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Alice

«È una tragedia!», esclama Aurora non appena mettiamo piede nella nostra camera d'albergo a Parigi. 

Camera.

Diciamo che definirla così è un parolone: è minuscola, il letto matrimoniale occupa praticamente tutta la stanza, non c'è un armadio e una piccola porta conduce a un bagno altrettanto minuscolo. Una camera da gnomi, insomma. La trovo tuttavia molto carina, il lilla si alterna al sabbia e sembra tutto molto pulito. D'altronde cosa potevamo aspettarci da un hotel due stelle?

Alzo gli occhi al cielo e sbuffo una risata, «Quale sarebbe la tragedia?». La mia amica bionda mi guarda stralunata, «Cioè non c'è lo specchio in camera! Come farò a vedere se mi sta bene l'outfit che ho scelto per il colloquio!».

Faccio per ricordarle che in bagno c'è un piccolo specchio, ma lei mi anticipa dicendomi, «E non ti azzardare a definire specchio quella sottospecie di specchietto da rossetto che abbiamo in bagno perché mi metto a urlare!».

Scoppio a ridere, «Come sei melodrammatica! Soprattutto per il fatto che ti sei cambiata un'infinità di volte a Torino! Ti sei specchiata talmente tante volte che hai consumato lo specchio!».

Ha praticamente svuotato l'armadio e ha seminato vestiti in giro; quando sono arrivata a casa sua ieri sera ho fatto fatica a entrare e non sapevo dove mettere i piedi tanto era il caos. L'ho vista cambiare idea e abiti almeno una decina di volte, finché non ha decretato il vincitore: un pantalone nero elegante con un maglione di cashmere grigio a collo alto, «Alla moda e non troppo professionale come si addice a un'agenzia pubblicitaria del genere!», ha affermato convita specchiandosi.

Fa una smorfia, «Che simpatica che sei, amica! Tu non capisci, se tutto non mi starà alla perfezione, l'agenzia non mi prenderà nemmeno in considerazione! E mi metteranno nell'indice delle agenzie pubblicitarie e non troverò mai più lavoro e finirò a fare la barbona a Porta Susa e...».

«Okay calmati», le dico posandole le mani sulle spalle. «Fai un respiro profondo; andrà tutto bene! Anche senza lo specchio sarai perfetta e poi a loro interessa la tua testa e il tuo curriculum e non i tuoi vestiti!».

Aurora è una ragazza in gamba, laureata a pieni voti e molto intelligente. Peccato che ogni tanto la sua parte maniaca della moda venga fuori e lei dia i numeri per delle sciocchezze come quella dello specchio in camera. Come se poi le servisse davvero! Potrebbe vestirsi al buio e sembrerebbe comunque uscita dalle pagine di una rivista patinata, le basta davvero poco per essere bellissima. Il tutto poi è contornato da un carisma straordinario che ammalia e affascina chiunque le sia intorno. Sono certa che questo, sommato alla sua grande competenza, le farà avere il lavoro.

«Va bene», si arrende alle mie parole. «Però promettimi che mi farai alcune foto per vedere se sto bene!».

Acconsento con un sorriso mentre preparo lo zaino per uscire a fare un giro. Il colloquio si terrà domani mattina, quindi abbiamo tutto il pomeriggio libero per iniziare a visitare qualche monumento.

«Devo per forza?», si lagna la mia amica che si è stesa a pelle d'orso sul letto.

La guardo di traverso, «Non ti azzardare a darmi buca! Mi hai promesso qualche giro per la città!», le ricordo lanciandole la giacca addosso. «Dai muoviti che ci aspettano gli Champs-Élysées e l'Arc de Triomphe per oggi! Mentre domani andremo al Louvre!».

Sono a dir poco elettrizzata: è la prima volta che vengo a Parigi e ho tutte le intenzioni di godermela al meglio. Ho già fatto un piano di tutto quello che voglio vedere e visitare.

Aurora continua a non dare segni di vita, ha chiuso gli occhi e rimane immobile sul letto.

«Guarda che fingerti morta non ti serve a niente, si vede che stai respirando», le dico avvicinandomi al letto.

Nessuna risposta ancora, «E va bene, rimani a fare la Bella Addormentata! Vorrà dire che mi abbufferò da sola di macarons».

Faccio per alzarmi, ma sento la mia amica afferrarmi un polso. «Macarons hai detto?», chiede con gli occhi che le brillano.

Faccio spallucce. Puntare sul cibo con lei è sempre la soluzione: mangia come uno scaricatore di porto e non ingrassa di un etto. Dove metta tutto quel cibo, non l'ho ancora capito. Ma so almeno che posso giocarmi sempre questa carta quando non vuole fare qualcosa.

Infatti, in men che non si dica, è in piedi e vestita, «Allora? Cosa stiamo aspettando? Perché non siamo ancora uscite?».

Scuoto la testa e alzo gli occhi al cielo seguendola oltre la porta.

*********

«Mmm che benessere! È una gioia per i sensi, le mie papille gustative stanno ballando la samba!», bofonchia Aurora con la bocca piena.

Sono d'accordo con lei: i macarons de La durée sono la pace dei sensi, costano un occhio della testa, ma ne valgono tutta la pena.

Siamo nel negozio che si trova proprio su gli Champs- Élysées: l'ambiente è piccolo, le luci sono soffuse e i tavolini sono disposti in modo tale da garantirti una certa intimità. Bevo un sorso di tè mentre lancio uno sguardo all'esterno. La passeggiata è stata più lunga del previsto, ma è stata bellissima e le luci natalizie hanno reso il tutto più magico. L'Arc de Triomphe era illuminato a festa e una miriade di turisti erano fermi lì davanti per scattare qualche fotografia, in barba al traffico parigino. Siamo rimaste lì per un po' di tempo, complice anche la storia di Instagram di Aurora che, a sua detta, «Non è perfetta come vorrei», e l'ha rifatta almeno una quindicina di volte. Alla fine, l'ho convinta ad andarsene ricordandole i biscotti e quindi eccoci qui, sedute di fronte a una quantità spropositata di dolcetti e due tazze calde di tè.

«Ehi, lasciamene almeno uno tacchino che non sei altro», rimprovero la mia amica con un buffetto sulla mano.

«Senti, non è colpa mia se ti perdi a guardare la gente con uno sguardo sognante! Ho fame io!», si difende.

Le faccio la linguaccia mentre le chiedo se i suoi followers hanno apprezzato la sua storia. Sono ironica, ovviamente, e infatti fa una smorfia, «Cosa mi tocca fare domani dopo il colloquio? Musei? Notre Dame? Un cappio per impiccarmi?».

Come sei melodrammatica, Aurora!

«Simpatica! Dipende quanto tempo ci mettiamo al colloquio! Vorrei visitare diversi posti, ma tutto dipende dalle ore che abbiamo a disposizione, quindi dipende da te donna in carriera!».

Annuisce e poi prende in mano il cellulare per controllare le email, la vedo corrugare la fronte.

«C'è un cambio di programma!», dice mordendosi una pellicina del pollice. «A quanto pare il tipo dell'agenzia vuole farmi il colloquio al Louvre perché sarà occupato in un servizio fotografico che si terrà all'interno del museo».

«Ma che figata! Vorrà dire che mentre ti farà il colloquio potrò girare per tutte le sale!», affermo felice battendo le mani.

La mia amica però non sembra condividere la mia euforia. «Cosa c'è?», le chiedo preoccupata.

«Mi mette un po' d'ansia fare il colloquio così, cioè probabilmente il tipo sarà super impegnato e non presterà molta attenzione a me», sussurra sistemandosi il ciuffo biondo dietro le spalle.

Ahia, allarme rosso! 

Quando Aurora inizia a passarsi le mani tra i capelli è un bruttissimo segno, la catastrofe emotiva è vicina.

«Ehi», richiamo la sua attenzione. «Stai tranquilla. Non mi sembra che questa agenzia prenda le cose alla leggera; se ti vuole lì magari significa che vuole renderti subito partecipe del modo in cui lavorano!», improvviso un'ipotesi, sperando che possa tranquillizzarla.

Apparentemente sembra di sì perché alza lo sguardo scrollando le spalle. «Hai ragione!», asserisce. «E poi in ogni caso mi farò notare, il responsabile non riuscirà a distogliermi gli occhi di dosso», conclude ammiccando.

Scoppio a ridere, «Li stenderai tutti! Ne sono certa».

Dopo aver finito i nostri tè e aver pagato, ci alziamo e decidiamo di prendere la metropolitana per tornare in albergo dal momento che si trova dall'altra parte della città e un vento gelido si sta alzando. Il viaggio non dura però molto e, una volta arrivate, andiamo a mangiare qualcosa di caldo nel locale dietro all'albergo come ci è stato consigliato dal concierge questo pomeriggio quando abbiamo fatto il check-in.

Aurora sembra assente mentre mangia e sono certa che stia iniziando a sentire la tensione per il colloquio di domani: non parla molto e stuzzica appena le patate al forno che ha nel piatto.

Le stringo una mano da sopra al tavolo e le rivolgo un sorriso d'incoraggiamento, «Sono sicura che andrà tutto benissimo». Alza un angolo della bocca e sbuffa un sospiro teso, «Speriamo in bene».

«Ne sono più che certa», le stringo per l'ultima volta la mano e poi mi alzo, incitandola a fare lo stesso.

Arrivate in camera, Aurora si lava i capelli e poi si mette subito a letto, posando sugli occhi la sua mascherina con su scritto, "I'm a fashion queen".

Più che azzeccata, direi.

Spengo la luce e le auguro una buona notte, sperando che riesca a dormire.

***********

«Dai sbrigati!», mi incita Aurora dalla soglia della camera. Non sta ferma un secondo, continua a sistemarsi il maglione e la sciarpa intorno al collo con fare nervoso.

«Senti non è colpa mia se ci hai impiegato più di mezz'ora a truccarti e hai occupato il bagno! Lasciami lavare i denti almeno. Non siamo in ritardo, quindi rilassati», le faccio notare sbucando dalla porta del bagno con lo spazzolino in mano.

Nonostante la sveglia all'alba ci ha impiegato le ere geologiche a prepararsi e vestirsi, presidiando il bagno. E quindi eccomi qui obbligata a prepararmi in dieci secondi netti per evitare l'esaurimento nervoso della bionda.

Mi sciacquo il viso e metto giusto un filo di matita per non sembrare un pesce lesso. Non mi trucco mai tanto: matita e mascara sono la combinata quotidiana, ma sono fanatica dei rossetti; ne compro a bizzeffe, ma poi non li metto quasi mai. Sono un controsenso ambulante, ma tant'è.

«Sono pronta!». Aurora fa una smorfia di fronte al mio make-up, evidentemente troppo semplice per i suoi gusti. «Non una parola sul mio trucco», la ammonisco mentre infilo la sciarpa e la giacca e la raggiungo fuori dalla stanza.

A tempo di record, la mia amica fa le scale, lascia la chiave in reception e si fionda fuori dall'albergo. La seguo tenendo il passo, Aurora compie delle lunghe falcate e il suo ritmo accelera in prossimità della metropolitana. Si scontra con un paio di parigini che le imprecano dietro e si gira a controllare se ci sono ancora.

Saliamo sulla metropolitana e dopo una ventina di minuti siamo alla fermata del Louvre, la mia amica schizza fuori alla velocità della luce e la perdo tra la folla.

Ottimo!

Non faccio in tempo a salire le scale che sento il telefono squillare nella tasca, ovviamente è Aurora. Scuoto la testa e rilascio un sospiro esasperato.

«Giuro che ti strozzo! Abbiamo una mezz'ora abbondante di anticipo quindi ora ti fermi e mi aspetti», la minaccio e chiudo la telefonata. La trovo in cima alle scale: gioca nervosa con i numerosi anelli che ha sulle dita e si morde un labbro, sbuffando un sospiro teso.

«Scusami, ma credo di essere sull'orlo di una crisi di nervi».

La guardo con un pizzico di compassione, «Aurora rilassati! Andrà tutto bene, ne sono certa. Che ne dici di una colazione veloce? Un po' di zucchero ti farà di sicuro bene», le propongo avviandomi verso il bar alle nostre spalle.

Dopo un pain au chocolat, la vedo molto più rilassata. Un sorriso timido le si apre sul volto, «Grazie Ali, ne avevo bisogno! Credo di essere molto più calma!».

Le faccio un cenno con il capo e mi stringo nelle spalle, non c'è bisogno che mi ringrazi perché per lei farei di tutto e vederla così mi ha stretto il cuore.

Ci alziamo, paghiamo la colazione e ci dirigiamo finalmente all'ingresso del museo. Aurora riceve un messaggio che le dice di fare il suo nome all'ingresso del Louvre per far sì che un addetto ci porti direttamente sul set che, a quanto pare, risulta chiuso a occhi indiscreti per evitare che il servizio venga svelato prima del lancio ufficiale.

Mentre ci avviciniamo allo scalone della Nike, lancio qualche sguardo alle sale che attraversiamo: non vedo l'ora di visitarle sul serio mentre la mia amica sosterrà il colloquio.

Raggiungiamo finalmente il set e io rimango a bocca aperta: la Nike sovrasta imponente lo scalone sul quale è posta e la scenografia non fa altro che metterla ancora di più in luce. Enormi teli bianchi sono disposti lungo i corrimani e alcune nuvole in cotone sono adagiate sulle scale, le luci sono disposte in modo tale che tutto sembri più bianco, di un bianco quasi accecante che invita a distogliere lo sguardo.

Un tipo allampanato con una spessa montatura nera si avvicina a noi.

«Bonjour! Tu devi essere Aurorà!», dice con un sorriso gentile storpiando il nome della bionda al mio fianco. «Io sono Guillaume, il responsabile dell'agenzia con cui hai parlato per il colloquio! Mi dispiace di averti fatta venire qui, ma ci stiamo occupando di una campagna pubblicitaria importante e non posso allontanarmi dal set! Poi ho pensato che fosse una buona idea farti subito vedere il modo in cui lavoriamo e con chi collaboriamo!».

Il tipo di fronte a noi ha una bella parlantina sciolta e sembra più che gioviale, stringe anche a me la mano e mi informa che, se ho voglia, posso assistere agli scatti mentre lui parlerà con la mia amica.

Sorrido e lo ringrazio, le modelle e i modelli stanno incominciando ad arrivare: sono vestiti con abiti dai colori sgargianti e moderni, in netto contrasto con lo sfondo del set. Sembra quasi che abbiano voluto creare un set ispirato all'Antica Grecia mettendolo in contrasto con vestiti quasi fantascientifici.

«Il fotografo sarà qui tra cinque minuti! Tutti pronti?», urla una voce femminile dalla cima delle scale, suppongo sia la direttrice artistica del set.

Tutto è molto frenetico, i truccatori e i parrucchieri stanno sistemando gli ultimi dettagli e rimango affascinata dalla sincronia dei loro movimenti.

Vedo la donna di prima scendere le scale e rivolgersi a qualcuno dietro alle mie spalle, «Ah, perfetto! Max sei qui! Possiamo incominciare», dice battendo le mani.

Mi giro per vedere il volto del fotografo, un omone imponente si sta avvicinando con una grossa macchina fotografica appesa al collo; ha un volto noto, forse l'ho visto recentemente in un articolo sul giornale. Ma tutto passa in secondo piano nel momento in cui il mio sguardo si sposta sulla figura longilinea alle sue spalle: un paio di occhi verdi limpidi come il mare d'estate mi stanno fissando con un misto di stupore e incredulità.

Non può essere.


Buonasera a tutti!

Sono finalmente riuscita a pubblicare! Oggi capitolo dedicato completamente ad Alice, al suo arrivo a Parigi e alla ricerca disperata di tranquillizzare Aurora. Tutto sembra filare liscio, finché QUALCUNO non appare al Louvre! 

Cosa succederà?

Come sempre se vi va, fatemi sapere che ne pensate!

A presto,

Alice.

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