La partita del cuore

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Laura doveva incontrare Marina Ponto una mattina d'inizio ottobre per discutere i dettagli dell'iniziativa che avrebbe sancito definitivamente il gemellaggio tra le scuole di cui erano rispettivamente presidi, anche se l'idea non la faceva impazzire di gioia, come d'altronde non la faceva impazzire il fatto che si fossero dovute interfacciare di nuovo, dopo tanti anni; ritrovarsi faccia a faccia con l'allora Queen Bee della classe la portava a risentire ancora l'astio naturale per quella ragazzina iper glamour e snob che decideva chi fosse in e chi out.
Ma d'altra parte ormai erano donne adulte, e come tali non avrebbero dovuto sentirsi costrette ai ruoli dei tempi del liceo, anche se di fronte alla fortunata ex compagna di scuola si sentiva una sfigata che da un giorno all'altro aveva stravolto la sua vita e che adesso si ritrovava una famiglia pure troppo allargata dentro casa.
Per questo avevano deciso di incontrarsi in un terreno neutrale: il bar all'angolo, bazzicato da studenti e professori di entrambe le strutture.
<< Laura cara. Che piacere vederti! >> esclamò Marina con un sorriso tirato, baciandola su entrambe le guance.
<< Anche per me tantissimo... >> mentì la Castelli. Avrebbe voluto trovarsi in qualsiasi altro luogo.
<< Ci sediamo? >> propose la Ponto.
<< D'accordo. Ci prendiamo un caffè? Anche se con le macchinette nuove potevamo andare al Da Vinci a prenderlo. Sono così gourmet... >> accettò l'una, cercando un motivo di vanto sull'altra.
<< Anche noi abbiamo avuto quelle macchinette, sai? Nel 2016, poi le abbiamo sostituite perché obsolete. Ho un amico imprenditore di Napoli che ha inventato un nuovo prototipo di macchinette che fanno il vero caffè napoletano, con tanto di disegni artistici sulla schiuma. Ma questa mattina avevo voglia di semplicità... >> replicò questa, distruggendo il tentativo di Laura di darsi un tono.
<< Io prenderei un caffè espresso, tu? >> ribatté, reprimendo l'istinto di ucciderla.
<< Un ginseng, così sarò energica per tutta la giornata! >> esclamò la preside del Buonarroti, che pure vent'anni dopo si arrogava il soprannome di Super Marina, che primeggiava in tutto: la scuola, lo sport, l'approccio con l'altro sesso.
Presero le ordinazioni e mentre aspettavano, cominciarono a parlare del motivo per cui si erano incontrate.
<< Per quanto riguarda la festa di consacrazione del nostro gemellaggio, pensavo a un evento che potesse coinvolgere tutti... >> iniziò Laura.
<< Ce l'ho: una partita. Dopotutto, le nostre squadre scolastiche giocano spesso a calcio insieme, giusto? >> cinguettò Marina.
La Castelli pensò che ci volesse un bel coraggio a definire "giocare" l'approccio di Manuel Billotta e dei suoi compagni sul campo: finivano regolarmente per picchiare quei poveracci dei davinciani che da anni formavano la squadra di calcio del liceo classico.
<< Giusto. Sarà una partita all'insegna della pace e della collaborazione >> rincarò la dose la prima.
<< "La partita del cuore", come la trasmissione benefica. Suona bene, no? >> decise la seconda, entusiasta.
Laura avrebbe voluto dirle che per il titolo dell'iniziativa avrebbero dovuto trovare qualcosa di più originale, ma evitò per quieto vivere.

