55.

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Quasi un mese di assenza.

Sono pessima, lo so.

Per questo vi chiedo davvero scusa, ma non ho mai avuto tempo di mettere mano alla storia perché ho ripreso il master che sto seguendo e ci stanno riempiendo di consegne e progetti da portare avanti. Ho scritto il capitolo a spizzichi e bocconi tra una consegna e l'altra e solo adesso sono riuscita a concludere qualcosa di decente (o almeno spero, non ne sono nemmeno così convinta). Spero che possiate perdonare la mia assenza e godervi il capitolo. Purtroppo non vi posso promettere niente sul prossimo perché in questo periodo sto vivendo alla giornata.

Grazie comunque di essere sempre qui!

Un bacio,

Alice.

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Alice

«Oh, ma guardate chi finalmente torna alla base! Sono giorni che non ti vediamo».

Scuoto la testa e mi chiudo alle spalle la porta di casa, lasciando le chiavi sul mobile dell'ingresso e sfilandomi le scarpe. Mi volto poi nella direzione della voce di Arianna che ha una tazza in mano e mi sta guardando dalla porta della cucina, appoggiata allo stipite, con un sorriso furbo dipinto in volto e un sopracciglio alzato.

«Quindi non ti sei trasferita definitivamente da lui!», rincara la dose. «Ti sei ricordata che hai delle amiche con cui vivi».

Sbuffo una risata: come al solito Arianna esagera, non sono stata via poi così tanto tempo da casa. Va bene che non sono stata così presente nei giorni scorsi, ma non sono nemmeno latitante da mesi.

«Come sei esagerata», la riprendo andando verso il ripostiglio a posare la giacca, ma non faccio in tempo ad aprire la porta che lei ci si appoggia e mi squadra.

«Io? Esagerata?», si sistema una ciocca di capelli scuri dietro all'orecchio e alza le sopracciglia. «Sbaglio o questa settimana non hai dormito nemmeno una sera a casa?».

Mi pinzo il labbro inferiore tra i denti, sapendo benissimo che non posso darle tutti i torti: questa settimana non sono stata praticamente mai a casa, se non per recuperare qualche libro e alcuni vestiti e la colpa è solo di Edoardo.

Certo, tutta colpa sua! Non tua, no,no.

Sì, sua e dei suoi dannatissimi occhi verdi a cui non sono riuscita a dire di no, soprattutto quando mi ha detto che Matteo sarebbe stato fuori città per tutta la settimana e che «non avrei mai potuto lasciarlo da solo» in quella casa a sua detta «troppo grande e vuota» per lui.

Il risultato? Ho passato tutta la settimana da lui.

Una settimana in cui ho praticamente vissuto in una bolla, una bolla felice da cui non avrei mai voluto uscire.

Ovviamente lui è andato sempre al lavoro e io ho studiato per l'ultimo esame della sessione e quindi ci siamo visti, di fatto, solo la sera, ma ne è valsa decisamente la pena. Svegliarsi ogni mattina vicina a lui, con il lento movimento dei suoi polpastrelli sulla mia pelle, il suo profumo addosso a me e le sue labbra pronte a baciarmi sono solo alcuni degli aspetti che mi hanno fatta camminare a un metro da terra per tutta la settimana.

Dio santissimo, ci sono dentro fino al collo.

Più tempo passo con Edoardo più mi sembra che il cuore mi scoppi nella cassa toracica e che quello che sento nei suoi confronti si amplifichi esponenzialmente. Lo sento scorrere nel sangue, che mi fa pizzicare la punta delle dita, e nello stomaco, dove si scatena sempre un nugolo di farfalle ogni volta che mi guarda o mi sfiora in qualche maniera.

«Marta avrebbe iniziato a cercare una nuova compagna di stanza stasera, se non fossi rientrata», rincara la dose Chiara dalla cucina, anche lei con una tazza di tè in mano e con un libro aperto sul tavolo. «Melodrammaaaaa», borbotta poi alzando gli occhi al cielo e assumendo un'espressione più che loquace.

Scuoto nuovamente la testa e non riesco a trattenere un sorriso, «Addirittura?».

«Già», ci raggiunge Marta dalla camera, andando a completare il cerchio delle coinquiline. «Mi sono sentita abbandonata!», dice fingendosi addolorata e portandosi una mano al cuore. Assume un'espressione da cane bastonato e si lascia cadere sul divano portandosi una mano in fronte.

«Addirittura?», ripeto nuovamente non riuscendo a trattenere le risate di fronte alla posa della mia amica.

«Oh, certo! Ridi pure! Tanto sono io quella che è stata lasciata da sola per una settimana intera!».

Sbuffo una risata e alzo gli occhi al cielo, «Non sei stata da sola».

Ed è la pura e semplice verità: Arianna e Chiara sono state a casa con lei, l'unico momento in cui è stata davvero sola è stata la notte, dal momento che non abbiamo condiviso la stanza; quindi non mi sembra proprio il caso di rendere la cosa una tragedia greca.

«Sì, invece! Ed è tutta colpa tua».

«Oh, ma smettila!», tuona a un certo punto Chiara dalla cucina. «Falla divertire un po' sta ragazza», si alza dal tavolo facendo strisciare la sedia sul pavimento e ci raggiunge in soggiorno. «Finalmente ha qualcuno che se la sbatte per bene, non rompetele le scatole», conclude con la solita finezza che la contraddistingue, posa la tazza di tè sul tavolino e si lascia cadere sul divano vicino a Marta per poi incrociare le gambe e dare un'occhiata alla sua manicure.

Rimaniamo tutte a bocca aperta: Arianna alza le sopracciglia con fare stupito, Marta sgrana gli occhi e io non posso che arrossire di fronte alle sue parole.

«Beh? Che c'è?», domanda Chiara stringendosi nelle spalle e attorcigliando uno dei suoi ricci intorno all'indice. «Siamo tutte grandi e vaccinate, non ditemi che vi siete scandalizzate!».

Guardo perplessa le mie amiche, Marta sicuramente è quella che ha l'espressione migliore in viso: ha ancora la bocca aperta, nel tentativo di dire qualcosa, ma sembra essere a corto di parole. Come me d'altronde.

La prima a sbloccarsi è Arianna, «Sempre uscita da Oxford, eh Chiara?», scuote la testa non riuscendo però a trattenere un sorriso che le illumina lo sguardo con una scintilla maliziosa.

«Le chiedo umilmente perdono nell'aver urtato la sua sensibilità», la fa subito il verso sistemandosi gli occhiali sul viso e bevendo un sorso del suo tè.

«Forse l'unica a cui dovresti chiedere scusa è Marta», la riccia lancia uno sguardo alla sua destra, in direzione della bionda che è ancora con gli occhi sgranati e la bocca spalancata.

«Oh Maria Santa! Dai Marta datti una ripigliata!», le dà un buffetto sulla spalla. «Ma questa vive sotto a un cavolo? Lo sai come si fanno i bambini vero?».

La nostra amica arrossisce subito e si imbroncia, «Certo che lo so!».

«Dalla tua reazione non si direbbe», la guarda eloquente Chiara.

Non posso che ridere di fronte all'ennesimo battibecco tra le mie coinquiline e scuoto la testa guardando poi nella direzione di Chiara.

«Beh, non posso darti tutti i torti», mi stringo nelle spalle e le rivolgo un sorriso consapevole, pinzandomi poi il labbro inferiore tra i denti.

Le teste delle mie amiche scattano nella mia direzione.

«Ma che?».

«Chi sei tu? Cosa ne hai fatto di Alice?».

Marta corruga la fronte, Arianna batte le palpebre perplessa e Chiara mi rivolge un sorriso decisamente soddisfatto, «Ooooh! Sia lode al cielo», alza le mani, le congiunge e guarda verso il soffitto. «Finalmente delle parole sensate».

Sorrido, nonostante sia un po' in imbarazzo, ma le parole mi sono uscite fuori dalla mia bocca ancora prima che potessi fermarle perché diciamoci la verità: durante questa settimana i vestiti non mi sono mai stati lasciati troppo addosso, o almeno non quando Edoardo era vicino a me.

È stato più forte di qualsiasi cosa, i nostri corpi gravitavano irrimediabilmente l'uno verso l'altro e presto i vestiti venivano abbandonati da qualche parte sul pavimento.

Non mi è mai sembrato di averne abbastanza, smaniavo all'idea del più semplice ed effimero contatto e un senso di pura euforia e felicità ha aleggiato per tutto il tempo nelle mie vene e nel mio cuore, che ha sempre battuto come un tamburo.

Sentivo la necessità di percepire sotto ai polpastrelli la pelle di Edoardo, volevo ascoltare i suoi sospiri, baciare le sue labbra fino a farmi scoppiare i polmoni. Sentivo il bisogno di averlo vicino in un modo quasi fisiologico e averlo accanto a me mi era necessario come respirare.

Dio mio... al solo pensiero i battiti del mio cuore accelerano nuovamente e il respiro mi si blocca in gola.

«Oh, ma guardatela», Arianna mi indica. «Guardate come è arrossita».

«Al solo pensiero senti caldo, eh?», rimbecca Chiara abbassando la spessa montatura nera degli occhiali e lanciandomi uno sguardo più che eloquente. «Deve essere proprio magico il ragazzo se questa è la reazione che hai al solo sentirlo nominare».

Mi stringo nelle spalle, «Non vi rivelerò niente».

Arianna e Chiara si lanciano un'occhiata complice, «Oh, tesoro, non serve. Il tuo sguardo dice tutto».

Scuoto la testa e vado in camera mia, lasciando le mie coinquiline a chiacchierare – o meglio spettegolare – su di me e inizio a spogliarmi per farmi una doccia. Vorrei quasi non farla perché ho il profumo di Edoardo addosso e non sono così sicura di volerlo lavare via.

Amo il suo profumo, credo di esserne diventata dipendente tanto che, mentre sono stata da lui questa settimana, non ho fatto altro che indossare suoi vestiti per sentirmi sempre addosso il suo profumo. Ovviamente ho con me una sua maglietta pulita che credo userò come pigiama per avere un po' del suo odore anche qui a casa mia.

È incredibile come mi manchi già, nonostante siano passate solo poche ore da quando ci siamo salutati e mi viene quasi da ridere di fronte a questa mia reazione perché mai avrei pensato che sarei stata questo tipo di persona: il tipo di persona a cui manca il ragazzo solo dopo poco tempo che l'ha salutato.

Anzi, non ho mai capito come fosse anche solo concepibile una cosa del genere e l'ho sempre sminuita, ma adesso non posso che ricredermi: quando non sono con lui è come se mi mancasse qualcosa, come se una parte di me non fosse proprio con me.

E a questa realizzazione mi sembra quasi di sentire la voce di mia mamma che mi dice: «Mai dire di questa minestra non ne mangio perché poi si è i primi a farlo».

Io non ci avevo mai creduto, sono sempre stata convinta delle mie posizioni, delle mie idee e credenze, tanto che la mia risposta è sempre stata «Ma figurati, ne sono certa».

Certissima proprio!

No, proprio per niente. Edoardo è arrivato e ha stravolto ogni mia certezza e io adesso, con il senno di poi, non solo ne sono estremamente felice, ma sono anche contenta che tutte le mie idee siano state mandate a farsi benedire perché se il compenso è Edoardo, chi se ne frega del resto.


Edoardo

«Edoardo, hai guardato la mail che ti ho appena inviato?».

Alzo lo sguardo dal book della modella che dovremmo fotografare io e Max per la campagna promozionale di Chanel: il mio capo si è affacciato alla porta del mio ufficio e lascia vagare lo sguardo dal mio viso all'album aperto sulla mia scrivania.

«No, ma controllo subito».

Max assume un'espressione furba, «Troppo distratto da Vittoria?».

«Cosa?», corrugo la fronte non capendo a cosa faccia riferimento e lui alza gli occhi al cielo.

«La modella», fa un cenno in direzione della fotografia. «Non c'è da stupirsi che tu sia distratto, è pazzesca».

Sbuffo una risata e alzo gli occhi al cielo, come se mi interessasse, poi! Certo, la modella è davvero bella, ma sinceramente non mi fa tutto questo effetto.

«Oh, ma guardati», il mio capo si avvicina fino a sedersi sulla sedia di fronte a me accomodandosi e intrecciando le mani sulle sue gambe. «Non hai occhi che per lei, vero?».

Scuoto la testa e trattengo una risata: da quando ha incontrato Alice alla Scala, il mio capo non mi ha dato praticamente tregua, anzi. Non ha fatto altro che prendermi in giro o fare battutine su battutine, come sta continuando a fare adesso.

«Già, già. Un piccolo piccione innamorato sei!», ghigna furbo passandosi una mano sul mento.

«Comunque», dice finalmente dopo aver smesso di blaterare. «La mail che ti ho girato, parla appunto di questo», indica nuovamente il book. «Il direttore creativo mi ha mandato l'agenda di quello che dovremmo fare per la campagna, però...», fa una pausa in cui si sistema gli occhiali sul naso e si bagna le labbra con fare nervoso facendomi subito alzare le sopracciglia con fare interrogativo.

«Però?».

«Ecco... diciamo che la ragazza è una tipa un po' particolare e bisogna starle abbastanza dietro», si passa una mano sulla testa pelata. Sembra particolarmente nervoso e non capisco il perché del suo comportamento: tentenna e guarda in basso scuotendo poi la testa.

Non capisco il motivo del suo comportamento, alla fine tutte le modelle con cui abbiamo lavorato ultimamente erano un po' particolari e un po' prime donne, così come poi è la maggior parte di loro, quindi non mi sta dicendo niente di nuovo. Eppure, Max non si è mai fatto questi problemi e quando glielo faccio notare il mio capo fa una smorfia.

«Questa volta è peggio», borbotta tra sé. «Vedi... il manager ha richiesto che ci fosse sempre qualcuno con lei, perché non conosce bene la città e ha bisogno che qualcuno la accompagni sempre in giro o sul set...», fa un'altra pausa e poi mi guarda dritto negli occhi. «Ecco, dovrai farlo tu. Sempre. A partire da sabato prossimo».

Alzo le sopracciglia e guardo Max, «Cioè tutti i giorni?».

«Tutto il giorno, tutti i giorni», si mordicchia una pellicina del pollice. «Per due settimane».

«Due settimane?».

«Già», mi conferma. «E forse dovrai accompagnarla a qualche cena o qualcosa di simile, ma non è sicuro», si alza e si dirige verso la porta. «Ah e forse dovresti anche... no vabbè, lasciamo stare», si interrompe. «Di quello parleremo nel caso dovesse succedere».

Alzo nuovamente le sopracciglia, confuso dalle parole del mio capo, «Accompagnarla a cena? Perché? E poi cos'altro dovrei fare?».

«No, ma niente», liquida la questione con un gesto della mano, appoggiandosi allo stipite della porta. «Non è ancora sicuro niente», conclude così uscendo dalla porta e sparendo velocemente nel suo ufficio, lasciandomi ancora più perplesso di quanto non sia. Sinceramente non sono nemmeno sicuro di volerlo sapere.

Mi lascio andare sullo schienale della sedia e la ruoto in direzione della finestra, sbuffando. Dio, per due settimane, per due lunghissime settimane dovrò stare dietro a una modella capricciosa e portarla in qualsiasi posto lei voglia. Mi viene già male all'idea, se poi è ancora più sciroccata di tutte quelle con cui abbiamo avuto a che fare ultimamente mi tirerà di sicuro scemo. Scuoto la testa e mi passo una mano tra i capelli prima di tornare a lavorare al computer: una notifica delle mail mi distrae dall'editing delle fotografie.

Riconosco immediatamente l'indirizzo della mail e la apro velocemente con il cuore in gola: è lui.

La prima cosa a colpirmi è il fatto che la risposta sia in italiano, non credevo che lo parlasse, ma devo dire che ne sono piacevolmente colpito.

«Ciao Edoardo!

Mi ha fatto piacere la tua mail e mi scuso per la risposta un po' tardiva, ma ultimamente sono stato decisamente impegnato con la promozione del mio nuovo singolo e le ultime prove del tour e quindi ho avuto poco tempo per guardare le mail o chiedere a qualcuno di darmi una mano per risponderti in italiano.

So che può sembrare un po' strano, ma ci tenevo a risponderti nella tua lingua perché la sto studiando e voglio esercitarmi il più possibile. Devo confessarti però che ho dovuto chiedere una mano al mio stilista perché la mia prima mail credo che fosse un ammasso sconclusionato di frasi poco comprensibili e lui è intervenuto dove era necessario.

Comunque, basta tutti sti giri di parole, arriviamo al dunque. Ovviamente sarei molto felice di aiutarti! Da quello che mi hai detto e che ho potuto capire, questa ragazza è decisamente importante per te e quindi ti aiuto più che volentieri, tanto a me non costa assolutamente nulla, anzi. Sono un fan delle storie d'amore e dell'amore in generale, quindi non mi pesa per niente darti una mano, ma ho bisogno di alcune informazioni per poter organizzare la sorpresa al meglio. Sai dove sarà? Sarà in piedi o seduta? Conosci la sua canzone preferita? Sarà accompagnata da qualcuno? Spero che non sia tu perché altrimenti a un certo punto dovrai andartene per venire nel backstage per poi salire sul palco con me; il che mi fa pensare che devo mandarti i pass per entrare nel backstage.

Vedrò di farteli avere tramite il mio agente o in qualche altra maniera.

Poi ovviamente mi piacerebbe conoscerla questa ragazza, quindi potrei chiedervi di raggiungermi dopo lo show o nel backstage oppure in qualche posto per bere qualcosa.

Sempre che tu non abbia altri piani per il dopo concerto! ;)

Fammi sapere!

A presto,

H.

Ps: dovrei essere a Milano già un paio di giorni prima, quindi se vuoi, possiamo incontrarci perché avrei bisogno di qualche consiglio su una macchina fotografica che vorrei comprare.»

Sorrido di fronte alla sua disponibilità e sono ancora una volta piacevolmente sorpreso dalla sua educazione e gentilezza. Questa sua mail non ha fatto altro che confermare l'impressione che mi aveva fatto mesi fa, quando l'avevo incontrato sul set fotografico.

Le uniche cose che mi mancano da fare adesso sono recuperare le informazioni che mi ha chiesto, capire se quella che canticchia sempre è la sua canzone preferita e chiedere alla sua amica Giulia le altre cose perché non vorrei che Alice sospettasse qualcosa. E poi è sempre meglio avere la collaborazione di qualcuno in queste situazioni.

Sinceramente non vedo l'ora che arrivi quel giorno perché così potrò chiederle di essere ufficialmente la mia ragazza e poi smanio all'idea di vedere la sua faccia di fronte alla sorpresa.

Me la pregusto già.

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