Capitolo 20: L'incendio

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Alexandra uscì di casa molto presto quella mattina, non fece in tempo a passare in ospedale da Vio perché aveva un importante appuntamento in tribunale. Parcheggiò la macchina in un viottolo vicino e si precipitò su per la lunga scalinata che portava all'ingresso del Palazzo di Giustizia. Sentì vibrare insistentemente il telefono in borsa e si bloccò a metà scalinata per afferrare il telefono. Numero non disponibile, si allarmò.

Rispose col fiatone ma dall'altro capo del telefono solo silenzio. Insistette "Pronto? Non sento nulla" e dall'altro capo del telefono ancora silenzio per lunghi ed interminabili secondi, sentì dei rumori in sottofondo ma non ci fece caso e riagganciò.

Dopo alcuni minuti stessa scena, lei rispose ma dall'altro capo del telefono non si sentiva nulla, solo il rumore di un vetro che si infrangeva. Credette si trattasse di un errore, di una chiamata partita per caso e spense il telefono per avere un colloquio con il giudice.

Il colloquio durò quasi un'ora e Lex ne uscì stressata ma felice per aver ottenuto un altro importante incarico. I nuovi incarichi la emozionavano sempre, erano una sfida su cui misurarsi e avrebbero aggiunto esperienza al suo bagaglio professionale. Accese il telefono e le arrivò il messaggio che in segreteria erano registrati 25 messaggi da un numero non disponibile, li ascoltò tutti ma ancora nessuna voce, solo rumori di vetri in frantumi, di oggetti metallici che impattavano uno contro l'altro, di strani crepitii e quasi di esplosioni. Uno aveva come sottofondo delle voci di persone che chiedevano di chiamare aiuto.

Si fermò a metà della scalinata del Palazzo di Giustizia e guardò il viavai di persone impaurite che correvano sui marciapiedi. Un'autopompa dei vigili del fuoco arrivò a sirene spiegate e girò in una traversa davanti a lei. Chiuse la conversazione con la segreteria telefonica e seguì gli altri nella direzione in cui era andata l'autopompa. Le suonò ancora il telefono "Pronto" disse decisa. Ancora silenzio per qualche secondo, poi "Avvocato..." disse una voce maschile ferma, fredda e lenta "Avvocato, mi riconosce?" la voce prese una tonalità quasi di satira, Lex si immaginò un ghigno sulla bocca della persona che stava parlando dall'altro capo del telefono, cercò di rimanere impassibile

"No, non la conosco, abbiamo mai parlato prima?" chiese cercando di controllare il respiro nonostante camminasse velocemente dietro ad altre persone

"Invece direi di sì, che mi conosce... fin troppo bene! Ieri ha detto tante cose di me a mia moglie, a quanto pare mi conosce meglio lei di quanto mi conosca mia moglie stessa, non è vero?"

Lex si bloccò, respirò un attimo e vide davanti all'autopompa dei vigili del fuoco un'automobile completamente carbonizzata. La riconobbe, non aveva dubbi.

La voce al telefono riprese "Scherzetto avvocato... non le piace la sua nuova auto? Color bruciato?" rise di una risata malefica, che raggelò il sangue alla ragazza, ma l'uomo continuò: "Prima era rossa scintillante, adesso è nera! Esattamente come il completo giacca gonna che sta indossando in questo momento... anche se le scarpe... ah sì, le sue scarpe sono rosse come lo era la sua macchina prima. Stia attenta a non fare la stessa fine della sua automobile. Che mi dice avvocato?"

Alexandra impietrita si girò di scatto, quell'uomo la stava guardando, la stava fissando e nel telefono le stava dicendo tutto quello che lei stava facendo. Si sentì impaurita, inseguita, braccata... il respiro le si bloccò in gola ma passo dopo passo arrivò alla macchina ormai carbonizzata. Un vigile del fuoco le andò incontro per fermarla "Non può avvicinarsi, l'incendio è domato ma l'auto potrebbe ancora esplodere, non è sicuro" le disse in modo concitato

"Quella è la mia auto" rispose lei incredula e con un filo di voce

"Va bene, ma deve allontanarsi, vada all'angolo della strada. Arriverà la polizia e lei potrà sporgere denuncia"

Fece come le dissero ma non riattaccò il telefono. Sentiva delle risate arrivare dall'altro capo del telefono "Ho scoperto che le idee malsane di divorzio che aveva mia moglie non arrivavano dalla sua stessa mente, era lei che gliele insinuava! Manipolandola! Soggiogandola! Prendersela con mia moglie, creaturina indifesa, era inutile... quando tra le mani ho un pesce più grosso come lei, Avvocato! Avvocato, non avrà mica accusato il colpo?"

Un moto di orgoglio la colse e rispose arrabbiata "No! Certo che no! Nessun colpo. Posso comprare tutte le auto che voglio professo Paleari. Tutte! Ma io ho ancora parecchie frecce al mio arco. Se questa deve essere una guerra. La posso combattere"

La voce dell'interlocutore, da saccente e sarcastica divenne seria e rabbiosa d'un tratto "Beh sappia che io non ho mai perso nessuna guerra in vita mia! Mi vendicherò! Ne stia certa!" e chiuse la chiamata freddamente.

Lex rimase perplessa, quell'uomo era arrivato a seguirla e distruggerle la macchina solo per una richiesta di divorzio. Doveva stare attenta.

Fece denuncia alla Polizia e fece mettere a verbale il suo sospetto e il contenuto della telefonata che aveva da poco ricevuto. Depositò anche le registrazioni con i rumori che aveva sulla segreteria telefonica. Non sporse ancora querela, ma lasciò il nome del professor Paleari in bella vista sulla denuncia per atti vandalici.

La mattinata passò velocemente a causa di quel contrattempo.

Chiamò un taxi e accompagnò Thomas a conoscere lo psicoterapeuta che lo avrebbe seguito, sembrarono piacersi, e poi lo riaccompagnò a casa. Arrivati a casa la madre non era ancora rientrata dal lavoro e Alexandra decise di fermarsi lì a parlare un po' con lui

"Tom, mi racconti ancora qualcosa?"

"Vuoi sapere della guerra?" le chiese

"Quello che vuoi, qualcosa che mi faccia capire meglio"

"Il prima lo ricordo molto bene... i terrestri saccheggiarono la nostra terra. Una cosa volevano su tutto: i corni degli unicorni perché rimanevano magici anche dopo la morte dell'animale. Era l'unico modo che avevano gli umani per poter fare magie anche sulla terra. Li uccisero tutti e ne estirparono i corni. A Dianthus non interessava degli unicorni, erano creature della luce in purezza come le fate, sarebbero stati d'intralcio ai suoi piani di conquista, lei voleva il potere... lei voleva un esercito che combattesse per lei e soprattutto voleva l'oro. Oro non ce n'è in Miharo Heimi, per questo è molto pregiato e vale una fortuna. Puoi compare quello che vuoi con un po' d'oro, anche la volontà o le fedeltà delle persone e delle creature. E' grazie all'oro che la strega riuscì a farsi un esercito non solo di umani. La situazione era diventata insostenibile e le creature della luce iniziarono a unirsi per contenere questa distruzione, iniziarono a creare eserciti per combattere gli eserciti delle forze del buio, ne nacquero sanguinose battaglie. La maggior parte degli umani di Miharo cadde in battaglia perché sono le creature più fragili, ma morirono anche tante creature magiche. Noi folletti eravamo accecati dall'oro e in blocco diventammo l'esercito silente di Dianthus. Ci teneva rinchiusi in cellette all'interno della torre del castello, lì i nostri poteri erano assorbiti dalle pareti, ci teneva all'oscuro di tutto e quando a lei serviva qualcosa ci dava delle piccolissime monetine d'oro che noi riponevamo nel sacchetto legato alla cintura. Ci sentivamo ricchissimi e potentissimi e facevamo tutto quello che a lei serviva: spiavamo gli schieramenti degli eserciti nemici; dicevamo ai capi dell'esercito del buio dove si trovavano; da chi erano composti... noi sapevamo sempre prima cosa avrebbero fatto gli altri e puoi ben immaginare cosa successe. Li stavamo schiacciando, annientando, li avevamo ridotti allo stremo delle forze e Diantus stava per diventare la signora di tutto e di tutti. Un giorno, e ricordarlo mi fa malissimo, a causa mia morì una fata"

Alexandra sussultò, sapeva che le fate erano immortali.

Tom continuò "Era una giovane fata, si chiamava Middlemist.

Le fate e le streghe si unirono per creare un perimetro impenetrabile di magia, così da circondare tutte le forze del buio e contenerle in uno spazio sempre più stretto fino alla loro resa. Il piano era ben organizzato e sicuramente avevano le potenzialità per metterlo in atto, sarebbe stata la vittoria delle forze della luce...

Ma io lo scoprii e scoprii che le fate avevano comandato l'evacuazione delle fate bambine dal villaggio, per proteggerle, scoprii anche questo.

Questo incantesimo sarebbe partito proprio da lì, dal villaggio delle fate e chiunque si fosse trovato nelle vicinanze e non avesse avuto la resistenza necessaria, sarebbe stato travolto da un'ondata di magia così forte da rischiare di morire... solo fate e streghe possono muovere così tanta energia in una sola volta, ecco il perché dell'evacuazione.

Lo dissi a Dianthus e non le vidi mai un'espressione così feroce negli occhi, decise di attaccare le fate bambine per abbassare il morale di fate e streghe... mandò un esercito di uomini ad attaccarle, erano milioni di uomini, due o tre milioni di uomini, erano un'infinità di uomini arrivati chissà da dove. Middlemist era l'unica fata adulta alla guida delle fate bambine e resistette con forza e con amore a quell'attacco, ma allo stremo delle forze cedette e appena gli uomini si avvicinarono per fare del male alle fate bambine, lei raccolse tutto il suo potere e attaccò gli uomini. Mai vista così tanta forza. Mai. Una forza catastrofica ed immensa colpì quegli uomini e in un istante, di loro, di tutti i due milioni di uomini... rimase solo sabbia.

Non è un modo di dire, solo sabbia... finissimi granelli di sabbia. Anche gli alberi, l'erba, tutto quello che si trovava lì diventò sabbia.

Le fate bambine erano salve ma Middlemist no, le fate non possono attaccare. Il cielo si colorò di nero, nuvole nere si ammassarono su nuvole nere e il cielo sembrò cadere pesantemente a terra.

 Middlemist cadde senza forze e fu investita dal cielo nero. La sua aurea splendente svanì poco a poco e divenne scura, i suoi occhi azzurri diventarono neri, i suoi capelli castani e colorati diventarono neri, la sua pelle diafana si scurì e diventò nera. Raggi di buio si sprigionarono dal suo corpo e si dispersero nell'universo. La sentii urlare dal dolore per diversi minuti e poco dopo di lei non rimase più nulla. Nemmeno sabbia. Si disgregò e divenne nulla. Rimasi sconvolto. Sentii una forza di morte dentro di me che non riuscivo a controllare e mandare via, ritornai al castello e fui festeggiato da Dianthus perché nessuno era mai riuscito a uccidere una fata, nemmeno indirettamente come feci io. Ma non ero felice, mi sentivo annichilito e quella forza di morte dentro di me mi fece impazzire. Impazzii per giorni e giorni fino a quando presi una decisione. Quello che avevo fatto per Dianthus, essere la sua spia, l'avrei fatto per le forze della luce... Volevo sdebitarmi con loro, sarei diventato il loro infiltrato".

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