14.

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Visto che già la settimana era pesante, ci si mise anche Mathias.

Durante la lezione di ginnastica mi ronzava parecchio vicino, controllando quello che facevo. Non essendo di umore positivo mi stavo comportando anche bene: niente risate, nessuna chiacchiera, lavoravo e basta.

Nella fase dello stretching, come ci aveva richiesto, eravamo sedute a gambe divaricate col busto in avanti con l'obiettivo di toccare il pavimento. Io come al solito tendevo a non dare il massimo per non farmi notare, visto che le altre erano ben lontane dal soddisfare le richieste.

Dal nulla sentii sollevarsi la gamba destra, come da una leva, e subito una spinta sulla schiena che mi fece scendere in avanti sbattendo sul pavimento. Solo la presenza delle mani all'altezza del viso mi evitarono una botta sul mento.

Le ragazze dietro me si spaventarono mentre io, accusato il colpo, mi rigirai a guardare con aria di sfida Mathias. «Così devi stare, lo so che non ti fa male».

In effetti non sentivo dolore, ero sempre stata molto elastica. Questo certo non voleva dire che lui potesse fare lo stronzo.

Prese posto davanti a tutte.

«Nei prossimi giorni farete delle lezioni con dei ballerini professionisti.»

Gridolini, applausi, saltelli.

Lui aspettò che finissero prima di continuare. «Vi dovete sciogliere, vediamo se questi incontri vi aiuteranno a farlo. Speriamo.» E partì con i suoi commenti sarcastici e i rimproveri per quello che vedeva in sala prove. Non c'era da parte nostra nessun impegno e mancavamo di rispetto verso i professionisti con cui stavamo lavorando e verso quelli che sarebbero venuti al concerto. Ce l'aveva anche, o forse soprattutto, con me, visto che criticò in particolar modo i duetti. Inoltre era stato incaricato di scovare tra noi chi potesse esibirsi in un paio di canzoni con coreografia hip hop. Marta suggerì subito il mio nome, conoscendo la mia passione per il genere ma ancor di più perché voleva mettermi in mezzo, mentre Gisella e Milena si proposero autoproclamandosi le migliori, con conseguente giro di sguardi complici tra le altre.

Il bisogno di mettersi in mostra delle due dava sui nervi ad alcune ragazze del gruppo, alla maggior parte invece faceva solo ridere. Purtroppo la loro totale mancanza di autoironia non permetteva di scherzarci su apertamente. Oltretutto in questo spettacolo non avevano parti di rilievo: Gisella ne era rimasta piuttosto indispettita, anche se non lo aveva dichiarato apertamente, mentre Milena riusciva a celarlo di più ma richiamava l'attenzione in mille modi, spesso cercando di chiacchierare con Damien o Dari o Keira, quando c'era, ritrovandosi a fare monologhi asfissianti.

«Allora, non voglio sentire parole ma vedere i fatti. C'è chi vorrà partecipare ma non sarà in grado e chi lo eviterebbe ma, ahimè, dovrà farlo.» Ne aveva una per tutte. «Da quanto ho capito queste canzoni non le avete ancora provate, quindi bisognerà stringere i tempi: prima scopriamo se potete fare delle coreografie, prima inizierete a provarle con la band.»

Con Marzio non avevamo mai parlato di questo genere di canzoni, mai. Ero sicura le avesse proposte Dari.

La lezione era finita, Gisella e Milena si misero a improvvisare dei balletti di hip hop cercando di farsi notare da Mathias, che le evitò infastidito. Io rimasi seduta per terra a guardarmi lo spettacolo, tanto ormai le docce erano state tutte occupate.

Mathias si avvicinò, continuando a dare le spalle di proposito alle due esaltate che parlavano a voce sempre più alta dandosi finti consigli su un passo o un altro. Mi ripromisi di raccontare la scena a Viviana e le altre. Quando mi fu davanti, cercai di nascondere la mia espressione divertita e alzai lo sguardo verso di lui che mi sovrastava. Odiavo stare in una posizione di inferiorità, scattai in piedi, decidendo di andare comunque negli spogliatoi.

«Sei pronta a farmi vedere di cosa sei capace?»

«Non so fare nulla, io», e me ne andai.


25 ottobre 2000

Il giorno successivo niente prove di canto. In cambio, una lunga lezione con sei ballerini che risollevarono molto il morale delle mie compagne. Di certo non il mio, dato che non avrei visto Damien e la cosa mi procurava non poco malumore.

I ragazzi erano simpatici, di certo piacevoli, ma nulla di paragonabile all'eleganza naturale e la sensualità che aveva Damien. Ero così focalizzata su lui che la loro presenza non mi faceva sentire in soggezione, ero quasi indifferente.

I ballerini si distribuirono tra di noi e iniziammo con delle coreografie hip hop, niente di che. Pur provandoci, non potei fare meno di quello che stavo facendo ma, a causa dell'immobilità fisica delle mie compagne, riuscii a risaltare comunque, provocando entusiasmo nei ballerini, invidia da parte di Milena e Gisella, e un sentimento indefinito in Mathias che continuava a squadrarmi senza esprimersi. La mia sensazione era che gli fossi antipatica a pelle e mi guardasse aspettando il momento giusto per criticarmi.

A turno facemmo qualche ballo di coppia latino americano, tanto per farci sciogliere, e purtroppo anche lì mi ritrovai a seguire i passi senza sforzo e con la naturalezza di chi ha sempre ballato.

I ballerini si rivelarono molto carini e disponibili, non con l'atteggiamento duro e superiore di Mathias. Al termine del pomeriggio mi resi conto di essere stata bene e di essermi divertita.

Non avevo pensato a Damien.

Non avevo pensato a Enea.


Il giorno dopo di nuovo loro, niente Damien.

La delusione nel sapere che non l'avrei visto ancora si stava trasformando in forte turbamento. Chissà cosa faceva, dove andava mentre noi eravamo lì, quante ragazze lo avevano riconosciuto e ci stavano provando con lui e quante ci provavano pur non sapendo chi fosse. Concretizzai che potevo anche impazzire di gelosia ma tanto non mi sarei mai fatta avanti e se pure lo avessi fatto, mi avrebbe riso in faccia. Oltretutto dovevo ricordarmi che avevo un fidanzato.

Nonostante avessi mentalmente fissato i punti chiave della mia situazione attuale, non mi rassegnai e questo mi portò a compiere un errore. Ballai senza controllarmi, al meglio.

Alla fine della lunghissima lezione, dopo baci e abbracci con i sudatissimi ballerini, Mathias mi chiamò vicino a lui. Attese che la sala si svuotasse lasciandoci in balia di un austero silenzio e poi: «Ok, ballerai tu».

«Ah ah!» risi con sarcasmo. «No», seria.

«Senza che ci giriamo tanto intorno, potrei far venire qui i ragazzi fino alla serata dello spettacolo, la scelta non cambierebbe. E non lo dico perché mi sei simpatica.»

«Ma va? L'avevo capito. E senza che ci giriamo intorno, non lo farò.»

Rimase in silenzio a guardarmi, indispettito. Poi riprese con calma, come se parlasse a una bambina che sta facendo i capricci e cercasse il giusto approccio per farla tornare alla ragione.

«Mi hanno detto che devo identificare chi può esibirsi in una canzone con una coreografia di un certo tipo. Io quello sto facendo. Sei tu. Non piace a te e forse neanche a me, ma tant'è.»

«Allora, visto che non piace a nessuno dei due, scegli Milena e Gisella che non vedono l'ora di farlo.»

«Il fatto che loro ne abbiano un desiderio spasmodico non le rende all'altezza.»

«Dai, sono brave. Se le metti alla prova si impegneranno e faranno un ottimo lavoro», ma mentre parlavo già scuoteva la testa guardando le scarpe.

«Beh, allora non fare neanche il mio, puoi sempre dire che nessuna è in grado.»

«Si vede lontano un miglio che sai ballare. Appena non ti senti osservata, quando sei sovrappensiero, ogni volta che sei nervosa, insomma, tutte le volte in cui non sei concentrata a nascondere di saperlo fare.»

«Non puoi farmelo, non glielo dire», implorai con tono fermo. «Sono incapace di ballare davanti agli altri, non importa quante volte proverò, non ne sarò mai in grado, vado in crisi.»

«Ci lavoreremo insieme, non credere che per gli altri sia facile e solo per te difficile», continuava ad avere un atteggiamento ostile.

«Non farlo!» Oddio, sentivo gli occhi appannarsi ma non potevo piangere davanti a lui. Mantenni la mascella serrata.

«Sì, va bene, ti giuro che non lo faccio... se mi fai un salto mortale indietro finendo in spaccata», mi schernì dandomi le spalle per raccogliere la borsa e andarsene.

Io vidi nero. Non ebbi neanche il tempo di rendermi conto che ero già a terra, in spaccata frontale.

Lui mi stava guardando dal riflesso sullo specchio immobile, chino sulla sua borsa. Gli occhi spalancati dallo spavento.

Si girò di nuovo verso di me, piano piano, quasi stesse danzando. Io mi tirai su in piedi.

«L'hai promesso», gli intimai con un dito e andai verso gli spogliatoi.

«Tu... tu sei tutta matta... tu... non l'avevi mai fatto, vero? Ti saresti potuta far male sul serio! Ma che ti dice il cervello?»

No, non l'avevo mai fatto. Anche il mio cuore che pompava all'impazzata pensava che tanto sana di testa non fossi. 

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