Trentatré.

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

Quando mi sveglio, succede qualcosa di molto strano. In un primo momento penso che il cane mi stia leccando la faccia; ma, un attimo...

Non ci sono cani in casa.

Credo.

Successivamente sento un click, tipico del telefono che scatta una foto, seguito da un'imprecazione.

Nel momento in cui apro gli occhi, è ancora tutto molto confuso. La lampada sul comodino è accesa.

C'è Michelangelo seduto sul letto, con lo smartphone puntato nella mia direzione. Lo guardo con la fronte corrucciata, cercando di capire cosa diamine stia facendo. Poi, uno strano formicolio mi attraversa il volto ed io, credendo sia un insetto, mi passo una mano sulla guancia.

Per poi ritrovarmela sporca di un liquido freddo e verde.

«Ma che cazzo...» - mormoro, guardando le dita sporche e appiccicaticce, con gli occhi socchiusi. «Che cos'è?».

Michelangelo mi guarda fisso, senza rispondere. Si avvicina al mio viso ed io non ho la forza di muovermi, non ancora. Sono stanca morta. Ma che diamine sta succedendo?

In un attimo, avverto la punta della sua lingua muoversi sulla mia guancia, con movimenti lenti e decisi. Mi ha leccata.

Sbatto le palpebre.  L'ha fatto davvero?

«Buono.» - mormora, soddisfatto.

Si, l'ha fatto davvero.

«Che problemi hai?»- sbotto, mentre cerco di capire che diamine sia questa robaccia che ho sul viso.

«Volevo vedere se sulla tua pelle avesse più sapore.»- dice sorridendo, come se fosse la cosa più normale del mondo. «È gelato.»

Resto a bocca aperta, sconvolta. Mi ha spiaccicato del gelato in faccia?!

Questo ragazzo ha dei seri problemi.

Mi volto: sul comodino c'è la vaschetta bianca in polistirolo e dentro, appunto, c'è il gelato al thè verde.

«Ti droghi, Michelangelo?» - sbotto, alzandomi dal letto.

«Quando capita!» - allarga le braccia, ridacchiando.

Mi volto, prima che la mia bocca vada in tilt ed io cominci a riempirlo di parole; apro la porta del bagno e mi guardo allo specchio. Ho due strisce orizzontali di gelato sciolto sulla guancia sinistra, mentre ne è rimasto ancora un po' sulla destra.

Ma che problemi ha, penso, mentre mi sciacquo il viso energicamente. Quel ragazzo è impazzito.

Torno in camera; Michelangelo è in piedi, avanti al letto. «Ecco a te un dolce buongiorno!» - esclama, abbracciandomi e strofinando il suo naso al mio.

«A me sembrava il fratello stupido di un gioco erotico.» - sbotto, sincera.

Non risponde. Guardo verso il balcone: fuori è ancora buio, ma si può vedere che il cielo è nuvoloso e minaccia pioggia, che rottura. «Che ore sono?» - chiedo, distanziandomi per stiracchiarmi.

«Sono ancora le cinque e mezza.» -annuncia in uno sbadiglio, sdraiandosi a pancia in giù sul letto.

Ha le braccia e le gambe divaricate a mo' di X, ed il viso impresso sul cuscino.

Le cinque e mezza.

Mi siedo sul materasso, sconfitta.«E perché, diamine, mi hai svegliata un'ora prima, Michelangelo?!» - esclamo, prendendomi la testa fra le mani.

Poggia una guancia sul cuscino, per guardarmi:«Non riuscivo a dormire; ti sto guardando ronfare da ore.».

Sbatto le palpebre, confusa. Ha dei problemi mentali, è chiaro. «E posso chiederti il perché del gelato?» -chiedo, irritata.

Scrolla le spalle. «Perché non avevo niente da fare e volevo prenderti un po' in giro.» -dice, voltandosi e guardando il soffitto.

Sospiro. «Sei davvero un cretino.» - ribatto. Mi alzo e afferro la vaschetta: nel gelato ci sono le impronte delle sue dita. Disgustoso. La richiudo e vado a posarla nel freezer.

Nella mia testa ci sono, in loop, una serie di insulti tutti rivolti a Michelangelo.

