5 - The Mirror of Desires

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Jem si svegliò presto quel mattino. Aveva provato a riaddormentarsi, ma se ciò non accadeva nei secondi immediatamente successivi al risveglio era meglio rinunciarci. Si alzò ed entrò in bagno canticchiando un motivetto che gli era venuto in mente.

Quelle sequenze casuali di note erano molto labili: svanivano così come arrivavano. Bisognava essere rapidi a tenerne traccia altrimenti le avrebbe perse per sempre, rifletté stiracchiandosi e ravvivando i capelli arruffati davanti allo specchio rotondo. Quella melodia poteva avere del potenziale, gli suggerì il suo sesto senso, quello che aveva inconsciamente sviluppato negli anni. Che un'idea si fosse poi concretizzata in note o parole era indifferente. Nel dubbio, non poteva far altro che assecondare l'ispirazione. Aveva trascritto le note sull'agenda che teneva sul comodino; le avrebbe riprese più tardi.

A questo pensava mentre apriva il rubinetto e si lavava con acqua fredda. Tuttavia, ciò che vide nello specchio quando sollevò il capo non fu il suo riflesso. Al contrario, era quanto di più diverso potesse esserci da sé.

Fece d'istinto un balzo indietro, gli occhi sbarrati per lo sconcerto.

Il mezzobusto di Will lo stava osservando da dentro lo specchio, uno sfondo bianco e nebuloso alle sue spalle. Era proprio come lo ricordava: un Will adolescente dal viso angelico, la pelle dorata e i capelli castani schiariti dal sole di tre estati fa.

«Ciao, Jem» lo salutò, alzando la mano e sfoderando un sorriso spensierato. «È un po' che non ci vediamo.»

«Will?!» Jem strofinò le mani sugli occhi, ma l'allucinazione non accennava a svanire. Portò le mani ai lati dello specchio sporgendosi verso il volto che aveva soppiantato il suo. «Com'è possibile? Che ci fai tu

«Volevo accertarmi che non ti fossi scordato di me» disse lui candidamente. «Ti sono mancato?»

«Certo che mi sei mancato, che domande!» esclamò Jem irrequieto, tastando ogni centimetro della superficie specchiata. «Dio, non riesco a credere di poterti parlare di nuovo! Dimmi, come faccio a farti uscire?»

Il sorriso di Will s'increspò.

«Cosa ti fa pensare che io sia imprigionato?»

La sua voce riempì l'aria come una brezza leggera, ma vibrò nel petto di Jem con la potenza di un uragano.

«Non... non lo sei?» gli domandò Jem attonito.

«No.»

«Quindi è tutto a posto? Ti sta bene che questo specchio ci separi?»

«Lo specchio è solo un'illusione, Jem. Come il tempo e lo spazio, esso distorce la nostra percezione del mondo.»

«Intendi come una sorta di... filtro? Un velo di Maya?»

«Più o meno. Vedi, io adesso ti appaio vicino ma, allo stesso tempo, inaccessibile. È un inganno dei sensi.»

«Ma ciò che vedo in questo momento è reale? Tu sei reale?»

«Non potresti vedermi né parlarmi se così non fosse, no?»

«Vuoi dire non ti ho perso per sempre?» lo sollecitò Jem travolto da una scarica di adrenalina. «Esiste un modo per ritrovarci?»

«Certo che esiste» gli garantì l'amico.

Jem sentì una scintilla di speranza accendergli il cuore.

«Dimmi una cosa, Jem: ti piacerebbe l'idea di stare insieme per sempre? Potremmo coltivare le nostre passioni, raccontarci storie immaginarie come facevamo un tempo. Potremmo condividere l'eternità in un posto che è solo nostro. Solo tu e io.»

«Sarebbe bellissimo!»

«Lo pensi davvero? Ti prego, sii sincero.»

«Lo sono!»

«Beh, allora cosa aspetti?» lo invitò Will allargando le braccia.

Jem stava per accostarsi allo specchio delle brame, quando sentì un peso invisibile schiacciare quel barlume di speranza. L'entusiasmo l'abbandonò, rimpiazzato da un opprimente senso d'impotenza.

«Come faccio a raggiungerti?» domandò sconfortato dall'evidenza. «Siamo su due piani diversi. Credi non l'abbia notato?» fece indicando se stesso e lui.

Will gli rivolse un sorriso amabile.

«Il tempo e lo spazio sono solo un'illusione, ricordi?»

Gli occhi di Jem, dapprima confusi, si riempirono di una nuova, agghiacciante consapevolezza.

«Stai dicendo che dovrei...»

«Esatto. È l'unico modo.»

«No no, frena un attimo! Io non... non posso. Non posso farlo.»

«Certo che puoi, Jem. È più facile di quanto credi, in realtà. Basta volerlo» proseguì imperturbabile Will.

«E abbandonare Sara? E la mia famiglia, e i miei amici? No, è una cosa folle! Non puoi chiedermi questo, Will. Io ti voglio bene, ma non posso sacrificare me stesso.»

A quelle parole, Will si rabbuiò.

«Ti sembrerà assurdo, lo so. Eppure, io l'ho fatto: io ho rinunciato alla mia vita per te» mormorò con voce spezzata, abbassando per la prima volta lo sguardo. «Sapevo che era chiederti troppo, ma ho voluto comunque tentare. D'altronde, perché dovresti voler rinunciare a tutto quello che hai se pensi che non ne valga la pena? La verità è che non sono abbastanza per te. Non lo sono mai stato.»

«Non sei mai stato...?! Come puoi dire questo?» protestò Jem costernato. «Tu sei sempre stato parte di me! Non passa giorno che non pensi a te.»

«E allora perché mi respingi?» esplose Will addolorato. «Se è vero come dici che ti manco, perché non me lo dimostri? Io non posso raggiungerti, ma tu puoi raggiungere me. Tu puoi oltrepassare il velo che ci divide. Perché non lo fai?»

Jem scosse con decisione il capo. Gli tremavano le mani e il cuore sembrava voler esplodere.

«Mi spiace, non posso.»

«Ti sbagli» lo contraddisse l'amico. «Tu puoi fare ciò che vuoi, se lo vuoi davvero. Sei solo bloccato dalla paura di perdere ciò che hai.»

«Puoi biasimarmi?» esplose Jem battendo i palmi sul ripiano del lavabo, le lacrime che gli rigavano il volto deformato dal dolore. «Ho già perso te, non ho intenzione di perdere nessun altro.»

Will rimase in silenzio per alcuni secondi, come se stesse scegliendo le parole adatte. Posò gli occhi ambrati su di lui e gli rivolse un sorriso indulgente. «Sei più forte di quanto credi, Jem, te l'ho sempre detto. Non lasciare che la paura ostacoli la tua volontà» sussurrò avvicinandosi ai bordi dello specchio. «Pensa a cosa stai rinunciando. Non vorresti porre fine alla distanza che ci separa? Non vorresti recuperare la felicità che ci è stata negata?»

Jem non seppe rispondere. Si scoprì paralizzato dal dubbio e dalla paura.

«Posso rendertela più semplice, se vuoi» disse Will porgendogli con gesto fluido il palmo della mano. «Devi solo prendere la mia mano, nient'altro. Fidati di me.»

«No, Will. Non posso» Jem fece un passo indietro per rimarcare il suo rifiuto, lottando con la parte di sé che voleva andare oltre. «Sei stato tu a mettere questa distanza tra noi. Non posso pagare le conseguenze delle tue scelte.»

«Eppure, le stai già pagando» il tono di Will suonava ora malinconico. «Il senso di colpa non ti abbandona, ti perseguita giorno e notte. Lo so. Te lo leggo negli occhi, lo vedo crescere e corroderti l'anima come un tarlo.»

«Non sarà sempre così.»

«No, infatti: sarà sempre peggio» il viso di Will era a pochi centimetri dal suo, una sottile lamina trasparente a dividerli. «Perché rassegnarti a una lenta agonia quando potresti superare in un battito di ciglio il confine che ci separa e lasciarti tutto il dolore alle spalle? Lascia che ti aiuti a porre fine alle tue pene.»

«Non voglio il tuo aiuto» si oppose Jem. «Te ne sei andato senza dare spiegazioni e ora mi chiedi di seguirti? Spiacente, non lo farò.»

Le labbra dell'adolescente si curvarono in una smorfia di rammarico. «Il tuo rifiuto mi rattrista ma, a questo punto, non insisterò oltre. Hai fatto la tua scelta» decretò amareggiato.

Senza neanche accorgersene, ancor prima di poter reagire, Jem fu sorpreso da un rumore di vetro infranto.

Quando abbassò gli occhi, vide la mano di Will artigliata al suo collo; la nube di vapore fuoriuscì dallo specchio, avvolgendo interamente la sua figura. A serrargli la gola, ora, c'era un mostruoso serpente di carne e fumo. In preda all'orrore e alla disperazione, la schiena pressata contro le schegge sul pavimento freddo e umido, Jem lottò con tutte le forze per opporsi a quella morsa letale, pur sapendo di essere spacciato. Sentì le zanne affilate del serpente perforargli la pelle e lacerargli le vene. Vide il proprio sangue schizzare su quel che restava dello specchio maledetto, prima che la vista si appannasse e dalla trachea dilaniata salisse, invano, un flebile grido d'aiuto. 

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