Dieci.

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Capitolo revisionato.

«Ciao, nocciolina.» - saluto Perla, sforzandomi di sorriderle. Chissà dov'è stata, di domenica poi; non credevo sarebbe uscita ieri sera, era tutta assorta nel suo computer e sembrava non avesse intenzione di mollarlo.

«Guarda chi si rivede. Ci vedevamo di più quando non abitavamo insieme.» -esclama, raggiante, chiudendo la porta. «Grazie per aver ignorato tutti i miei messaggi, eh.»

Ovviamente la frecciatina non manca mai. Ma, com'è giusto che sia, non è bello essere ignorati, e posso immaginare come si sia sentita; ma io non l'ho fatto apposta, tutti i suoi messaggi non li ho letti perché ieri sera, quando sono tornata, ho gettato il telefono sulla scrivania, senza neanche controllare se avessi qualche notifica.

«E' andata male ieri sera, vero?» -chiede, dandomi le spalle e poggiando il suo zainetto sul divano. «Vuoi parlarne?» - aggiunge, cauta, voltandosi nella mia direzione.

Come ha fatto ad accorgersene? Ce l'ho scritto in fronte, per caso? So di non poter fare altro, così mi siedo, sconfitta. Vederla qui con me mi fa sentire meglio, in ogni caso; le racconto tutto per filo e per segno: della cena, delle stelle e dell'incontro al supermercato di stamattina, che davvero

Dopo aver ascoltato tutto in silenzio -e questa cosa è tipica di Perla: non parla, ma capisce tutto- sembra risvegliarsi da uno stato di shock. «Usciamo un po', stasera.»

«No.» -rispondo, categorica.

«Sì.».

«No, dai, Perla, non me la sento di uscire...» -mi lamento, stendendo le braccia lungo i fianchi. «Ma perché mi devi rompere...» -aggiungo, passandomi una mano sul viso.

«Cerca di sentirtela, allora!» - sorride, allargando le braccia.

«No, dai...» - mormoro, mentre mi tira per un braccio e mi porta in bagno. Sbuffo, spazientita. «Perla, non uscirò. Non mi va.»

Si ferma, con le mani sui fianchi, indispettita. «Il cretino di turno ti rifila un due di picche e tu sei in queste condizioni. Che fine ha fatto Alisya Maria De Stefano?» -sbotta, agitando una mano e poggiando l'altra su un fianco.

Touché. Ha centrato il mio punto debole. E non attende neanche che le risponda, sa che andrò con lei pur di dimostrarle il contrario. Ma, dopotutto, una piccola parte di me non si vuole chiudere in casa a disperarsi: soprattutto per Michelangelo.

A me non piace, non ci sono rimasta male, non mi farò abbattere dal primo di turno. E, soprattutto, non me ne sto solo convincendo.

Torna con dei jeans chiari, una camicia verde menta e dei tacchi bassi, sicuramente degli abiti trafugati dal mio armadio. «Metti.» - ordina, dispotica. Ah, adesso decide anche cosa devo indossare!? Ma guarda un po' che fine ho fatto.

«Solo perché voglio, non perché me lo stai dicendo tu. Sappilo.» - ribatto, afferrando i vestiti. «Dove andiamo?».

«Vedrai.» - mi dice.

Alzo gli occhi al cielo, annoiata; è domenica, quindi per forza in qualche locale. «Devi dirmelo.» - stabilisco, in modo perentorio.

«Sorpresa!» - urla, ma la sua esclamazione si assottiglia sempre di più, dinanzi al mio sguardo truce, fino a diventare una domanda.

«Perla.» Le rivolgo uno sguardo indagatore, che la fa cedere, inevitabilmente.

«Coconuts. Amici di Raffo. Ci hanno invitate.»

Al massimo hanno invitato te, visto che a nessuno importa della mia presenza. «No!» - urlo, nel panico. Festa, discoteca, ragazzi, possibilità di rivedere Michelangelo: non se ne parla. «Andiamo da qualche parte da sole?» - la supplico, unendo le mani in preghiera e sporgendo in avanti il labbro inferiore.

Alza gli occhi al cielo, allietata. «Non è una cosa normale che tu voglia scappare da quel tipo. Sei sicura non ti abbia violentata in quello squallido parco?!» -domanda, come se la cosa fosse divertente.

Scuoto la testa. «Se lo incontro... Che gli dico?! E' rischioso. E poi mi rovinerebbe la serata, già lo so.».

«Ma che te ne frega!» -agita le braccia, in preda all'esasperazione. «Preparati, dai!» -mi esorta, per poi uscire dal bagno, lasciandomi sola.

No.

Ho sopportato isolamento ed emarginazione per troppo tempo. Prima che l'afflizione e l'oppressione prendano posto sul mio cuore e decidano di sorseggiare assieme un caffè, decido di chiamarla. «Perla, porta le tue cose qui, prepariamoci insieme.!» -strillo. «Anche tu devi aggiornarmi un po', non mi hai raccontato più niente!».

«Aspetta, prendo le mie cose e arrivo.» -la sua risposta, urlata allo stesso modo, giunge subito; come se non aspettasse altro. Forse teme di violare la mia privacy. Come biasimarla? E' un anno che vivo da sola.

Mi dispiace sapere che Perla pensi di essere un fastidio. «Ti muovi?» - la incito, divertita.

«Sto scegliendo cosa mettere, un attimo!» -ribatte, con un urlo che davvero mi lacera il timpano.

Pochi minuti dopo mi raggiunge nel bagno, fra le mani ciò che ha scelto di indossare: un vestito bianco, con la scollatura ad 'u', ricamato. Lo poggia sull'armadio, poi si volta a guardarmi: «Allora, cosa vuoi sapere di preciso?» - chiede, mentre inizia a spogliarsi.

Sollevo una spalla, incerta. «Non so, magari che avete fatto ieri sera?» -mormoro, mentre apro il rubinetto e mi lavo energicamente il viso, con l'immancabile bagnoschiuma allo zucchero filato.

«Uhm..allora, sono andata a casa sua e c'era anche Riccardo.» -dice, guardando il soffitto pensierosa e portandosi un dito alla guancia- «Siamo stati un po' insieme a parlare e... e mi ha chiesto di te per tutto il tempo!» - urla, agitando il reggiseno che ha tolto.

Aggrotto le sopracciglia, presa dallo smarrimento. «Ma chi, Riccardo?» -la interrogo, confusa.

«Eh, sì! Mi ha chiesto un po' di informazioni... Sai, cosa stai studiando, se stai frequentando qualcuno... Secondo me...» - mi rivolge un'occhiata maliziosa che, inevitabilmente, mi porta ad alzare gli occhi al cielo.

«Assolutamente no, Perla!» -sbotto, facendo un gesto secco con le braccia- «Se ci siamo lasciati c'è un motivo, no!?».

«Sì, tutto quello che vuoi tu, ma che palle, Alisya! Avevate quindici anni. Le persone cambiano.» -esclama esasperata, entrando nella vasca. Dio, fa che non cada troppa acqua sul pavimento.

Ad un tratto, una manciata di ricordi mi tornano alla mente. «Perla ma.. ricordi che non sapeva baciare?» -ridacchio, tornando con il pensiero a cinque anni fa.

Dopo averci riflettuto su, mi guarda sorpresa, giocherellando con la schiuma. «Sì, diàvulu, ora mi stai facendo ricordare un sacco di cose...» -mormora, coprendosi la bocca per soffocare una risata.

«Aveva sempre il naso sporco.» La situazione degenererà, me lo sento. Povero Riccardo, perdonaci.

«Al secondo anno, quando te ne sei andata, eravamo seduti vicino e puzzava tremendamente.» - mormora, facendo un'espressione disgustata e tappandosi il naso con le dita. «Però credo sia migliorato. O, almeno, si sia lavato!».

«E poi, la nostra prima volta fu terribile. In quel ridicolo sgabuzzino della palestra di scuola, se ci scoprivano...e poi c'era polvere ovunque.» - ricordo, allarmata. Dio, che schifo, ma come ho fatto a fare quelle cose?

Ride fragorosamente, perdendo ormai tutto il controllo. «Aveva messo il preservativo al contrario, ma come ha fatto!? Non è umanamente possibile!» -esclama, uscendo dalla vasca e avvolgendosi in un'asciugamano bianca.

«Abbiamo fatto un quadro della situazione davvero pietoso.» - esclamo, sentendomi leggermente in colpa per essere stata così stronza.

«Stasera potresti coccolarlo e placare i tuoi sensi di colpa.» - dice, maliziosa, ma so che la sua frase ha un doppiofine.

«Rinunciaci, Perla. Non ci andremo.»

Sbuffa. «Almeno mi fai vedere i tuoi disegni?».

Sbatto le palpebre, avvolta dalla confusione. Si fa corrompere con così poco? Sospiro, divertita. «E va bene.»

Il bar Kiwi si trova sul lungomare di Rimini, più precisamente sulla spiaggia. Si sta bene, perché l'unico rumore udibile è quello delle onde del mare, e la leggera brezza marina mi rinfresca le spalle. E' un posto molto tranquillo, specialmente perché i tavolini sono molto distanti fra loro, e le conversazioni dunque restano private. Mi guardo intorno, con il costante pensiero che possa spuntare Michelangelo -con Marta- da un momento all'altro. Ci sediamo attorno ad un tavolo di legno, e Perla alza un indice per attirare l'attenzione di una cameriera; proprio come ha fatto Michelangelo ieri sera.

Scuoto la testa. Non devo pensarci.

Arriva una ragazzina dalle gote rossissime, gli occhiali spessi neri e parecchia agitazione indosso: spero di non sembrare anch'io così, quando lavoro. Mi perdo a fissare Perla, che a sua volta scorre con l'indice il menù. I suoi occhi verdi riflettono l'arancio del tramonto. «Due Black Russian e due Sex on the beach.»- ordina, autoritaria come al solito, rafforzata dall'insicurezza della povera cameriera.

Sorrido distrattamente. E' bello vederla più sicura di se'. La ragazzina si allontana e Perla mi rivolge tutta l'attenzione. «Allora, i disegni?» - chiede, eccitata.

Alzo gli occhi al cielo, ancora divertita da quella strana richiesta. Apro la cartellina verde e, con cura, ne estraggo un foglio. «Questo l'ho fatto qualche giorno fa, il pomeriggio in cui tu sei tornata.» - dico, sorridendo.

Mi affianca, ed io glielo illustro.  

«A destra c'è un laghetto con due cigni, uno nero ed uno bianco.

La terra che circonda il laghetto è ricoperta da foglie ingiallite e secche; autunno. A destra il laghetto è ghiacciato, questo si può vedere dalle crepe nel ghiaccio; inverno.

In primo piano c'è una farfalla gialla che poggia su una foglia verde, mentre più dietro è visibile in lontananza una farfalla blu; estate.

In alto, al centro, c'è un grande albero di cui si può vedere solo il fusto. Il resto è visibile dal riflesso nel laghetto a sinistra. Sai cosa significa, Perla?» mormoro.

Fa di no con la testa. Povera, le avrò bruciato il cervello; è comprensibile, è difficile intuire questi concetti. Continuo, indicando le varie figure con l'indice:«Guarda: c'è, da un lato, un cigno nero che guarda un cigno bianco, e poi c'è una farfalla gialla in primo piano che guarda una farfalla blu. In realtà non si può definire chi contempla chi.

Al centro c'è un albero, lo vedi? C'è ma non si vede, è possibile vederne solo gli effetti che fa nell'acqua; e questo secondo me è Dio, la cui esistenza concreta non si può ben definire se non tramite gli effetti che provoca alle nostre vite.

Nel frattempo mentre il cigno nuota e la farfalla vola il tempo scorre... e infatti si possono vedere le varie stagioni."

Mi guarda meravigliata e -allo stesso tempo con un'espressione curiosa-, dunque continuo:«Non bisogna contemplare da lontano ciò che vorremmo essere; perché, così facendo, non ci rendiamo conto della fortuna che ci circonda. Questa è la frase che racchiude il significato del disegno.» dico, senza fiato.

«Wow,» -schiude le labbra, facendo una pausa di qualche attimo- «e pensare che è tutto frutto della tua fantasia. Mi mancavano queste riflessioni... profonde. Attenta.»- mi aiuta a richiudere la cartellina, perché i nostri cocktail sono arrivati.

Sorseggio il mio Sex on the Beach, che scende fresco e bollente in gola: che sensazione fantastica. Bevo, smarrendo il mio sguardo nel tramonto, che come al solito mi affascina. Perla mi guarda, pare che voglia dirmi qualcosa. «Che c'è?» le chiedo, aggrottando la fronte.

«Alisya, ti va di fare un bagno?»

Siamo praticamente in intimo, sono le tre di notte e stiamo ancora sguazzando nelle acque tiepide dell'Adriatico. Col cervello bruciato a causa dei Bloody Mary, Manhattan e del Moijto, ho completamente rimosso di avere le mestruazioni. Che schifo.

Mi viene da ridere: rido, rido a crepapelle, e anche Perla ride con me, però di meno. E' triste?

Non c'è niente da ridere, mi fa notare la piccola parte ragionevole ancora sveglia di me. Sei semplicemente ridicola, ma ti rendi conto a che punto sei arrivata?

Stringo le gambe. L'assorbente si è gonfiato d'acqua, ora sembra che io abbia un pene. Rido, rido ancora. «Qualcuno ha un assorbente da prestarmi?»- urlo, agitando le braccia nell'acqua. «Ma a chi lo chiedo, che non c'è nessuno.»

Perla continua a ridere. «Dai, asciughiamoci, è tardi.»

Faccio dei versi contrariati, ma decido di salire sul bagnasciuga. O meglio, è Perla a trascinarmi. Ci sdraiamo sui lettini, per poi asciugarci e rivestirci.

In macchina vado praticamente in coma, anche se il viaggio dura giusto un quarto d'ora. Non ricordo come, ma ora mi ritrovo nel letto, col pigiama. «Perla, Perla!» -squittisco, mentre rido a crepapelle.

«Sei pietosa, Ali. Ma anche più tenera così.» -risponde distrattamente, entrando nella mia stanza e sistemando la cartellina verde nel cassetto.

«Perla...» -sussurro, ad occhi spalancati- «Perché Michelangelo non mi vuole?».

  〜  

CAPITOLO REVISIONATO!

Il disegno sopracitato è mio. Ora, so che non è il massimo, assolutamente; immaginatelo fatto da Alisya e insomma, sarebbe molto più carino!

Grazie infinite a te che sei arrivata/o a leggere le mie parole fin qui. 

Shana. ヅ

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