Aprile 1668 pt. 2

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«Vi ha costretto?» domandò il gesuita con lo sguardo distaccato e la voce apparentemente apatica.

«No, eravamo d'accordo» ribatté nello stesso apatico tono Galatea.

Il loro colloquio era appena iniziato; erano soli nella stanza e una bella luce primaverile entrava dalle finestre.

«Quindi avreste voluto sposarlo; per quale motivo?» continuò padre Saverio.

Galatea esitò e gettò uno sguardo nervoso alla finestra. Il gesuita trasse un respiro e giunse le mani.

«E' forse per ripicca?» azzardò, leggendo nei suoi occhi.

Lei annuì e confessò: «Un mese fa la duchessina mi ha ordinato di non vederlo più. Ma non facevamo nulla di male, padre»

Padre Saverio aguzzò lo sguardo dritto nei suoi occhi, pronto a cogliere qualsiasi tremore:«Siete sincera? Nulla di male?»

«Nulla, sono pronta a giurarlo» rispose Galatea, più ferma che mai. Ciò nonostante, le sue guance si colorarono pudicamente.

Il padre si appoggiò allo schienale, sfiorandosi le labbra con un dito, pensieroso: «Una ribellione – constatò – Tipico della vostra età. Non mi stupisce, ora che me l'avete detto»

Galatea si innervosiva sempre più. Si torturava le mani sul grembo, respirava in fretta e non posava lo sguardo sulla stessa cosa per più di un battito di ciglia.

«Certo, un barlume di ragione vi ha fermata prima di commettere l'errore più grave della vostra giovane vita...» continuò, con il tono del professore.

«Con tutto il rispetto che nutro per voi, padre, – lo interruppe – Paolo non sarebbe stato un errore»

«Lo Zuffini non è un errore, sono d'accordo. – ribatté calmissimo – Voi avete la facoltà di sbagliare, di cadere e di pentirvi. E io non sono qui per condannare il vostro slancio ribelle, ma per comprenderlo e far comprendere anche a voi che avete rifiutato una prospettiva forse allettante, ma proprio per questo infida»

«Spiegatevi, padre, perché non vi capisco»

Padre Saverio le rivolse uno sguardo comprensivo, come se stesse rivedendo davanti a sé qualcosa di già visto, già noto: «Avete sedici anni e scoprite che il mondo non è quello dei bambini. Ne siete entusiasta, immagino, ma non avete ancora coscienza del mondo degli adulti»

Galatea scosse il capo, come se quella discussione non la soddisfacesse. Il suo cuore batteva forte; si immedesimava in un puledro mal avvezzo alle briglie, disposto a dimenarsi e a scalciare, ma il contegno di padre Saverio era quello di un cavaliere di provata esperienza, preparato ad affrontare tutte le sfaccettature della sua intemperanza. Davanti a un avversario del genere, Galatea sentiva sgretolarsi la testardaggine.

Padre Saverio osservò ancora la ragazzina scontrosa che si opponeva alle sue indicazioni; la conosceva bene, poteva prevedere i suoi attacchi e scansarli ben prima che lei stessa intendesse muoverli. Perciò decise di attaccare a propria volta: «E se oggi vi dicessi che sono disposto a sposarvi con il dovuto rispetto per il sacramento, accettereste?»

La proposta infranse una breve pausa di silenzio armato. Galatea rimase un istante pensierosa, poi disse a denti stretti: «No, non accetterei. Ritengo che sia meglio che io rimanga qui nelle grazie della duchessina, per cui non intendo indisporla nei miei confronti sfidando le sue disposizioni»

«Metterete fine alla vostra relazione con lo Zuffini?»

«Sì»

Padre Saverio si alzò dalla poltroncina e compose le pieghe della tunica. Galatea rimase seduta, sconfitta, con lo sguardo rivolto altrove.

«Ebbene, Galatea: non farò parola alla duchessina di quanto è accaduto ieri notte. Capirete però che non può bastarmi la vostra risposta, per quanto ferma. Per il vostro bene dovrò intervenire nei confronti di Zuffini»

Galatea rialzò gli occhi: «Non fate che sia punito, vi prego – sussurrò, forzando la voce per non farla tremare – Non lo fate licenziare. È stato per me un caro amico, mi sentirei colpevole per sempre della sua infelicità...»

«Chiederò a Sua Grazia il duca di destinarlo ad altre mansioni, magari in altre tenute. È necessario solamente che venga allontanato da voi, mentre non ci sono motivi per escluderlo dal servizio di Sua Grazia» rispose il gesuita, poi si voltò avviandosi verso la porta.

Galatea rimase ad occhi bassi, meditando cupamente su quanto era accaduto; ma non ebbe il tempo di pensarci troppo perché, dopo pochi secondi da che padre Saverio ebbe chiuso la porta, una voce la spinse a voltarsi verso il proprio letto in tutta fretta.

«Cosa ti è preso, figlia di mercante?» ridacchiò Fortuna con aria divertita. Era seduta a gambe incrociate sul materasso e il suo mantello brillante era disteso fino ai cuscini.

«Vorrai dire a te! – ribatté Galatea, sorpresa e arrabbiata insieme – Cosa ti è preso ieri notte?»

