Aurora

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng


Marte,

2 gennaio 16, ore 9:18

Nuova Roma, Tharsis

Appartamento 405 del Quadrante A


Mi svegliai tardi, ancora scombussolato dal viaggio interplanetario. Mi sarebbe piaciuto svegliarmi con una tazza di caffè, ma su Marte è estremamente raro, perché bisogna importarlo dalla Terra: è un lusso riservato alle alte cariche dell'amministrazione, che ne ricevono una piccola fornitura mensile.

Mi passai una mano sul viso, sentendo la barba ispida sotto le dita: ero abituato a radermi ogni mattina, ma anche quella era un'abitudine che avrei perso rapidamente su Marte: la schiuma da barba non viene prodotta né importata, in quanto giudicata "superflua". Avrei dovuto abituarmi ai rasoi elettrici.

Mi soffermai sulla mia immagine riflessa nello specchio del bagno: una volta di più, dovetti constatare che la mia età iniziava a farsi vedere: i miei capelli erano ormai più grigi che castani. Ma non mi importava, l'età non mi avrebbe impedito di continuare il mio lavoro ancora per molti anni a venire.


Mi decisi a finire di leggere i dossier, ancora in preda al sonno.

Maria Da Silva, quarantadue anni, nubile, era di origine messicana da parte di padre. Appena un anno prima della propria morte, era stata nominata amministratrice della compagnia di distribuzione energetica planetaria, la Mars Energy Distribution Company, nota come MEDCO, dopo una rapida scalata delle gerarchie aziendali.

Come il nome lasciava intendere, la società si occupa di distribuire in tutto il pianeta l'energia elettrica, prodotta prevalentemente dalle centrali a fusione nucleare, solari o eoliche.

Non ero mai stato bravo con i numeri, ma immaginai che i guadagni della società fossero stellari.

La signorina Da Silva era stata trovata morta, avvelenata da una tossina sconosciuta, nella residenza privata che la MEDCO mette a disposizione del proprio amministratore: si tratta di una villa appena fuori città, sulla riva del Flusso di Romolo, il corso d'acqua che scorreva dalle Valles Marineris.

Misteriosamente, le telecamere di sicurezza della villa non avevano notato nulla di anormale.

Contattai la MEDCO chiedendo di poter ispezionare la villa, nella remota eventualità che celasse ancora qualche indizio sfuggito alla Sicurezza Planetaria; con la morte di Da Silva, la villa era ora usata dal nuovo amministratore, Micheal Waters, che accettò senza opporsi.


Prima di uscire di casa, diedi un'ultima occhiata alla temperatura esterna sul computer di bordo dell'auto: 5° C. Faceva abbastanza freddo, nonostante Nuova Roma fosse vicina all'equatore del pianeta: anche dopo tutti i cambiamenti apportati al clima, Marte era ancora qualche grado più freddo della Terra.

La terraformazione aveva complessivamente alzato la temperatura media del pianeta da -63°C a -5°C, venti gradi meno rispetto alla Terra; le temperature massime, in estate, potevano superare i quaranta gradi in alcune zone dell'emisfero australe, il che era complessivamente un risultato eccellente. L'Oceano Boreale e il Mare di Hellas, un vasto mare interno nell'emisfero meridionale del pianeta, contribuivano a mitigare ulteriormente il clima delle zone limitrofe, ma al polo sud le temperature potevano ancora scendere sotto i -100°C.

Seppure non fosse confortevole come quella terrestre, questa temperatura era stata giudicata adeguata alla colonizzazione della fascia centrale temperata compresa fra l'isola di Elysium e il Mare di Hellas.

Come se il freddo non fosse abbastanza, il ciclo stagionale marziano è piuttosto diverso rispetto alla Terra, un problema impossibile da risolvere: l'orbita di Marte è molto più eccentrica di quella terrestre, portando l'emisfero sud ad avere estati corte ma molto calde, e inverni lunghi e freddi; inversamente, nell'emisfero nord le variazioni di temperatura sono minori, con inverni corti ma temperati ed estati lunghe ma fresche.

Io, personalmente, non amavo affatto i climi freddi. Non appena fossi tornato sulla Terra, mi sarei preso una lunga e meritata vacanza alle Hawaii, o alle Canarie.

Mi coprii il più possibile con guanti, sciarpa e giubbotto, ma quel giorno soffiava un vento gelido che sembrava penetrare fin dentro le ossa. Ero sul pianeta da nemmeno due giorni, e già odiavo il clima marziano.

