Capitolo 2

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LA CHIAMATA

Dopo che Jackson terminò di leggere la lettera, un silenzio pensieroso scese sull'ufficio. Gli sguardi dei presenti si incontrarono, pieni di interrogativi per ciò che avrebbero affrontato.

«E chi sarebbe questo James Brown?», chiese Margaret, rompendo il silenzio. 

«Non è tanto quella la questione», interruppe Faust.

«Cosa può essere così urgente da richiedere la nostra presenza a Mistown?».

Jackson sollevò lo sguardo, la sua espressione rifletteva la concentrazione mentre ponderava le parole della lettera. Con un sospiro, allungò il braccio verso la sedia alla sua destra, dove era seduto Steven, e raccolse la sua maglia grigia dalla schienale, poi la indossò.

«Non lo so, ma sembra che abbiamo un nuovo caso nelle nostre mani», ammise.

Justin sbuffò, «Per me potevi rimanere anche senza maglia ancora per un pò...».

«JUSTIN!», urlò il coro dei presenti.

Il giovane giornalista italiano si ritirò in sé stesso aggrovigliandosi nel divano su cui sedeva.

Steven, allontanandosi dalla scrivania di Jackson e approcciando la lavagna piena di scritte affiancata dalla bacheca coperta completamente da fogli, indicò la suddetta.

«Ricordiamoci che dobbiamo risolvere il caso al night-club. Alla fine erano problemi di debiti, soldi sporchi, e forse anche qualcosa di tradimenti, perciò secondo me dobbiamo prima concludere questo considerando le nostre certezze sull'assassino», replicò.

«A meno che non lo facciamo fare alla polizia», aggiunse.

Jackson scosse la testa, «Non so, ultimamente Mark sembra passare giorno e notte alla stazione di polizia, ho sentito dire che cercano nuovi recluti dopo che hanno arrestato Kinger e dieci suoi collaboratori. Abbiamo certezze, sì, ma io non concludo i 'casi a caso', Steve bello».

Faust si avvicinò alla bacheca e la osservò.

«Alla fine i sospettati sono tre, ma io sono sicuro si tratti di Brian Scott, per diversi motivi. Primo, è emerso che Scott è stato implicato nell'omicidio della vittima attraverso una serie di prove e testimonianze, pare che Eric Lewis sia stato ucciso perché andava a letto con sua moglie e lo abbia ricattato per tenere la bocca chiusa. Ogni prova conduce a lui».

«Vero», confermò Jackson. 

«Le indagini hanno rivelato che Scott ha utilizzato un'arma da fuoco registrata a suo nome per commettere il crimine. Sulla scena del delitto le tracce balistiche erano compatibili con l'arma in suo possesso, e diverse testimonianze hanno confermato di averlo visto nelle vicinanze del luogo del delitto al momento dei fatti», spiegò infine.

«Caso chiuso? Lo facciamo arrestare e pensiamo al misterioso James Brown?», chiese Justin.

Jackson sospirò, poi, avvicinandosi a Justin lo schiaffeggiò sulla testa.

«Bravo, e la nostra professionalità si fa seppellire nella terra?!», lo rimproverò.

Justin si strofinò la testa con un sorriso imbarazzato, mentre il resto del gruppo scosse la testa con disapprovazione. Jackson allora gli si rivolse con un'espressione seria.

«Non siamo qui per fare ipotesi affrettate o prendere decisioni immature. Abbiamo bisogno solo di seguire il protocollo ed essere sicuri al cento per cento prima di fare qualsiasi mossa», affermò.

Margaret e Faust annuirono in accordo.

«Dunque, tenuto conto della possibile rapida conclusione del caso relativo al night-club, propongo l'idea di condurre gli interrogatori qui, nel nostro ufficio, al fine di ottenere la confessione dei sospettati», cominciò Vittorio Terzo, camminando in giro per l'ufficio. 

«Altrimenti, potremmo delegare la conclusione del caso alla polizia, anche se il signor Simons sembra già gravato da molte incombenze. Tuttavia, alla luce dell'urgenza espressa dal signor Brown riguardo al caso di Mistown, sarebbe opportuno riconsiderare i nostri piani. Dobbiamo ricordare che la nostra agenzia non è la polizia, e il signor Simons dovrà accettare tale decisione...», concluse, fermandosi vicino al divano.

Il silenzio cadde nell'ufficio, ogni parola del corvino dai capelli lunghi attraversò le teste di tutti.

Margaret annuì lentamente, «Hai ragione, Vittorio», disse, rompendo ancora il silenzio. 

«Dobbiamo valutare attentamente quale sia il nostro ruolo in questa situazione. Non possiamo ignorare l'urgenza della richiesta di James Brown, ma allo stesso tempo non possiamo trascurare il nostro dovere nei confronti della comunità locale», intervenne Steven.

Jackson si toccò la fronte, «Va bene. Steve, manda un messaggio a Mark e affida il caso alla polizia, loro già sanno tutto, quindi Mark potrebbe risolvere la questione anche da solo». 

«Noi, invece, che facciamo con il caso di Mistown? Vogliamo già chiamare il numero scritto sulla lettera?», domandò in seguito.

«Procedi, chiama il numero», disse Faust.

Steven annuì e si avvicinò alla scrivania, prendendo il cellulare. Digitò il numero indicato nella lettera, e dopo qualche squillo, una voce dall'altro capo rispose.

«Pronto?».

Steven prese fiato e rispose con voce ferma.

«Salve, sono Steven Stuart della Smith & Co. Abbiamo ricevuto la vostra lettera e siamo pronti ad ascoltare cosa avete da dirci riguardo al caso di Mistown».

Dall'altro capo, la voce sembrò rilassarsi leggermente.

«Ah, finalmente mi avete chiamato! Ho sentito parlare molto bene di voi. Sono James Brown, un poliziotto locale. Abbiamo una situazione piuttosto delicata che richiede la vostra competenza. Potete venire qui il prima possibile? C'è qualcosa di cui dobbiamo discutere di persona», spiegò.

«Certamente, signor Brown. Saremo lì il prima possibile. Dove possiamo trovarla?».

«Purtroppo, per ragioni di sicurezza, non posso darvi il mio indirizzo, ma quello di una mia cara collega che possiede una grande villa. Il caso richiederà il vostro alloggio qui e lei vi metterà la villa a disposizione», rispose l'uomo.

Steven pensò un attimo, «Hm, va bene, qual è l'indirizzo?».

«Via delle Magnolie, 15. Quando arriverete, chiamate di nuovo e mi farò trovare lì», disse Brown.

Steven annuì, prendendo nota dell'indirizzo. 

«Capito, saremo lì il prima possibile. Grazie, signor Brown».

Dopo aver chiuso la chiamata, Steven guardò gli altri con un'espressione di incertezza. 

«Allora, costui è un poliziotto e la questione sembra davvero urgente. Mi ha detto che dobbiamo alloggiare a Mistown, ma non ha dato il suo indirizzo, piuttosto quello di una villa di una sua collega e ha detto che ci ospiterà lei, in seguito lo richiameremo e verrà lì», disse al gruppo.

Margaret sollevò un sopracciglio, incredula, «Mi sembra piuttosto strano che un poliziotto non dica il proprio indirizzo, ma ci guidi da un'altra persona».

«Questa cosa è più che strana, e se lo dico io c'è da preoccuparsi seriamente», commentò Carlo.

«Concordo», disse Tommaso.

Faust annuì, incrociando le braccia, «Sì, è sicuramente fuori dall'ordinario».

Jackson si grattò il mento, pensieroso.

«Molto sospetto direi, ma potrebbe anche esserci una ragione legittima dietro questa precauzione, quindi consiglio di restare cauti una volta lì... Magari, visto che saremo sul posto, potremo chiedere aiuto a Nicole e Alexander?», domandò.

Carlo lo interruppe appena pronunciò i loro nomi, «Assolutamente no! Quando mai è successo che Nicole mi abbia mai aiutato in qualsiasi cosa? No, Jack. Se solo ti permetti di dire ancora il nome di quella putta...!».

«Taci! Stai calmo, diamine!», Tommaso gli coprì la bocca, poi lo baciò.

Jackson sollevò una mano per calmare la situazione, «Ragazzi, calma! Carlo, adesso non è il momento per rancori personali! Ah, gli italiani, siete bravi solo a fare polemiche!».

Carlo annuì a malincuore, «Eh, sapessi, ma va bene, scusami».

«Bene, ora concentriamoci sul nuovo caso e soprattutto, dovremmo prepararci per il viaggio e siccome alloggeremo lì, avremmo bisogno di fare le valigie», spiegò Jackson.

Faust annuì, «Giusto, se non andiamo lì, non potremmo avere risposte. Steve, hai contattato Mark? Abbiamo la sicurezza che la polizia di Enigley finirà il caso al posto nostro?».

«Sì, mi ha appena detto che domani arriveranno nuovi poliziotti e se occuperanno loro», rispose.

Charles si alzò dal suo posto seguito da Edoardo, «Allora si va?».

«Partiremo domani mattina, ditemi solo con quale mezzo», disse Jackson.

Faust cominciò a contare sulle dita, «Allora, io, te, tua sorella e Steven siamo quattro. Jonathan e Jius, venite con noi?».

«No, tesoro. Abbiamo lavoro in arretrato con la redazione dell'En Magazine, e a meno che vogliamo essere licenziati, restiamo qui», disse Justin.

«Bene. Con i Davanti e Lavoglia siamo otto. Vittorio e Adriano siete dei nostri?».

I due annuirono.

«Siamo dieci. Quindi con la mia auto, quella di Jackson e quella di Carlo c'è la facciamo» concluse Faust.

Margaret annuì, guardando verso Jackson, «Allora saremo pronti per partire domani mattina».

«E che una nuova indagine cominci!», esultò Jackson.

«Adoro questa tua linea!», esclamò Margaret.

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