevo affermare con sicurezza che fosse stata una giornata molto impegnativa.

Lui doveva aver notato la stanchezza che mi era calata addosso perché mi sollevò tra le braccia come se non pesassi niente e mi portò in camera da letto.

«Tu non sei umano... te l'ho già detto, vero?» domandai ridacchiando, avvolgendo le braccia attorno al suo collo per lasciarci un bacio, stanca e stordita da quella lunga giornata, ma decisamente soddisfatta e rilassata.

Mi addormentai come un sasso dopo pochi secondi, rilassandomi totalmente tra le sue braccia e mi svegliai il mattino seguente.
Stranamente lui non era a letto. Mi guardai attorno, assonnata e ancora nuda, iniziando poi a vestirmi.

«Low?» Lo chiamai, mentre mi dirigevo nel salotto, stropicciandomi gli occhi.

Era là. La tavola era pronta per l'ultima colazione e lui se ne stava seduto sulla poltrona a rigirarsi il pugnale tra le mani, già vestito. Quando mi vide mi sorrise. «Già sveglia?»

«Così pare!» risposi, sedendomi e iniziando a spiluccare la colazione. «Tu hai già fatto colazione?» domandai rivolgendogli un sorrisetto.

«No. Aspettavo te.» Venne a sedersi vicino a me, iniziando a mangiare anche lui. «Tra poco partiremo. Ti senti pronta?»

«Sì, anche se sono preoccupata. Tu invece?» domandai osservandolo, mentre sorseggiavo da una tazza di latte.

Aveva il pugnale nero sul tavolo. «Mi dispiace lasciare questo posto, ma prima o poi dovevamo farlo.»

«Non voglio accada nulla a questo villaggio. Non se lo meritano.» valutai, finendo il latte. «Viaggeremo in macchina tutto il tempo?»

«Sì. La schermerò alla vista di angeli e demoni.» Allungò la mano verso il pugnale.

«Sì, immaginavo si trattasse di una cosa simile quando hai detto che volevi sigillare o fare qualcosa alla macchina.» Dissi pensierosa.

«Di solito funziona.» disse lui con un'alzata di spalle. «Ti sono stato vicino per mesi senza che i tuoi amichetti se ne rendessero conto.»

«È vero. Neanche hanno pensato che tu fossi al conservatorio.» Riflettei su quando ci eravamo visti per la prima volta. «Speriamo vada tutto bene.» Sospirai.

«Ce la caveremo. Sono secoli che mi scontro con gli angeli e fino ad ora non sono mai riusciti a sottrarmi un Nephilim.» osservò, rigirandosi il coltello tra le mani. «Gli unici pericolosi sono Michele e Kora, ma Kora, per quanto subdola e perfida, ha dei limiti.»

«Ma se ci scontrassimo con Michele sarebbe rischioso. Quella volta ti aveva ferito gravemente.» osservai, tornando a guardarlo.

«L'arcangelo è un osso molto duro, gliene do atto, ma sono sopravvissuto e lo farò ancora. Il vero problema è far sì che lui non ti cancelli, né che lo facciano i tuoi amichetti mentre lui mi tiene impegnato.» Portò gli occhi di ghiaccio su di me.

«Non mi ucciderebbero. Mark e Joan non ci riuscirebbero mai.» Scossi il capo mangiando un biscotto. «Anche se glielo ordinassero non lo farebbero mai.»

Almeno volevo crederlo, erano cambiate così tante cose ed io avevo persino peccato. Le mie ali ormai non erano più neppure bianche, ma non avevo avuto il coraggio di guardarle da quando ero finita a letto con Low.

«Tu credi? Quei due esaudiranno ogni ordine che l'arcangelo darà loro.» Era piuttosto convinto della sua tesi. «Perché credi che il tuo amico gay sia scappato all'Inferno? Sapeva benissimo cosa gli avrebbero fatto appena lo avessero avuto a tiro.» Scosse la testa. «Michele è un gran bastardo. È probabile che userà loro per ucciderti, perché sa che tu non avresti il coraggio di far loro del male.»

«No infatti, non ci riuscirei mai.» ammisi annuendo. «Matt è scappato per la vergogna di quello che aveva fatto. Luke era...» ma mi fermai lanciandogli un'occhiata. «Diciamo che tutti eravamo dell'idea di andare a cercarlo per riportarlo indietro e fargli capire che non era un problema per noi.» Scossi di nuovo il capo. «Non credo mi farebbero del male. Sono stati con me fin da quando ero una bambina. Con che cuore potrebbero uccidermi? Sono angeli... che cosa ho fatto di male per portarli a uccidermi? Solo perché sono una Nephilim?»

«Hope, è quello che hanno sempre fatto. Non saresti la prima e neanche l'ultima. Sono secoli che cancellano Nephilim. Gli stessi genitori li hanno cancellati prima che mettessero piede in Paradiso e se hanno il coraggio di uccidere un proprio figlio, a volte appena nato, credi che si farebbero lo scrupolo di uccidere te?» Mi prese la mano. «Il tuo amico non è scappato solo per vergogna, la sua era paura perché sa bene di che pasta sono fatti gli angeli. Se non fosse stato vero, non avrebbero fatto l'impossibile per far sì che le tue ali restassero bianche.»

