50.

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Aveva un taglio di capelli molto carino, gli stava bene. Mi venne spontaneo sorridergli e mi accorsi che non provavo rancore o fastidio nel vederlo. Era semplicemente una sensazione piacevole, al contrario di quello che mi ero immaginata prima di raggiungerlo.

«Come mai da queste parti? È affondata la nave?» nemmeno lo salutai, mi appoggiai al muro a braccia conserte.

«Qualcosa del genere, deve essere arrivata qualche maledizione che hai mandato tu: siamo dovuti rientrare prima per un guasto», mi sorrise a sua volta.

Silenzio.

«Com'è andata la navigazione?» Tanto per chiedere qualcosa.

«Bene, bene.» Per un attimo pensai che potesse aver avuto qualche avventura durante gli sbarchi e sentii una fitta di gelosia. La cacciai via, poteva fare quello che voleva. Sì, però... No, non potevo essere gelosa di tutti. Uno per volta.

«Quindi?» in attesa che dicesse qualcosa, visto che si era presentato lì.

«Chi era quel tizio impettito che ho incontrato? Ha un'aria da...»

«...stronzo. Sì, ce l'ha.» Risi. «È tipo un manager, un responsabile, non ho capito benissimo», scrollai le spalle, tanto sapevo che in realtà non gli interessava.

Ci guardammo e fece per prendermi la mano, come faceva prima, quando stavamo insieme. Glielo feci fare ma mi sentii di nuovo in colpa, quindi la lasciai scivolare via appena avvertii che stava per intrecciare le sue dita con le mie. No, lo avevo fatto un minuto prima con Damien.

Si avvicinò ancora di più, mettendo le mani sui miei fianchi, il sorriso di chi conosce chi ha davanti. Spostai, leggermente la testa. Se fosse uscito qualcuno in quel momento ci avrebbe visto in un atteggiamento che non volevo pubblicizzare.

«Dai, che vuoi?» gli misi le mani sul petto per spostarlo.

«Farti gli auguri.»

«Me li hai fatti tramite messaggio.»

«Te li volevo fare di persona.» Cercava di avvicinarsi sempre di più. Perché non mi dava fastidio?

«Va bene, me li hai fatti. Ora devo rientrare.»

«Sempre per il concerto del secolo?» Il solito stronzo.

«Sì.»

«Ti aspetto?»

«No, non so a che ora finiamo.»

«Allora è una cosa seria», finse ammirazione.

Alzai gli occhi al cielo. Adesso mi ricordavo uno dei motivi per cui ci eravamo lasciati, non dava mai importanza a quello che mi piaceva fare. Forse era solo incapace di dimostrarlo. Non ero arrabbiata, non più.

«Ci vediamo domani?»

Feci spallucce.

«La festa di Nunzia.»

Me ne ero dimenticata. Non volevo andarci ma sembrava brutto visto che era stata alla mia, quindi risposi di sì. Dovevo solo chiedere a Lele se potevo andare in macchina con lui e Laura perché volevo evitare di stare sola con Enea.

«A domani.»

«A domani, Mariah.» Quanto era stupido, mi chiamava così per prendermi in giro perché adoravo Mariah Carey. Però entrai col sorriso sulle labbra e me lo portai inconsapevolmente fino a dove mi aspettavano gli altri.

Presi il mio posto davanti a Damien, ci guardammo un secondo negli occhi.


Provammo giusto un'altra mezz'ora. Mi si accostò Damien e in quel momento avrei evitato di vivere altre emozioni contrastanti.

«Ti accompagno a casa?»

«No, grazie.»

«Ho ancora i tuoi regali.»

Mi scusai di avergli lasciato l'ingombro in macchina, ci avevo pensato in settimana poi avevo rimosso. Disse di averli spostati in casa, per paura che venissero rubati. Mi propose di passarli a prendere ma non avevo alcuna intenzione di tornare lì, troppi ricordi.

Notò la mia titubanza.

«Devi vederti con lui?»

«No. Ma stasera non posso», sentivo il bisogno di giustificarmi.

«Domani? O domenica.»

«Domenica devo studiare per forza e domani ho una festa.» Come se prendesse l'intera giornata. Stavo perdendo colpi con le scuse.

«Quella della tua amica? Ha invitato anche me.» Quella grande stronza di Nunzia non aveva perso tempo. Cosa voleva, la star tra gli invitati? Forse lo aveva fatto solo per me, magari pensava di farmi un favore.

«Beh, non credo verrai...»

«Potrei, se tu volessi.»

«Cosa vieni a fare? Ti annoieresti», quasi allarmata dalla possibilità che venisse davvero.

«Lo stai dicendo perché c'è pure lui?»

Elusi la domanda, rispondendo che se fosse venuto i miei amici avrebbero continuato a fraintendere.

Annuì serio.

«Magari in settimana», tanto per non essere maleducata. In realtà quei regali avrei dovuti riprenderli, anche per rispetto verso chi me li aveva donati. Intanto avrei fatto ripartire Enea, evitando che mi vedesse sotto casa con Damien.

Non dovevo niente a nessuno ma in quel momento ero molto confusa e preferivo impedire che si incontrassero.


Sabato pomeriggio lo passai a fare shopping con mia madre. Molte delle cose nel mio armadio mi andavano troppo larghe, soprattutto i pantaloni, e avevo voglia di rinnovare il guardaroba con i nuovi colori primaverili. Usai i soldi che mi avevano regalato i miei e tornai soddisfatta e piena di buste, con un nuovo vestito anche per quella sera. Avevo bisogno di sentirmi sexy, non desiderata ma desiderabile, per una sorta di rivalsa verso Damien, visto che a lui non piacevo, e per convincermi che potevo interessare a qualcuno. Mi aspettavo di divertirmi, ballare finché non crollavo. Pretendevo di sentirmi libera di essere me stessa, senza preoccuparmi degli sguardi di nessuno, dopo tanti anni, priva di limiti o costrizioni.


La testa tra i sedili davanti, seduta sul bordo di quelli posteriori, cercavo di convincere Lele che non era successo niente con Damien. Laura, accanto a lui, cercava di zittirlo e lasciarmi parlare ma Lele continuava a scuotere la testa e dirmi che non credeva alle mie scuse.

«Che senso avrebbe mentire? Ti giuro che te lo direi. Magari fosse successo, ma abbiamo solo parlato.»

«Sì, e quel succhiotto chi te l'ha fatto?»

«Uno dei ballerini alla festa, stava scherzando.» Simone sarebbe stato ufficialmente il responsabile di quel succhiotto che non se ne andava a distanza di una settimana.

«Amica mia, Non.Ci.Credo. E comunque dovevi farlo venire stasera.»

«Certo, così non gli davate pace.»

Lele ridacchiò, sapeva che avevo ragione.

«Con una come me non ci starebbe mai, quello è abituato a ben altro», mi buttai sul sedile.

«Ma che stai dicendo? Ti stava sempre attaccato l'altra sera, nessuno nutriva dubbi sul fatto che foste una coppia», mi fece un gesto con la mano come se mi fossi inventata un'altra scusa senza senso.

«Quella è tutta scena.»

«Recita anche nella vita reale?» Laura si sporse verso di me.

«Gli verrà naturale», allargai le braccia affranta.

L'auto che avevamo dietro ci lampeggiò con i fari. Doveva fermarsi al benzinaio, tipico di Enea. Non c'era mai una volta che andasse in giro con la benzina nel serbatoio. Ci guardammo tutti e tre e ci venne da ridere, aspettavamo quel momento da quando eravamo partiti da casa.

«E con Enea come va?» Laura lo osservava scherzare con Patrizio in auto con lui.

Dissi che mi era venuto a salutare alle prove e si stupirono entrambi di quel gesto. Mi chiesero se avesse conosciuto Damien.

«No, si sono visti da lontano prima che ci lasciassimo.»

«È anche per Enea che non lo hai fatto venire?»

Sospirai.

«Non lo avrei fatto venire comunque, ma diciamo che questo era un altro valido motivo. Stasera voglio solo divertirmi e ballare», comunicai le mie intenzioni con enfasi.

Così feci. Mi scatenai tutto il tempo, rifacendomi di tutti i balli persi ultimamente. Non mi fermavo più e quando qualcuno si stancava e rimanevo da sola, cercavo di coinvolgere qualcun altro. Ballai addirittura davanti a Enea, libera dal peso del giudizio che sentivo addosso fino a tre mesi prima, era catartico.

Verso mezzanotte e mezza Laura e Lele andarono via, lei si sentiva poco bene. Sarei andata con loro per non ricadere sulle spalle di nessun altro, ma Patrizio insistette affinché rimanessi ancora. Poi si dileguò andando a provarci fallimentarmente con delle amiche di altri amici, lasciandomi sola con Enea per la maggior parte del tempo.  

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