BANSHEE (Pov Lily)

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Ancora oggi continuo a pensare che ognuno sia artefice del proprio destino.

Adesso però riconosco che non tutte le persone sono abbastanza forti da plasmare la propria vita,

e provo più indulgenza nei loro confronti di quanta non ne avessi all'epoca.

(Nana)

Lily's Pov

«Sei stanca?» Elisabetta mi porge una borraccia appena atterro, sgraziata come il pellicano della Sirenetta . Faccio scomparire le ali e bevo avidamente senza nemmeno ringraziarla. Ho la lingua gonfia dalla sete e non riesco a parlare, della carta vetrata mi raschia la gola ogni volta che deglutisco. Gliela restituisco e mimo un bacio, mi accarezza la fronte scostandomi i capelli sudati dagli occhi.

Poco dopo dietro di me atterra Marco, si avvicina e mi sfiora il braccio con una lieve carezza. Ci scambiamo uno sguardo d'intesa prima che prenda la borraccia dalla mano di Elisabetta, beve un sorso e le fa cenno di procedere pure. Ci incamminiamo seguendola. Sbircio con la coda dell'occhio Marco che pensieroso si passa la mano sul mento non rasato, è un relitto ma io non sono messa meglio. Sono tre giorni che siamo in questa dimensione per cercare di catturare l'oggetto e con noi ci sono tutti gli elementi terrestri del gruppo anche se loro, non potendo trasformarsi, devono rientrare a casa entro poche ore.

Vorrei poter essere una semplice turista in vacanza, così da poter assaggiare quei strani cibi che vendono ai bordi delle strade. In quei bugigattoli sospesi a mezzaria, che sembrano apparire dal nulla in questa nebbia perenne che avvolge ogni cosa.  Ascoltare storie di vita comune degli abitanti dalla pelle color ocra, oppure prendere uno di quei taxi che viaggiano zigzagando tra le vette dei grattacieli. Questa dimensione ricorda molto il film Blade Runner, che avevo visto anni fa con mia zia. Chissà se ci sono anche gli androidi. Chissà se mia zia conosceva questi luoghi.

Un grido disumano riecheggia nello stabile, in cui ci troviamo, riportandomi alla realtà.

La voce appartiene alla povera vittima dell'oggetto. Pensavo che i manufatti creassero solo disordini naturali, come terremoti o piogge improvvise, mai mi sarei aspettata che si potesse fondere con una persona mutandola sia nel corpo che nella personalità. Quella povera donna ora assomiglia ad una Banshee, le creature della mitologia irlandese, è magra coi capelli lunghi e arruffati e i suoi vestiti sono strappati e ridotti in brandelli. A quanto pare l'oggetto utilizza l'energia vitale delle persone come nutrimento per espandere la propria aura malefica, la povera vittima non è sufficiente a soddisfare la sua bramosia quindi ha iniziato a nutrirsi di sangue come un vampiro.

Affretto il passo per raggiungere Elisabetta e Marco. Attraversiamo il ponte metallico sospeso all'interno di questo edificio che ho soprannominato "la Cattedrale", visto il suo aspetto. È qui che abbiamo istituito la nostra base operativa. Osservo l'enorme navata centrale sbriciando tra le mie zampe mentre camminiamo, impossibile contare le persone presenti. Vi è un via vai continuo, ognuna di loro è impiegata in qualche attività. 

Siamo nella dimensione chiamata Ob Jori, ed proprio qui costruiscono i famosi Cubi. 

Seguo Elisabetta salendo le scale che portano al piano di sopra dove, a logica, dovrebbe esserci la cupola dell'edificio ma al suo posto c'è un Cubo. L'ambasciatore di questa dimensione ha spiegato che è un manufatto creato appositamente dagli abitanti per gli ospiti dimensionali. Immagino siano acquirenti interessati a comprare Cubi. 

Sugli umani questa struttura ha uno strano effetto, anche se li aiuta a sostare più tempo senza subire gli effetti nefasti del viaggio. Le pareti  si muovono continuamente e ad ogni faccia è associato un elemento, a cui corrisponde un'emozione: fuoco/rabbia, aria/gioia, acqua/tristezza, terra/paura. Su me e Marco il Cubo non ha effetto, ma se uno dei miei compagni si posiziona davanti ad una faccia il suo carattere cambia: da allegro diventa triste, da arrabbiato a contento e così via. A quanto pare l'alternarsi di emozioni funge da carburante per la struttura, per far sì che il campo energetico resti attivo le persone al proprio interno devono nutrirlo coi propri sentimenti. Nel momento in cui le persone escono il Cubo torna dormiente. 

L'ingresso di un furioso Dozineth interrompe il flusso dei miei pensieri.

«Vi è scappata ancora dunque?» urla, in questo momento si trova davanti al lato col simbolo del fuoco.

Vorrei ricordargli che per catturarla siamo costretti a scontrarci con lei in volo, e non è affatto semplice. Anche se è priva di ali riesce a stare sospesa in aria come uno spirito funesto. E poi non combattiamo nel vero senso della parola, non vogliamo ferire il corpo ospitante, perciò eseguiamo una specie di ballo in cielo cercando di avvicinarci il più possibile per poterla prendere in trappola. Ogni volta che riusciamo a toccarla l'oggetto perde il suo influsso e possiamo scorgere l'aspetto originale della donna, ma poi fugge e tutto ricomincia da capo.

Il suo tono mi infastidisce ma cerco di non rispondere a tono, non è veramente lui a parlare, ma il lato del Cubo. Oppure no? E se in realtà amplificasse i sentimenti che celiamo nel cuore?

«Si» Marco ha due occhiaie nere ed è evidentemente sfibrato da questo continuo cambiar umore dei nostri compagni.

«Per quanto riguarda la ragazzina?» ora il Cubo si è spostato ed è apparso il simbolo dell'aria e il tono della sua voce si è fatto dolce, anche i lineamenti del viso appaiono più rilassati.

«Mi sono avvicinata ed ha capito subito chi sono, mi ha risposto che è troppo presto per lei ora» Elisabetta ha le lacrime agli occhi, si trova davanti al simbolo dell' acqua.

«Capisco» Dozenith sembra molto deluso.

Mentre noi combattiamo con la banshee, Elisabetta, Jemina e Seth si intercambiano per soccorrere le persone a cui lei succhia il sangue. Durante un'operazione di salvataggio Elisabetta ha incontrato una ragazzina che possiede il suo stesso potere: la telecinesi. L'ho vista anch'io ieri mentre sorvolavo un parchetto: avrà dodici o tredici anni, i capelli verde acqua lisci che le arrivano fino alla vita, gli occhi sono blu senza pupilla. Era in compagnia del suo cane, molto simile ai nostri solo che possedeva una coda lunga qualche metro.

In effetti avevo pensato che fosse ancora troppo giovane per unirsi a noi e sono felice che abbia scelto di vivere la sua adolescenza spensierata. Adoro far parte dei Messaggeri ma è evidente che tutto questo non è un gioco, la responsabilità di ciò che facciamo grava sulle nostre spalle. Ci sono delle vite che dipendono da noi, non si può caricare tale peso su una ragazzina.

Un urlo disumano interrompe la riunione, a quanto pare la banshee ha deciso di sfidarci avvicinandosi alla cattedrale. Come mai così all'improvviso? 

Io e Marco spalanchiamo le ali e usciamo dal Cubo passando attraverso una delle pareti come se fosse una bolla di sapone. La intravedo nascosta tra gli alberi contorti e privi di foglie, il suo volto una maschera d'ira, non comprendo questo suo improvviso cambiamento. Avvicinarsi a noi la indebolisce, perché farlo proprio ora? E poi perché è rimasta nello stesso quartiere per tutto il tempo, quando poteva spostarsi e allontanarsi da noi? E se fosse in qualche modo prigioniera? Legata da un filo invisibile a questi luoghi?

Di colpo si scaglia su Marco aprendo la bocca e facendo brillare le zanne, per fortuna con un battito d'ali lui la schiva ma lei si volta di scatto e lo attacca nuovamente. Vuole nutrirsi di lui? Il nostro sangue dovrebbe annullare il potere dell'oggetto, visto che basta avvicinarsi a noi per indebolirne l'influsso negativo, ma che effetto potrebbe avere un morso su Marco? Ha deciso di sacrificare la propria esistenza per ucciderlo? Vuole squartagli l'arteria? 

Non mi prende in considerazione tanto da non accorgersi che le arrivo da dietro. Sento nuovamente quella sensazione euforica prendere possesso del mio corpo, come era accaduto quel giorno in cui mi sono introdotta nella villa, l'adrenalina mi scorre nelle vene e qualsiasi timore viene cancellato. Mi lancio su di lei come una furia e riesco a prenderla alle spalle immobilizzandola, sono totalmente a mio agio in questa nuova me un po' avventata. Si dibatte e urla, sembra che il contatto con la mia pelle le causi dolore, forse funziona come l'acqua santa per i vampiri. Marco si avvicina, si mette davanti a noi e le tocca la fronte con una mano. L'urlo che emette perfora i timpani, improvvisamente quella sensazione invincibile mi abbandona e il panico si impossessa di me. Cosa stiamo facendo a questa povera donna? La stiamo aiutando per davvero?

Temo che le rimanga un'ustione sulla fronte dove vi è il palmo di Marco, una piccola luce flebile appare sulla sua testa e lei si accascia tra le mie braccia, il suo respiro è di nuovo regolare. Per fortuna non scorgo ustioni e tiro un sospiro di sollievo: è tornata ad essere se stessa.

Ora, che l'adrenalina mi ha abbandonato, fatico a sorreggerla. Guardo Marco e lui tiene tra le mani un pugnale: ecco la forma originale dell'oggetto.

Il pugnale serve per ferire o uccidere e lei si cibava di sangue, è un simbolo dell'aria e lei volava. C'era qualche legame tra loro? È stato attratto da lei e da questi luoghi, perché? Non riesco a togliermi dalla testa un pensiero: questa ricerca dell'oggetto ha tenuto impegnati tutti quanti, e se fosse un piano ben strutturato per direzionare la nostra attenzione altrove? Forse sto solo fantasticando, nessuno dei miei compagni ha sollevato dubbi. Chi sono io per pensare una cosa del genere?

Ritorniamo alla base e consegno la donna tra le braccia di colui che immagino sia il suo compagno. Quanto male le avrà fatto? Ricorderà il periodo vissuto come banshee?

Marco mi tocca una spalla «Andiamo Lily, dobbiamo consegnare l'oggetto. Stavolta l'incontro è al parchetto del nostro villaggio»

Avrei preferito rimanere fino al risveglio della donna, ho tante domande senza risposta e forse indagando sul suo passato avrei potuto scoprire come mai l'oggetto l'ha scelta. Guardo Marco, con l'intenzione di spiegare le mie motivazioni per rimanere, ma le parole muoiono in gola: è evidente che non può reggere oltre, ha bisogno di tornare a casa. Le domande possono attendere.

«Ok» sorrido e gli prendo la mano per effettuare il passaggio, mi piace il calore emanato dalle nostre dita intrecciate.

Il tempo nell'altra dimensione scorreva più veloce che nella nostra: tre giorni corrispondono circa a mezza giornata. Difficile organizzarsi una vita se si salta da una parte all'altra con lo scorrere del tempo diverso. Ogni volta devo controllare in che giorno siamo,  scusarmi se non ho rispettato degli impegni, o se sono scomparsa senza motivo e non risultavo rintracciabile. Simone si arrabbierà nuovamente.

Siamo riapparsi nel retro della villa, gli altri preferiscono tornarsene a casa a riposare. Marco mi chiede di restare ancora un poco insieme a lui, mi passa una caramella al miele e in silenzio ci incamminiamo verso il parchetto.

Sono un po' agitata. E felice. Ed emozionata. E stanca da morire.

Restare sola con lui, su sua esplicita richiesta, mi sembra fantastico. Dopo quello che aveva detto ad Alberto  mi sentivo fuori luogo e triste in sua compagnia. Quest'avventura dimensionale ha scacciato per un po' i brutti pensieri, però ora le sue parole sono tornate a perforare la mente.

Un bimbo biondo siede da solo sull'altalena, quando ci avviciniamo si ferma e alza il suo sguardo su di noi, ha gli occhi azzurri troppo grandi per quel faccino. Sorride.

Marco si avvicina e gli consegna l'oggetto. Scompare.

«Come facciamo ad essere sicuri che sia davvero un essere di luce?» chiedo dubbiosa.

«Gli uomini in nero possono assumere solo l'aspetto che hai conosciuto anche tu: delle persone vestite di nero senza bocca» ho come l'impressione che Marco si stanchi molto più di me nei viaggi, sembra logorato come se una forza invisibile lo costringa ad effettuare una battaglia dentro di sé. Perciò preferisco non ribattere per ricordargli della nube nera.

«Perché dobbiamo andare loro incontro in luoghi diversi? Ad esempio quella volta a Pisa. Come mai non vengono loro a prendere l'oggetto? Perché lo recuperiamo noi? Non sono in grado?» accidenti alla mia curiosità, non ho resistito e lo sto assillando.

«Credo di aver intuito che non hanno la nostra stessa libertà di movimento, per cui hanno bisogno del nostro intervento. Sul perché nessuno di noi è in grado di darti una risposta, se Hermes fosse ancora tra noi saprebbe soddisfare la tua curiosità»

Hermes, chissà se e ancora vivo. Quanti anni avrà avuto quando ha adottato mio padre? Magari è un simpatico vecchietto ora.

«Ti accompagno a casa» sorride mestamente, sembra che persino parlare gli risulti impegnativo eppure invece che tornarsene a casa preferisce restare ancora un po' in mia compagnia. Anche se non stiamo facendo una grande conversazione, per lo più camminiamo uno accanto all'altro. In silenzio.

Come desidero il mio lettino. Come desidero stare ancora con lui. Purtroppo per me la giornata, o le giornate, non è/sono terminate.

Arriviamo vicino alla pensione e vedo Sfera, l'anima non nata, corrermi incontro. Ha imparato a miagolare, non come i gatti normali, cerca di imitare la voce umana.

 "Miaooal" significa Alberto. Percepisce i miei umori e sentimenti,  ha intuito che la sua presenza causa turbamento nel mio stato d'animo, perciò cerca di avvisarmi quando si trova vicino a casa. Inutile sperare di non vederlo, il paese è troppo piccolo per sfuggire.

«Marco, sono arrivata. Vai tranquillo a riposare anche tu» preferisco non farli incontrare, lui sorride e fa un cenno di saluto con la testa. Osservo le sue spalle allontanarsi con un certo moto di tristezza.

Devo farmi coraggio, prendo in braccio Sfera e mi incammino verso casa. Il letto  è sempre più lontano. Sono rimasta via solo mezza giornata però il mio fisico ha vissuto tre giorni impegnativi nell'altra dimensione, e ora sento cadermi addosso tutta la stanchezza della lotta e della tensione che ho vissuto.

Lo scorgo appena varcato l'ingresso del residence: è seduto su un divanetto con in mano una rivista, intorno a lui sembra aleggiare un pulviscolo scuro che ondeggia sempre più mentre mi avvicino.

«Ciao Alberto»

«Lily! Finalmente di ritorno! Ti ho cercato dappertutto. Dove eri finita?» quella piccola nube si dissolve. Ti prego fai che sia frutto della mia immaginazione. Non sono pronta ad affrontare altro per oggi. 

Alberto si avvicina e mi accarezza il viso, Sfera soffia come un gatto normale.

«Non sto molto simpatico al tuo gatto, ma non è il solo ad essere geloso di te»

«Alberto se sei venuto qui per...» cerco un modo carino per mandarlo via.

«Non arrabbiarti piccola, sono qui solo perché volevo invitarti al mare con noi» non mi piace essere chiamata da lui con quel vezzeggiativo. Si avvicina pericolosamente, la pelle inizia a pizzicare come se scorresse corrente tra di noi. Sulla lingua aleggia il sapore del miele. La stanchezza improvvisamente mi abbandona.

Dopo quello che è successo al parchetto non mi fido più, di lui, di me stessa, di quello che potrei fare se lasciassi la mia oscurità libera di agire. Non comprendo cosa mi stia accadendo, non voglio essere toccata eppure lo desidero. Sento il calore del mio corpo aumentare come se avessi la febbre. Mi irrigidisco e mi scosto quando vedo che cerca di mettermi una mano sulla vita. Sento una fitta al petto allontanandomi da lui, perché? Razionalmente non voglio legarmi in alcun modo ma il mio corpo reagisce diversamente. E se fossi io a manovrare Alberto come un burattino? No, non è possibile.

«Lily!» Simone entra nell'atrio «Ti stavo cercando,  vedo che Alberto mi ha battuto sul tempo.» lo fissa aggrottando le sopracciglia «Ti ha detto della gita al mare?»

«Si, chi c'è?» mi fido ciecamente di Simone, con lei accanto non potrebbe mai accadermi nulla di male.

«Allora, in realtà non è una gita vera e propria ma dobbiamo fare qualche foto per una campagna pubblicitaria. Questo è un impegno breve e Dozenith ha detto che possiamo rimanere al mare e riposarci un po'. Paga lui tutte le spese e possiamo invitare chi vogliamo. Quindi saremo noi due, Davide e Alberto che sono richiesti per lo spot, e i due fotografi dell'agenzia»

Dozenith che paga un week end al mare e che manda i membri dei Messaggeri? Ovviamente è consapevole del fatto che Simone mi avrebbe invitato. Forse vuole che ci riposiamo un po' dopo l'ultimo viaggio?

«Penso che verrò» guardo Alberto con fare minaccioso, ho ripreso il controllo di me stessa e quella strana sensazione mi ha abbandonato.

«Sono felicissimo che tu venga! Vedrai che ti farò innamorare! Basterà guardarmi mentre lavoro»

Beato lui che è così sicuro di sé.

«E chi ti dice che starò lì a fissarti? Magari al mare preferirei fare altro» rispondo scocciata.

«Ti adoro quando sei così aggressiva» e prende tra le mani una mia ciocca di capelli avvicinando nuovamente il viso. Mi scosto. Non percepisco alcuna corrente tra di noi. 

Chissà se pronuncerebbe le stesse parole se fossi col mio aspetto peloso. 

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