Spengo la lampada, lasciando che il buio si diffonda nella stanza.

Sbuffo, stendendomi sotto le coperte, a pancia in su. È maltempo, ecco perché ieri sera tirava vento. Noto che Michelangelo ha chiuso le ante trasparenti del balcone. Quando vivevo nel monolocale, questo era collocato verso l'interno di Rimini, quindi non si avvertiva l'aria fredda dal mare.

«Adesso che sono sveglia, non riuscirò più a dormire.» -dico, sbuffando. «Ti odio. Sei un idiota.»

Avverto il suo indice battere sul mio naso. «Wow, che buon inizio.» -risponde.

Ah, giusto. Siamo 'ufficialmente' fidanzati da meno di ventiquattro ore, ed è la terza volta che dormiamo insieme.

«Hai preso il vizio di dormire da me.» - mormoro, ad occhi chiusi.

«Quindi?» - chiede. Sento che si infila sotto le coperte; si sposta delicatamente, cercando di non togliermi la coperta di dosso, ed io lo apprezzo davvero tanto.

«Quindi toglitelo.» - dico, indispettita. «Sembriamo una coppia di sposini. E poi non sono abituata a dormire con altre persone, tu forse sì,  perché dormivi sempre con Marta, io invece sono scomoda.» - aggiungo.

Aggrotto le sopracciglia. In realtà, non so perché io abbia detto queste cose, cioè, si, le penso, ma... è bello dormire con lui.

Contro ogni mi aspettativa, sorride:«Peccato, io con te dormo davvero bene.» - dice, accarezzandomi una guancia.

Apro gli occhi per alzarli al cielo e, con un movimento brusco, scosto la sua mano, infastidita.

Sospira. «Se ti dà fastidio che io dorma con te, Alisya, perché non me lo dici?» - chiede, serio.

Alzo gli occhi al cielo. «Perché no, perché devi capirlo da solo.» - sbotto, annoiata. Perché non ci arriva?

Resta in silenzio, poi sospira. «Scusami, la prossima volta ti chiederò di firmare un contratto. Ieri sera mi sembravi felice che io fossi qui.».

Rispondo con una serie di grugniti annoiati. Che palle.

«Ti ha dato così fastidio? Diamine, Alisya, era uno scherzo innocente.» -fa una pausa. «Va bè, cerchiamo di dormire un'altra ora, va'.» - dice, girandosi sul fianco e dandomi le spalle.

Restiamo per qualche minuto in silenzio. Michelangelo steso di lato ed io che guardo la sua schiena nuda, per quanto il buio possa permettermelo.

Sei una stronza, Alisya.

Comincio a sentirmi in colpa per come l'ho trattato, dopotutto era uno scherzo stupido. Non mi va di litigare con lui.

Gli picchietto la spalla con un indice, ripetutamente.«Hey...» - sussurro.

«Mh.»- risponde, infastidito.

Mi avvicino a lui, poggiando la testa sul gomito; gli lascio un bacio sulla spalla.«Scusami.» -mormoro.

«Mh.» - risponde, ancora. Mi sembra meno seccato.

Ridacchio:«E dai...» -mormoro, lasciandogli un piccolo bacio al lato della nuca. Si muove leggermente.

Mi mordo il labbro; non so perché, ma questa situazione è davvero, davvero, eccitante.

Finirò per diventare bipolare.

Gli lascio un altro bacio al lato del collo, sporgendomi su di lui; mi poggio sulla sua spalla, aspettando la reazione. Apre gli occhi, sorridendo leggermente, ed io ripeto il mio gesto.

Fa un piccolo scatto, come se dei brividi l'avessero attraversato; si sposta sulla schiena ed io poggio la testa sul gomito, guardandolo fisso negli occhi.

Dopo alcuni sguardi silenziosi, faccio il muso, come a dire 'Perdonami'.

«Se mi dai un bacio, forse ti perdono.» - dice, altezzoso. Menomale.

Ridacchio e gli stampo un lungo bacio sulle labbra morbide e carnose.

Poi, qualcosa cambia.