Fortuna inclinò la testa da una parte: «Capita sempre quando si perde un'occasione: impara bene, così magari la prossima volta sarai più sveglia»

«Ero sveglissima, te lo assicuro»

Galatea, pur mantenendo un tono duro, tuttavia era ammirata davanti al riacquistato aspetto meraviglioso della fanciulla. E questa se ne era accorta e la ammaliava con gesti calcolati e ammiccanti.

«Non ti dispiacere... Sarà per un'altra volta...» disse sorniona. Galatea scosse la testa: «No, impossibile. Padre Saverio lo farà allontanare, così non potrò più ripensarci»

«Ma tu ami quel ragazzo?» domandò Fortuna. Galatea non si accorse che padre Saverio non le aveva mai rivolto quella specifica domanda.

«Certo che sì!» rispose d'impulso.

«E allora va' da quel gesuita e diglielo! Perché non glielo hai detto?»

«Cosa ti fa pensare che gliene importi qualcosa? So già cosa mi direbbe: che non conviene alla damigella della duchessina, che è un sentimento vano e transitorio, che mi illuderà per poi abbandonarmi, che... Oh, insomma. Avrebbe mille ragioni per dissuadermi»

«E perché allora ieri sera ti ha lasciato parlare? O meglio: perché ieri sera non ha fatto niente per farti stare zitta?»

A quell'osservazione, Galatea rimase senza parole. In effetti non ci aveva pensato.

«Sai quante volte mi è capitato di assistere a simili sotterfugi? E puoi contarci, io sto sempre dalla parte degli sposi! Ma più di un prete mi ha fatto cadere in un colpo solo tutti i capelli dalla testa: uno una volta ha dato uno schiaffo a una ragazza per impedirle di pronunciare il voto; un altro è corso fuori dalla chiesa premendosi le mani sulle orecchie... ieri per la prima volta, invece, ho trovato un prete che non si è opposto agli sposi. Non dico che fosse al settimo cielo, figliola... Però non ti ha schiaffeggiato, non ha chiuso la porta, non è scappato. L'unica responsabile del fallimento, mia cara, sei proprio tu. Un briciolo di sicurezza in più e a quest'ora probabilmente staresti preparando le valigie con il tuo novello sposo»

Galatea annuì lentamente. Pian piano tutto diventava più chiaro: l'occasione l'aveva avuta. Forse le era mancato il coraggio.

«In effetti, non sono sicura di amarlo così tanto...» confessò sottovoce.

«Non così tanto da buttare all'aria tutti i progetti per il tuo futuro! Ma a questo punto mi sorge una domanda: vuoi sottomettere i tuoi sentimenti al mero calcolo di interessi? Se domani la duchessina ti proponesse uno sposo, lo accetteresti a cuor leggero solo perché l'avrà proposto lei?»

Galatea si trovò nuovamente sospesa, benché riconoscesse la legittimità di quel dubbio. Dopotutto, era la tattica che suo padre le aveva sempre raccomandato di applicare: essere brava e diligente così da procacciarsi un buon partito da sposare; un partito ben fornito di quattrini e di onore, che avrebbe protetto la famiglia della moglie favorendone i traffici. A quel punto, però, Galatea doveva venire a confronto con la propria anima e con i propri desideri: «Sai qualcosa del mio futuro che io non posso nemmeno immaginare, vero?» chiese lentamente, come se ogni parola le costasse fatica.

Fortuna negò: «Non sono io a dirigere le vicende umane. Non del tutto, almeno. C'è qualcuno che governa anche me»

«Vuoi dire Dio?»

«Non te lo so dire. Credo che di queste cose dovresti parlare con la Morte. Sempre che ti stia a sentire. Io non lo so; non lo so perché, come ti ho detto, non possiedo una visione generale sulle vostre vite, di voi mortali intendo, bensì colgo solo occasioni. Ci sono momenti, come quello di ieri sera, in cui la persona può fare la differenza: in quei casi io posso avere una certa azione. Ieri notte, per esempio, ho cercato di incalzarti, ma la tua volontà era più ferma di quanto tu stessa possa immaginare. Mi hai detto "No", Galatea. Quel "No" mi ha impedito di aiutarti, sei stata sorda ai miei richiami, eppure li sentivi come li sentono tutti. C'è chi non interviene per pigrizia, e se ne pente quasi sempre in futuro; c'è chi non interviene per ignoranza, e quasi sempre non se ne accorge, perché non vede le conseguenze del suo agire; c'è chi, come te, le vede bene e non le accetta. Questo è il campo della mia azione, non un passo più in là»

Galatea sospirò. Non aveva certezze e lì per lì desiderava poter tornare indietro a quel momento in cui al posto di "No" avrebbe potuto affermare "Costui è mio marito"... La sua vita sarebbe cambiata e le sarebbe parso di aver agito. In quel momento, invece, si commiserava semplicemente.

«Quella di ieri non sarà l'unica occasione della tua vita. Sta' vigile, Galatea, da buona figlia di mercante che sei. Tieni fissi gli occhi sul tuo futuro, ma per prevederlo dovrai vivere appieno il tuo presente» disse Fortuna, quindi si avvolse nel mantello e sfumò via nell'aria.

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