«Lo hanno fatto per quello? Solo per non farmi cadere all'Inferno? Preferiscono cancellare per sempre un'anima piuttosto che farla continuare a vivere come caduto?» Scossi il capo. «Sembra che il Paradiso sia più infernale di quanto lo sia l'Inferno stesso.»

«Preferiscono cancellare piuttosto che affrontare il proprio peccato e convivere con esso.» Mi confermò.

«Sono degli egoisti.» mormorai scuotendo il capo. Eppure ero certa che quantomeno Luke fosse diverso, ma non potevo di certo mettermi a discutere con Low di questo.

«Beh, ci conviene partire, stare qui a parlare se ci troveranno o meno non risolverà nulla.»

Appena fummo pronti ci recammo al confine del villaggio, dove avevamo lasciato la macchina. Gli indiani erano tutti lì, ad aspettarci, compresi i due nipoti del capotribù. Ora che ci riflettevo non avevo più visto il ragazzo da quando eravamo arrivati. Sembrava molto più tranquillo e sorridente, decisamente felice che stessimo per andarcene. La ragazza invece non sembrava particolarmente entusiasta e continuava a lanciare occhiate a Low.

La macchina era stata caricata con quanto serviva per affrontare il viaggio. «Aspetta qui, vado a schermare l'auto.» mi disse a poca distanza dal Capotribù, dirigendosi verso la macchina ed iniziando a graffitarci sopra, con la punta del coltello, quelle che avevano tutta l'aria di essere delle rune.

Intanto io andai a salutare Enapay e alcuni membri della comunità con cui avevo legato. «Grazie. Non scorderò mai quello che avete fatto per noi. Vi dobbiamo molto.»

«Non potremo mai ripagare l'immenso debito che la mia gente ha nei confronti di quell'uomo, ma è stato un vero piacere poter fare qualcosa per voi.» Il vecchio inclinò appena un po' il capo verso di me.

Appena il mietitore ebbe finito si avvicinò a noi. «Qualunque cosa ti abbia detto ignoralo. È felice di liberarsi di noi.» Low sorrideva, stava scherzando.

«Pe fortuna vieni a trovarci ogni cinquant'anni, demone grigio, così abbiamo tutto il tempo sia noi che la foresta di riparare ai tuoi danni.» Con ogni probabilità non si sarebbero visti mai più. «È stato un onore aver vissuto abbastanza da poterti rivedere un'ultima volta prima di raggiungere le grandi praterie.»

«Chissà che non ci rivedremo ancora.»

«Non mi dispiacerebbe rivedere te e la tua famiglia.» Voltò la testa nella mia direzione.

Sorrisi lanciando un'occhiata a Low. «Anche a noi farebbe piacere vedervi ancora. Chissà cosa ci riserva il futuro.» risposi, tornando poi a guardare verso la nipote del Capo villaggio, avvicinandomi poi a lei. «Mi dispiace di averti delusa, in un certo senso, ma non vuol dire che tu non possa trovare comunque qualcuno che ti apprezzi e valorizzi.»

Strinse le labbra indignata per il mio gesto, ma si mantenne composta, rispettando il ruolo ufficiale che rivestiva in quel momento. «Ti ringrazio. Fate buon viaggio.» Una frase di circostanza, detta con tono amaro e infastidito.

«Allora arrivederci, grande capo Sioux.» Salutò Low.

«Arrivederci, demone grigio.»

L'uomo rispose facendo un mezzo cerchio in aria con la mano, in segno di commiato, mentre il mio compagno si voltò, diretto all'auto, deciso a non prolungare ulteriormente quel momento.

Salutai anche io e seguii Low in macchina, sedendomi accanto a lui e lanciando un'occhiata al gruppo che ci stava salutando.

Stavamo lasciando la sicurezza di quel luogo e di quel posto, senza sapere cosa ci sarebbe capitato una volta lì fuori.

Mise in moto ed iniziammo ad allontanarci. Gli indiani e il loro villaggio diventavano sempre più piccoli e lontani. Dopo una mezz'oretta circa uscimmo dal loro territorio sicuro e Low accese le radio. «Metti la stazione che vuoi.» mi disse, lasciandomi il comando della radio.

Iniziai a girare le varie stazioni per sentire un po' che musica venisse trasmessa, senza troppa attenzione. Ero nervosa per essere uscita dal territorio sicuro degli indiani e speravo solo che arrivassimo in fretta a Salem.

«Stai calma.» Mi mise una mano sul ginocchio. «Le rune ci terranno al sicuro durante il viaggio.»

Mi rilassai come sentii le sue mani su di me e gli rivolsi un sorriso. «Va bene, non ti preoccupare. Cercherò di godermi il viaggio.»

Con un po' di fortuna saremmo arrivati a Salem senza problemi.

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