Grande Inaugurazione

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24 gennaio 16, ore 18:14

Appartamento 13, quadrante C



Mancava poco più di un'ora all'inizio dell'inaugurazione; mentre aspettavo Mei Ling, riguardai tutto quello che sapevamo sull'uomo che avremmo dovuto affrontare, Wun Sen. Il nostro piano si basava interamente sul predire le sue mosse, e sarebbe stato molto rischioso: un nostro errore avrebbe portato a una strage.

«Le spie di Deng, come ti ho già detto, operano in cellule isolate: la mia era composta unicamente da me e Wun Sen.» mi aveva spiegato Mei. «Abbiamo lavorato insieme per sei mesi fra Ilion e Victoria, dopodiché ci siamo divisi e non siamo più rimasti in contatto. Ma lo conosco, e so cosa farebbe in una situazione come questa: non mi sfuggirà.» aveva garantito.

Dal canto mio, non sapevo ancora se potessi davvero fidarmi di Mei: tutto quello che mi aveva detto finora avrebbe potuto con facilità essere una menzogna, ma non avevo altre alternative se volevo trovare Wun Sen. In ogni caso, sarei stato uno sciocco se non avessi preparato una garanzia contro di lei.

«Sono pronta.» disse Mei, uscendo dalla sua stanza.

Indossava un elegante vestito nero molto scollato che contrastava perfettamente con la sua carnagione chiarissima: le arrivava al polpaccio, con uno spacco che scopriva la gamba destra fino alla coscia.

Non potevo negare che fosse una delle donne più affascinanti che avessi mai visto, ma mi sforzai di rimanere completamente impassibile. «Non è un'ottima scelta per nascondere un'arma.» constatai.

Per tutta risposta, Mei alzò teatralmente di qualche centimetro lo spacco del vestito. Appena al di sopra, portava una fondina legata alla coscia, dove era riposta una pistola silenziata; io invece portavo la mia nascosta all'interno della giacca.

«Se sei pronta, Mei, è ora di muoverci.» dissi prendendo le chiavi dell'auto che mi ero fatto prestare dal governatore per l'occasione.

Lei, palesemente irritata per la completa assenza di una mia reazione, prese in mano una borsetta e mi venne dietro senza parlare.



24 gennaio 16, ore 19:30

Spazioporto di Ilion



Una piccola folla si era radunata davanti all'entrata principale dello spazioporto, dove attendeva l'arrivo del governatore.

Dagli edifici circostanti, una ventina di cecchini teneva d'occhio gli ingressi, e altri uomini della Sicurezza erano nascosti in mezzo alla folla, ma non avrei fatto affidamento su di loro: servivano più che altro a tranquillizzare il governatore. I cecchini erano comunque in contatto radio con me, pronti a fare fuoco a un mio ordine qualora avessi individuato il nostro bersaglio.

La serata era decisamente gelida, ma Mei Ling al mio fianco sembrava perfettamente a suo agio nonostante non fosse certo vestita pesante; da come spostava lo sguardo da un'uscita all'altra, sapevo anche che era pronta all'azione quanto me.

Il governatore arrivò cinque minuti più tardi, insieme al responsabile dello spazioporto; entrambi tennero un breve discorso a cui non prestai la minima attenzione, al cui termine tutti si spostarono all'interno per la cerimonia d'inaugurazione vera e propria.

«Wun Sen colpirà adesso.» disse Mei.

«Sempre che si faccia vedere.» replicai. «Tutto il piano si basa sulla tua buonafede: è un grosso rischio da parte mia.»

«Non mi pare: se Wun Sen non si fa vedere non perdi nulla. Se invece si fa vivo, lui muore e tu ti prendi il merito dell'operazione.»

«Spera di aver ragione: se qualcosa andasse storto e dovessi scoprire che hai mentito, mi assicurerò che tu non esca viva da qui.»

«Non mi aspetterei niente di meno.» rispose Mei, rivolgendomi il suo consueto sorriso beffardo.

Mentre percorrevamo i corridoi della nuova ala, notai la grande quantità di telecamere che sorvegliava ogni angolo o, per meglio dire, che avrebbe dovuto. In realtà, il sistema di sorveglianza non era stato ultimato, e non lo sarebbe stato ancora per qualche mese; nonostante questo l'apertura della nuova pista di atterraggio non poteva attendere, o si sarebbe persa la finestra di lancio: anche per questo motivo la cerimonia era un'occasione così ghiotta per Wun Sen.

La nuova ala dello spazioporto, molto più lussuoso di quello di Nuova Roma, comprendeva un ristorante con veduta panoramica sulla città, all'ultimo piano, dove si sarebbe tenuta la cerimonia di inaugurazione: gli invitati sarebbero stati stipati in uno spazio relativamente stretto, dando a Wun Sen un'ottima occasione per colpire, ma il rischio di vittime collaterali era molto alto.

Di per sé, non mi importava molto della sopravvivenza del governatore: era un uomo decisamente poco amato dal Comando Centrale dell'Alleanza e, come avevo scoperto a Victoria, noto soprattutto per le sue ridicole richieste riguardo quali animali o piante introdurre sul pianeta; non nutrivo alcun dubbio su di una sua rimozione dall'incarico in tempi brevi.

La sorte degli altri partecipanti mi era altrettanto indifferente: catturare o uccidere Wun Sen era la priorità, a qualsiasi prezzo. Se fosse rimasto a piede libero, avrebbe potuto provocare danni ben peggiori di qualche morto, e dal mio punto di vista se anche ci fossero state vittime ma avessi ugualmente catturato Wun Sen, avrei comunque considerato la missione un successo.

Al contrario, se Wun Sen non avesse abboccato non sarebbe di certo morto nessuno, ma tutta questa operazione sarebbe stata uno spreco di tempo.

Arrivammo al ristorante, dove per l'occasione erano stati rimossi i tavoli ed era stato preparato un buffet insolitamente abbondante per gli standard marziani; alcuni condizionatori emettevano aria calda, facendo salire la temperatura della stanza di un paio di gradi rispetto al freddo gelido della serata.

Mentre aspettavamo che tutti gli invitati finissero di arrivare, io e Mei ci tenemmo nei paraggi del governatore, che ancora conversava con il gestore dello spazioporto. «Come ti dicevo prima, Julian, la nuova pista d'atterraggio era necessaria: la popolazione del pianeta ha superato i quattro milioni, e non possiamo produrre tutto. Il legno, ad esempio, deve essere per forza importato dalla Terra.»

«Spero che l'aumento previsto del turismo a Ilion basti a coprire le spese.»

«Senza dubbio: non mancano terrestri ricchi disposti a spendere una fortuna per visitare Marte.»

Improvvisamente, mentre tutti gli ospiti erano distratti dal cibo o dalle conversazioni, nella stanza si diffuse rapidamente un odore a me familiare. «Cloroformio.» sussurrai.

Mei sorrise con aria trionfale. «Wun Sen è qui.»

Nell'arco di pochi secondi, tutti i presenti stramazzarono a terra. Tutti tranne due: Mei Ling, e io.

Mei si diresse verso le porte in vetro scorrevoli del ristorante, che rimasero ostinatamente chiuse. «L'apertura è stata disattivata.»

«Lascia fare a me.» dissi, raggiungendola.

Colpii la porta con un pugno del mio braccio artificiale, mandando il vetro in mille pezzi.

«Esibizionista; un calcio sarebbe bastato.» commentò Mei mentre rimuovevo i frammenti per aprire un passaggio abbastanza grande.

«Vantaggi del non provare dolore.»

Distrutta la porta, riportai la mia attenzione sulle persone svenute.

«Quanto tempo hanno?» chiesi a Mei.

«Un'ora circa, credo: per essere svenuti così rapidamente, il cloroformio dev'essere molto concentrato, e quindi letale.»

Ovviamente non lo era per me, in quanto all'interno dei miei polmoni veniva scisso in carbonio, idrogeno e cloro: quest'ultimo era però velenoso di per sé, quindi non avrei potuto restare esposto molto a lungo.

In quanto a Mei, non avevo idea di quali impianti possedesse, ma era chiaro che il cloroformio non avesse effetto su di lei.

«Bisogna portare tutti fuori di qui prima che muoiano: pensaci tu, io mi occupo di Wun Sen.»

Annuii, e le passai un radioauricolare di scorta che avevo portato con me in una tasca della giacca.

«Contattami quando lo avrai preso.» le dissi, indossando l'apparecchio gemello.

«Mi aspettavo che ti opponessi.» esclamò lei, piuttosto sorpresa.

«E perché mai? I cecchini hanno l'ordine di sparare a chiunque esca dallo spazioporto fino al mio contrordine: Wun Sen è morto nell'istante in cui è entrato, semplicemente non lo sa ancora.»

Mei annuì, e iniziò ad allontanarsi.

«Spareranno anche a te, se qualcosa andasse storto.» le dissi, facendola voltare. «Non credere di potermi ingannare.»

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