51.

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A distanza di un'ora eravamo già in macchina, di ritorno a casa. Solo io ed Enea. Non parlammo per niente, giusto quando parcheggiò mi chiese: «Sali?» e lo seguii. Dedussi che i suoi fossero partiti.

L'ascensore doveva raggiungere il decimo piano ma al terzo mi era già addosso e al quinto aveva già una mano tra le mie gambe per controllare a quale stadio di eccitazione fossi. Ero all'ultimo.

Quando entrammo dentro casa sua ero già senza cappotto e la lampo del vestito, da cui si regolava la scollatura, era già tirata completamente giù. Buttammo a terra tutto quello che avevamo in mano e mi portò addosso al primo muro libero da mobili. Era facile, era semplice, era quello di cui avevo bisogno. La scelta inconsapevole di mettermi le autoreggenti era stata vincente, tirò giù il tanga mentre gli aprivo i pantaloni ed entrò dentro di me.

«Te lo sei scopato?»

«No.»

«No?» aumentò il ritmo e la spinta.

«Solo baciati», spinse ancora di più, mi piaceva, «ma è stato come se mi avesse scopata.» Prese a baciarmi con foga.

«Prendi ancora la pillola?»

«Sì.»

Dopo qualche secondo mi esplose dentro.

Ma non aveva ancora finito. Mi feci trascinare fino al tavolo, simile a quello che aveva Damien a casa, mi mise sopra con una strana gentilezza e mi entrò di nuovo dentro toccandomi come sapeva che mi piaceva. Piegato su di me, succhiava e leccava i miei capezzoli facendomi gemere senza vergogna, finché non venni urlando. La sua mano sulla bocca per non farmi sentire dai vicini non bastava.

Rimasi sdraiata sul tavolo mentre la sua mania dell'ordine lo portò a raccogliere quello che avevamo lasciato cadere a terra.

Cercai di riflettere sulla ragione per cui non mi sentissi in difetto per quello che era appena successo. In difetto verso qualcuno, non sapevo chi, con precisione. Riuscii solo a sentirmi appagata ed era una sensazione che mi mancava. Mi sembrò di capire per la prima volta cosa volesse dire usare il sesso per consolazione o rivendicazione di sé stessi. O solo per sfogarsi, senza altri fini.

Andai al bagno e mi infilai nella doccia, cercando di non bagnarmi i capelli per non doverli asciugare. Enea entrò in bagno, si finì di spogliare ed entrò nella doccia con me.

Dovevo mettere le cose in chiaro.

«Non credere che questo cambi qualcosa.»

«Shhh, baciami.»

Fare sesso sotto la doccia non mi aveva mai entusiasmato, l'acqua mi toglieva buona parte del piacere, ma quella notte avrei detto "sì" a tutto.

Scese piano piano finché non si inginocchiò e mise la sua lingua dentro di me fino a farmi godere di nuovo.

Anche i capelli erano tutti bagnati.


Avvolta nell'asciugamano lo presi per mano e mi feci seguire in camera sua, mi piegai sulla scrivania e gli diedi quello che più voleva. Il nostro primo modo di fare sesso, quello che poi col tempo avevo evitato.

Stavamo chiudendo un cerchio, era un riassunto della nostra storia, cos'era?

Dopo, ci lasciammo cadere entrambi sul letto. Avevo freddo e afferrò una coperta da dentro un cassetto per coprirci entrambi. Rimanemmo sdraiati vicini, la mia schiena contro il suo addome, il suo braccio mi avvolgeva. Come sarebbe stato facile ricominciare, mi interrogai sull'invalicabilità dei nostri problemi. Ma quella era la serenità effimera data dal sesso. La sensazione di benessere era dovuta dalla naturalezza dei nostri contatti, sapevamo cosa fare, dove toccare e come farlo. Il sesso tra noi era sempre stato un grande collante ed eravamo molto passionali quando non litigavamo.

Ma le emozioni provate con Damien erano molto più intense. Non sarei mai potuta tornare indietro. Purtroppo, neanche andare avanti.

«Perché non ci sei andata a letto?»

Questa domanda mi stupì e mi fece piacere allo stesso tempo, non era da lui chiedere. Non sapevo cosa rispondere. Se quella notte non mi fossi allontanata io per prima, cosa sarebbe accaduto? Saremmo andati oltre, sempre continuando a giocare?

«Non lo so.» Avevo troppi interrogativi in testa e non riuscivo a inquadrare la situazione e ormai neanche a capire cosa stessi facendo io.

«Sei così innamorata da non riuscirci?» Aveva centrato in pieno e da Enea non me lo sarei mai aspettato. Era solo un caso, una frase alla quale io davo un significato diverso oppure non era così superficiale come si era sempre voluto dimostrare?

«Sì.»

Troppo innamorata per fare sesso con lui.

Perché "fare l'amore" era un modo di dire che si usava per essere più delicati, in realtà si faceva sesso. Di amore in quell'atto non c'era niente, era solo piacere che si dava e si riceveva. L'amore era qualcosa di etereo, di profondo, di unico, un sentimento doloroso che si provava in quel determinato modo solo per una determinata persona. Il sesso si poteva fare con chiunque, non si doveva per forza essere innamorati per godere e avere complicità. Si mostrava la parte peggiore, la più animalesca, senza limiti, senza freni o sensi di colpa, si pretendeva piacere dall'altro. Bisognava avere il coraggio di farsi vedere nella versione più primitiva di sé. E io non ero pronta a mostrarla a Damien.


Restammo sdraiati almeno un'ora, mezzi addormentati. Poi lo sentii muoversi e mi chiese se avevo fame.

«Sì», con lui potevo addirittura mangiare.

«Vado a vedere che c'è.»

Uscì dalla stanza e lo sentii aprire il frigo. Mi alzai e recuperai in bagno il completino intimo, quello che mi aveva regalato Keira. Lo infilai e andai in cucina. Mi appoggiai col sedere sul tavolo mentre infilava della pizza e qualcosa simile a una frittata nel forno a microonde. Poi mi guardò.

«Carino, non lo avevo notato prima», aveva il suo sorriso malizioso. Di nuovo, ero di nuovo partita.

«Me l'ha regalato Keira per Natale», specificai senza motivo. Si avvicinò, mi fece sedere meglio sul tavolo e cominciò a baciarmi e accarezzarmi delicatamente. Io rispondevo come fossimo tornati indietro di qualche mese, come se fosse stato tutto un sogno, come se non fossi innamorata di un altro.

«E lui cosa ti ha regalato?» Continuava a baciarmi.

«Un biglietto aereo open per girare il mondo.»

«E tu neanche ci sei andata a letto? Poveraccio!»

Mi fece ridere. Il suo modo scherzoso di fare era così odioso a volte e così amabile altre.

«Gliel'ho ridato.» Le sue mani sapevano come prendermi.

«Perché?»

«Ti sembro il tipo che accetta questi regali?»

«Ma tu lo devi sfruttare uno così! Vacci a letto così continua a farti regali del genere. Poi se non li vuoi, li dai a me. Li accetto io.» Lo diceva con quel sorriso sulle labbra che mi era sempre piaciuto, lo stesso che nei momenti peggiori mi faceva incazzare.

«Quanto sei cretino! Non è detto poi che lui voglia venire a letto con me.» Sembrava così naturale parlare con Enea di queste cose e mi domandai perché, visto che avrebbe dovuto essere l'ultima persona con cui farlo.

«Se ti vede così dubito non voglia.»

La pizza e quella specie di frittata si freddarono di nuovo, dopo che il microonde aveva continuato a suonare per un po', finendo per fermarsi da solo.


Mangiammo quello che c'era sul piatto, ormai di nuovo freddo, e ci sdraiammo sul divano, vicini a farci le coccole.

Eccolo, mi era mancato. Il magone.

«Non so cosa sto facendo.»

«Non ci pensare.» Ora lo riconoscevo.

«Questo non cambia che abbiamo passato tutta la notte a fare sesso. Come lo classifichiamo?»

«Ci andava, lo abbiamo fatto. Tu non stai con nessuno e io con nessuna. Possiamo fare quello che vogliamo.»

«Sì ma... io...»

«Se ne sei innamorata non può farci niente nessuno.» Mi si strinse il cuore, io non avrei reagito così al posto suo. «Però ora stiamo qui.»

«Sì ma non voglio comportarmi così», alcune lacrime iniziarono a percorrere le guance. «Io ora sto bene con te, ma so che se ci mettessimo di nuovo insieme ricominceremo a litigare. E poi c'è lui. Come faccio se penso anche a lui?»

Mi asciugò le lacrime.

«Stai con lui, stai con me. Stai con chi vuoi.»

«Ti giuro che se fossimo rimasti insieme sarei riuscita a trattenermi, a non innamorarmi così. Forse.» Singhiozzai.

«Ah, forse?» si mise a ridere.

«Che cazzo ti ridi? È una tragedia!» e risi anche io tra i singhiozzi.

«Senti,» e mi abbracciò meglio, «ora è così. Non puoi impedirti di provare quello che provi. Lo vedi tutti i giorni e sarebbe impossibile. Io sto qua, per il momento sto qua.»

«Non voglio tenere due cose in piedi. Sarei una bestia. Non è giusto per lui e ancora di più per te.»

«Non stiamo tenendo niente in piedi. Solo che se con lui non va o vuoi passare un'altra serata così o... non lo so. Finché non ci sarà un'altra per me, finché ne avremo voglia, quando ne avremo. Non dobbiamo definire questa serata, siamo noi, lo sappiamo noi cosa vuol dire.»

«Io non tanto.»

Continuai a piangere finché non mi addormentai.


Rientrai a casa verso le 7,30. Mia madre, sicuramente in piedi già da un pezzo, mi guardò di traverso. Le avevo mandato un messaggio per dirle che non avrei dormito a casa ma a distanza di una settimana dal mio diciottesimo compleanno avevo già passato la notte fuori due volte. Non era stupida, inutile raccontare bugie. «Lo so, lo so. Mi dispiace», e andai in bagno a farmi la doccia. Questi nuovi orari non le piacevano molto, e ancora meno avere il dubbio su come e con chi passassi quel tempo. Fino a settembre avevo vissuto sempre in maniera semplice, con orari decenti, una compagnia di amici che conosceva da quando eravamo piccoli e un fidanzato. Ora sapeva che stavo frequentando altre persone di cui non raccontavo nulla, non c'ero mai, stavo studiando poco e in orari assurdi e non ero sincera.

Ma in quel momento dovevo occuparmi di altro, un esame di coscienza: tornai, quindi, a pensare a Enea.

Mi ero svegliata ancora sul divano con lui accanto, con una coperta sopra. Mi ero rivestita e lo stavo salutando con una carezza. Aveva aperto gli occhi, in parte ne ero contenta, in parte no. Non sapevo come concludere quello che c'era stato.

«Ti accompagno.»

«No, grazie, non c'è bisogno.» Abitavamo a pochi passi di distanza.

Lo stavo per baciare sulla bocca, mi era venuto naturale, ma all'ultimo mi ero bloccata e gli avevo baciato la guancia.

«L'ultimo», e aveva premuto delicatamente le sue labbra sulle mie.

«Ora è più difficile, rispetto a stanotte.»

«Anche per me.»

Mentre lasciavo casa di Enea mi sentivo svuotata, come se avessi guardato un film francese senza capo né coda, in cui i sentimenti provati dai protagonisti non ti convincono e rendono i personaggi incomprensibili e antipatici, perché lontani da qualcosa che si è provato. Ma la protagonista di quel film ero io ed era me stessa che non capivo.

Possibile che senza scrupolo fossi stata con Enea solo per piacere fisico? Senza preoccuparmi di lui che mentre facevamo sesso aveva avuto la conferma che amassi un altro? Senza pensare a Damien che... no, niente. A Damien cosa interessava? Solo perché mi aveva fatto dei regali stupendi non potevo pensare che provasse qualcosa per me. Il bacio? Stava giocando. Probabilmente se avesse saputo di una mia ricongiunzione con Enea ne sarebbe stato pure sollevato, così non avrebbe dovuto continuare a recitare la parte dell'accompagnatore ufficiale che si era ritagliato da solo. Si sarebbe sentito più libero.

Non ci capivo più niente, stare con Enea era stato consolatorio, mi ero sentita desiderata, ero andata sul sicuro. Mentre ero con lui non avevo paura che si rendesse conto di provare disgusto verso di me quando ormai era troppo tardi, lui mi conosceva, lo avevamo fatto mille volte, se era lì era perché lo voleva veramente.

Con Damien ero certa che non avrei mai potuto appagare i suoi cinque sensi coinvolti: la vista nel guardarmi godere, il suono dei miei gemiti, il contatto con le mie parti più intime, l'odore del mio corpo e il sapore del mio sesso. Se qualcosa, o tutto, gli avesse fatto schifo? Cosa dovevo fare, continuare ad amare lui e poi consolarmi con Enea finché era disponibile a farlo?

Per distrarmi, presi i libri in mano e studiai.  

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