Credo che questa trasformazione di atmosfera sia dovuta, in parte, al fatto che Michelangelo indossi solo le mutande. Deglutisco. È la seconda volta che lui è in boxer nel mio letto. Nulla di nuovo, giusto?

Giusto.

Forse questo cambio è dovuto anche alla sua mano che mi accarezza il fianco. Ma non attraverso la canotta, proprio il fianco.

Proprio che avverto la sua mano in quel punto del mio corpo e tutto quello che provo si concentra lì, come se non ci fosse nient'altro. Come se, in questo preciso momento, esistessero solo la sua mano ed il mio fianco. Non ha mai fatto così.

Una vocina nella mia testa sta urlando qualcosa di indecifrabile; ha due bandierine in mano e sta agitando le braccia per farsi notare, mentre dinanzi a lei c'è un fuoco con la scritta 'S.O.S.'; ma è troppo lontana, ed io non posso sentirla.

Poi Michelangelo mi bacia e quella vocina la sento eccome: lo voglio.

E non importa che è presto, che ci conosciamo da poco, che a stento siamo fidanzati... Io lo voglio. C'è un sentimento possente, che annienta ogni minima preoccupazione. Io mi fido di Michelangelo. Voglio fidarmi. Voglio fare l'amore con lui.

In questo momento, proprio adesso, è l'unica cosa che desidero fare.

Ci baciamo con veemenza. Le sue mani stringono i miei fianchi, ed io poggio le mie sulle sue guance, avvertendo un leggero pizzicore dovuto alla barba che cresce.

Lo sente anche lui, l'allarme che suona dalla torre di controllo? Perché, nella mia testa, fa un rumore assordante; dalle valvole del cuore sta uscendo del fumo, forse sto andando in tilt. La scritta rossa 'allarme incendio' lampeggia velocemente, impazzita: sarà in tilt anche quella.

Fa per alzarsi ed io, con un movimento brusco, libero i nostri corpi dalle lenzuola. Mi mordo il labbro e lui fa un sorrisetto compiaciuto. Comincia ad esserci un po' di luce, ma non è abbastanza; posso solo vedere i suoi occhi che mi fissano, bramosi.

Ci mettiamo entrambi in ginocchio sul letto, mi tira a sé accarezzandomi la schiena; poggio le mani sul suo petto e lo bacio, ancora e ancora. Non so che mi prende, non so che gli prende. Continuiamo a baciarci, avidamente, come se fossimo insaziabili, come se i nostri baci non bastassero mai. Sposto una mano dal suo petto ai suoi capelli, tirandoglieli leggermente.

Oh mio Dio, sto per farlo con Michelangelo. Sta succedendo sul serio o ho preso sonno di nuovo? Mi allontano di botto, per verificare.

Scuoto la testa:«Si, sta succedendo davvero.» - mormoro mentre lui mi guarda confuso.

Scoppia a ridere e mi fa spinge con delicatezza di lato, facendomi stendere sul letto; mi dà tanti baci a stampo e sorride ancora sulle mie labbra.

«Allora?» - sussurra, tirandomi un labbro con i denti.

Faccio sfuggire un sospiro. «Mh?» - chiedo, civettuola.

Continua a guardarmi negli occhi, spargendo baci sulle mie labbra. «Sei sicura?» -chiede.

Annuisco leggermente; sono troppo felice. «Sì.» -sussurro.

Tra me e Michelangelo, c'è amore ed elettricità. L'ho sempre pensato, e adesso lo so per certo.

Mi rivolge uno dei suoi sorrisi più belli, accarezzandomi il viso con delicatezza, come se fossi di cristallo. Nessuno mi ha mai trattata così; mi sento... amata.

«Sei bellissimo.» -mormoro, sincera. Sei bellissimo. Sei un angelo. E sei mio.

Avverto il suo sorriso. Percorre un sentiero di baci, che va dalla mia scapola all'orecchio:«Anche tu, piccola.» -sussurra, distanziandosi per guardarmi negli occhi.

«Alisya, tu...» - mormora. «Sei il regalo più bello che la vita potesse farmi. Credimi.».

Trattengo il fiato. L'ha detto davvero. Prima che mi vengano le lacrime agli occhi, lo bacio. Poggio le mie labbra sulle sue e, dopo un attimo, le nostre lingue si accarezzano con foga. Lo voglio.

Il mio cuore pulsa energicamente; le sue mani sono sui miei fianchi e avverto la sua eccitazione contro la mia coscia. Vorrei che momenti come questi non finissero mai.

Si separa nuovamente e mi guarda negli occhi, come a chiedere un silenzioso permesso.

Lo vuoi, Alisya?, chiede il draghetto, coprendosi gli occhi.

Sì, è quello che voglio. Ne sono sicura.

Sorrido imbarazzata, per poi baciarlo ancora. Fortuna che è buio, sono sicura di essere tutta rossa. Lentamente, mi sfila i pantaloncini del pigiama; muovo le gambe, per aiutarlo. Non ci credo, sta succedendo davvero.

«Ah, ecco perché prima eri così arrabbiata.».

Tutto si spegne e attorno alla mia testa compaiono tanti punti interrogativi, di colori diversi. «Cosa?» - chiedo, confusa. Ne spunta anche qualcuno in spagnolo, rovesciato.

«Ehm, Ali... Lasciati rivestire, dai, credo ti sia venuto il ciclo.» - dice, portandosi un braccio dietro la testa. «Cioè, a me non cambia niente in realtà, per-».

Spalanco gli occhi. CHE COSA?!

No. Mi rifiuto. Non è vero.

Mi metto subito a sedere e guardo in mezzo alle mie gambe; in effetti, sulle mie mutandine, c'è una macchia rossa bella grande. Sybil, dammi fuoco. Anche se non è ancora giorno, si vede perfettamente.

Ciclo in anticipo, che -ovviamente- non avevo previsto.

Trattengo il fiato. «Oh mio Dio.» - mormoro.

Senza rivolgergli il minimo sguardo, gli strappo i pantaloncini da mano; scendo dal letto in modo disordinato, prendo uno slip pulito dal cassetto e mi catapulto in bagno, correndo.

Che figura, che figura, che figura. Non avrò neanche il coraggio di guardarlo in faccia adesso.

Chiudo, con violenza, la porta alle mie spalle e la sigillo. Accendo la luce, e faccio un gran respiro. Se Michelangelo non fosse in casa, adesso batterei la testa contro il muro dieci volte ma, dato che è nella stanza affianco, mi limito a dannarmi mentalmente.

Getto gli Slip di Satana nella cesta, e mi lavo. Deve essermi appena venuto, perché non mi ha neanche sporcato i pantaloncini del pigiama. Tempismo perfetto, come al solito.

Quando mi sono rivestita, mi siedo davanti alla porta. Poggio la schiena al legno freddo e guardo il soffitto, muta. 

Non riesco neanche a piangere. Mi sento vuota e credo di star trattenendo il respiro da un bel po' di tempo. E, no, non lo faccio per suicidarmi. Semplicemente, lo faccio perché quell'unica volta in cui sono riuscita a sbloccarmi con Michelangelo, ecco che madre natura mi punisce.  Che fosse un segno del destino?

Scuoto la testa, afflitta.

«Ali, esci.» -dice Michelangelo, bussando alla porta.«Dai...».

Sto per urlare. Si, decisamente: se apro bocca, mi scappa un urlo. Mi porto le mani alle guance, fingendomi la protagonista de l'Urlo di Munch.

Si sente un tuono: ha cominciato a piovere. Potrebbe andare peggio di così?

Che diamine, sembro la versione femminile di Charlie Brown.

Stai esagerando, Alisya!, dice Sybil, preoccupata.

No, non è vero, non sto esagerando. Chiunque avrebbe fatto così, al mio posto.

Mi alzo e, con me, cerco di alzare la mia dignità, fallendo miseramente. Chiudo la porta, ed esco dal bagno, con lo sguardo basso. Mi impongo di non piangere. Ho quasi diciannove anni, non posso farlo per una cosa del genere.

Michelangelo è fuori la porta; posso solo vedere i piedi nudi ed i jeans chiari che aveva ieri sera, quando è arrivato.

«Vieni qui, scema.» -dice, tirandomi per un braccio e trascinandomi nella mia camera.