                                     ***

La notizia della "Partita del cuore" aveva mandato in visibilio entrambe le scuole: e se al Da Vinci quella si presentava come l'occasione per dimostrare all'istituto rivale che non erano i soliti sfigati, al Buonarroti già affilavano le unghie per ribadire la loro superiorità; quel gioco del gemellaggio l'avrebbero certamente giocato insieme, ma a comandarlo sarebbe stato il liceo scientifico.
In particolare, la notizia di scontrarsi con i ragazzi della III E, portava in V F particolare euforia: quando la professoressa Miriam Debandi, docente di Storia e Filosofia, gliel'aveva loro comunicata, un boato poco consono alla fama del liceo si era levato tra i banchi.
<< Finalmente, li suoniamo come tamburi quelle pippe del Da Vinci! >> batté le mani Manuel Billotta, un giovane e muscoloso diciottenne con in capelli neri e gli occhi azzurri.
<< Manuel, contieniti... >> lo pregò la sua fidanzata Giulia Lanfranchi, una ragazza con gli occhi verdi e i capelli biondi e folti.
<< E dai, Giù. Capisci un po' anche noi... Lo sai com'è sul campo... >> commentò Christian Donati, grande amico di Manuel, passandosi una mano tra i capelli scuri e scostandosi il ciuffo ribelle dalla fronte, che mostrava due occhi nocciola più da artista che da calciatore.
<< Giulia ha ragione, è solo una partita di calcio... >> intervenne Viviana Belli, che con i suoi capelli biondo chiaro, gli occhi cerulei e la pelle pallida sembrava una bambola di porcellana.
<< Non è solo una partita, ragazzi! Segna praticamente la pace tra i nostri due licei, sempre nel bel mezzo di una rivalità immotivata! >> ricordò loro la Debandi.
<< Secondo me ha messo gli occhi su un prof del Da Vinci, ecco perché li difende tanto! >> sussurrò la castana Asia Lentini alla compagna di banco, la bionda Cinzia Castroni.
<< Cos'hai detto, Lentini? >> la riprese la prof.
<< Che sarà una bellissima opportunità di fare amicizia coi ragazzi del Da Vinci... >> rispose prontamente la Castroni, che aveva il dono di dire sempre la cosa giusta al momento giusto, anche a costo di risultare un po' ruffiana.
La prof si fece andare bene quell'affermazione, pensando a quanto ci avesse preso, invece, la Lentini nella sua frase sussurrata: un chiodo fisso ce l'aveva eccome, e si trovava proprio al Da Vinci.

                                    ***

A ricreazione Virgilio stava andando a prendere un caffè alle macchinette, quando sentì due mani affusolate sugli occhi.
<< Indovina chi sono? >> fece una voce femminile camuffata.
<< Ma cosa ci fai qui, la ricreazione non dura solo un quarto d'ora? >> ribatté De Sanctis rivolgendosi a Miriam.
<< Sì, ma c'è solo un piazzale che divide il Buonarroti dal Da Vinci, e tu lo sai che mi piace passeggiare... Andare a trovare gli amici... Sconfutare tutti i pregiudizi sulla rivalità tra le nostre scuole... >> argomentò la Debandi.
<< Sì, certo. Passeggiare... >> commentò lui.
<< Camminare fa perdere calorie più di qualsiasi altra attività fisica >> replicò allegra lei.
<< Sento il rumore dei tuoi polpastrelli sugli specchi... >> la provocò l'uno.
<< E dai, che altro dovrei fare? Tu mi piaci, Virgilio. Ma con te mi sento come di scalare una montagna! E lo sai che non mi piace il free climbing... >> disse l'altra, avvinghiandolo maliziosamente.
<< E scollati, che sennò qualcuno ci vede! >> si ribellò il primo.
<< E chissenefrega! Ci guardassero! >> insistette la seconda.
<< Ti ho detto che non ce la faccio a lasciarmi andare. Probabilmente ancora sto pensando a Marta e a come ha piantato sia me che Enrico per quel riccone... >> spiegò il docente davinciano.
<< Ma quanto sei difficile! Anche Enrico è rimasto scottato, ma almeno non fa il difficile come te! >> sbuffò la collega buonarrotina.
La campanella segnò la fine della ricreazione e Virgilio la accolse come una liberazione.
<< Ecco, ricominciano le lezioni! Non hai un liceo a cui tornare? >> si schermì, cercando di cacciarla.
<< Quanto sei stronzo... >> lo apostrofò quest'ultima. << Mi piaci proprio per questo! >> aggiunse poi, ammiccando prima di andarsene.
Sulla strada del ritorno incrociò Enrico, che la salutò, poi guardò l'amico con aria interrogativa.
<< Lascia perdere. È veramente una stalker >> tagliò corto De Sanctis, dirigendosi nell'aula dove aveva lezione.

                                   ***

All'ora di pranzo Laura e Giovanni tornarono a casa e furono insospettiti da un odore molto particolare provenire dalla finestra della cucina che dava sul cortile.
<< Ma cosa sta facendo quella pazza di Beatrice? >> saltò su la Castelli.
<< Sembra cucina etnica. In particolar modo indiana, quasi come quella che una volta proveniva dal ristorante dei Taheri... >> osservò Mastropietro, mentre si dirigevano su per le scale.
Fu Alberto ad aprire loro, con un sorriso a trentadue denti.
<< La zia Bea ha organizzato un pranzo indiano invitando anche papà. Siamo tutti di là! >> esclamò il giovane Baldi, accompagnandoli dentro.
Al tavolo della cucina sedevano Gabriele, Sofia, Franco e Beatrice, che venne loro incontro gioiosa.
<< Allora, vi è piaciuta la nostra idea? >> domandò la donna.
<< A parte che dovresti imparare a cucinare, perché di takeaway non puoi andare avanti. Ma poi comunque quanto hai speso? >> replicò alterata la docente.
<< Abbiamo smezzato, Laura. Io, Franco e Bea. Dai, venite a sedervi... >> intervenne Gabriele.
Lei e Giovanni si sedettero, guardandosi circospetti in mezzo a una combriccola in cui sentivano di non c'entrare nulla.
Dopodiché, quando fu il momento di sparecchiare, mentre i ragazzi andavano a fumare in cortile e Beatrice si era seduta sul divano del soggiorno con Giovanni e stava raccontando aneddoti imbarazzanti su lei e Laura quando erano piccole, Laura uscì infastidita in balcone.
Gabriele la raggiunse.
<< Sta raccontando l'episodio del salvadanaio, vero? >> indovinò lei, facendo riferimento ad un episodio dell'infanzia sua e di Beatrice.
<< Quello e molti altri. Compreso quando vi contendevate me >> rispose lui.
<< Non ci siamo contese nessuno. Semplicemente all'epoca scegliesti me perché avevamo più cose in comune rispetto a te con lei >> gli ricordò l'una.
<< Tornando indietro sceglierei lei >> affermò l'altro. La docente lo guardò come se fosse impazzito.
<< Scherzavo. Però sapendo come sono andate le cose e avendola qui, in questa casa, un po' di domande me le sono fatte >> ribatté il medico.
<< Non siete coinquilini, abiti di fronte >> puntualizzò la prima.
<< E va bene. Sei sempre la solita prof! Ma ti voglio bene proprio perché sei così, e proprio perché siete in contrasto... >> commentò divertito il secondo, dandole un bacio sulla guancia e lasciandola da sola mentre due persone, da due angolazioni diverse, osservavano la scena: Giovanni con una punta di gelosia, Alberto pieno di soddisfazione per due genitori separati da poco che sembravano starsi riavvicinando.

                                    ***

Quel pomeriggio Mario, Gabriella, Nicola, Lucrezia ed Erika erano andati a studiare a Villa Ottieri, la sontuosa abitazione della famiglia di Riccardo: o meglio, erano le ragazze a studiare, sedute intorno al tavolo del giardino, mentre camerieri in livrea servivano loro spremute e Coca Cola; i ragazzi invece si erano messi a giocare a calcio vicino alla piscina, e mentre si allenavano per la Partita del cuore contro i buonarrotini di Manuel Billotta, il giovane Anselmi confidava agli altri due le sue prossime mosse con Giulia Lanfranchi.
<< E quindi la partita sarà una maniera per fare colpo: se vinciamo, Billotta risulterà per lei un perdente, lo lascerà e si metterà con me! >> decretò mentre si scapicollava dietro il pallone.
<< Sì, vabbè... Pare vero... >> lo prese in giro Righi.
<< Nico ha ragione. Se non ti ha cagato per cinque anni, perché dovrebbe cambiare idea nel giro di una mattinata? >> gli diede manforte Ottieri.
<< Ah, grazie per l'incoraggiamento... >> commentò il primo.
<< La tua bella è come mio padre: se anche gli dicessi che voglio fare il deejay, non credo proprio che approverebbe >> ammise il secondo.
<< E tu che vuoi fare? Prendere il posto che ti spetta in azienda o vivere la tua vita? >> gli fece notare l'uno.
<< E infatti chi glielo dice... Li metto davanti al fatto compiuto! >> esclamò l'altro.
<< Allora sì... Ve lo dico io come finisce: a te >> li richiamò il terzo, indicando Riccardo << tuo padre ti ammazza, mentre a te >> e il suo dito indice si spostò su Mario << il Principe delle mozzarelle ti spezza le ossa >> concluse, riportandoli bruscamente alla realtà.
Gabriella, Lucrezia ed Erika sollevarono i volti dai libri per guardarli con un misto di tenerezza e pietà: non si rendevano minimamente conto del fatto che tra otto mesi ci sarebbero stati gli esami di maturità.
<< Dite che ne usciranno con le ossa rotte da tutta questa storia? >> chiese Erika a Gabriella e Lucrezia.
<< Non lo so, ma non promette nulla di buono... >> sospirò la Santi, guardando con preoccupazione Mario: quella sua mania per Giulia Lanfranchi l'avrebbe distrutto, distogliendolo dall'obiettivo della maturità.
<< Sicuramente qualche ingessatura >> sostenne la Spataro, immaginando il solito esito delle partite dei davinciani contro i buonarrotini.

                                     ***

Nello stesso momento, con la scusa di andare a correre, Sofia aveva deciso di pedinare Edoardo Ponto fino alla banca che dirigeva: voleva scoprire le sue abitudini, capire come guidava, come parlava e come gesticolava, cercando di riconoscere un minimo di lei negli atteggiamenti in quell'uomo che al 99,99% poteva essere benissimo suo padre.
Aveva deciso di usare come colonna sonore di quella sorta di stalking "Gocce di memoria" di Giorgia:

Sono gocce di memoria
Queste lacrime nuove
Siamo anime in una storia incancellabile
Le infinite volte che
Mi verrai a cercare
Nelle mie stanze vuote
Inevitabile, è inafferrabile
La tua assenza che mi appartiene
Siamo indivisibili
Siamo uguali e fragili
E siamo già così lontani

Da quando aveva trovato quelle poche tracce, l'idea di non essere figlia di nessuno, di avere un'origine certa anche se celata, le aveva dato nuova linfa vitale per cercare quell'uomo che si trova nella vita di ogni figlio, di ogni figlia.
Ci aveva provato a sostituirlo, a compensare quel vuoto negli anni, prima con Gabriele Baldi e poi col gentile prof Sognatori, che era stato genitore per tutti loro all'ultimo anno di liceo; ma nessuna di queste figure maschili placava nella Tindari la voglia di scoprire l'identità di colui che l'aveva concepita, unendosi con sua madre.

Con il gelo nella mente
Sto correndo verso te
Siamo nella stessa sorte
Che tagliente ci cambierà
Aspettiamo solo un segno
Un respiro, un'eternità
Dimmi come posso fare
Per raggiungerti adesso
Per raggiungerti adesso

Finalmente l'uomo uscì dalla banca, mentre Sofia faceva finta di eseguire esercizi di stretching con un piede appoggiato sul tronco di un albero, dietro il quale era seminascosta: nel vederlo come rideva, come gesticolava e come parlava con gli altri, in maniera gioviale ma distaccata al tempo stesso, quasi velata da una punta di sarcasmo, si riconobbe in lui in maniera così forte ed evidente che per poco non perse l'equilibrio.

Racconterò di te, inventerò per te
Quello che non abbiamo

In quel momento le squillò il telefono per notificarle una mail: la sua richiesta di lavorare presso l'agenzia di catering incaricata da Marina Ponto di occuparsi del buffet della Partita del cuore era stata accettata. Sofia sorrise, guardando suo padre e sapendo che all'evento avrebbe presenziato anche lui.

Le promesse sono infrante
Come pioggia su di noi
Le parole sono tante
Ma so che tu mi ascolterai
Aspettiamo un altro viaggio
Un destino, una verità
Dimmi come posso fare
Per raggiungerti adesso
Per raggiungerti adesso

Sarebbe stata l'occasione perfetta per un loro primo interfaccio, anche solo per pochi minuti.

                                    ***

Finalmente il giorno tanto atteso arrivò: la Partita del cuore venne giocata nel cortile interno del Da Vinci; da una parte c'era la squadra di cui facevano parte anche Mario, Nicola e Riccardo, dall'altra c'erano i ragazzi del liceo di fronte, tra cui figuravano Manuel Billotta come capitano ed altri buonarrotini come Christian Donati.
Sparpagliati sotto le volte o raggruppati sugli scalini c'erano alunni, professori e collaboratori scolastici a tifare rispettivamente per il Da Vinci e per il Buonarroti.
<< Quant'è bello Manuel con la divisa da calcio... >> sospirò Cinzia, segretamente innamorata del giovane ma consapevole che lui non aveva occhi che per Giulia.
<< Credimi, sta meglio in giacca e cravatta. Solo che lui è talmente ottuso da non capirlo... >> dichiarò la Lanfranchi.
<< Neanche Christian è male >> ammise Viviana.
<< Pensavo non ti piacessero i calciatori... >> osservò Asia.
<< Non le divise in sé per sé, ma quelli che ci stanno sotto... >> ammiccò la Belli. Era uno dei pochi momenti di svago che si concedeva, altrimenti la sua vita era talmente oberata di impegni che a volte non si sentiva nemmeno un'adolescente.
<< Sarò impopolare, ma neanche i davinciani mi dispiacciono... >> dichiarò a mezza voce la Lanfranchi, soffermando lo sguardo su Mario, il quale cercava di dare del suo meglio nonostante ogni tanto i buonarrotini si buttavano addosso a lui e ai suoi compagni di squadra per arraffare il pallone.
Tutta quella violenza non sfuggì allo sguardo apprensivo di Gabriella, che cercava di distrarsi parlando in chat su WhatsApp con Vittorio e si ripeteva ossessivamente che era fidanzata con il giovane milanese.

                                    ***

Erano stati giocati tre quarti di partita, tutti ovviamente a vantaggio della squadra di Manuel: Marina e suo marito si avvicinarono a Laura e Giovanni; la Ponto non vedeva l'ora di sbattere in faccia alla Castelli la sua supremazia per l'ennesima volta.
<< Hai visto che bravi i miei ragazzi? >> si vantò.
<< Bravi sì, ma magari un po' troppo... convinti >> rispose Laura con un sorriso più che tirato, per non dire vandali e spacconi.
<< Però anche i tuoi non sono male... Si saranno battuti con onore, almeno >> rincarò la dose Marina, sfoggiando un sorrisino di compassione che la preside del Da Vinci le avrebbe volentieri tolto dalla faccia a suon di ceffoni.
<< Guardate, un punto a nostro favore... >> cercò di smorzare la tensione Giovanni, conscio del fatto che quelle due altrimenti si sarebbero picchiate a sangue.
<< Io andrei a prendere qualcosa al catering... >> si dileguò Edoardo, dirigendosi nella direzione del buffet, con Sofia che appena lo vide trasalì dall'emozione dietro il tavolo.
Studiò tutti i suoi movimenti mentre prendeva un po' di patatine e le metteva nel piatto, seguitando con dei popcorn e concludendo con una tipologia di tramezzini che però non trovò.
<< Ma i tramezzini con gamberetti e salsa rosa? >> domandò alla Tindari e alla sua collega occasionale.
<< I... tramezzini coi gamberetti, sì... Finiti, ha detto? >> tentennò la giovane per prendere tempo. Non voleva che la loro conversazione si riducesse a quel momento, anche se era la prima.
<< Beh, sì. Non li trovo... >> insistette Ponto.
<< Sono finiti al momento, signor Ponto. Ma provvederemo subito al rifornimento >> intervenne prontamente la collega di Sofia, andandosene sbuffando.
La Tindari rivolse all'uomo un sorriso imbarazzato.
<< È il suo primo impiego, signorina? >> le chiese gentilmente.
<< Sì, non ho mai lavorato prima >> replicò lei.
<< Ad occhio e croce sembrerebbe molto giovane... >> osservò lui.
<< Ho vent'anni, signor Ponto >> rivelò l'una, sperando di aver lanciato un indizio.
<< Capisco. A meno che non si cominci durante il liceo, i vent'anni sono sempre l'età media del primo lavoro. Ma non si scoraggi, acquisirà dimestichezza col tempo! >> la incoraggiò l'altro, in tono cordiale.
<< Grazie... >> ribatté timidamente Sofia, non riconoscendosi in quella ragazzina timida e ritrosa e pensando che stesse facendo una figura di merda.
<< Io credo di averla già vista da qualche parte... Il suo volto mi ricorda qualcuno... >> ipotizzò Edoardo, guardandola meglio e facendole schizzare il cuore fuori dal petto.
Fortunatamente arrivò la collega più esperta con i nuovi tramezzini ai gamberetti e salsa rosa. Ponto si servì e se ne andò salutando entrambe: Sofia pensò che se non fossero stati interrotti, probabilmente gli avrebbe risposto che era la figlia di Maria Tindari. Ma forse era meglio non bruciare le tappe, anche se avevano vent'anni di arretrati.
Nel frattempo Miriam Debandi ed Enrico Piani si allontanavano insieme, con due sorrisi complici, e sparivano all'interno del Da Vinci, probabilmente per andare a scopare nei bagni: almeno per qualcuno la giornata sarebbe stata realmente soddisfacente.

                                      ***

Mario venne ricoverato al Policlinico Umberto I con il braccio destro e la gamba sinistra ingessati, e i suoi amici non stavano meglio: chi più chi meno, erano stati letteralmente fatti a pezzi.
Il suo medico curante era il dottor Baldi, il quale veniva a ricordargli del gesto sconsiderato di cui si era reso protagonista, quando lo visitava.
Ma quella mattina non venne per la predica: addirittura sorrideva.
<< Che c'è, dottore? Ha vinto alla lotteria? >> scherzò il ragazzo, che cominciava a migliorare.
<< Fai poco lo spiritoso... Hai una visita. E anche piuttosto speciale... >> ribatté divertito l'uomo, introducendo l'ospite. Mario sgranò gli occhi nell'apprendere che si trattava di Giulia Lanfranchi, la ragazza dei suoi sogni, che adesso era lì, al suo capezzale.
<< Vi lascio soli... >> si congedò Gabriele.
<< Come stai? >> esordì la giovane.
<< Io, ehm... Dice il medico che sto migliorando... Mi fa piacere la tua visita, ma devo ammettere che non me l'aspettavo >> ammise il ragazzo.
<< Non me l'aspettavo nemmeno io, ma ti ho visto l'altro giorno, durante la partita. Sei stato coraggioso >> confessò lei, spostandosi una ciocca di capelli biondi dietro l'orecchio sinistro.
Dagli impianti radiofonici, sintonizzati sulla stazione RDS, cominciò a diffondersi "Estate" di Jovanotti:

Vedo nuvole in viaggio
Hanno la forma delle cose che cambiano
Mi viene un po' di coraggio
Se penso che le cose non rimangano mai
Come sono all'inizio
2013, un nuovo solstizio
Se non avessi voluto cambiare
Oggi sarei allo stato minerale

<< Coraggioso? Il tuo... Cioè, i ragazzi dell'altra squadra ci hanno menato... >> commentò mestamente lui.
Lei gli prese la mano sana e Anselmi andò in visibilio.

Mi butto, mi getto
Tra le braccia del vento
Con le mani ci faccio una vela
E i miei sensi li sento
Più accesi, più vivi
Come se fossi un'antenna sul tetto
Che riceve segnali
Da un mondo perfetto

<< Sì, magari Manuel a volte esagera... Ma tu hai resistito, anche se ti gonfiava come una zampogna. E a me piace chi resiste... >> lo consolò.
Per Mario quelle parole furono quasi come una dichiarazione d'amore: certo, non era il luogo migliore per cominciare una storia, ma tre serie di "Braccialetti Rossi" gli avevano insegnato che anche in ospedale poteva scoccare la freccia di Cupido.

Sento il mare dentro una conchiglia
Estate, l'eternità è un battito di ciglia

<< Rimettiti >> concluse, congedandosi esattamente com'era apparsa, talmente eterea che il giovane Anselmi si chiese se quell'incontro fosse avvenuto veramente.

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