-Ce l'abbiamo fatta- urlò Peter, stringendomi a sé e sollevandomi.
-Non è ancora finita- sussurrai –ora tocca a me-
-Non temere, riusciremo a superare anche l'ultimo ostacolo, ora che siamo insieme nessuno potrà fermarci-
In quel momento non ero più tanto sicura, perché la mia paura era davvero terribile.
-Ora dimmi: di cos'hai paura?-
Abbassai lo sguardo. –È una cosa imbarazzante-
-Con me puoi parlare di tutto-
-La mia è una paura infantile, qualcosa che non ho mai completamente superato- mi sciolsi dal suo abbraccio e mi guardai intorno. Ci trovavamo in una piccola stanza. Fiocchi natalizi erano appesi ovunque. Su un tavolo c'era un libro aperto. Mi avvicinai un attimo e riconobbi il testo: Il canto di Natale di Dickens, un racconto a tema.
-Allora, di cosa si tratta?- mi chiese lui, raggiungendomi e abbracciandomi da dietro.
-Da bambina avevo paura di un mostro, un mostro che viveva sotto il mio letto- attesi una sua possibile risposta, magari anche una risata, ma lui non disse nulla e soprattutto non rise, cosa che mi permise di proseguire con maggiore tranquillità –lo so che è sciocco, ma sono ancora certa che se allungherò le gambe fuori dal letto durante la notte quel mostro me le circonderà e mi porterà via con lui-
-Non glielo permetterò, te lo prometto- mi fece voltare –questa volta non sei sola-
Lo sapevo, ma forse non avrebbe voluto dire nulla...forse.
-Non abbiamo armi- mormorai.
Peter sorrise, il sorriso spavaldo che in lui avevo sempre amato, quel sorriso da cattivo ragazzo che mi affascinava da sempre. –Non temere, me ne procurerò una- e iniziò a guardarsi intorno.
L'osservai muoversi nella stanza, girando su se stesso, svelto e agile. Alla fine afferrò una vecchia lampada.
-Serve un'arma anche a me- dissi, avevo bisogno di difendermi.
-Hai ragione- fece un altro giro per la stanza ed alla fine prese un piccolo sopramobile. –Questo è perfetto-
-Non è troppo piccolo?- chiesi.
-Sì, ma è parecchio pesante-
Lo presi. Aveva ragione, era abbastanza pesante da fare male.
-Ce la faremo, l'importante è mantenere la calma- mi disse lui –lo sai che mi sei sempre piaciuta?-
Avvampai. –Dici sul serio?- chiesi in un sussurrò.
-Potrei mai mentire su una cosa così importante?-
-Io pensavo che tu amassi Ambra-
Lui parve sorpreso da quelle parole. –Non ho mai amato Ambra, il mio cuore è sempre stato tuo...ricordi quando facevo il tuo cavaliere da ragazzini?-
Lo ricordavo molto bene, il mio principe, il mio cavaliere dalla fulgida armatura, colui che scacciava i draghi immaginari che invadevano il giardino di casa mia.
-Io sarò sempre il tuo cavaliere- mi disse quindi aggiunse –E quando questa storia sarà finita chiederò la tua mano, sarà la prima cosa che farò, questa notte stessa-
Mi sfuggì un'esclamazione di sorpresa. –Dici sul serio?-
-Certo, voglio che tu sia mia per sempre, meglio quindi chiedere subito la tua mano, non pensi?-
Annuii e sorrisi. –Ma ora andiamo, non vorrei che l'Ombra ci raggiungesse-
-Tranquilla, io ti proteggerò sempre- disse, prendendomi la mano.
-Era quello che volevo sentirmi dire-
E dopo un ultimo bacio, proseguimmo quel folle gioco.
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