36. Frammenti

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L'ultimo giorno di lavoro è arrivato e non vedo l'ora di timbrare il cartellino e lasciarmi tutto alle spalle per tre lunghi e caldi mesi. La mia scrivania, in biblioteca, è ricoperta di scartoffie da controllare, firmare e portare a Crane per la contro firma. Solo allora, il nostro lavoro sarà davvero terminato e potrò assaporare le tanto agognate ferie.

Sono passate due settimane dall'ultima volta che Jessica si è fatta vedere. Anche di Eva non ci sono notizie ed io sto lentamente crollando in un baratro di solitudine. Roger prova in tutti i modi a farmi distrarre dai miei pensieri ma le ultime notti sono state difficili anche per lui. Lo stress che sto vivendo si tramuta in incubi che mi svegliano, madida di sudore e urlante, nel cuore della notte. Per risvegliarmi dal mio stato ci vogliono un paio di secondi nei quali Roger cerca in tutti i modi di riportarmi alla realtà ma, ogni volta, è difficile farmi tornare da quella foresta.

Da quando Emma mi ha raccontato di Marguerite faccio sogni strani. Appena chiudo gli occhi, mi ritrovo in una foresta, l'erba umida mi solletica i piedi, l'aria che muove le fronde degli alberi mi spaventa ogni volta. Non so mai in che punto della foresta mi ritrovo e nemmeno per quanto tempo cammino, so solo di trovarmi in una radura. Apparentemente deserta, mi guardo intorno e, sopra ad un grosso ramo, un gufo che guarda solo me. Sopra di noi, la luna piena illumina la radura come se fossimo in pieno giorno. Improvvisamente, una folata di vento gelido, mi fa girare stringendomi le braccia. Dietro di me, una donna spunta dalla boscaglia con addosso solo una leggera veste bianca e uno scialle. È come guardarsi allo specchio. La pelle è chiara, gli occhi scuri come i capelli, molto più lunghi dei miei, e le labbra arrossate dal freddo. In queste settimane non sono mai arrivata più in là di così. Non sono mai riuscita a capire chi è quella donna che mi somiglia tanto.

Non so nemmeno dare un senso a questi sogni. L'unica cosa che faccio è appuntarmi, in un quadernino. Ogni volta quello che vedo. Forse così, quando avrò tutti i pezzi a mia disposizione, riuscirò a dare un senso a tutto.

*

"Non so più cosa fare?" è da circa mezz'ora che non faccio che lamentarmi con Zoe, seduta su una dei divanetti che usa per i tatuaggi. Sdraiata e insofferente verso qualsiasi cosa mi accada, cerco conforto in mia cugina ma, in realtà, nemmeno lei può fare qualcosa, se non assecondare i miei deliri.

"Non fare nulla allora!" la voce esasperata di Zoe rende perfettamente anche il mio stesso umore e il caldo afoso degli ultimi giorni, che non lascia respiro a nessuno, non aiuta di certo il mio umore variabile. Sono talmente suscettibile che, l'altra mattina, ho scagliato un piatto contro il muro per niente. Roger stava solo cercando di capire cosa avessi voglia di fare durante le ferie ed io, sull'attenti sempre, ho lanciato un piatto.

"Dai, spostati." Zoe mi intima di farle spazio e potersi sdraiare anche lei. "Senti, non so nemmeno io che cosa consigliarti. Quello che so è che senza Cagliostro stai leggermente svalvolando e questo non va bene per niente."

Mi copro gli occhi per evitare di pensare anche a questo. Ma Zoe ha ragione, senza Cagliostro sono allo sbaraglio e questa sensazione non mi appartiene. Non so gestire la mia vita senza un'adeguata programmazione, senza una lista, anche solo mentale, delle cose da dover fare. La presenza di Cagliostro mi rendeva più tranquilla. Anche le situazioni di pericolo erano più gestibili perchè sapevo che comunque avrei avuto un aiuto. Ora, invece, sono sul filo del rasoio, ogni momento.

"Ti prego, dimmi che non hai svalvolato davvero."

"Non ho avuto una crisi come l'ultima volta...diciamo che ho scaraventato un piatto senza alcun motivo."

"Oddio...il cane sta bene?"

Dalla gola mi risale una risata genuina che mi piega in due su un lettino che non lascia spazio a queste esternazioni.

"Di tutto quello che ti ho detto, ti preoccupi per Roger?!"

"Non posso mica permetterti di mandare tutto all'aria! Roger mi piace!"

"Ok ok...ho capito!" non riesco a smettere di ridere. La sua attenzione verso di noi è davvero tenera. Lo so che tiene particolarmente a me e Roger. Lo si capisce anche dal fatto che non fa più improvvisate a casa con la cena. Prima mi chiama, non manda messaggi. Un po' mi fa davvero piacere che chiami, abbiamo sviluppato una specie di dipendenza dalle nostre voci ma dall'altra mi dispiace non ricevere le sue improvvisate.

