Trenta.

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Entro in camera e chiudo la porta, appoggiandomi ad essa. Guardo il soffitto e sulle mie labbra spunta un sorriso ebete.

Mi copro gli occhi con i palmi, continuando a sorridere. Sto perdendo completamente la testa.

Dopo un attimo la mia attenzione è rivolta del tutto al telefono, che annuncia l'arrivo di un messaggio. Lo afferro dall'armadietto e, nel leggere il mittente, guardo curiosa lo schermo.

Richiamo, con non poca eccitazione. Cosa avrà da dirmi?

Dopo due squilli, risponde: «Pronto?».

La sua voce -determinata e affettuosa allo stesso tempo- mi fa sentire a casa. Non la vedo da circa venti giorni, dal mio esame di stato.

«Ehilà, qual buon vento?»- dico, sedendomi sul letto. Lo stesso letto in cui, per la seconda volta, ho dormito con Michelangelo. Mi mordo il labbro inferiore, nervosamente.

«Ciao, piccola. Allora, qualche buona notizia dalla scuola?» -ridacchia, distraendomi da quei pensieri.

Oh, avrei tante buone notizie da darti, in generale.

«Sul sito c'è scritto che i quadri escono domani.» - sospiro. «Vuoi venire con me?».

Sono certa, che voglia venire con me.

Non voglio far attendere a lungo Michelangelo, così incastro il telefono tra l'orecchio e la spalla e vado verso l'armadietto.

«Si, dai, posso farti compagnia?» -chiede. Nella sua voce, scorgo un minimo di eccitazione.

Prevedibile, crede che io sia sola: non sa che Perla è tornata e, naturalmente... non sa di Michelangelo. Non vedo l'ora di raccontarle tutto.

So che è in ansia quanto me, quindi acconsento.«Certo. Ci vediamo direttamente lì?».

«Non preoccuparti, passo a prenderti io. A che ora puoi?» - chiede.

«Vieni a mezzogiorno allo Shine Cafè, lo conosci?» - rispondo, mentre prendo un pantaloncino scuro di jeans e una camicia a quadri bianca e nera. Ne dubito, ma chiedo comunque.

«Certo, mi fai così vecchia?» -ridacchia, fingendosi offesa. «Dopo vuoi mangiare qui?»-aggiunge, con tono affettuoso. Accetto; dopo qualche minuto, interrompiamo la chiamata.

Prendo reggiseno e mutandina che, misteriosamente, stanotte non ho indossato. Dio, ma che mi è passato per la testa?

'Mai più alcool, mai più alcool.' cantano le tribù indiane nella mia testa, girando attorno ad un fuoco.

Mi fiondo nel bagno, per fare una doccia veloce.

Mentre mi asciugo, qualche minuto dopo, mi chiedo cosa stia facendo Michelangelo nell'altra stanza. Devo decisamente muovermi.

Spazzolo i capelli e indosso i miei vestiti. Lavo i denti ed il viso, poi applico del mascara sulle ciglia ed esco, pulita e profumata.

«Stavolta non hai dimenticato i vestiti, che peccato...» -dice Michelangelo serio, non appena i nostri sguardi si incrociano.

«Sei un cretino.» - ribatto, prendendo le chiavi di casa e infilandole in tasca.

Incrocia le braccia e si appoggia al muro. «Con chi parlavi?» -chiede, facendo un cenno nella mia direzione.

«E anche impiccione.» -mormoro, abbassandomi per girare la maniglia del gas.

«Alisya, con chi stavi parlando?» -chiede freddamente, col tono nervoso.

«Con un ragazzo, domani ci esco.» -dico, fingendomi seria. Mi guardo intorno assicurandomi che tutte le luci siano spente.

«Oh, credo di non aver capito bene.».

La sua voce è estremamente vicina. Mi volto, ritrovandolo a trenta centimetri da me. «Puoi ripetere, per favore?» - aggiunge.

Non mi ero accorta si fosse spostato. Forse è in grado di teletrasportarsi, portando indice e medio alla fronte, come Goku.

Soffoco una risata. «Oh, hai capito benissimo.» -dico, arriciando il naso, soddisfatta.

La serietà sul suo volto elimina ogni traccia del mio sorriso. Con la coda dell'occhio, vedo il suo petto nudo sollevarsi per respirare, e le braccia lungo il corpo, coi pugni rigorosamente chiusi.

Sta per riempirmi di botte?

Non credo.

Avanza verso di me ed io, non so perchè, faccio due passi indietro.

Fin quando vado a finire con le spalle al muro. Sorride, alzando un angolo della bocca; la sua espressione sembra nascondere un ghigno soddisfatto. Continua a fissarmi, con una scintilla maliziosa negli occhi: sembra un felino che ha appena catturato la sua preda.

E tu sembri un topolino impaurito, Alisya!

Non passa più di un secondo, perchè le sue labbra sono già sulle mie. Sussulto per quel contatto improvviso, mentre lui -con uno scatto- mi immobilizza le mani all'altezza delle spalle, incrociando le sue dita alle mie.

Non riesco a muovermi e questa situazione è molto, molto, elettrizzante. Oh mio Dio.

Mi bacia impetuosamente ed io, inerme, non posso far altro che rispondere a questo fuoco con altro fuoco.

Mi libera le mani, ed io lo avvicino ulteriormente al mio corpo, incrociando le dita dietro la sua nuca. Michelangelo, in risposta, solleva leggermente i lembi della mia camicia, accarezzandomi i fianchi.

I miei ex fianchi.

Continuiamo a baciarci; la sua lingua si muove perfettamente in sintonia con la mia. Ho il cuore che batte all'impazzata, sto letteralmente andando in tilt.

Per così poco, sul serio?!

Col fiato corto, faccio dei passi indietro; apro la porta della mia stanza, senza staccare gli occhi da quelli di Michelangelo.

Che cosa sta succedendo?

Cammino all'indietro lentamente -sarebbe davvero comico se il mio corpo decidesse di catapultarsi a terra proprio adesso-; lui, impaziente, mi solleva le gambe per prendermi in braccio e, neanche due secondi dopo, mi ritrovo con la schiena sul letto.

Mi lascia tanti piccoli baci sul collo, facendomi rabbrividire e sorridere.

Cerco di nuovo le sue labbra e lo avvicino a me, infondendo le mani sulla sua schiena nuda.

Questo contatto sembra farlo ammattire, ed è per questo che mi slaccia il primo bottone della camicetta e lo scosta leggermente.

Riprende a baciarmi con delicatezza, percorrendo un sentiero che va dal mio lobo alla parte superiore del petto, un po' più giù della clavicola. Si sofferma in quel punto, ed io capisco le sue intenzioni. Glielo lascio fare, perchè voglio.

Perché Michelangelo è un porto sicuro, e il mio cuore getta l'ancora in esso, temerario.

Dopo qualche attimo risale 'al piano labbra', guardandomi negli occhi:«Tu mi fai perdere la testa.» -sussurra, stampandomi un tenero bacio.

Oh, io l'ho già persa da un pezzo. Non sei l'unico. Sospiro, sorridendogli:«Benvenuto nel club.».

Si stende al mio fianco, poi si poggia su un gomito e, mentre abbottona ciò che prima aveva slacciato, mi guarda fisso negli occhi: questa volta, però, con dolcezza.

«E questo cos'è? Un marchio?» -chiedo ironica; poggiando un indice sotto la mia clavicola, e sfiorando la camicia che 'copre' il misfatto.

Si avvicina al mio orecchio: «Un avvertimento, Alisya. Sei mia.» - sussurra. «Solo mia.»

Trattengo il fiato. Questo sussurro mi fa perdere il lume della ragione e, per qualche strano motivo, decido di non rispondere. Mi accoccolo fra le sue braccia e lui mi tiene stretta contro il suo petto.

Sorrido lievemente. Sono felice.

Un'oretta dopo siamo in macchina, e decido di rispondergli seriamente. «Era Lorena, prima. Domani, nella mia scuola, affiggeranno i quadri con i voti degli esami. Vuole farmi compagnia a vederli.» -spiego.

«Avrei potuto farti compagnia io.» - risponde calmo, tenendo gli occhi fissi sulla strada.

Soffoco una risata. «No, porti il malocchio e va a finire che il mio voto, magicamente, divenia sessanta.» - ribatto. «Nella tua scuola quando li metteranno?».

Ormai siamo a metà luglio, dovrebbero uscire a momenti. «Da noi escono venerdì; sarà perchè abbiamo più classi...» - afferma.

«E' vero, il vostro liceo è ciclopico.» -ridacchio. «Dove andiamo?».

Scrolla le spalle. «Beh, sono le due. Devo mangiare anch'io, o vuoi farmi morire deperito?» -ridacchia, poggiando distrattamente una mano sulla mia gamba.

Beh, non proprio distrattamente.