«Sono ancora le sei e quindici. Fra un quarto d'ora suonerà la tua amata sveglia.» -afferma, sdraiandosi sul letto. «Quindi vieni qui, perché dobbiamo parlare.».

Sbuffo, stendendomi al suo fianco. Di cosa dobbiamo parlare!?

Fortuna che la luce è spenta, devo avere un'espressione alquanto discutibile.

«Ti ricordo che io ho una madre ed una sorella, quindi non mi scandalizzo per queste cose.»- comincia. «E poi, un buon marinaio naviga anche nel mar Rosso!» - esclama, allungando un braccio e fingendo di avere una spada in mano.

Il modo in cui lo dice, mi fa scoppiare a ridere. Anche lui ridacchia e mi stringe a sé, così mi rannicchio sotto il suo collo. Sybil, dammi fuoco.

«Dannazione, c'ero quasi...» - fa un gesto con le braccia. «Tu credi di essere sfigata, e io invece?»- aggiunge.

Ridacchio, ancora. «Ritenta, sarai più fortunato.» - sospiro, ironica. «Lo sai, vero, che vorrei essere tre metri sotto terra?» - mi lamento. Viva la sincerità.

«Moccia dovrebbe farci un libro.» - dice, girandosi su un fianco per guardarmi negli occhi. «Tre metri sotto terra.».

«Già.»- annuisco, mordendomi l'interno della guancia.

«Per un po' di sangue, Ali? Sei seria?» - esclama, accarezzandomi i capelli con una mano. Un po' di sangue!?

Sbuffo. «Non puoi capire.»- ribatto. Ed è vero: non può assolutamente capire.

«Lasciamo stare questo, okay?» - dice. Allunga un braccio, circondandomi il ventre:«Quindi, mi sembra di capire che tu lo faresti con me.» -aggiunge, beffardo.

Alzo gli occhi al cielo, divertita. «Così sembra.».

Mi stringe di più, rannicchiandosi con la testa sotto il mio collo. «Io con te ci voglio fare l'amore, Ali. Quello vero.».

L'amore? Quello vero? Ma che cosa sta dicendo?

Mi giro sul fianco per guardarlo meglio. «Tu non l'hai mai fatto?» -chiedo. «L'amore vero, dico.»

Scuote la testa. «No.» -sussurra. «Non sono mai stato così coraggioso.»- dice, con un sorriso amaro.

Corrugo la fronte, confusa. «Ci vuole coraggio?».

Scrolla le spalle. «Secondo me sì.» -ribatte. «Quando tu fai sesso con una persona, è un rapporto fine a se stesso, perché tanto... quando hai finito, non ti frega se ci sarà una prossima volta, non ti importa più di tanto come andrà a finire. È un rapporto privo di sentimenti.».

Sbatto le palpebre. Si riferisce al suo rapporto con Marta?

Comunque, deve essere sveglio da tanto, per intraprendere discorsi simili; però mi piace tanto ascoltarlo. «Si, è vero.». mormoro.

«Invece, fare l'amore è diverso.»-sussurra. «Ci vuole coraggio, Ali... ad affidarsi a qualcuno in questo senso. Perché ti esponi totalmente, è come se l'altro avesse il coltello dalla parte del manico. Quel coltello glielo porgi stesso tu, però. È questa la forza dell'amore.».

Quindi, l'amore è un suicidio.

Deglutisco. «Tu con me stai avendo questo coraggio.» - mormoro. 

Anche se l'ho detto come un'affermazione, in realtà è una silenziosa domanda. Non capisco dove voglia andare a parare.

Annuisce. «Si, Ali.».-afferma. «Tu stai aprendo il mio cuore, quello che avevo accantonato da tempo.»- dice.

Ho come l'impressione che non stia parlando più di Marta, ma lascio perdere. «Anche io sto diventando più coraggiosa.» -sussurro. «Credo.»

Mi dà un bacio sulla guancia. «Sono onorato.» -dice, ridacchiando.

Alzo un sopracciglio. «Non ho parlato di te..». Anche se è a te che mi riferisco.

«Sì, certo...» -risponde, beffardo.

Restiamo per alcuni minuti in silenzio. Noi stavamo per fare l'amore. Quello vero, a detta sua. Quello in cui bisogna avere coraggio.

