8. MI PERDONI?

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Ritorniamo alla serata.

Entrai in camera. Non mi reggevo in piedi, non per la stanchezza, ma perché mi sentivo davvero in colpa per quello che avevo fatto.
Nell'ascensore iniziai a piangere ininterrottamente; il mio trucco si sciolse quasi del tutto. Rimasi lì dentro per un po', giusto il tempo di calmarmi. Non volevo far vedere a Louise che stavo piangendo, di sicuro si sarebbe preoccupata, ed era l'ultima cosa che volevo. Non volevo rovinarle la serata.
Passarono 10 minuti affinché io potessi calmarmi, ma già sapevo che sarebbe stato inutile: ero sicura che appena varcata la soglia di camera nostra, avrei riaperto il rubinetto che si trovava nei miei occhi.
Di sicuro non avrei potuto restare fuori per tutta la notte, così aprii la porta di quella stanza.
«Ma dove eri finita?» chiese Louise, evidentemente preoccupata.
«Ho preso un bicchiere d'acqua giù al bar.» mentii, asciugandomi le lacrime che stavano uscendo nuovamente dai miei occhi, come se fossero una fontana.
«Ma stai piangendo?» si alzò dal letto e si avvicinò.
«No, è la stanchezza.» andai in bagno.
«No, tu stai piangendo!» disse decisa «Joanie cos'è successo? Lo sai che puoi dirmi tutto. Apri la porta.» bussò alla porta più di una volta, finché non mi rassegnai: di sicuro non potevo stare in bagno per sempre.
«Mi vuoi dire cosa è successo?» mi chiese lei, preoccupata e nervosa allo stesso tempo.
«Ho rovinato tutto con Brandon!» dissi, continuando a cacciare fiumi di lacrime.
«Come? Spiegati meglio.»

Raccontai tutto quello che mi disse Brandon.
Louise non sapeva cosa dire; era tardi ed era stanca, penso che l'ultima cosa che voleva in quel momento, era parlare di colui che mi faceva stare male.
«Se vuoi ne parliamo domani mattina.» dissi.
«Va bene, come vuoi Joanie. Buonanotte.»
«Notte.»

Inutile dire che piansi tutta la notte. Non mi feci sentire da Louise, perché pensavo che dopo un po' si sarebbe innervosita.
Non riuscivo a dormire.
Dopo due ore ero lì, a fissare il soffitto nella speranza di dormire almeno un po'.
Pensai anche ad un modo per riuscire a parlare con lui, per risolvere, come delle persone mature e civili.
Per fortuna, mi addormentai dopo circa un'ora.

È mattino.
Non ho voglia di alzarmi dal letto, non ho voglio di iniziare questa giornata e, specialmente, non ho voglia di vedere Brandon. Ero sicura che l'avrei rivisto da qualche parte; ero sicura che il "destino" ci avrebbe fatti incontrare. Io speravo di potergli dire che mi dispiaceva per ciò che avevo detto e fatto, che per tutta la notte non ho dormito perché nei miei pensieri c'era lui e lui soltanto.
Dopo un po' Louise venne a chiamarmi.
«Joanie! Joanie, svegliati!» iniziò a urlarmi nell'orecchio. Odio quando fa così.
«Ma che ore sono? E per favore non gridare. Ti prego!» dissi, infilando la testa sotto il cuscino.
«Sono le 9:30 a.m., dobbiamo andare a fare colazione, ho fame.» mi disse ridendo.
«Non ho voglia!»
«Vuoi parlare di quello che è successo ieri?» si sdraiò vicino a me.
«Sì! Non so più cosa fare. Aiutami!» ero disperata.
«Devi affrontarlo: devi guardarlo negli occhi e fargli capire come stanno le cose. Certamente non lo puoi fare se continui a piangere. Devi mostrargli che sei forte.» mi disse, in maniera seria e decisa.
«Che gli dico? Quando lo vedo rimango paralizzata!»
«È questo il tuo problema! Non devi preoccuparti. Puoi anche semplicemente dirgli che ti dispiace per gli errori che hai commesso, anche se pochi.» si alzò.
«Pochi errori? Troppi errori!» la corressi. Mi sembrava di aver sbagliato tutto. Di essere sbagliata.
«Dai smettila, adesso andiamo a fare colazione e non fare storie! Forza alzati!»
«Se lo vedo in spiaggia?» dissi alzandomi.
«Lo saluti e parlate, come due persone civili.»
Entrambe ci alzammo e ci vestimmo, poi scendemmo a fare colazione.
Dopo quello che successe la sera prima, persi completamente l'appetito.
«Se mandassi un messaggio a Brandon?» dissi.
«No. Io ti consiglio di parlargli di persona.» disse Louise, continuando a mangiare.
«Dici?» chiesi giocherellando con il cucchiaino.
«È più bello parlare con qualcuno di persona.»
«Mi hai convinta.» inutile nascondere la fame, perciò presi un cornetto dal piatto di Louise.
«Ora hai fame!» iniziammo a ridere. Louise riesce sempre a tirarmi su di morale.

Arrivammo in spiaggia, dove c'era troppa gente. Non riuscivo a vedere Brandon. Non capivo nemmeno io se avrei voluto che fosse presente o meno.
Arrivati sotto l'ombrellone, mi misi sulla sdraio a prendere un po' di sole, mentre Louise mi costringeva ad andare a fare il bagno.
«Ma alzati! Andiamo a farci il bagno! C'è anche Corinne.» disse tirandomi per un braccio.
«Andiamo alla grande!» dissi tra me e me.
Naturalmente feci contenta Louise e andammo a farci il bagno.
«Buongiorno ragazze!» disse Corinne raggiungendoci alla riva.
«Buongiorno!» rispose Louise, abbracciandola.
«Coma va oggi? Ieri sera ci siamo divertite troppo, vero? Che dici Joanie?» continuò Corinne, sorridendo come un ebete.
«Sì, una bellissima serata.» dissi, parlando in maniera ironica, ma a quanto pare non se ne accorse. Forse è troppo stupida per capire il sarcasmo.
«Bene! Facciamo una nuotata?» ci chiese Corinne.
«Sì, andiamo!» rispose Louise.
«Non vieni Joanie?» mi chiese Corinne prendendomi per la mano.
«No, ti ringrazio ma preferisco prendere il sole.» facendo un mezzo sorriso.
«Va bene, allora a dopo.»

Andai sotto l'ombrellone, per rilassarmi un po', dato che la notte prima non ero per niente rilassata. Appena mi sdraiai sentii delle voci maschili avvicinarsi, delle voci del tutto familiari: credo abbiate già capito di chi io stia parlando. Era Brandon, in compagnia dei suoi amici. Come già detto, credo mi perseguiti. Non solo nei pensieri, anche nella vita reale.
Per fortuna non mi aveva visto, però ricordando ciò che mi aveva detto Louise, capii che l'unica cosa da fare era parlargli. 
Mi alzai e tremavo come una foglia.

«C-Ciao.» dissi, non riuscivo a controllare più le mie gambe, ormai erano andate.
«Ciao.» mi rispose, non mi guardava nemmeno, anche se sembrava davvero deluso.
«Come va?» chiesi.
«Abbastanza bene, a te?» mi rispose, ancora una volta senza guardarmi negli occhi.
«Beh, male!» mi sedetti vicino a lui. «Senti, mi dispiace per gli errori che ho commesso. Se potessi tornare indietro, di qualche mese, ti avrei chiamato e...» non sapevo cos'altro dire. Non mi ascoltava nemmeno, per cui decisi di provare ad abbracciarlo. Lui però si alza di scatto dalla sdraio, e se ne va, per la seconda volta.
«Non puoi fare finta di niente come fai sempre! Almeno guardami negli occhi come una persona matura, e se proprio non vuoi parlarmi basta che lo dici chiaramente!» dissi quasi gridando, ma non mi diede nemmeno ascolto e continuò a camminare.
Tornai sotto il mio ombrellone, mi sedetti e portai le mani sulla mia faccia, forse per nascondere la vergogna. Non lo so nemmeno io.
Ho rovinato tutto.

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