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Alice

«Grazie per la bellissima serata, tesoro», Anna bacia sulla guancia Edoardo all'uscita del ristorante dove abbiamo appena finito di cenare. Le luci del locale illuminano il suo volto pallido mettendo in risalto i suoi occhi verdi che stanno guardando con gioia il figlio.

«Non far passare altri mesi prima di venire a trovarmi», si raccomanda sistemandogli la sciarpa con fare premuroso e rivolgendogli un sorriso a trentadue denti al quale Edoardo risponde con uno dei suoi, uno di quelli appena accennati ma che non nascondono mai quello che sente. Anna gli dà poi un buffetto sul petto prima di lanciarmi uno sguardo carico di altrettanto affetto. «E, mi raccomando, porta assolutamente con te anche lei, devi farle vedere Como».

Edoardo mi sorride mentre i suoi occhi percorrono frenetici il mio viso e poi annuisce non staccando però il suo sguardo dal mio volto. «Certo, mamma».

La stringe poi in un veloce abbraccio e lei gli sorride nuovamente, «Bravo».

Anna si volta poi nella mia direzione raggiungendomi e posandomi le mani sulle spalle, «Alice non sai quanto mi abbia fatto piacere conoscerti», mi si avvicina e mi sussurra alcune parole all'orecchio. «Grazie, aveva proprio bisogno di una ragazza come te, dopo la storia con Virginia. Qualsiasi cosa tu stia facendo, ti prego, continua a farla». Si discosta guardandomi negli occhi con quelle straordinarie iridi verdi, tanto simili a quelle del figlio.

«C-certo», balbetto incerta, non pienamente sicura di quello che in realtà io stia facendo con Edoardo, se non cercare di non farmi sopraffare dalle mie continue paranoie e dubbi e di godermi di più i momenti che passo con lui.

«Grazie», mi stringe poi in un abbraccio da mamma che non può fare altro che farmi piacere.

Ci saluta poco dopo dirigendosi verso la metropolitana: la serata è stata decisamente piacevole, dopo l'imbarazzo dovuto al sommario racconto fatto da Edoardo sulle rocambolesche vicende che ci hanno visti protagonisti all'inizio della nostra storia, la cena si è svolta senza particolari disagi o figure imbarazzanti da parte della sottoscritta. Il che è decisamente un miracolo.

Anna si è confermata essere straordinariamente dolce e disponibile e non ho potuto fare a meno di notare che molte espressioni o gesti di Edoardo siano uguali ai suoi: come il pinzarsi il labbro inferiore tra indice e pollice quando sono sovrappensiero, come la ruga che si forma in mezzo alle sopracciglia quando sono concentrati oppure il sorriso sghembo che entrambi tendono a rivolgere all'interlocutore quando qualcosa li diverte. Viste le somiglianze così evidenti mi chiedo che cosa Edoardo possa aver preso dal padre se è così simile alla madre.

«A cosa pensi?», mi domanda Edoardo vedendomi assorta nei miei pensieri mentre ci avviciniamo alla fermata del tram che ci porterà a casa sua.

Mi è stato tassativamente proibito, infatti, di tornare a casa mia, nonostante lui domani lavori e che quindi non possa passare la domenica con me. Ovviamente quando gliel'ho fatto notare, ha liquidato la questione con un semplice, «E questa sarebbe una buona scusa per non averti nel mio letto stanotte?», seguito da un bacio che mi ha fatto dimenticare la ragione per cui avessi pensato che il fatto che lui fosse impegnato la domenica mattina fosse una buona idea per proporgli di non dormire insieme.

«Al fatto che tu sia praticamente la fotocopia di tua madre», gli lancio uno sguardo in tralice quando lui si ferma di colpo a osservarmi con uno sguardo divertito. «Che c'è? È vero!», mi stringo nelle spalle. «È impossibile che nessuno te l'abbia mai detto».

Edoardo scuote la testa e mi rivolge un sorriso fin troppo furbo mentre riprende a camminare intrecciando le mie dita alle sue, «Stai dicendo che sono fastidioso, inopportuno e decisamente impiccione?».

Alzo gli occhi al cielo e faccio una smorfia, «Oh, ma smettila», gli do una spinta alla spalla. «Tu sei decisamente peggio», gli faccio un occhiolino pinzandomi il labbro inferiore tra i denti cercando di trattenere una risata.

Edoardo assume un'espressione fintamente scioccata fermandosi nuovamente, «Ah, davvero?».

Annuisco e rido non riuscendo a trattenermi più quando lui si avventa su di me stringendomi in vita, sollevandomi e facendomi fare una giravolta.

«Edo, mettimi giù», cerco di parlare tra le risate, mentre continua a farmi girare.

«Solo se ti rimangi quello che hai appena detto».

«Va bene, va bene».

«Dillo», mi minaccia stringendomi maggiormente a sé.

Stiamo attirando l'attenzione di diversi passanti che ci stanno guardando divertiti a causa della nostra scenetta e delle risate che non riusciamo più a controllare, tanto che ci manca il fiato.

«Mi rimangio quello che ho appena detto», riesco finalmente a dire.

Edoardo, soddisfatto dalla mia confessione, si ferma e mi mette giù, posando le mani sulle mie guance accaldate per le risate. Un sorriso fa da padrone sulle sue belle labbra rosse che risultano a tal punto invitanti che non posso fare altro che sporgermi nella sua direzione e stampargli un bacio a fior di labbra prima di discostarmi appena per sorridergli nuovamente: i suoi occhi chiari sono luminosi e una scintilla di felicità riluce nelle sue iridi verdi.

Scuoto la testa e intreccio le nostre dita prima di riprendere a camminare, i nostri respiri sono ancora irregolari mentre ci dirigiamo verso la fermata.

«Comunque», gli lancio uno sguardo in tralice. «È vero che sei la fotocopia di tua madre e, da quel poco che ho potuto vedere stasera, Anna non è per nulla "fastidiosa, inopportuna e decisamente impicciona", anzi!», cito le sue parole e lui ride, ma poi scuote la testa e mi guarda.

«No, non lo è», mi dà ragione: ha uno sguardo dolce quando mi rivolge queste poche parole e so per certo che gli faccia piacere l'osservazione che ho appena fatto. Da quello che ho potuto vedere stasera a cena, infatti, madre e figlio sono molto legati, nonostante battibecchino in continuazione. Ma la trovo una cosa decisamente normale, soprattutto quando si è particolarmente affiatati.

Dopo tutte le risate di poco fa, un silenzio piacevole ci circonda fino a quando non raggiungiamo la fermata del tram, solo il rumore della città ci tiene compagnia.

Camminiamo mano nella mano, le sue dita calde sono strette alle mie e io non potrei essere più in pace di così: ho passato due giornate straordinarie, ho vissuto delle emozioni che mai avrei creduto e adesso sto tornando a casa con il ragazzo che ha detto di amarmi e che amo con ogni singola fibra del mio essere.

«Ti adora, sai?», mi confessa poco dopo interrompendo per primo il silenzio. «Mia madre, intendo».

Mi volto nella sua direzione alzando le sopracciglia e mi accorgo che gli occhi di Edoardo sono focalizzati sul mio viso, ma sembrano essere persi in tutt'altro luogo, come se stessero vedendo qualche altra scena, prima di tornare poi a guardarmi davvero.

«Come non potrebbe d'altronde?».

Arrossisco di fronte all'intensità con cui mi sta guardando: sento quasi la pressione del suo sguardo sulla pelle accaldata del mio viso. Non riesco a dire niente, le parole mi si impigliano in gola insieme a tutta l'aria che mi riempie i polmoni: un senso di leggerezza e felicità si spande in me e non posso che pensare a quanto mi facciano piacere le parole che mi ha appena confessato.

Mi fa sempre strano ricevere dimostrazioni del genere nei miei confronti dal momento che faccio sempre fatica a pensare di poter piacere a qualcuno o fare una buona impressione su qualcuno che non conosco.

Come potrei pensarla diversamente, d'altronde? Mi trascino una serie infinita di disagi e sono terribilmente timida, decisamente non una buona accoppiata per instaurare rapporti umani.

Edoardo ride, scuotendo la testa di fronte all'espressione imbarazzata che sicuramente ho in volto, come succede ogni volta che mi vengono rivolte parole del genere.

«Sei incredibile», mi cinge le spalle con un braccio e mi lascia un bacio tra i capelli. «Non credo mi abituerò o capirò mai la tua insicurezza o l'espressione stupita che hai ogni volta che qualcuno ti fa un complimento oppure ti dice qualcosa di carino. Vorrei che potessi guardarti dall'esterno, vedere come io o gli altri ti vedono, così magari questa tua testolina bacata capirebbe quanto sia facile volerti bene».

Scuoto la testa, rilasciando una risatina imbarazzata, sono sempre stata così: un'insicura cronica e a niente sono mai serviti i complimenti o le rassicurazioni sulla mia persona. O almeno, non fino ad adesso; adesso – come in realtà sta succedendo da qualche mese – in cui Edoardo mi sta guardando con questo sguardo limpido e sincero, riesco quasi a credere a quello che mi sta dicendo. Che tutto sommato non sono così strana o disastrata come mi sento, o almeno non così tanto.

«Ti amo», gli confesso per l'ennesima volta in poche ore, non riuscendo a tenermelo per me.

Gli occhi di Edoardo si illuminano mentre mi rivolge uno dei suoi classici sorrisi e mi stringe nuovamente a sé, «Anche io, sciocchina. Più di quanto immagini».

Edoardo

Chiudo l'ultimo bottone della camicia e controllo l'ora sull'orologio alla fioca luce che filtra dalla finestra.

È presto: sono le sette meno un quarto e purtroppo devo uscire a quest'ora improbabile della domenica mattina perché ho ricevuto un messaggio da Max ieri sera che mi chiedeva di essere in ufficio tassativamente prima delle otto, al quale non ho potuto fare altro che rispondere affermativamente e augurargli una buona serata, a cui ovviamente ha replicato con una battutina non troppo velata sulla mia, di serata.

Signore e signori ecco a voi, Max: fotografo di moda di giorno, comare la notte!

Ma non mi lamento più di tanto; alla fine non risulta mai inopportuno o esagerato – o almeno non la maggior parte delle volte – e poi ultimamente è stato particolarmente gentile e disponibile nei miei confronti, come ieri sera, in cui mi ha lasciato libero di tornare a casa e uscire, nonostante inizialmente i piani fossero diversi e avessi dovuto lavorare.

Ovviamente vorrei restare per tutto il giorno nel letto in cui sta ancora dormendo Alice, dimenticare l'ufficio e le tonnellate di fotografie che mi aspettano e passare la giornata con lei.

Lei che adesso è distesa tra le mie lenzuola, ancora addormentata.

Le lancio uno sguardo e non posso che sorridere: la sua figura longilinea spunta tra le coperte, i suoi lunghi capelli scuri ricadono disordinatamente sul cuscino e qualche ciocca ribelle le accarezza la gola e il petto, coperto da una maglietta.

Una mia maglietta, l'unica cosa che indossa a eccezione della biancheria, quella stessa biancheria che le ho sfilato ieri sera prima di perdermi nuovamente in lei, nei suoi sospiri, nei suoi gemiti e nella sua anima.

Non appena siamo arrivati a casa, infatti, non ho resistito un attimo nello sfilarle il cappotto e trascinarla letteralmente in camera mia, dove ben presto il suo vestito ha raggiunto il pavimento.

Quel dannato vestito bordeaux che non ha fatto altro che distrarmi per tutta la cena. Era semplice, niente di troppo scollato, ma le fasciava tutte le forme come un guanto, mettendo in risalto quel corpo che ho impresso a fuoco dal momento in cui i miei occhi si sono posati per la prima volta sulla sua pelle nuda e luminosa al chiaro di luna che proveniva dalla finestra di camera mia, mentre, timida, mi guardava con quei suoi occhi incredibilmente scuri e profondi.

L'altra notte, la prima notte in cui anche l'ultima barriera tra noi è caduta, il suo sguardo era fisso nel mio, un pizzico di nervosismo faceva capolino nelle sue iridi scure mischiato a diversi sentimenti: ansia, aspettativa, ma anche e soprattutto amore.

Quelle stesse sensazioni che credo e spero abbia potuto leggere nel mio, perché, cazzo, avevo il terrore di fare qualcosa di sbagliato, di metterla a disagio e rovinare tutto. Nonostante non ne avessi la benché minima intenzione e non desiderassi altro che averla sotto di me, avere il suo corpo caldo premuto al mio e sentire il suo respiro affannato fondersi con il mio.

E quando poi è successo, ho scoperto quanto fosse ancora meglio di quanto avessi mai immaginato, che nemmeno la più spinta delle mie fantasie avrebbe mai potuto rendere giustizia a quello che ho provato e sentito in quel preciso istante e per tutti i momenti a seguire. Niente è stato paragonabile all'eccitazione che mi scorreva nelle vene, al puro piacere che mi invadeva i sensi e a tutto l'amore che ho provato nell'esatto istante in cui i nostri corpi si sono uniti.

Non ho mai sperimentato nulla di così intenso e mozzafiato: mai e poi mai avrei creduto di sentire una connessione così profonda con qualcuno e, cazzo, nonostante fosse la sua prima volta, mi ha letteralmente mandato fuori di testa.

Perdermi in lei è forse stata una delle cose più emozionanti che io abbia provato e tutti i sensi erano inebriati da tutti i suoi dettagli: il suo dolce profumo, il suo corpo caldo, le sue mani intrecciate ai miei capelli, il suo respiro leggermente affannato...

Dio... al solo pensiero devo fare un respiro profondo per calmarmi e convincermi che non posso mandare a stendere Max, il lavoro e tutte le cose che mi aspettano da fare in ufficio per restare qui, con Alice, in questo letto.

Un mugolio lascia le sue labbra insieme a un sospiro mentre si rigira nel sonno, abbracciando il mio cuscino; la maglietta le è risalita pericolosamente lungo il torace, mettendo in mostra il suo stomaco e la voglia che ha appena sopra all'ombelico. Quella stessa voglia che ho notato la prima volta che l'ho vista senza maglietta e che ho da subito adorato, nonostante lei sia arrossita e abbia cercato di nasconderla.

Sorrido se ripenso ancora una volta a quanto sia timida e poco a suo agio con il suo corpo – il che è davvero assurdo visto quanto in realtà sia perfetta – e mi sporgo per lasciarle un bacio sulla fronte prima di chiudermi la porta alle spalle e uscire dalla stanza.

«Mmmm bene, bene, bene. Guarda un po' chi abbiamo qui! Il piccione innamorato», una voce alle mie spalle mi fa sussultare e mi fa voltare di scatto la testa: mi prendo un colpo quando trovo Matteo appostato appena dietro alla porta del salotto.

«Porca miseria Matteo!», sibilo tra i denti cercando di non alzare troppo la voce e svegliare così Alice. «Ma che accidenti fai dietro alla porta alle sette meno un quarto del mattino? Non dormi a quest'ora di solito?!».

Ma che diamine ci fa sveglio a quest'ora? Per lui è praticamente l'alba dal momento che non è mai in piedi prima di mezzogiorno, almeno nel weekend. Anzi, si arrabbia sempre quando abbiamo qualche cosa da fare nei fine settimana e deve alzarsi a «orari indecenti come le otto del mattino», come non fa altro che brontolare sempre.

«Diciamo che per me oggi è tardi e non presto», alza le sopracciglia con fare allusivo e mi rivolge uno sguardo sornione.

Lo guardo confuso e lui rincara la dose, «Diciamo che stanotte non ho ancora dormito, se capisci cosa intendo», alza e abbassa le sopracciglia con fare equivoco. «Dio quella ragazza è una selvaggia insaziabile, sono distrutto», fa una pausa sistemandosi il ciuffo biondo.

«Quale ragazza?».

«Ma Aurora, ovvio. È qui a Milano un paio di giorni e non ha saputo resistere all'impulso di chiamarmi», conclude compiaciuto incrociando le braccia al petto.

Alzo gli occhi al cielo e scuoto la testa: non mi interessa sapere nulla della sua vita notturna né tantomeno delle sue follie, tanto più se queste riguardano l'amica di Alice.

Lo sorpasso per andare all'ingresso per recuperare la tracolla e infilandomi il cappotto, ma lui mi tallona continuando a blaterare.

«Mi capisci, no?», domanda retorico. «Ma ovvio che mi intendi, dopo venerdì sera, capisci benissimo», calca l'avverbio facendomi un occhiolino, ma io non ho la minima intenzione di dargli corda.

«Oh, non fare così!», mi riprende non lasciandomi via di scampo. «Raccontami qualcosa! Sono curioso!».

Scuoto la testa per l'ennesima volta, «Nemmeno per sogno», borbotto.

Non ho nessuna intenzione di raccontargli nulla, nemmeno nel caso in cui dovesse assillarmi per tutti i giorni a venire, un po' perché non sono mai stato il tipo che parla di queste cose con gli amici – e questo lui lo sa benissimo – e un po' perché non intendo condividere con lui quello che è successo, dal momento che ne sono terribilmente geloso. Voglio custodire il ricordo di quella notte solo ed esclusivamente per me, ma Matteo non sembra proprio dell'idea.

«Vi ho sentito, sai?», la butta lì, come se fosse una cosa di poco conto. «Quindi è inutile che fai tanto il riservato!».

Mi irrigidisco e mi volto immediatamente nella sua direzione, «Matteo giuro che se metti in imbarazzo...». Stringo la presa sulla tracolla, teso per la sua uscita: poco mi importa che faccia il furbo con me, non voglio che faccia qualche battutina nei confronti di Alice.

Il mio coinquilino alza le mani, «Frena il cavallo Romeo! Non ho intenzione di dare noia alla tua bella», mi rivolge un ghigno. «Non più di quanto non abbia già fatto, almeno», borbotta poi sotto i baffi e io sono tentato di prenderlo per i capelli e sbattergli la testa con il muro, ma cerco di frenare i miei istinti omicida.

«Eddai Ed, raccontami qualcosa!», si lamenta. «Io ti racconto sempre tutto! In cambio, devi raccontarmi qualcosa!».

Rido di fronte alla sua espressione afflitta, «Il punto è, Mat, che a me non interessa della tua vita sessuale, anzi, alcuni dettagli che mi fornisci NON sono decisamente necessari, né tantomeno richiesti», spiego la mia posizione. «E poi, cosa dovrebbe essere? Una specie di "do ut des"?».

«Non parlarmi strano che non capisco!».

Scuoto la testa e lascio cadere il discorso, «Senti Mat, sono già in ritardo», infilo la sciarpa e chiudo il cappotto. «Dovrei tornare nel tardo pomeriggio e Alice è di là che dorme. Ti prego, ti prego», faccio una pausa per guardarlo negli occhi. «Comportati come una persona normale e non assillarla. Ci vediamo più tardi».

Matteo sbuffa e alza gli occhi al cielo, «E va bene, ma a una condizione», mi rivolge un sorriso furbo, come se stesse valutando come formulare al meglio la prossima frase che intende rivolgermi e io inizio a temere il peggio su possibili domande scomode o quant'altro dal momento che il mio amico è più che noto per domande inopportune e richieste assurde quando deve dare in cambio qualcosa.

«Mi offri la cena nel mio locale preferito».

«Tutto qui?», gli domando tirando un sospiro di sollievo mentale quando lui annuisce. «Andata!», apro la porta e mi giro ancora una volta nella sua direzione. «Comportati bene».

«Sarò impeccabile».

Speriamo in bene.


Ciao a tutti!

Perdonate la mia assenza da Wattpad, ma sono stata per qualche giorno a Roma e Firenze e quando sono tornata ho dovuto iniziare a sistemare diverse cose per l'imminente trasloco e quindi ho avuto davvero pochissimo tempo per scrivere, almeno fino a qualche giorno fa in cui mi sono messa d'impegno per finire quello che avevo abbozzato. Quindi eccomi qui con un capitolo fresco fresco per voi.

Cercherò di essere sempre più o meno costante nei prossimi aggiornamenti! Nel frattempo vi ringrazio come al solito per essere qui.

Fatemi sapere che ne pensate:)

A presto,

Alice. x

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