"Domanda....hai più avuto notizie dalla sanguisuga?"

"Eva?"

"Noo, il vicino di casa!"

"Ah....effettivamente, da quando Ezra è stato ricoverato non si è più fatto sentire. Né, vedere."

"Mmh...siamo contente di questo?"

"Sì, cioè. Mi dispiace che abbia scelto di andarsene dalla biblioteca ma non sono per nulla infastidita che non interferisca con la mia vita sentimentale."

"Mio Dio ma ti senti?! Nasty Liz!"

"Ah, prima che mi dimentichi....mi avevi chiesto un unguento per Moe...tieni." cerco nella borsa il barattolino che ho faticosamente preparato questa mattina e glielo lascio sul divanetto.

"Grazie...poi ti chiamo. Tu, nel frattempo, fatti un bagno o quello che vuoi ma rilassati."

"Ok...ci provo." lascio Zoe al suo lavoro con un leggero bacio sulla guancia e comincio a fare una lista mentale delle cose da fare.

*

Se mi fermo un attimo posso notare che la mia situazione non è molto cambiata da quando sono in ferie, cioè due giorni. Sono ancora circondata dai libri, solo in un posto diverso. Questa mattina ho deciso che non avrei potuto risolvere nulla stando in casa e, così, ho preso coraggio e sono andata da Eva, nella sua biblioteca.

Ho preso libri che mi sarebbero potuti servire per capire meglio quello che sto sognando e anche per capire cosa, o chi, è Cagliostro. Non appena mi sono seduta sulla pesante sedia ricoperta di velluto rosso, Eva è arrivata portando altri volumi che avrei almeno dovuto sfogliare. La maggior parte sono grimori e manuali di incantesimi.

Ho la testa piegata sui libri da ore e non sono riuscita ad arrivare ad una parvenza di soluzione. Stremata, decido di prendermi una pausa. Chiudo il tomo sotto i miei occhi e mi alzo un attimo dalla pesante sedia, giusto per sgranchirmi le gambe. La biblioteca che Eva ha creato è davvero vasta, potrebbe benissimo coprire un piano della Bodleiana. Ci sono manuali di ogni tipo e non mi stupirei se conservasse le prime edizioni di libri normali da qualche altra parte, magari in una biblioteca a parte. Ho la sensazione che qui ci siano solo manuali magici o che hanno a che fare con la stregoneria.

Ci sono scaffali pieni di libri impolverati, boccette di cui non voglio sapere il contenuto e ancora libri. Nelle teche, invece, sono conservati manufatti antichi di guerre, piccole miniature e tanto altro. In lontananza, sento dei suoni metallici e grida, mi giro su me stessa alla ricerca della fonte di quel suono. In una teca poco distante, coperto da un vetro pesante, un coltello di antiche origini, mi attira, complice il rumore di metalli. Più mi avvicino e più il rumore si intensifica. Arrivata davanti alla teca, poggio una mano sul vetro e, immediatamente, le pareti coperte di libri lasciano il posto a pesanti colonne di pietra rossastra e fiaccole. Intorno a me, civili che fuggono e urlano e spade che si scontrano con altre. In lontananza, un grido più forte di altri. Un uomo armato viene buttato a terra da un gruppo, disarmato e picchiato a sangue. Non contenti, lo trascinano fino ad un altare e lo legano. Rimango basita e impaurita dalla scena che si palesa davanti a me ma non posso notare gli occhi di quell'uomo, sono ipnotizzanti e stranamente familiari. La scena si ferma bruscamente perché la mia mano sta scottando. Mi stacco dalla teca con un urletto di dolore e, massaggiandomi, cerco di dare sollievo. Guardandomi intorno, le colonne, i civili e le fiaccole sono sparite. Al loro posto sono tornate le teche e gli scaffali ricolmi.

"Strano." ormai non mi stupisco nemmeno più di quello che posso vedere solo toccando degli oggetti. Sally mi ripete sempre che per noi White è una cosa normale, che con il tempo non mi sarei più spaventata. E questo, è un altro di questi casi. Non mi spavento più, rimango solo stranita e curiosa di sapere cosa significhi e perché lo veda io.

"Cosa ti ha mostrato?" Dal fondo della stanza, Eva, appoggiata ad uno stipite, mi spaventa con la sua domanda. Non mi ero nemmeno accorta del suo arrivo, come al solito.

"Non ne sono certa. C'era un uomo che veniva picchiato e poi legato ad un specie di altare?" mi stringo la mano ancora dolorante e sento qualcosa in rilievo formarsi. Osservando meglio, si sta formando una cicatrice. Eva, con la sua velocità, mi raggiunge e circonda la mia mano nelle sue gelide. Osserva da vicino il marchio e poi me la richiude adducendo che non è nulla, che sarebbe sparito in poco tempo. Non posso che fidarmi. Lascia la stanza come è arrivata, spaventandomi ed io mi ritrovo ancora da sola tra i libri, non proprio il genere di ferie che avevo in mente.

Sconsolata dal fatto che non troverò nulla che mi possa aiutare, mi rimetto al tavolo ma, prima che apra un altro tomo, il telefono comincia a vibrare. Sulla schermata compare il nome di mio Harry.

"Ehi!"

"Ciao Liz! Come stai?"

"Bene, stavo leggendo."

"Ah, meno male. Senti ho una cosa da chiederti...sei davvero sicura di voler passare un weekend con Mackenna?"

"Ma certo! Lo stiamo progettando da mesi. Non ti devi preoccupare." quando sono al telefono con mio fratello non posso fare altro che camminare per stanza.

"Va bene. Allora sta sera ti mando un messaggio con l'orario del treno, ok?"

"Sì, grazie. Lo appendo sul frigo così non mi dimentico."

Dopo un suo pesante sospiro mi chiede di Roger e gli racconto tutto quello che si è perso. Lui, pazientemente ascolta e non fa domande se non una, su Zoe. Mi dice che mamma gli ha parlato di lei e di Moe. Dal suo tono di voce capisco che non sa cosa pensare. Forse, in fondo, è risentito ma non lo darà mai a vedere. Non è nella sua natura.

"Oh ti piacerà. È strana ma è molto carina."

"Mi fido."

Lo tranquillizzo e ci salutiamo promettendoci di vederci e goderci un pomeriggio solo per noi. D'altronde, con le ferie che si avvicinano anche per lui, sarà più facile ritrovarsi.

Poso il telefono sul tavolo e, prima di sedermi, noto sulla porta Cagliostro. Non si muove, rimane seduto al suo solito modo. Mi avvicino ma lui se ne và. Mi sa che è il caso che faccia qualcosa di pratico. Se davvero quello che Zoe ha detto corrisponde al vero, devo capire come sistemare questa situazione.

*

Le mie abilità di equilibrio non sono mai state molto alte ma questa sera sto superando me stessa. Con due borse della spesa in mano sono riuscita ad arrivare fino alla porta di casa incolume. Mentre cerco le chiavi di casa, immerse in chissà quale tasca della borsa, il telefono comincia a squillare. Decido di lasciarlo suonare almeno fino a quando non poggerò le buste sule tavolo.

Trovate le chiavi e sul punto di far scattare la serratura, calpesto una busta di carta raffinata. La apro e noto un biglietto con una calligrafia elegante. Vedo subito la firma, Eva, e leggo attentamente il resto.

Stai in guardia. Jessica sta architettando qualcosa. Dì al tuo nuovo amico di aiutarti.

Eva.

Cerco di non farmi prendere dal panico aprendo la porta e comportandomi come se non fosse successo nulla. Appoggio le buste e le abbandono per sedermi sul divano e guardare intensamente il biglietto che ho lanciato sul tavolino. Sono esasperata da questa storia. Mi passo nervosamente le mani tra i capelli cercando di trovare una soluzione definitiva ma so che non c'è. Credo fermamente che Jessica non mi lascerà in pace facilmente e nemmeno se arriviamo alle maniere forti.

Mentre mi lascio prendere dal panico, dall'ingresso sento arrivare Roger. Un paio di settimane fa gli ho dato le chiavi di casa ed ho, molto più spesso di quanto voglia ammettere, me lo ritrovo in cucina a preparare la cena. Averlo in torno è una fortuna ma a volte mi chiedo se possa davvero scaricargli addosso tutto quello che mi passa per la testa. Non voglio aggiungere preoccupazioni ma se non lo faccio, sopratutto ora, rischio di far esplodere qualcosa di diverso da un semplice vasetto.

"Ehi, cosa succede?"

Non gli rispondo, anzi, gli faccio notare solo il biglietto sul tavolino che osservo ossessivamente. Roger lo legge e poi se lo rigira tra le dita. Ispeziona la carta e poi anche la busta per poi sedersi accanto a me per circondarmi con le sue braccia.

"Facciamo così, tu ora ti rilassi con un bel bagno ed io faccio una telefonata. Vediamo di capire cosa ha in mente."

"Non posso chiederti una cosa del genere."

"Ma non lo hai fatto. Ora, dai...vai a farti un bagno. Al tuo ritorno ci sarà la cena e un piccolo piano. Non ti preoccupare." cerca di consolarmi con un tenero, e prolungato, bacio sulla tempia. Mi lascio convincere dall'allettante idea di un bagno e mi dirigo in bagno mentre Roger, telefono alla mano e sorriso rassicurante in volto, comincia a fare delle telefonate. 

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