Uscito di casa, presi un'auto elettrica della MPS,  inserii la modalità autoguidata e lasciai che l'auto si spostasse da sola.



Ore 10:22,

Costa del Bacino di Aurora



L'auto si fermò al termine della strada asfaltata: operando quasi esclusivamente in città, la MPS non programma i propri mezzi per il fuoristrada.

Fortunatamente, ero quasi arrivato a destinazione: passai ai comandi manuali e procedetti verso la villa, seguendo la riva del Flusso di Romolo. 

Stando a ciò che avevo imparato dalla mappa interattiva del pianeta, l'enorme sistema idrico noto come Flusso di Romolo ha origine da numerosi ghiacciai dell'Altopiano di Tharsis, fluendo poi nei canyon delle Valles Marineris dove raggiunge in diversi punti una profondità di svariati chilometri, ben superiore a qualsiasi fiume terrestre. La profondità decresce via via che dal canyon si passa ai canali di deflusso scavati dall'acqua preistorica in epoche lontanissime; inversamente, la larghezza aumenta a dismisura fino a raggiungere la dimensione di un piccolo mare, che riempie con le sue acque una serie di quattro bacini, che sono, in ordine, i bacini di Eos, di Aurora, di Ganges e dell'Idra. Il Bacino di Aurora, sulla cui riva sorge la capitale, è il più grande dei quattro.

Superato l'ultimo bacino, il Flusso sfocia nell'oceano presso le Isole Romane, oltre Nuova Roma.


Arrivai davanti alla villa e spensi l'auto davanti all'ingresso, dopodiché aprii il portaoggetti del cruscotto e ne estrassi un paio di occhiali, una fornitura standard del SAS a tutti i suoi agenti: all'interno della montatura era inserito un micro-computer all'avanguardia, che consentiva di scattare foto, connettersi a Internet e analizzare in tempo reale ciò che l'utente vede. Erano uno strumento preziosissimo, che rendeva molto più facile qualsiasi indagine.

Portai con me anche una pistola d'ordinanza della MPS: erano pezzi d'antiquariato se paragonate alle armi ipertecnologiche del SAS, ma pur sempre efficaci. L'unico accessorio di cui erano dotate era un piccolo processore, che connettendosi con quello degli occhiali faceva apparire sulle lenti un reticolo di puntamento e il conteggio dei colpi nel caricatore: sostanzialmente, si risparmiava il peso di un mirino.


La villa della MEDCO sorgeva nei pressi di una bassa scogliera, che sovrastava la zona altrimenti pianeggiante. L'architettura era simile alla maggior parte degli edifici marziani, squadrata e con pochi fronzoli estetici: gli sprechi di risorse sono da sempre ridotti al minimo su Marte, in tutti i settori. Poco viene concesso all'estetica, escludendo gli edifici pubblici.

Arrivai rapidamente davanti alla porta d'ingresso. Con un sussulto, notai che era appena socchiusa.

Qualcosa non andava: nessuno lascerebbe la porta aperta con questo freddo.

«Accensione.» sussurrai, e le lenti degli occhiali si illuminarono leggermente. Estrassi la pistola e aprii con cautela la porta, ma esitai un secondo prima di entrare: stavo forse esagerando? Il signor Waters poteva non essere in alcun pericolo, e di certo non avrebbe reagito bene a un'irruzione in casa propria.

Improvvisamente, dall'interno risuonò un forte tonfo, come se qualcuno avesse scagliato un oggetto contro un muro. Sparito ogni dubbio, corsi dentro.

Un urlo risuonò da una delle stanze; scattai in quella direzione, trovandomi davanti a una porta divelta dai cardini: all'interno trovai il signor Waters, pallido per la paura, tenuto sotto tiro a bruciapelo da un uomo, le cui fattezze erano completamente celate da una tuta mimetica.

«Non ti muovere!» intimai allo sconosciuto, puntandolo.

Lui mi ignorò completamente, e sparò un colpo contro Waters.

Risposi al fuoco, ma con mia enorme sorpresa il proiettile non ebbe quasi alcun effetto sull'uomo, che venne solo sbilanciato dall'impatto.

Non avevo mai visto nulla di simile: era una sorta di corazza balistica ultraleggera?

Girandosi, l'uomo estrasse una sfera di metallo dalla bandoliera che portava sul torace, e la lanciò in aria. Quasi istantaneamente questa iniziò a emettere una spessa coltre di fumo tutto intorno a sé.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro