26. Let it go

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

"Remember what you must do when they undervalue you,

when they think your softness is your weakness,

when they treat your kindness like it is their advantage"

- Fire, Nikita Gill

Sono in ritardo. Ancora. Sto correndo per arrivare in orario alla lezione di diplomatica. Uno sguardo fugace all'orologio e dannazione sono in ritardo. Ero convinta di essere in perfetto orario quando mi sono alzata. Avevo addirittura preparato la borsa ieri sera. Non so come ho fatto a finire così.

Arrivata davanti al portone d'ingresso cerco di ricompormi. Per quanto possibile. Ad aspettare all'entrata, Charles. Sta parlando con uno dei portinai. Con un cenno della mano mi saluta e fa cenno di andare. Sono in ritardo e il mio capo lo ha notato. Alla prima lezione. L'aula predisposta è piena di computer. In realtà dovrebbe essere utilizzata per i corsi di comunicazione ma nessuno lo fa. In pratica, i responsabili delle aule la affidano solo ai professori di Archivio e Paleografia.

Gli studenti sono già tutti in aula. Un ultimo guardo all'orologio. 8.45. Sono giusta. Entro in aula per lasciare la borsa sul tavolo. I ragazzi, nel vedermi si siedono in silenzio.

"Ragazzi, tranquilli. Manca ancora un quarto d'ora." - sistemo i fogli e accendo l'unico pc che mi serve. - "Preferite cominciare all'ora spaccata o alle nove e un quarto?" - mi prendo lo scrupolo di chiedere. I ragazzi si consultano un attimo e poi dichiarano di voler cominciare rispettando il quarto d'ora accademico. Faccio un respiro profondo e li lascio soli.

Ho abbastanza tempo per andare a prendere un caffè alle macchinette. Il chiostro è affollato. Mi faccio largo tra i ragazzi lasciando qualche spintone involontario e una serie di scuse infinite. Quel chiostro era pieno di studenti anche quando frequentavo lezioni io. Non riesco ad alterarmi con loro.

Davanti alla macchinetta, una fila di ragazzi che aspettano il proprio turno. Spazientita, alterno lo sguardo tra l'orologio e la fila. Ho la sensazione che uscirò sconfitta da questa situazione. Abbandono la speranza del mio santo caffè e torno verso l'aula. Davanti alla porta, mentre i ragazzi entrano per prendere posto, Will sta aspettando con dei bicchieri di carta tra le mani. Mi fermo sui miei stessi passi. Stupita. D'altra parte, la tregua del non parlare era solo per la colazione. Si avvicina ed io vorrei solo scappare dall'altra parte.

"Buongiorno" - si ferma a pochi centimetri da me e l'effetto che mi fa è quello dell'altra sera. Sento caldo.- "Caffè?"

"Com...sì...grazie" - mi porge un bicchiere e il freddo della sua mano mi sbatte in faccia la realtà dei fatti. È morto.

"Allora...ho saputo che oggi terrai tu la lezione." - immersa nel liquido bollente, faccio fatica ad accennare un movimento della testa. - "Bene...pronta?"

"Onestà?" - Will annuisce prima di immergere persino il naso dentro il caffè. - "Terrorizzata. Non l'ho mai fatto. Io sono quella dietro i volumi che non parla. Non sono portata per tenere lezioni."

Mi sto agitando e le conseguenze si sentono. Il vento, fuori dalle finestre, si alza e i vetri cominciano a tremare. Tutti guardano fuori per vedere cosa sta succedendo. Tutti meno che Will. Lui guarda me. Mi stringe le spalle e mi fissa. Respira. Respira. Chiudo gli occhi il tempo necessario per regolarizzare il respiro e, di colpo, il vento fuori si placa.

"Ricordami di non farti perdere il controllo." - lo vedo ridere sotto i baffi, per stemperare la tensione. Mi scappa un sorriso e lui se ne accorge.

**

A lezione finita, gli studenti scappano per andare a quella successiva. Raccolgo i mille fogli che ho disperso e il computer. Will è uscito un minuto prima della fine ma non ha mai tolto gli occhi da me. I primi minuti questo suo fissarmi mi metteva a disagio poi, però, ho preso confidenza con i ragazzi. Hanno fatto un sacco di domande e questo non può che far piacere. Ho dovuto tranquillizzarli anche per l'esame e le sue modalità.

Siccome ho tempo prima di andare in biblioteca, decido di passare alla Libellula a salutare Holly. Prima, però, mi fermo alla caffetteria dell'Università per prendere ad entrambe un caffè americano.

Cammino molto attenta a non far cadere nemmeno una goccia di caffè. Il motore delle nostre vite non deve andare sprecato. Arrivo senza rovesciare niente per strada. Un traguardo.

Alla cassa, Holly sta facendo pagare una cliente. Ci salutiamo con lo sguardo. Aspetto che la signora esca per avvicinarmi.

"Ehi!" - Holly fa il giro della cassa e mi abbraccia.

"Ciao Liz!" -vedo che i suoi occhi sono tristi ma so che non da mai a vedere quello che c'è dentro. Ha un abbraccio e una buona parola per tutti.

"Ti ho portato il caffè" - le porgo il bicchiere e lei mi abbraccia di nuovo.

"Non dovevi! La prossima volta lo porto io!"

"Non ce né bisogno, davvero."

"Smettila!" - torna al suo posto e si siede sull'unico sgabello che c'è. - "Mmh...sono arrivati i libri che mi avevi chiesto. Li vado a prendere."

Nel frattempo, mi guardo attorno. Noto che sono arrivati dei nuovi titoli. Come attirata dall'oro, mi avvicino e sbircio tra gli scatoloni aperti. Il profumo di carta stampata risveglia le mie narici. Ne prendo uno, alla cieca. Una ristampa di Quel che resta del giorno. Le avranno rifatte per la sua vittoria dell'anno scorso. Infondo alla copertina, infatti, è riportata la scritta che lo indica come premio per la letteratura 2017. Lo avevo letto anni fa ma una nuova edizione non può fare male a nessuno. Il font che hanno usato è elegante, il blu carta da zucchero non stona affatto con l'immagine scelta. Uguale a quella del film. Anthony Hopkins ed Emma Tompson riescono a sprigionare un miscuglio di sentimenti contrastanti. Lo apro e annuso l'odore di libro intonso. Non ancora esplorato.

Holly torna con una pila di libri tra le mani. Credo di aver esagerato. Traballa un attimo e i libri si destabilizzano. Corro da lei e sorreggo lei e i libri.

"Sicura di non volere una mano?"

"Ma no! Lascia stare!" - la lascio arrivare al bancone da sola mentre appoggio il mio regalo personale. Holly l'osserva attentamente e poi guarda la scatola dietro di me. I miei occhi supllichevoli le fanno prendere un pezzo di carta per segnarsi il codice visto che lo venderà prima di chiudere la bolla. -

"Oh, devo assolutamente farti vedere un tipo...oddio, potrebbe essere il tuo tipo." - mi prende per un braccio e mi direziona, dando le spalle a lei, verso il corridoio. Zona letteratura americana. Mi indica una giacca di pelle marrone e un paio di Rayban tra i capelli. - "Sono venti minuti che è davanti allo scaffale. Prende un libro, lo osserva e poi o rimette al suo posto."

Il cuore comincia a fare dei saltelli e il respiro mi si accorcia. Anche di spalle riesco a riconoscerlo. Roger. Il viso di Holly si avvicina al mio.

"Mai hai visto il culo?" - mi giro di scatto e scoppio a ridere. - "Cosa? È vero!"

Mi rivolto a guardare senza farmi notare. Come se stessi spiando il...non so nemmeno io come chiamarlo.

"Emh...sì, è vero. Ora, quanto ti devo?"

"Di già? Non vuoi restare qui ancora un po'? Vado a chiedergli il nome...è proprio il tuo tipo"

"Holly, devo andare. Poi lo senti tu Crane?"

"Ok...la prossima volta vengo io...e porto il caffè" - mi punta l'indice contro, cercando di essere il più seria possibile. Gliela do vinta. Pago i libri che avevo ordinato e quello nuovo, lasciando Holly alla sua missione di spia.

**

Giugno è iniziato e si nota tutto. Le sale studio sono stra colme di studenti con l'ansia che non fanno altro che sottolineare e fare schemi. Gli esami sono alle porte. E la lista di cose da sistemare prima della chiusura estiva è davvero lunga. Crane ha preso le sembianze di un generale dell'esercito. Non ci lascia respirare un attimo.

In bilico su una scala a cercare di sistemare gli ultimi volumi per l'esame di storia contemporanea, mi viene la curiosità di capire dove si trova e come si accede all'archivio. Solo la voce di Sybil nelle orecchie mi fa desistere da questa curiosità malsana. Scendo con fatica dalle scale e raggiungo il mio capo all'entrata. Sta discutendo con la professoressa di geografia. Cerco di non farmi notare e mi siedo alla scrivania. Accanto alla donna, che non è cambiata di un millimetro e sempre con lo sguardo che giudicatore, un ragazzo che non ho mai visto. Ad una prima analisi percepisco una sensazione di viscido che percorre tutta la schiena. Con la coda dell'occhio vedo che mi fissa e cerca di sorridermi. Per non parlargli, prendo i primi libri che sono da sistemare e mi dileguo.

"Professoressa, non posso procurarle quel libro" - alle mie spalle sento Crane che sta per perdere la pazienza e l'atteggiamento superiore che ha assunto l'assistente no aiutano la situazione. La professoressa, ormai sull'orlo di una crisi di nervi, lascia la biblioteca sbattendo la porta alle sue spalle. In modo plateale. Il ragazzo,, al contrario, cerca un tavolo libero, appoggia le sue borse e pi esce. Imitando la sua professoressa in tutto.

"Senza speranza" - sbuffo sotto voce. Crane ed io ci guardiamo per poi tornare alle nostre mansioni. Non mi sono mai piaciuti i viscidi presuntuosi. Sopratutto nella mia biblioteca. Mi avvicino, sotto lo sguardo di Crane, al tavolo del ragazzo. Osservo la sua borsa e i suoi quaderni. Potrei farli cadere. Potrei distruggere le pagine. Senza farmi notare troppo, mi dirigo al tavolo successivo e prendo in mano dei libri che sono stati abbandonati. Sempre di spalle, muovo la mano quel tanto che basta per muovere un po' di aria.

"Cadite!" -lo sussurro e la sua borsa cade a terra. Così impara ad avere quell'atteggiamento che non sopporto. Mi volto per tornare alla mia scrivania e, sulla porta, un'immobile Crane con le braccia conserte mi osserva. Con un sopracciglio alzato. Mi blocco sul posto. Lui non dice una parola. Semplicemente si gira e mi fa cenno di seguirlo. Lo raggiungo nella sala delle fotocopie e chiude la porta alle nostre spalle.

"Quindi...cosa ho visto?"

"Non lo so. Cosa ha visto?"

"Io ho visto una borsa cadere magicamente dal tavolo" - si appoggia alla fotocopiatrice. - "Mi spieghi una cosa signorina White...come ci è riuscita?"

Arranco alla ricerca di una risposta che risulti plausibile. Niente. Non mi viene in mente nulla.

"Allora le dirò quello che credo di aver visto. So che la sua famiglia non è proprio...normale, diciamo"

"Sono una strega!" - sbotto. Mi copro la bocca con le mani cercando un modo per uscire da questa situazione. Proprio al mio capo doveva dire una cosa del genere. Ma cosa mi è passato per il cervello.

"Una strega?! Mio dio, ci siamo arrivati! Era ora!" - Crane si solleva dalla macchina e mi viene incontro. Mi appoggia le mani sulla spalle e mi osserva. - "Bene, ora possiamo tornare al lavoro"

Non ci posso credere.

**

Sta sera usciamo...ti voglio gnocca.

All'uscita della biblioteca mi sono trovata un messaggio di Zoe alquanto minatorio. Non ho idea di dove voglia portarmi ma l'idea mi alletta non poco. Il pizzo scorre sulla mia pelle, lucida e profumata per l'olio che ho messo. Dallo specchio vedo Cagliostro che mi osserva dalla porta della camera. Non ho potuto fare un miracolo ma almeno posso dire di essere soddisfatta. Pantaloni a vita alta, top in pizzo nero e scarpe alte. Siccome è da tanto tempo, forse troppo, che non esco la sera decido di mettere anche il rossetto rosso. La mia armatura. Ho sempre sostenuto che il rosso fosse l'armatura perfetta. Lo indossi e ti senti invincibile. Niente può spaventarti.

"Pronta!" - mi giro verso Cagliostro e lo prendo in braccio. Lo cullo leggermente davanti allo specchio. - "Mi raccomando, signorino. Fai il bravo mentre non ci sono" gli lascio un piccolo bacio tra le orecchio e poi lo rilascio andare sul pavimento. Sento bussare alla porta e, velocemente, prendo la borsetta ed esco. Con un piede fuori e uno ancora dentro, mi giro e faccio l'occhiolino al gatto. Spero vivamente che non combini casini mentre non ci sono.

"Magari trovi qualche bel fusto e ti dimentichi dei tuoi casini" - Zoe quasi lo urla appena entriamo nel club. Mi ha portata in questo posto che si chiama Magnolia. Pare che sia il club preferito dalle creature sovrannaturali che vivono ad Oxford. I fari blu illuminano molto poco la folla che si accalca tra la pista da ballo e il bancone per avere dell'alcool. Zoe mi prende per un braccio e si fa spazio tra la folla. Guardandomi intorno, vedo solo creature soprannaturali. Nemmeno un essere umano. Chissà se non sono a conoscenza di questo posto.

Arriviamo al bancone, decorato con tubi di luce fluorescente. Sempre blu. Zoe ordina qualcosa al barista ma la confusione è talmente tanta che non sento nulla e non posso nemmeno obbiettare a quello che sta facendo. Il ragazzo ci guarda, più precisamente, guarda me e sogghigna a Zoe, per poi servirci due bicchierini da shot.

"Bevi!" - Zoe mi mette tra le mani il mio bicchierino. Sospettosa lo annuso ma poi, vedendo l'occhiata che mi rivolge mia cugina, lo trangugio senza nemmeno pensarci. Anice. Sa di anice. Ma infondo alla gola, comincio a sentire un sapore che è simile a quello dell'unguento. Lo sballo è potente. Le parole di Zoe risuonano nelle orecchie, i suoi occhi socchiusi e un angolo delle labbra sollevato mi fa catapultare in avanti. Saluta con un cenno del viso il ragazzo del bancone e poi mi trascina sulla pista.

*

Corpi che si muovono, strusciano. Bocche che si cercano, come gli occhi e piccole gocce di sudore che si confondono tra i corpi. Zoe ed io balliamo, ridiamo e ci divertiamo. Questo posto mi piace. Non mi sento a disagio. Anzi. Ci tocchiamo come facciamo sempre a casa mia. Come abbiamo imparato a fare da quando ci conosciamo. È istintivo. Qualcuno potrebbe trovarlo promiscuo. A qualcuno potrebbe piacere. Come a quei due ragazzi che, da quando abbiamo iniziato a ballare, non ci tolgono gli occhi di dosso.

In fondo alla sala, seduti su un divanetto, si sono guardati intorno fino a quando non hanno visto noi. I loro occhi si sono illuminati di desiderio. I loro colori anche. Vampiri. Accesi come da una miccia. Loro si guardano mentre noi capiamo cosa vogliono fare. Li percepiamo. Li vedo avvicinarsi. Si avvicinano quel tanto che basta e poi Zoe si gira verso il ragazzo corvino. La imito ma il mio ha i capelli color del grano e gli occhi freddi come il ghiaccio.

Seguiamo un ritmo tutto nostro. La musica fa solo da contorno. Zoe si lascia completamente andare al moro mentre io, sempre troppo restia, mi limito a ballarci insieme. La schiena contro il suo petto e la testa abbandonata sulla spalla. Le sue mani, invece, vagano sul mio corpo. No mi da fastidio. Non sento nulla. La testa gira e le luci roteano velocemente sulle nostre teste. La musica house è il nostro sottofondo. Apro di poco gli occhi quando ho bisogno di togliermi una ciocca di capelli dal viso. Di fronte a me, Zoe non ha perso tempo. Il loro è diventato un gioco di bocca e respiro. Si staccano quel tanto che basta affinché il moro sussurri una parola sola. Usciamo.

Li seguiamo per la pista fino ad una porta sul retro. Oltre, un vicolo di mattoni rossi e asfalto leggermente umido. Sulle nostre teste, lampioni sorretti da fili elettrici. Un piccolo urlo mi riporta con gli occhi a terra.

Zoe è trattenuta tra le braccia del moro. La sta stritolando. Una mano le stringe il collo e l'altra il suo busto. È in trappola. Cerco di fare un passo nella sua direzione, di liberarla ma anche io mi sento bloccata. La mia bocca è stata tappata dalla mano del vampiro nordico. Così come le mie braccia, strette in una forte morsa dietro la mie schiena. Non posso fare nulle. Neanche Zoe. I suoi occhi vengono attraversati da un lampo scuro. Paura. Per poco ma c'è stata. La porta sul retro cigola alle nostre spalle ma nessuno ne esce.

Zoe comincia ad urlare ed io mi raggelo. Il vampiro ha affondato i denti nel suo collo e rivoli di sangue cominciano a colare dalla ferita. Non posso fare nulla se non rimanere paralizzata sul posto. Ad un certo punto, un ombra scura scaglia il vampiro contro dei cassonetti poco distanti. Quel tanto che basta per lasciare libera Zoe. Il biondo allenta la presa ed io posso far ruotare le mani e togliermelo di dosso. Dai cassonetti, con la sua solita eleganza, esce Cagliostro. Ci hai seguite. Raccolgo Zoe, che si era accasciata a terra, e la stringo tra le braccia. Cagliostro ci raggiunge mentre i due vampiri si aiutano a vicenda.

Urla. Più forte che puoi. Una voce calda e sicura arriva alle mie orecchie. Intorno a noi non c'è nessuno. Poi, come un lampo, mi giro verso Cagliostro. Seduto accanto a me, mi guarda con occhi sicuri.

Urla. Lo dice ancora una volta mentre i vampiri ci fronteggiano, mostrando i denti. Appoggio Zoe contro il muro vicino a noi per poi fronteggiarli. Dentro, nel profondo, una miccia di accende. Lasciati andare. Fammi uscire. Lascio andare le braccia a palmi aperti verso di loro mentre quella fiammella irradia completamente il mio corpo. Ne sento la consistenza. Rabbia. Dalla gola, un urlo si irradia fino ad uscire e l'energia, da dentro, esce prepotentemente fuori. Energia così forte che i lampadari sopra di noi esplodono. Gli occhi dei vampiri piangono sangue e si accasciano per terra. La sensazione della fiammella si è spenta. Così come le mie urla.

Zoe si avvicina a me e mi stringe un braccio. Ci guardiamo e poi, sospettose, guadiamo i vampiri a terra. I loro colori non ci sono. Non hanno colori. Cagliostro si avvicina a Zoe ed io mi ridesto un attimo. Porto le mie mani al suo collo, tastandolo.

"Andiamo via. Devo curare questa ferita" - prendo tra le braccai Zoe e ce ne andiamo via. Non voglio controllare quello che ho fatto. Una parte di me sa che non verrà mai svelato. Una parte di me spera che Eva, o chi per lei, faccia sparire tutto.


COMMENTO DELL'AUTRICE

Ciao a tutti! Perdonate il mio ritardo ma le ultime lezioni in Università e la preparazione degli esami imminenti mi hanno catturata. 

Beh, possiamo solo dire che le due cugine si stanno avvicinando molto e noi ne siamo solo contenti. Come mi piacciono Zoe e Liz non potete capire. 

Spero di poter continuare a scrivere,anche durante la sessione, per non abbandonarvi. 

Baci - Liz

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro