Chapter 8

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Con tutta la delicatezza che possedeva in corpo, Jace aiutò Vindy ad accomodarsi contro la parete della stanza a loro più vicina, in modo tale che potesse rimanere comodamente seduta nel frattempo che si riprendeva.

Cosa le stava capitando?

Prima il mal di testa, seguito poi dalla perdita di coscienza. Ora aveva avuto un mancamento che l'avrebbe fatta cadere a terra, se solo il ragazzo al suo fianco non l'avesse afferrata in tempo. Molto probabilmente, i suoi riflessi erano allenati dopo vari anni di duri addestramenti, combattere contro i demoni richiedeva di sicuro una forte agilità, per tale motivo l'aveva colta nel momento perfetto.

Il tutto era cominciato nel momento in cui lo stilo era entrato in contatto con la pelle di lui. Quello era l'stante in cui la giovane aveva iniziato a percepire una strana debolezza crescerle dentro man mano che proseguiva nel disegno, fino a quando il tutto era culminato appena le linee nere come l'inchiostro erano state marchiate sull'epidermide. C'era voluto qualche attimo, dopodiché le sue gambe non avevano più sopportato il peso corporeo che oramai erano abituate a sostenere.

Jace continuava a chiederle se stesse bene proprio da quell'attimo, nel momento in cui l'aveva presa e sistemata contro il muro.

Nonostante i vani tentativi di rassicurarlo da parte di lei, il ragazzo aveva perfettamente capito che qualcosa non andava, decidendo di non demordere fino a quando non gli avrebbe detto la verità. Lo intuì fin da subito l'altra perché, dopo l'ennesima volta che gli rispondeva che andava tutto bene, decise finalmente di domandargli: «Non smetterai fin quando non otterrai ciò che vuoi sentirti dire, vero?»

«Voglio sapere solo la verità, tutto qui» rispose con una scrollata di spalle il giovane, mettendo via lo stilo che teneva ancora in mano.

Per pura abitudine si era preparato in modo tale da dover incidere una Runa, ricordandosi solo in seguito che la ragazza non era una Shadowhunter come lui, nonostante lo sembrasse quasi al cento per cento. A rovinare il tutto era l'assenza sulla pelle dei loro marchi, segno inconfondibile delle proprie origini.

«Mi sono solo sentita molto debole, tutto qua» gli concesse alla fine Vindy, guardandolo seria negli occhi.

Le iridi dorate brillavano nella tenue luce del crepuscolo, risultando ancora più luminose di quanto non sembrassero già da sole.

Pareva di osservare dell'oro liquido, un tipo d'immagine che avrebbe guardato all'infinito solo per il puro gusto di perdercisi dentro.

Lei ne era attratta, percepiva una forza elettromagnetica che l'attirava a sé, un chiodo in balia della calamita. Non aveva alcun controllo a riguardo, per quanto si sforzasse non poteva farci niente.

«Credo che sia dovuto al fatto che, grazie al sangue angelico nelle tue vene, tu possa usare gli oggetti dei Nephilim» provò a spiegarle Jace, esponendole l'idea che già da un po' gli bussava alla porta della mente.

«Mentre, a causa della presenza anche di sangue demoniaco, non puoi usufruirne come noi, molto probabilmente» terminò, osservando la reazione dell'altra: non sembrava per nulla turbata, anzi, tranne un pizzico di preoccupazione sembrava quasi felice di una tale scoperta.

In parte, gli ricordò Clary: una figura femminile dai lunghi e fluenti capelli rossi, simili alla tonalità di colore delle carote, e tanta voglia di scoprire il mondo, soprattutto quello artistico o di cui non conosce nulla. Aveva gli stessi occhi verdi della madre, Jocelyn Fairchild, oltre a un corpo minuto e una bassa statura, caratteristiche che non le avevano impedito di essere una delle più grandi Shadowhunter della sua generazione, insieme a Jace.

Il fatto che avesse rotto con lui, per poter deviare il suo amore verso l'arte italiana, l'aveva lasciato abbastanza deluso e con l'amaro in bocca, rimuginando su che cosa avesse sbagliato in quella relazione così bella.

Vindy, seppur inconsapevolmente, aveva in parte richiamato l'altra ragazza nei ricordi del giovane, soprattutto per il modo in cui lo stava guardando. Nei suoi occhi leggeva la compassione, consapevole che l'altro si stava solo preoccupando della sua salute e stava cercando in tutti i modi di trovare una soluzione, nonostante in ballo in quella situazione ci fosse prima la sua vita, che quella della ragazza.

«Può essere, in fondo non ho mai provato a usare niente del mondo dei Nephilim,» acconsentì alla fine Vindy, sforzando un sorriso gentile. «Mia madre non mi ha mai lasciato avvicinarmici.»

Voleva credere in quelle parole, con tutta se stessa desiderava avere una possibilità di diventare ciò che aveva sempre sognato d'essere: una Shadowhunter.

Da sempre aveva celato alla madre il fascino che sentiva attrarla al mondo a cui Jace apparteneva.

Il suo pensiero fisso era proprio quello di riuscire a entrare all'Accademia Shadowhunters, ovviamente di nascosto, e riuscire a superare la prova della Coppa Mortale, nonostante la presenza di sangue demoniaco nelle vene.

«Non è che a me succede l'effetto contrario?» Domandò a un certo punto, credendo di aver trovato una risposta all'ennesimo quesito implicito che stava fluttuando tra loro nell'aria. «Cioè se voi vi rafforzate con le Rune, non è che noi Angelic Guardians ci indeboliamo? Perché disegnare una Runa per noi implica uno spreco di energia un milione di volte superiore al vostro?»

«È una possibilità, al momento non abbiamo nient'altro» replicò Jace, nel frattempo che una ciocca bionda di capelli gli ricadeva sugli occhi.

Prontamente, la ragazza la spostò, sistemandogliela insieme al resto della chioma.

Quella era un'azione che molte volte aveva compiuto suo padre nei confronti di lei, dato che i suoi capelli erano molto ribelli e non davano mai ascolto alla spazzola quando la usava.

I loro visi erano a pochi millimetri, Vindy sentiva il respiro caldo di lui che le colpiva il viso, le labbra socchiuse poste relativamente a poca distanza.

Cosa sarebbe successo se si fossero avvicinati ancora di più? La ragazza se lo chiese, tuttavia non ebbe il coraggio di fare nulla.

Le sembrava di essere paralizzata, il tempo si era congelato, immortalando quella scena imbarazzante ma tanto piacevole allo stesso momento.

La giovane percepì uno strano calore invaderle il petto.

Non si era minimamente resa conto che la mano si era spostata da capelli alla guancia dopo aver sistemato la ciocca, era stato quasi un gesto istintivo e privo di razionalità.

A un certo punto fu Jace a fare la prima mossa: iniziò ad avvicinarsi lentamente al viso della ragazza, guardando per un secondo le labbra di lei.

Ella socchiuse gli occhi, aspettando un momento, però, che non arrivò mai.

Dopo qualche secondo, infatti, Vindy udì una voce maschile mischiata a una femminile chiamare il nome dell'altro dal corridoio dell'Istituto. Di conseguenza, il giovane di allontanò di scatto da lei per poter raddrizzarsi con la schiena, in maniera tale da capire chi lo stesse chiamando.

Jace sorrise non appena riconobbe le voci, spiegando a Vindy che, finalmente, la sua famiglia era tornata a casa dal giro di ronda.

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