Deglutisco, sconfitta. «Lo pensavi davvero, quello che hai detto... prima?» -mormoro.

Mi guarda, quasi offeso:«Certo che lo pensavo.» -sbotta.

Soffoco una risata. «Perché non riuscivi a dormire, stanotte?» -chiedo, curiosa.

Sospira, guardando il soffitto. «Perché pensavo a noi.».

Mi immobilizzo. Panico. Cosa avrà pensato?

«E cosa pensavi, di preciso?» -domando, accarezzandogli i capelli.

«Mah, sai...» -dice, scrollando le spalle.«Non mi sono mai sentito così. Serate a divertirsi insieme, ad uscire, a parlare...».

Sbatto le palpebre, confusa. «Ehm, non sono cose che fanno tutti i normali fidanzati?»- chiedo.

«Non tutti.» - ribatte. «Io e Marta eravamo diversi. Io con lei.. non ho mai fatto l'amore... Non in quel senso.» -aggiunge, dinanzi alla mia espressione disorientata.

«Abbiamo sempre e solo fatto sesso. Niente di che, nulla di coinvolgente, se non fisicamente. Me ne sto rendendo conto solo adesso. Buffo, no?» -continua, passandosi una mano fra i capelli.

Sospiro, arricciando le labbra. Non ho motivo di essere gelosa. Non devo immaginare Marta e Michelangelo che fanno sesso. Perché, diamine, lì sto immaginando!?

Scuoto la testa. «Come era il vostro rapporto?» -chiedo, curiosa. Vuoi davvero saperlo, Alisya?

Sembra quasi sorpreso dalla mia domanda. «Non uscivamo quasi mai, anzi... A stento si può definire un 'fidanzamento', il nostro. Anche se siamo stati un anno insieme, io non le ho fatto mai conoscere i miei ed io ho conosciuto i suoi solo per Raffo. Suonavamo insieme e tutte le persone che seguono i Mirrors ci... com'è che si dice?» fa una pausa. 

«Ci  shippavano. Eravamo più  scopamici, ecco, forse questo è il termine adatto.  Poi, quando lei mi ha lasciato per un altro, ho cominciato ad andare a letto con altre ragazze, sempre per distrarmi. Ma alla fine tornavo sempre da lei e lei tornava sempre da me."

Ascolto ciò che dice, con attenzione. Poi mi faccio coraggio, e glielo chiedo. «E ora, Michelangelo?».

«Ora ci sei tu, Alisya.»- sbotta, subito. «Tu sei quella giusta» - sorride, lasciandomi un bacio a stampo.

La nostra conversazione è interrotta dalla sveglia. Menomale, altrimenti -dalla piega che aveva avuto il nostro dialogo- avremmo finito col parlare anche di me. Non so come possa reagire, al fatto che io abbia perso la verginità con uno dei suoi amici.

Dopo aver ascoltato il mio breve racconto, Perla mi scoppia letteralmente a ridere in faccia, battendo un pugno sul tavolo:«Oh Dio, Alisya, avrei voluto vedere la sua faccia mentre correvi in mutande!».

La guardo divertita e con un'espressione offesa. «Non c'è niente di divertente!» - ribatto, infilzando l'ultima pennetta al sugo.

«Oh, invece si!» - risponde, calmandosi e facendosi aria con una mano. Si alza, prende i piatti e li poggia nel lavello.

Ci stendiamo sui divani, io su quello di fronte alla TV, lei su quello al lato. Accendo distrattamente la televisione e faccio zapping, imbattendomi in una puntata dei Simpson.

«A che ora viene Lucia?» - chiedo.

Dato che è maltempo, l'abbiamo invitata a casa per vedere un film e stare tra ragazze, ed io le ho proposto anche di dormire da noi.

«Le ho detto di venire per le sette. Voglio riposare un po'.» - spiega. «Piuttosto, quando va in ferie lo Shine?» - domanda..

Aggrotto le sopracciglia. Perché me lo chiede? «Se non sbaglio tutto agosto.» - rispondo.

«Miiinchia.» -dice, meravigliata. «Beh, meglio così.».

«Ah! A proposito... Avete una cassaforte in casa?» -domando. «Lorena mi ha dato dei soldi, e allora...».

Sbatte le palpebre:«Si, ce l'abbiamo.»- annuisce, debolmente. «Dopo li mettiamo lì.»

«Okay, menomale.» - rispondo, sollevata.

Ad un tratto, si mette in piedi, dinanzi al divano dove sono stesa. Incrocia le braccia, e si accarezza il mento:«E quindi, Alisya in Wonderland stava per andare a letto con un bel fusto..." cantilena.

Alzo gli occhi al cielo. «Non chiamarmi così!» - sbotto, infastidita.

Ridacchia. «Pare che Marta stia uscendo con un altro ragazzo. Un tipo più grande di lei.» -dice, aspettando la mia reazione.

Storco la bocca. «Tu che ne sai?» -chiedo, facendo un cenno nella sua direzione.

«Raffaele.» -ribatte, scrollando le spalle. «Quindi...»-mormora.

Soffoco una risata. «Quindi, fuori uno.».

Lucia mi ha scritto su Whatsapp che sta arrivando, la accompagnano i suoi genitori.

Ha smesso di piovere, ma tira sempre un forte vento. È ipnotico il movimento delle onde visto da quassù.

Dopo qualche minuto, squilla il citofono, così Perla si alza per rispondere, mentre io sistemo le ultime cose nella sua camera. Abbiamo unito i due lettini, il suo e quello di sua sorella Giulia, e abbiamo poggiato il computer su una sedia.

Sento la voce di Lucia da lontano, così vado in salone per raggiungerla.

Indossa un leggins nero con una maglia brillantinata bianca, che le arriva a metà coscia; i capelli neri sono un po' mossi, le ricadono sulle spalle, e le scarpe sono fortunatamente asciutte. Dio, menomale, altrimenti avrei dovuto pulire.

Noto che ha una busta fra le mani ed uno zaino su una spalla. «Ciao Alisya!» - mi saluta, dandomi due baci sulle guance.

«Ciao Lucia, ma che hai portato?» - chiedo, curiosa.

«Nutrimento.» - dice, porgendomelo.

Nessuna convenzione ridicola come 'Oh, non dovevi!'. «Grazie, darling. Qui abbiamo solo i pop corn, che qualcuno ha già cominciato a mangiare.» - alzo un sopracciglio, rivolgendomi a Perla.

Andiamo in camera; Lucia ha portato le ciabatte, dato che deve dormire qui stanotte: delle pantofole rosa carinissime e a forma di gatto. «Sono kawaii le tue ciabatte. Te le ruberò, sappilo.» -dice Perla, guardandola di sottecchi.

Si stendono sul letto; Lucia si mette al centro e ha sulle gambe il recipiente pieno di caramelle gommose e marshmallow. Faccio partire lo streaming, e mi stendo anch'io.

'Tre metri sopra il cielo' è stato scelto casualmente da queste due al mio fianco. Io odio quel film, ma non voglio fare il Brontolo.

Lucia e Perla hanno visto il film, facendo alcuni commenti in sottofondo, e alcuni versi come 'Ohh, che dolci', 'Ohh, che figo'. 

Inutile dire che, dopo un'ora e mezza, siamo tutte e tre in lacrime; miseriaccia, non posso piangere per un film.

Mentre  Babi  e  Step  si lasciano, cantiamo a squarciagola "Sere nere" di Tiziano Ferro. È una scena davvero straziante e ridicola.

Guardo fuori: è già buio, sono le nove. Mi avvicino al computer, per chiudere la pagina di Google.

«Ragazze...» - mormora Lucia, tirando su col naso.

«Si?» - chiediamo io e Perla, in coro.

Incrocia le braccia, beffarda. «Vogliamo distruggerci totalmente?».

Ed ecco che, dopo qualche ora, stiamo piangendo per il sequel   'Ho voglia di te.'

Sto diventando troppo sentimentale. Dovrei seriamente smetterla.

Questa volta la situazione è davvero, davvero, tragica. Mentre  Gin  e  Step  si promettono eterno amore, c'è quella strana sensazione di vuoto che mi assale, quella che si prova quando si termina un libro o un film.

«E ti scorderai di me, quando piove i profili e le case ricordano te; e sarà bellissimo perché gioia e dolore han lo stesso sapore con teeee...» - urliamo; sembra più un canto funebre, però mi diverto.

Nessuna delle tre ha fame, dato che Lucia ha portato tanto cibo spazzatura, che abbiamo mangiato durante i film.

Dopo aver indossato i nostri pigiami, ci corichiamo sul letto, tutte e tre ancora un po' scosse e con gli occhi gonfi. È una scena molto comica.

Mentre Perla e Lucia sono al telefono con i loro genitori, mi dedico un po' a Facebook.

Perla mi ha convinta, con uno dei suoi discorsi da controcorrente, così ho deciso di staccarmi un po' dall'account. Mi sembra ovvio che, prima, io debba fare un  tour  nel profilo di Michelangelo.

Noto che non posta molte foto; ce ne sono alcune in cui è maledettamente  gnoccone, come aveva detto quella ragazzina, al Rose&Crown. Mi meraviglia vedere così tanti scatti con Lucia, c'è ne anche uno con Marta.

Michelangelo ha un completo elegante, giacca e cravatta, mentre Marta è incantevole, nel suo vestito blu. Cavoli, quanto è bella...

Sono due divinità scese dal cielo; per quale assurdo motivo ha scelto una come  me?

Mando queste foto sul gruppo Whatsapp, che Perla ha creato: lo "Sleepover Club" -sì, l'ha creato sul serio.

E' divertente ascoltare le notifiche che arrivano -nello stesso momento- sui cellulari delle mie amiche. Dopo un po' attaccano e si siedono sul letto, controllandole.

Lucia si volta di scatto, trattenendo il fiato. «Non sarai gelosa, vero?» -chiede, dopo aver visualizzato. Alza le mani:«Sono la cugina, sangue del suo sangue!».

Ah, ecco spiegato tutto.

«I parenti sono i meglio serpenti.» - esclama Perla, scuotendo la testa. «Al sud si dice così.» -aggiunge, dinanzi ai nostri sguardi confusi.

Alzo un sopracciglio, sorpresa. «Siete cugini?» - chiedo, retoricamente. «Comunque, avete visto la foto con Marta?».

Perla scuote la testa, rivolgendosi a Lucia. «Nulla da fare, è inutile.».

«Quando lo capirai, che lui non se ne frega più niente di Marta?» -sbotta Lucia. «Almeno, non in quel senso.».

«E poi, adesso è fidanzata!» -esclama Perla.

Lucia si volta di scatto nella sua direzione.«Davvero?».

Perla annuisce, come una fiera portatrice di gossip.

«Sì, e si amano così tanto che l'altro giorno lei ha baciato Michelangelo sul palco. Amore vero!» -esclamo, ironica.

Lucia si raddrizza sulla schiena, guardandomi negli occhi. «Stammi bene a sentire,  Alisietta, perché a me non piace ripetere le cose due volte.».

Wow, che tigre. Alzo le mani, divertita. «Okay,okay, basta che non mi spari.».

Sbuffa. «Non ho mai visto mio cugino così attratto da qualcuna e, credimi, dopo tutto quello che ha passato... finalmente lo vedo sorridere. Tu puoi essere davvero in grado di renderlo felice.»- dice, con un tono dolce ma allo stesso tempo deciso.

Sbruffo sonoramente. «Va bene.». Meglio finirla qui. Perché ho come l'impressione di non sapere qualcosa?

Scuoto la testa, guardando una notifica che mi arriva sul cellulare. Michelangelo mi ha scritto che i ragazzi si sono riuniti per suonare un po' stasera, nel suo garage. 

So che sembro ridicola, so che è una cosa anormale, ma mi manca averlo qui. Certo, questo non nega il fatto che io stia trascorrendo una piacevole 'serata fra donne'.

«Lucia, adesso vogliamo sapere  qualcosa  di te.» -dice Perla, accarezzandosi il mento. «Sputa il rospo.».

La guardo, seccata. Mi dispiace tanto per te, Lucia. Adesso sei tra le sue grinfie, non si scappa.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro