Pietas umane

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Le torri aguzze svettavano dal vecchio maniero incastrato tra le rocce a picco sul mare, che percosso dalla spinta di Vento, sembrava oscillare.

Le folate gelide si infilavano nelle arcate di un corridoio di porfido scuro striato dal bianco della salsedine.

Una figura alta e scarna, vestita di nero, camminava misurando i suoi passi picchiettando con il bastone intarsiato sul pavimento sconnesso. Si aggiustò il cappello con le mani pallide prima di varcare la soglia della stanza di Destino.

Il fastidio che provava nel rivedere quell'essere ombroso non era plausibile, non avrebbe dovuto sentire nessuna emozione, nulla che assomigliasse a un senso di repulsione.

Dopo le conversazioni con Alberto le cose erano cambiate. Il suo amico ora era circondato dalla serenità amorevole della sua famiglia a cui si era riunito dopo la morte. Lasciarlo in vita era stata la scelta giusta, lui era stato un buon compagno di conversazioni.

Gabriele arrivò alla porta di legno intarsiata, si lasciò sfuggire una smorfia di disgustosa accettazione. Non riusciva ad abituarsi nel vedere quei volti scolpiti nel legno bloccati mentre urlavano, contorti dalla rabbia, dalla paura e dagli spasimi della vita che scivolava fuori dai loro corpi.

Sospirò, bussò con l'elsa del bastone.

"Entra Morte! Hai lavoro!"

Non gli era mai piaciuto che lo chiamassero così. Esitante, spinse la pesante porta.

"Eccolo il prescelto! Gabriele che fu al fianco di Dio! Ora traghettatore di anime!"

Una risata rauca arrivò dall'ombra scura avvolta da un mantello di velluto rosso, il cappuccio gli nascondeva il volto, non c'erano occhi lì sotto, solo un vuoto cupo.

L'essere era affondato nello scranno di rami contorti e intrecciati. Reggeva nella mano destra la ruota di metallo della sorte e si divertiva a farla girare.

Morte respirò, appoggiò entrambe le mani all'elsa argentata del suo bastone, gli occhi chiari socchiusi.

Aspettò e percepì l'ira glaciale di Destino attraversargli il corpo.

Sapeva che l'amicizia e il favore concesso ad Alberto di avere altri anni di vita terrena, lo avevano messo in cattiva luce.

"Lavoro per me, Padre oscuro?" chiese sapendo già la risposta.

"E che altro potrebbe essere Anima traghettatrice."

La mano scarna spuntò da sotto la tunica e con il dito ossuto toccò la ruota facendola girare velocemente.

Con un gesto deciso puntò l'unghia sul cerchio, uno stridio ne fece cessare la corsa.

Sibilò soddisfatto. "Mihi debitum animarum solvie"

Gabriele si raddrizzò, alzò il bastone da terra, lo tenne stretto con entrambe le mani. Dalla ruota si alzò un filo di nebbia nera che arrivò fino al suo petto, lo trafisse e lui ansimò dolorosamente.

Ora conosceva l'anima che doveva prelevare. Abbassò il capo e si ricompose.

"Bene Morte, ora sai! Fa ciò che devi." Lui annuì, si inchinò ossequioso, stava per uscire quando la voce acida di Destino lo fermò.

"Tu Anima traghettatrice provi qualcosa! Sento una parte umana in te." Ghignò sporgendosi in avanti e stringendo le mani ossute nel suo trono di legno.

"Padre Oscuro, so il mio dovere."

Lui rise. "La solitudine è un sentimento umano. E tu Morte non l'hai superata."

"Non è così, Mio signore! So ciò che sono e mi basta."

"Portami quest'anima allora!" gli gridò Destino. "Bada a te Morte."

Gabriele inclinò la testa di lato e lasciò la stanza.

Aveva la vita di un giovane uomo da prelevare nell'ultimo giorno dell'anno in quella che era considerata una notte di festa. Non avvertiva rimpianto eppure qualcosa lo turbava.

Raggiunse, soppesando i suoi passi, il davanzale di marmo bianco a picco sul mare, chiuse gli occhi e aspettò che Vento lo afferrasse.

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Era capodanno, la città era splendente di luci, la famiglia dell'uomo si era riunita a festeggiare.

Gabriele, nel suo completo scuro come la notte, si calò il cappello per nascondere i capelli neri e il ciuffo ingrigito sulla fronte. Strinse il suo bastone ed entrò nella casa.

Nessuno poteva scorgerlo, nessuno poteva avvertire la sua presenza. Solo dopo, la persona che doveva prendere, lo avrebbe visto.

Nella stanza addobbata per le feste, c'erano degli adulti e un bambino solitario che giocava sprofondato nel divano.

Marco, l'anima di Destino, rideva cingendo la vita a una giovane donna, ballavano reggendo nelle mani i bicchieri colmi. Avvertì un turbamento inaspettato.

Due Bloody Mary! Morte ne riconobbe il profumo di vodka e spezie, una fitta gli trapassò la nuca, non avrebbe dovuto avvertire quel ricordo.

Fu un lampo della sua vita passata: un bacio al sapore della bevanda rosso sangue.

Si appoggiò alla porta barcollando.

Cosa gli stava succedendo? Lui era la Morte, il nulla era dentro al suo corpo, il passato di quello che era stato non poteva angustiarlo.

Guardò titubante Marco, presto si sarebbe avvicinato alla presa della corrente, le luci dell'albero si erano spente, ma una perdita di liquido dall'acquario lì vicino aveva lambito la spina. Tra poco sarebbe stato suo.

"Chi sei?" La vocetta del piccolo lo fece girare sorpreso.

"Mi vedi?" chiese spalancando gli occhi chiari.

"Certo che ti vedo! "Il bambino gli sorrise. "Sei vestito strano, ma sì, ti vedo."

Lui sospirò, eccone un altro come il suo amico Alberto, persone che percepivano le presenze oscure. Era stato lui che lo aveva cambiato, alleviando la sua solitudine eterna, stringendo un'amicizia oltre la vita terrena.

Si sedette sul divano vicino al piccolo, rigirò Il bastone intarsiato fra le mani e aspettò la domanda.

"Sei un amico di papà?" chiese il ragazzino sollevando il volto dal gioco.

"Chi è tuo padre? Ci sono tanti uomini qui dentro." rispose preoccupato fissando quel viso innocente.

"Lui. Marco Ventura." Indicò l'uomo che doveva portare via. Strinse le labbra e sentì un vuoto profondo al posto di quello che era stato il suo cuore.

"Gli vuoi bene?" Gabriele sorrise e inavvertitamente gli sfiorò il braccio.

"Uhm sei freddo!" si lamentò sfregandosi la maglia dove l'aveva toccato. "Lui è il mio papà adottivo." Morte strinse le mani sul bastone così forte da farle sbiancare.

"Quindi non è il tuo vero papà, lo ami molto?" Gabriele inclinò la testa di lato.

"Se non ci fosse lui, dovrei tornare all'istituto! Sto bene con loro adesso." Borbottò il piccolo mordendosi le labbra.

"Lei è tua madre?" Osservò la donna che ballava con Marco.

"No è morta due anni fa, ma presto Anna diventerà la mia nuova mamma." Un sorriso gli illuminò il volto.

Non se le ricordava le persone che portava via, era una dote di essere un traghettatore di anime.

"Come ti chiami?" gli chiese colpito da tanta gentilezza.

"Marcello, e tu?" Lo osservò con attenzione, si era incuriosito per quell'uomo strano che gli era seduto vicino.

"Gabriele." Rispose lui in un soffio.

"Come l'arcangelo? Ho sentito da suor Lucia che era l'angelo al fianco di Dio. Il suo preferito."

"Già, e lo amava molto." Morte sospirò, gli sfiorò i capelli scuri, erano morbidi, una sensazione dimenticata da secoli.

Ci pensò un po', non molto a dire la verità.

"Bene Marcello, io devo andare, tu dai un grosso bacio a papà, corri subito a dirgli che la presa elettrica è bagnata. Fa presto."

Il bambino aggrottò la fronte, lo studiò per un breve attimo, non sembrò nemmeno stupito per quel suggerimento. Si alzò di scatto, la bocca aperta. Quel ragazzino era speciale, capiva e vedeva più di altre persone che avevano solo paura di lui. Lo ringraziò con gli occhi.

"Vai piccolo uomo." Lo esortò lui nascondendo un sorriso.

Marcello corse dal padre, parlò fitto, ma quando si girò, l'uomo vestito di scuro non c'era più.

Lui li vide abbracciarsi stretti per il pericolo scampato vicini all'albero di Natale, storditi dalla musica festosa.

Gabriele scese in strada, si sentiva stranamente bene, la mano stretta alla tesa del cappello, il bastone che ne segnava il passo.

La notte era buia, tra poco ci sarebbero stati i fuochi d'artificio a illuminarla.

Destino lo avrebbe punito, iniettandogli dei ricordi, facendogli rivivere la sua morte più volte, torturandolo per un tempo infinito. Tutto questo finché non fosse stato appagato.

Poi lo avrebbe riportato indietro.

Il padre Oscuro sapeva come ridurlo alla ragione. Poteva sopportare il dolore fisico che non avvertiva da secoli, ma gli avrebbe tolto il dono di attenuare l'angoscia e la disperazione delle anime che vedevano in lui l'orrore della fine terrena.

La paura atavica di quello che era: La morte.

Ma in fondo ne era valsa la pena, per Marcello, Marco e anche per lui.

Si fermò in mezzo alla strada prima di essere preso da Vento e riportato al maniero.

Il padre Oscuro non avrebbe vinto, non aveva potere nella sua mente, non del tutto.

C'era una parte in lui che ricordava qualcosa.

La sensazione piacevole del calore di un corpo femminile abbracciato al suo e il sapore del Bloody Mary sulle labbra.

Avvertì arrivare il soffio freddo di Vento. Abbassò il capo e sorrise acquietato, guardò le sue mani aggrappate al bastone intarsiato.

Sobbalzò, rivide sfuocata l'immagine di un anello nuziale...

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Con questa one shot ho partecipato al contest di capodanno 2022 "Bollicine" indetto dalla CasaDelleCivette dove il miglior personaggio protagonista è risultato Gabriele. 

Un ringraziamento a tutti i lettori.

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