Incrocio le mie dita alle sue e sospiro, guardando fuori il finestrino. «I tuoi genitori non dicono nulla, che resti fuori casa tutto questo tempo?» - chiedo, curiosa.

Sbuffa. «Non sono un bambino di dieci anni, Alisya. E poi li ho già avvisati.» - ribatte, secco.

«Anch'io mangio con te, ho fame.» -dico, scrollando le spalle.

Dopo alcuni minuti parcheggia dinanzi ad una paninoteca, nel centro di Rimini. Esco dalla macchina e noto che non c'è nessuno, per strada.

«Siediti qui, io vado a prendere i menù.» -dice Michelangelo.

Annuisco. Mi avvicino allo spazio in cui ci sono i tavolini di ferro, coperti dal sole grazie ad una tenda a strisce bianche e blu, sotto cui prendo posto.

Una Audi A1 sfreccia e si ferma di colpo davanti alla paninoteca, costringendomi ad alzare lo sguardo; un uomo, con gli occhiali da sole, ha appena inchiodato la sua macchina a terra, e ora mi guarda con un ghigno davvero inquietante.

Mi manda un bacio, e sfreccia nuovamente via, così come è arrivato.

Sbatto le palpebre, sconvolta. Ma chi era quello?

Faccio una smorfia di disappunto. Il mondo va a rotoli.

Rivolgo l'attenzione al mio telefono, e mando un messaggio a Perla.

Mi rattrista un po' il fatto che lei passi tutto il tempo con Raffaele. Capisco che sono fidanzati, però non vedo perchè debbano isolarsi in questo modo.

Forse sono io che la sto escludendo?

Sospiro. Stasera cercherò di passare più tempo con lei.

Michelangelo prende posto sulla sedia in ferro di fronte e mi passa un libricino che riconosco come menù.

«A che pensi, Ali-chan?» -chiede, tranquillo.

Sorrido. Mi risveglia dallo stato di trance in cui ero caduta, ed arrossisco leggermente: 'chan' può avere il significato di 'piccola' o 'carina', e detto da lui è molto affettuoso.

Decido di confidare quello che penso; dopotutto, sarebbe inutile nascondergli qualcosa, se poi devo tenere il broncio per tutto il pranzo. «Credo che Perla mi stia tenendo fuori da qualcosa

Quello che è fuoriuscito dalle mie labbra, è partito scollegandosi totalmente dal cervello.

Mi correggo subito, ignorando la sua espressione confusa:«Cioè, no. Credo che lei stia passando troppo tempo con Raffaele, ignorandomi.» -dico, scrollando le spalle. «Però non posso neanche dirle qualcosa, dopotutto è il suo ragazzo...».

Aggrotta le sopracciglia. «Qual è il problema, Ali? E' la tua migliore amica, puoi benissimo parlarle.» - si passa una mano fra i capelli.«Oppure organizza qualcosa.»

Sbatto le palpebre, confusa. «Cosa?».

«Non so, una serata fra donne.» -afferma, aprendo il libricino del menù. «Ovviamente, senza brasiliani spogliarellisti.».

Soffoco una risata. «Grazie del consiglio, ci penserò su.» -dico, con gentilezza.

Mi sorride. «Adesso mangiamo, ho fame e questo profumo di carne non aiuta.»

Prima di entrare, controllo l'ora sul telefono: sono le quattro. Entro nello Shine, e vedo Jessica che mi guarda raggiante. «Ciao, Alisya! Finalmente sei arrivata. Devo dirti una cosa, vieni qui!» -esclama, facendomi segno con la mano di raggiungerla.

La guardo, confusa e meravigliata allo stesso tempo. Vado nel retro del bancone, e la vedo intenta a mettere in ordine dei fogli sparsi sul marmo scuro.

Poi, da una cartellina bianca estrae una foto simile ad una Polaroid e me la mostra: capisco al volo, non c'è bisogno di parole.

Jessica aspetta un bambino.

O un fagiolino, non lo so. Quello nell'ecografia ha la forma di un fagiolino.

«Oddio!» - esclamo, portandomi le mani alla bocca. «E' una notizia bellissima, auguri!» -dico, abbracciandola.

Ricambia affettuosamente il mio abbraccio ed io comincio a farle domande a raffica, con un sorriso stampato sul volto.

«Da quanto lo sai?» - chiedo, curiosa.

«Da stamattina, anche se lo sospettavo da un po'.» -risponde, sorridendo.

E' davvero tenera, con l'aria sognante di chi, fra nove mesi, avrà un figlio.

«Di quante settimane è?» -domando, curiosa.

«Quasi un mese.» - risponde, fiera.

«Chissà se è un maschio o una femmina...» -mormoro, sospirando. Sono davvero tanto felice per lei.

Scrolla le spalle. «Per me è indifferente, l'importante è che sia sano.»

Jessica è stata gentile e raggiante per tutto il tempo; vederla così felice mi emoziona, anche se la conosco da poco.

Perla ha insistito per venirmi a prendere, nonostante siano solo le otto e il sole sia appena tramontato. Così entro nella sua macchina, parcheggiata da poco.

«Ti prego, devi raccontarmi quanto sono stata ridicola ieri sera, da uno a dieci.» -chiedo subito, esasperata.

Fa finta di pensarci. «Direi venti.» -ridacchia, mentre mette in moto.

Sbuffo. «Puoi ripetermi cosa ho fatto di preciso a Marta?» -chiedo, allarmata. «Michelangelo ci ha provato, ma lo sappiamo che i ragazzi non sono capaci di spiegare qualcosa, con tutti i dettagli.» - la supplico.

Alza gli occhi al cielo, divertita. Poi, finalmente, ripete quello che è successo ieri sera.

«Sei una figuraccia, Ali...» -soffoca una risata, mente a me viene solo voglia di piangere.

Tiro un lungo sospiro. «Devo scusarmi con lei.» - ribatto, decisa. »Mi sento terribilmente in colpa, per quanto possa essere stata stronza.»

«Mah.» -dice, scrollando le spalle. «Lascia correre. Le passerà.»

Sospiro, ancora indecisa su cosa fare.

«Fermati dal giapponese vicino casa nostra, ho prenotato la cena per due.» -dico, emozionata. So come corromperla.

Dopo circa un'ora e due docce, finalmente siamo sedute attorno al tavolo in legno, con tante confezioni bianche poggiate sopra.

Dopo aver mangiato il ramen, ci catapultiamo sugli onigiri: degusto le sfere di riso con gamberi e maionese, ma ne ho ordinati tanti altri, come quelli al pomodoro con pezzetti di pollo o quelli al salmone.

«Ah, Dio, mangerei onigiri tutta la vita.» dice Perla, a bocca piena. «Li adoro.»

Alzo un sopracciglio. «Tu mangeresti qualsiasi cosa, tutta la vita.» -ribatto, correggendola.

Sospira. «Tu sei il mio onigiri, Ali.» -dice.

Scoppio a ridere:«Questa si che è una grande dichiarazione!»- esclamo.

Deglutisce a fatica, da tutto il riso che ha infilato in bocca. «Puoi dirlo forte.».

Arriccio le labbra, divertita. E' bello passare del tempo insieme a lei. «Li lascio a te questi, finiscili tu.» - dico, spostando avanti alla mia amica la confezione con le sfere di riso.

«Ho preso anche il mochi per me, visto che a te non piace.» -aggiungo, sorridente.

Fa un'espressione disgutata. «Non so come tu possa mangiare roba simile.» -mormora. «E' gommoso, sembra una Big Babol.».

«Beh allora mi auguro che il sushi di Raffaele, non sia tanto orribile e gommoso.» -ridacchio.

Mi lancia un gambero, che precipita sulla mia coscia. «Sei squallida.» - risponde. «Piuttosto, sappi che Michelangelo è stato davvero premuroso, stanotte.».

Scrollo le spalle. «Lo so, me l'ha detto.»

Mi guarda, maliziosa. «Mi sembra di capire che tu l'abbia ringraziato a dovere...» -dice, e il suo sguardo si posa sul mio petto.

Trattengo il fiato, guardando la macchia piccola e violacea, che si intravede dal pigiama. Prima, mentre facevo la doccia, non ci avevo proprio fatto caso. L'avevo rimosso.

Scoppio a ridere, imbarazzata. «Non è come sembra.» -rispondo, agitando le mani.

«Si, come no...» - risponde, scettica.

«Credimi!» - la imploro divertita, mentre un leggero bruciore mi pizzica le guance.

Abbiamo ricominciato a vedere le puntate di Death Note, al computer. Ci siamo addormentate insieme nella stanza di Perla.

«Sei sveglia?» -chiedo, a bassa voce.

«Si.» - biascica.«Che c'è?» - risponde, assonnata.

«Sei il mio mochi.» - sussurro.

Avverto il suo sorriso nel buio della notte e penso a quanto la mia vita stia cambiando così velocemente.

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