Undici - Mihangel.

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

Capitolo revisionato.

Sospiro, sarà la quinta volta che lo faccio. Alzo lentamente il braccio per non svegliarla, scosto il lenzuolo rosa e mi metto seduto sul suo letto, prendendomi la testa fra le mani.

Mi alzo di scatto, provocandomi un bel mal di testa, che mi costringe a chiudere nuovamente gli occhi e ad aspettare che passi. Avanzo con lentezza, svogliato, e mi avvicino alla finestra; poggio un gomito sul davanzale gelido, ed il mento sul palmo, con animo afflitto e pensieroso. Osservo le poche macchine sfrecciare di corsa nel cuore della notte, dopotutto è sabato sera e la casa di Marta si trova in una parte di Rimini non molto popolata.

Fuori c'è una calma così placida, l'atmosfera è così silenziosa, la mia testa così piena di pensieri che se non scoppia è davvero un miracolo.

Come al solito, quando non riesco a dormire, il mio pensiero ricade sempre su Gabriele, il mio fratellino, -che dovrei seriamente smetterla di chiamare così, perché gli anni che separavano le nostre nascite sono soltanto due. Ritorno con la mente a quei giorni, a quei momenti orribili, a quell'avvenimento che non immagini mai possa accadere proprio a te ed invece succede. Si verifica. Ti corrode, sfibra, ti consuma, lacera. Ti rende una persona diversa. La mia vita è schifosamente perfetta, eh Alisya? Mio fratello è morto, mio fratello non c'è più e, a distanza di tre anni, ancora non me ne faccio una ragione.

Chi è che lo ha ucciso? Chi è che ha strappato la vita ad un ragazzo di quattordici anni? Chi è che ha rifilato quella pasticca di extasy ad un giovane che era andato ad una festa e non è più tornato a casa?

Il caso è stato archiviato, irrisolvibile, ed è per questo motivo che sono entrato nel gruppo criminale più pericoloso qui a Rimini, per trovare una risposta a tutte queste domande.

L'unico che può rispondermi è Testa, il loro grande e rinomato capo, che dovrebbe tornare a fine agosto per prendere una ragazza, o una cosa del genere -motivo che, sinceramente, a me poco importa. L'unica cosa che mi interessa, al momento, è parlare con lui. Tanto, ormai mi conoscono da un anno, ho la loro fiducia, e so che avrò anche le loro informazioni.

Le lacrime si accalcano al di sotto delle mie palpebre, ma cerco di non piangere. Gabriele era una persona solare, e non avrebbe voluto. Piuttosto, devo pensare a quello che domani mattina mi tocca fare: è domenica, ed è il giorno in cui si spaccia di più. Il rituale è il seguente: ci incontriamo nei pressi del parco Fellini, la più grande piazza di spaccio; il mio ruolo non è rischioso, perché non consiste nello spacciare o nell'unire la droga pura ad altre sostanze, bensì io faccio il palo, controllo che non ci siano gli sbirri.

E' anche per tutta questa situazione assurda, che ho lasciato andare Alisya. Insomma... a me lei interessa e, dannazione, solo Dio sa quanto mi sono sentito stupido nel lasciarla andare. Ma da quando faccio parte del gruppo di Testa, non posso far affezionare, innamorare, infatuare qualcuno di me, come potrei? Rischio la vita ogni maledetto giorno, ma a me non interessa nulla: voglio solo che l'assassino di mio fratello faccia la sua stessa fine. E poco importa, sinceramente, se a metterci le penne sia io.

Che l'incontro con Alisya sia un regalo dal cielo? Gabriele, mi stai aiutando tu? E' quello che ho cominciato seriamente a pensare, da quando oggi -o meglio, ieri- mi sono ritrovato, fra uno sbuffo e l'altro, a ritirare le chiavi da lei, in uno degli appartamenti di mio padre.

Com'è che si dice? "Tra il dire e il fare, c'è di mezzo il mare", ma la versione di Michelangelo Sedita è "Tra il dire e il fare c'è di mezzo il coraggio." Ed io non ne ho; non l'ho mai avuto. Quello che ho fatto stasera è imperdonabile, continuo a ripetermi. Erano due mesi che non baciavo qualcuna che non fosse Marta, ma ovviamente sono un codardo, e altro non ho fatto che rovinare l'atmosfera di pace, intimità e sicurezza che si era creata fra me ed Alisya stasera. Ed io ho rovinato tutto. Ho sempre sbagliato tutto.

L'ho lasciata da sola alla festa, l'altra sera, poiché temevo che Marta si potesse addirittura ingelosire nel vedermi con un'altra ragazza. Mi sono avvicinato ad Alisya ed ho anche ottenuto un due di picche; ma, quando l'ho rivista nuovamente, mi sono fatto avanti. Solo che, poi, ho pensato a tutta la mia situazione, e non mi sembrava davvero il caso di farla soffrire. Così mi è sembrato naturalmente più giusto sparire e non lasciare traccia di me.

Invece con Marta funziona così: ci incontriamo quando uno dei due ha voglia, non c'è inclusione di sentimenti, emozioni, non si sfiora la sfera affettiva. Quindi, in poche parole, che se ne frega lei se un giorno il mio petto dovesse essere attraversato da un proiettile? Nulla. Questo è quello che mi dà sicurezza. E, ovviamente, neanche a me interessa di Marta. Per tale motivo andiamo d'accordo.

Non so bene perché abbia lasciato andare Alisya, ieri sera, al Beach Club. Ci tenevo davvero a passare del tempo con lei, a conoscerla. Ma, forse, dentro me sapevo che l'avrei ferita, qualcosa me lo suggeriva.

Come ha potuto credere che io non l'avessi vista, mentre entrava in macchina? E' per questo che ho preso iniziativa ed ho baciato Marta: per mettere le cose in chiaro. Per avvisarla di stare lontana da me, dal casino enorme che mi porto sulle spalle.

Ora, invece, l'unico pensiero che ho in mente è il visino angelico di Alisya. La sua pelle soffice, tutta da baciare e da venerare. I diamanti piccoli e castani, circondati dal taglio affilato del suo occhio di gatto, il perfetto nasino a punta, il suo corpo splendido ed impeccabile. Ma ciò che mi ha colpito di più è stato il suo carattere; è schietta, estroversa, a volte è stata anche un po' stronza, ma io lo so che, sotto sotto, non fa altro che scherzare. E' adorabile, ed io sto decisamente impazzendo per pensare a lei: dovrei dormire.

Quando le ho urlato contro, Alisya mi ha rivolto un'occhiata gelida, anche un po' delusa, ma sembrava che una piccola parte di lei avesse previsto il mio exploit, la mia fantastica uscita di scena. Naturalmente è ovvio che se l'aspettava. Non ho fatto altro che parlarle di Marta, non è così stupida.

Sono uno stronzo. Ho rovinato tutto, e adesso me ne pento con mestizia. L'ho allontanata io, di proposito, eppure l'immagine del suo esile corpo, stretto fra le braccia di qualcun altro, si ripete nella mia mente, facendomi delirare. E la cosa più ridicola è che parlo proprio io, che sono appena andato a letto con un'altra. Come ho potuto fare sesso con Marta, consapevole di aver reso triste una persona così bella come Alisya? E, no, non sono così sfacciato ed arrogante da credere addirittura che lei ci sia rimasta male. Li ho visti i suoi occhi, parlavano chiaro; in essi ho visto disgusto e ripugnanza, senso di nausea del tutto opportuno, dato ciò che ho fatto. Ho voglia di prendermi a pugni, per quanto faccio schifo.

Sospiro, avvicinandomi alla sedia vicino il letto e prendendo il telefono dalla tasca dei pantaloni. Socchiudo un po' gli occhi, quando l'accecante luce mi illumina il volto, e constato che sono le quattro del mattino; fa caldo e non mi va di dormire con Marta stanotte, quindi infilo i pantaloni e mi stendo sul divanetto in pelle della sua stanza.

Sono tutto sudato e la mia pelle si appiccica a quella del divano, ma non mi importa. Sono troppo stanco per trovare una superficie comoda su cui dormire.

E' mezzogiorno, siamo svegli da un'oretta; o - sarebbe meglio specificare - è stata Marta a scaraventarmi giù dal letto, con l'insistente richiesta di andare al supermercato, quello al centro di Rimini, perché il minimarket sotto casa sua è inspiegabilmente chiuso.

Ed eccoci qui, a vagare tra creme all'aloe, lamette e assorbenti; tutte cose molto virili, insomma. Faccio un lungo sbadiglio e mi stropiccio gli occhi, ancora parecchio assonnati. «Marta, non ho fatto colazione.» -protesto distrattamente, intanto che lei è concentrata: sulla sua spesa, mica su di me. Naturalmente io sono il suo facchino, nulla di più. - «Vado a prendere qualcosa da mangiare per strada.».

«Aspetta, vengo con te!» - mi blocca, emanando uno strillo tanto forte che anche la signora che è appena entrata nel supermercato ci ha sentiti: e siamo abbastanza lontani dall'ingresso.

La osservo di sottecchi, mentre cammina al mio fianco. I miei occhi, assai stanchi, la mettono a fuoco e, devo proprio ammetterlo, è più che bella. Venere maledetta. I seni prorompenti quasi fuoriescono dal top azzurro, il jeans non lascia immaginare proprio niente: attillato com'è, si può vedere il suo culo perfetto.

Come un lampo, mi appare dinanzi agli occhi Alisya; anche se non c'è, mi incenerisce con lo sguardo perché contemplo il corpo di Marta. O sono solo io che, ormai, la vedo ovunque? Scuoto la testa, ridendo di sottecchi a quel pensiero, un po' perché mi faccio pena, un po' perché mi faccio schifo.

Arriviamo finalmente al reparto mielato, quello che tanto amavo quando ero piccolo; vaghiamo fra le merendine ed io, indeciso come al solito, non ho idea di quale scegliere. Cerco con gli occhi qualcosa di buono, ma sono interrotto nuovamente da Marta, che poggia una mano sul mio pettorale. «Mi presti un attimo il telefono?».

Prima che possa rispondere, le sue mani viaggiano nelle tasche dei miei jeans, con una sicurezza così disarmante, che quasi mi eccita. Mi rivolge un'occhiata maliziosa, ed io alzo gli occhi al cielo. Certo, fa' pure. Ovviamente -ovviamente un corno- a quel contatto sussulto, dunque mi viene spontaneo toccarle il sedere -come se fosse una cosa normale, certo.

Mi volto, ed i miei occhi incrociano quelli di una ragazza abbastanza trasandata, la pelle bianchissima, gli occhi stanchi e l'espressione cupa e drammatica. Mi appare nuovamente l'immagine di Alisya, che mi guarda arrabbiata e delusa; questa volta, però, non riesco più a muovere un muscolo. Non è una nuvoletta dalla forma del suo viso: è lei, porca miseria, in carne ed ossa.

Perché capitano tutte a me?, mi chiedo, avvilito, per il breve tempo che Alisya ci impiega nel fissare il suo sguardo nel mio; ha l'espressione neutra, adesso, come se davvero non le facessi né caldo né freddo. Perché non riesco più a respirare? Non sono capace di muovermi. E' come se un incantesimo mi avesse pietrificato. Beh, avrebbe tutti i motivi per ammazzarmi, in ogni caso.

Quando i suoi occhi incrociano la figura di Marta, si volta, fingendosi indifferente. Mi mordo l'interno della guancia, unica parte del mio corpo che riesco a muovere, e in questo momento vorrei solo sparire. Avrà riconosciuto Marta? Credo di sì: è bionda, è con me e le ho detto che saremmo stati insieme questa notte. Santo Dio, quanto mi odio in questo momento.

Solo ora mi accorgo che ho ancora la mano sul culo di Marta. Io, davvero, non ce la faccio; combino casini su casini. Non riesco a muovermi, sono confuso, che devo fare?

Chissà cosa starà pensando adesso. Le farò schifo, e non avrebbe tutti i torti. Vorrei correrle dietro, ma so che sarebbe tutto inutile. Non c'è più niente da dire. Probabilmente penserà che io mi sia rimesso con Marta.

Va verso la cassa; la bionda è irritante, fa da sottofondo ai miei pensieri con qualche racconto inutile: credo abbia detto di aver incontrato già Alisya, non so dove, e di averle consigliato di coprire il collo a causa del 'succhiotto' che ha su esso. Quando poi, lei, è la prima a doversi coprire, dalla testa ai piedi.

Il mio cuore sussulta, quando Alisya si volta ancora; direi che sta guardando Marta: forse l'ha riconosciuta. E io da bravo coglione ho ancora la mano sul suo culo.

Siamo tornati a casa, da bravo uomo di fatica poggio le borse della spesa sul tavolo; faccio un lungo respiro, per poi cacciare il coraggio. Basta, devo mettere un punto a questa storia.

Dopo cinque minuti, Marta ha ben compreso che oramai non mi interessa più niente di lei, non è al centro del mio mondo. Non più. Non conosco quasi niente di Alisya, ma ho capito che c'è un'altra persona che ha bisogno di amore, e quella non è Marta.

Adesso ho solo una persona in mente, ha due occhi piccoli, le gambe lunghe ed il naso a punta. Il mio sesto senso, che è l'unico in grado di impormi cosa fare, sussurra convincente ed allettante di provarci. Voglio dare una svolta alla mia vita. Stai facendo un'altra delle tue cazzate, ricorda con disappunto la parte razionale di me, facendo riferimento alla situazione che mi espone al rischio di un gruppo criminale ventiquattro ore su ventiquattro. Però, a dirla tutta, veramente non importa. Io voglio vivere. Io voglio amare. Io voglio Alisya.

Non ci credo, è quasi surreale che io abbia posto fine certa alla relazione con Marta. E' come uscire dalla doccia calda e prendere finalmente aria fresca. Aria, vento leggero, fiore che sboccia, acqua gelida. Sollievo. E' primavera. Il nostro incontro ha posto fine a quel letargo obbligato, che per anni mi aveva serrato, esiliato dall'amore. Ma, in fin dei conti, è stato un bene: non avrei chiesto ad Alisya di uscire, in una situazione diversa.

Ora ho capito tutto, devo agire. Basta così, voglio lottare per riconquistarla e farle capire che la desidero con tutto il mio cuore. Chiudo la porta di casa di Marta, per quella che spero sia l'ultima volta: non voglio ricaderci più, dannazione, dovrei essere davvero stupido nel caso.

Sono le quattro di pomeriggio, ed io ho appena concluso il mio giro domenicale con i ragazzi del gruppo. Entro in macchina, un po' scosso -perché, dannazione, di certo non resto indifferente nel vedere ragazzini di quindici anni comprare della droga e sniffare come non mai.

Mentre guido verso casa, mi arriva un messaggio; non posso vederlo e, in questo momento, non mi interessa affatto. Tanto, non può essere Alisya. Sono più che certo che, a messaggiarmi, non se ne parla proprio. Non me lo merito, dopotutto. Parcheggio nel garage e, mentre mi accingo ad andare verso la porta, sblocco il telefono e leggo il messaggio di Raffaele.

"Oh, ci sei anche stasera per andare a ballare? C'è una festa al Coconuts, ti faccio conoscere la tipa, le ho detto di portare qualche amica. ;)"

Diecimila pensieri corrono come lampi nella mia testa.

Raffaele.

Beach Club.

Ragazza. Alisya con la Ragazza.

Alisya e Ragazza amiche.

Digito velocemente la risposta.

"Ci sarò, ci vediamo lì".

Sono troppo, troppo emozionato dall'idea di rivederla. E se non è lei l'amica in questione? Nah, deve essere per forza lei. Ho visto il modo in cui era legata, indissolubilmente, a quella ricciolina, guardandola da lontano come un falco. E poi, oh Dio, adesso mi sta tornando alla mente che era proprio la ragazza che le stava appiccicata per metà serata e che io le ho indicato.

Sollevo lo sguardo, ed uno spettacolo magico ed incantevole si presenta ai miei occhi, rincuorandomi almeno un po'. «Maddalena!» - esclamo, sorpreso, avanzando velocemente verso mia sorella, in attesa dinanzi il portone di casa. «Non sapevo sareste saliti, questo fine settimana!».

Mi avvicino, con un sorriso raggiante, affiancandola. Mia sorella ha ventisei anni, i capelli lunghi si adagiano alla spalla, formando delle morbide onde castane. Ha la mascella squadrata, proprio come la mia, e, seppur sporgente, è comunque in armonia con il resto del viso, abbronzato dal sole battente del sud. «Ciao Michelangelo!» - mi saluta, dandomi due baci sulle guance, restando tuttavia distante, dato che fra i nostri corpi c'è il piccolino di casa.

Le sorrido, prendendo tra le braccia il mio nipotino di un anno:«Ciao Lorenzino, amore, piccolino mio, bello che sei!» - mormoro, premuroso, pensando per un attimo che, se Alisya fosse qui, mi prenderebbe per scemo. «Ma quanto è cresciuto» -osservo, constatando che i suoi occhi sono davvero azzurri, proprio come i miei e quelli di Gabriele. Maddalena, invece, ha preso gli occhi castani da mia madre. «Ma... Che ci facevi nel palazzo?» -domando, con un cipiglio in volto, già conoscendo -purtroppo- la risposta.

«Ti aspettavo e poi... Lo sai che non sopporto quando papà e Marco si trovano nella stessa stanza.» -risponde, storcendo le labbra e guardando altrove, a braccia incrociate.

Quando entriamo in casa, mi ritrovo a pregare ogni santo del Paradiso, affinché mio padre e mio cognato non stiano litigando. Ne ho abbastanza per oggi.

Quando arriviamo al terzo piano, Madda apre la porta di casa, ed io faccio il mio ingresso tenendo ben accoccolato sul mio petto il piccolo Lorenzo. «Ciao Michelà!» -mi saluta calorosamente Marco, col solito accento napoletano. Ha uno straccio fra le mani, segno che sta aiutando mamma a pulire casa.

«Ciao Marco!» - ribatto, rivolgendogli un gran sorriso. Ha ventisette anni e, ovviamente, un bel fisico scolpito. Barba e capelli neri circondano il suo viso, gli occhi scuri fissi sul pargolo, come a tenerlo d'occhio. Mi rassicura, sapere che mia sorella sia fidanzata con un carabiniere, ma, ahimè, se dovesse scoprire in che faccenda mi sono ficcato, sarei fritto. 

E' un ragazzo d'oro, non l'ho mai visto litigare o urlare contro mia sorella; l'unica colpa che ha, secondo mio padre, è quella di aver messo incinta Maddalena l'anno scorso. Troppo in fretta, troppi pochi soldi. Come da copione, papà non scolla gli occhi dalla tv, adagiato al divano a gambe accavallate. E' probabile che Marco debba percorrere l'inferno, il purgatorio ed il paradiso per ottenere il suo perdono. Pazienza, gli passerà prima o poi.

Saluto distrattamente mamma e papà, poi entro nella mia stanza, sfilando le scarpe con gesti distratti e abbandonandole vicino la porta. Mi siedo sul letto e poggio il cuscino al muro, adagiandomi poi ad esso. E' una fortuna che io abbia sempre dei vestiti di riserva in macchina, altrimenti sarei tornato in giacca e camicia.

«Ah, ah!» - esclamo come un deficiente, facendo sedere Lorenzo fra le mie gambe.

«Ah, ah!» - mi fa eco, battendo le mani.

«Ma quanto ti amo, piccino mio» - sussurro, prendendolo in braccio e avvolgendolo con affetto.

«Ba, ba, ba.» -cerca di comunicare, invano. Tutto chiaro, Lorenzo.

Gli accarezzo i biondi capelli e, nel frattempo, penso a cosa fare stasera. Innanzitutto, ai vestiti da indossare: riguardo mentalmente il mio armadio, credo che -per la serata- una maglia nera aderente e dei jeans blu possano andar bene. Sono troppo emozionato all'idea di rivederla.

«Che cazzo dici Raffo!?» -urlo, incazzato nero, agitando le braccia. No, non è possibile, non ci posso credere.

«Oh, ma che ti incazzi a fare con me?» - si agita Raffaele, passandosi una mano fra i ricci scuri, vizio che emerge quando è nervoso.«Che ci posso fare io, Mike?» - si lamenta, mostrandomi il telefono- «Mi ha avvisato solo ora!».

Non posso neanche prendermela con Raffaele, dopotutto non è colpa sua. Se ieri sera non l'avessi fatta scappare, probabilmente questo problema non sarebbe sorto. E' sempre e solo colpa mia. Tiro un lungo sospiro, come se potesse spegnere la rabbia che ho dentro, e provo a calmarmi. «Lascia stare, dai. Entriamo». Voglio divertirmi e non pensare a tutti questi problemi.

Un'ora dopo siamo seduti attorno ad uno dei tavolini del Coconuts, adagiati a divanetti in pelle bianca. La musica house mi tranquillizza e mi fa sentire libero, in uno stato di quiete, come una ninna nanna.

Riccardo, Giovanni ed Achille tracannano dei drink che non riconosco a causa delle luci soffuse, dopo un po', si teletrasportano magicamente al centro della pista, cominciando a ballare come scimmie. Dio, sono imbarazzanti.

«Ma voi siete quelli dei Mirrors?».

Una voce infantile e adorabile attira la mia attenzione, e l'immagine di una ragazzina di non più di quindici anni appare affianco al nostro tavolino, col telefono fra le mani e imbarazzo da vendere.

«Sì, siamo noi» - rispondo gentilmente, è sempre emozionante quando qualcuno ci riconosce per strada.

«Ho visto l'ultima cover che avete postato su Youtube, siete bravissimi!» - esclama, il complimento è adornato da un gran sorriso, piuttosto a disagio. Faccio questo effetto?

Raffaele ridacchia. «Grazie, cara.» -risponde, esprimendo la sua gratitudine.

«Ci possiamo fare una foto?».


«Allora, perché ti sei arrabbiato così tanto?» -chiede Raffaele, quando la ragazzina si è allontanata- «Non credere che non l'abbia notato.»

Dio, adesso cominceremo a scambiarci pettegolezzi come due femminucce? E menomale che non volevo averla fra i pensieri stasera...

Faccio un lungo respiro, cercando di riassumere il tutto. «Al Beach Club ho incontrato una ragazza, stava con la tua tipa, com'è che si chiama?» -ci penso su- «Ah, Perla. E, nulla, un po' per Marta, un po' per tutto il casino» -ormai lo definiamo così: un vero e proprio casino- «l'ho lasciata andare.».

Anche se le luci sono soffuse, noto che è quasi diventato pallido. Potrei giurare di averlo visto con la bocca spalancata per un secondo. «Alisya?» - chiede, riprendendosi.

Aggrotto le sopracciglia, dinanzi a questa strana reazione. «E tu che ne sai?» - gli chiedo, sorpreso quanto lui.

Un cipiglio prende vita sulla sua fronte. «Ieri mattina Perla mi ha portato al bar dove lavora, lo ShineCafè, conosci?» - domanda, facendo un cenno nella mia direzione.

«Certo che lo conosco.» - rispondo, annuendo. E' uno dei bar più famosi di Rimini!

«Ecco, Perla ieri mattina mi ha portato lì, ci siamo conosciuti» -mormora. «E' una bella ragazza, sei proprio un coglione.» - aggiunge, e avrebbe sinceramente potuto evitare. Come se non lo sapessi! Ma lo so che, in fin dei conti, lo fa per spronarmi ad agire, non con cattiveria.

Fisso lo sguardo sulle arachidi abbandonati in un piccolo recipiente poggiato sul tavolino, e sul mio viso compare un'espressione di disgusto. Ha completamente ragione.

Poi, d'un tratto, si illumina. «Ah, ecco perché!» - esclama, puntando l'indice nella mia direzione.

Sbatto le palpebre, perplesso. «Cosa?» - chiedo, confuso.

«Ieri mattina, Perla le ha scritto che, allo Shine, sarebbe venuta anche un'altra persona con noi, e cioè Riccardo. Devi sapere che Riccardo e Perla, andavano al liceo insieme, e Riccardo è stato il fidanzato di Alisya per un anno, se non sbaglio.»

Stringo le labbra in una linea dura e spalanco gli occhi, del tutto sconvolto.

«Ma è successo cinque anni fa, amico, quindi dovresti avere via libera, spero.» - continua, per rassicurarmi, mentre io sono ancora parecchio scosso a questa rivelazione. Uno dei miei più cari amici, Riccardo, nonché membro dei Mirrors assieme a me, Raffaele e Giovanni, è l'ex della ragazza che mi piace? Non mi interessa che c'è via libera. Alisya è mia, ringhia la parte irrazionale del mio cervello.

«Comunque, avresti dovuto vedere la sua espressione delusa quando ha visto che, con noi, c'era Riccardo!» - continua, riprendendomi dal mio stato di rabbia – desolazione. All'inizio non ci avevo fatto caso, ma ora che mi hai parlato di quello che era successo la sera prima, sono sicuro, non ci sono dubbi: aspettava te.»

Schiudo le labbra, incredulo. «Ma tu sei sicuro?» - chiedo, quasi preso dal panico.

Alza un sopracciglio, come se avessi offeso la sua intelligenza. «Certo che sono sicuro. Domani mattina potresti andare a trovarla allo Shine, no?».

Annuisco, sinceramente felice e risollevato. E' la mia occasione. «E' quello che farò. Grazie Raff.».

CAPITOLO REVISIONATO.

Nella mia testa era più carino. Dunque, perdonatemi.

Shana!

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro