10. Colloquio

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Dazai

Chuuya ha matita appoggiata tra le labbra e la muove su e giù nervosamente, fissa da un po' qualcosa fuori dalla finestra. I capelli sono cresciuti velocemente da quando siamo arrivati e ora li tiene legati in una piccola coda che ricorda quella di un topolino.

Riporto l'attenzione al quaderno e all'esercizio di algebra che sto correggendo, le ripetizioni sarebbero state inutili se avesse seguito le lezioni: è bravo, in poco tempo acquista padronanza delle formule e le sa applicare. Sarebbe stato un ottimo studente se si fosse impegnato un poco di più.

Non posso dire lo stesso per lettere, una voragine culturale enorme, però sta cercando di recuperare con impegno e costanza.

Chuuya è un mistero per me.

La prima impressione che ho avuto su di lui è che fosse un tipo violento e dispotico, ora invece è talmente quieto che sembra un'altra persona. Non parliamo molto, lo stretto necessario per svolgere il nostro lavoro al meglio. 

«Allora?» riporta l'attenzione su di me.

«Tutto giusto» gli porgo il quaderno, lo fissa senza prenderlo, lo riappoggio sulla scrivania.

«Stamattina hai fatto il colloquio?» chiede a bruciapelo.

La domanda mi coglie impreparato, cerco la manica della felpa per giocarci e scaricare la tensione. Ero talmente agitato che al ritorno mi sono chiuso in bagno e ora ho un nuovo taglio, vorrei poter mettere le dita sotto il tessuto e strappare il cerotto per far uscire ancora un po' di sangue. Per sentirmi ancorato a terra, vivo. 

«Si» affermo con un filo di voce.

«E allora?» risponde scocciato avvicinandosi, istintivamente mi ritraggo.

«Inizio Martedì. Una volta a settimana per quattro ore» la titolare ha accolto me e il professor Ade con un caldo sorriso e ci ha offerto persino un caffè. Ho visto il quadro di Aki appeso dietro al bancone: un vaso stracolmo di margherite. 

«Non ti pagano un cazzo vero?» si siede sul mio letto sbuffando.

«Esatto» 

«Teste di cazzo, non capiscono che noi siamo morti di fame. Vivono nel loro bel mondo perfetto: scuola, lavoro, palestra, sposarsi, figli. Tutto predisposto alla nascita. Noi invece siamo il caos, non abbiamo nulla che segua un percorso mirato. Non sappiamo nemmeno se saremo qui domani o sotto terra»

«Io però voglio trovarla la mia strada» sarò anche un casino dentro e fuori ma un posto in questo mondo per me deve pur esserci altrimenti non ha senso che non sia morto. 

Chuuya punta su di me quegli occhi rossi e rimane in silenzio. Poi di colpo si alza ed esce dalla stanza senza dire nulla.

Chuuya

Ci sono giorni che io quello proprio non lo capisco. Quando siamo arrivati qui sembrava che stesse per morire, che non avesse alcuno scopo nella vita. Un depresso senza speranza. Ora dove tira fuori quel carattere?

Scendo le scale mi dirigo in giardino, è da un po' che la macchina del mastino è parcheggiata nella via. Sarà venuto a trovare il suo amico Oda, voglio sapere se ha novità per me. Ho bisogno di soldi.

Mi siedo su un gradino all'ingresso, tanto dovrà passare di qui prima o poi. Il sole è caldo, ormai l'estate si avvicina e anche gli esami, spero di riuscire a diplomarmi, di trovare un lavoro e non finire in mezzo ad una strada. Non voglio tornare in quella gang del cazzo. Non voglio avere nulla a che fare con la droga. Possibile che non ci sia speranza per uno come me?

«Oda ha detto che stai studiando sodo aiutato dal tuo compagno di stanza» la voce di Kunikida mi risveglia dal loop lagnoso in cui ero caduto. Cazzo ora ho scambiato personalità col cerbiatto? Il mastino si siede sui gradini e mi passa un Bounty. Detesto che abbia scoperto la mia dipendenza dal cioccolato ma non riesco a mandarlo a fanculo mentre prendo la confezione dalle sue mani.

«Che vecchia pettegola» apro tremante la barretta sperando che non noti il desiderio vorace che mi assale. Odio mia madre anche per questo, maledetta drogata del cazzo. Ho sempre un bisogno incessante di qualcosa, per fortuna il cioccolato è innocuo, il fumo mi fa schifo e la droga... mi rivolta le budella solo a pensarci. Non diventerò come te, brutta stronza.

«Ho trovato un posto» Kunikida mi assesta una pacca sulla spalla mentre mordo il dolce  «però devi promettermi che continuerai ad impegnarti con la scuola»

Annuisco vigorosamente con la bocca piena e l'ansia che brucia nello stomaco. 

Lui sorride e scuote la testa come se volesse scacciare un pensiero «il locale è vicino alla stazione di polizia: è il bar dove faccio colazione. Hanno bisogno di un aiuto alla sera per pulire, portar fuori la spazzatura...quelle cose lì insomma. Non avrai un contratto vero e proprio ma lavorerai con i voucher. Sai cosa sono?»

Scuoto la testa, il cuore martella nel petto.

«Sono dei buoni lavoro, un voucher vale circa 12 euro ma 9 vanno al tuo datore di lavoro. Lavorerai 4 ore al giorno, dalle 17 alle 22 dal martedì alla domenica,  in pratica porterai a casa 12 euro netti al giorno. Sarà l'Inps a pagarti direttamente con bonifico. Tu hai un conto corrente?»

Nego con la testa, sono a corto di parole. Troppe informazioni, troppe cose da comprendere. 

«Allora domani dopo la scuola ti passo a prendere e andiamo in posta ad aprire un conto corrente giovani. Farò io da garante»

«Perché?»

«Non ho capito»

«Perché vuoi così tanto aiutarmi, cosa ci guadagni?»

La grande mano di Kunikida mi scompiglia i capelli «ho i miei motivi e forse un giorno te li dirò. Per ora vieni con me che ti presento ai nuovi datori di lavoro»

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