65.

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Lo so... due mesi.

Due mesi di assenza totale.

Sono: PESSIMA. 

Ma il lavoro mi porta via un sacco di tempo e non riesco a dedicarmi alla scrittura come vorrei. Sono riuscita a ritagliarmi un micro spazio per scrivere solo la settimana scorsa, quindi eccomi qui con un capitolo nuovo che spero possa mettere un po' di tranquillità dopo la chiusa brusca dello scorso capitolo!

Mi farebbe piacere sapere che ne pensate, vi leggo sempre molto volentieri.

Cercherò di aggiornare di nuovo presto!

Buona lettura!

Ali x

***

Alice

Avete presente la sensazione che si prova quando si è sott'acqua? Quando ti immergi un po' più a fondo rispetto alla superficie, quando ti tappi il naso per compensare la pressione dell'acqua che ti batte sui timpani e quando l'unico rumore che percepisci è lo scricchiolio di questa che si sposta al tuo passaggio e niente di più?

Per me questa sensazione è sempre stata sinonimo di pace e tranquillità, soprattutto quando mi spingevo più a fondo, non temendo di raggiungere fondali più profondi perché non ho mai avuto paura di annegare.

Non ho mai provato la fame d'aria, perché ho sempre saputo fino a quando avrei potuto resistere prima di dover tornare in superficie e respirare di nuovo a pieni polmoni, cercando di regolarizzare il respiro e godendomi il sapore dell'acqua salata sulle labbra.

Non ho mai sentito la fame d'aria, mai... o almeno mai prima di questo momento.

In questo esatto momento in cui sento le orecchie fischiare e il fiato che mi si impiglia in gola cercando una via di entrata o uscita, senza risultati.

E questa cosa va avanti da almeno dieci minuti, da quando ho visto... chiudo gli occhi, stringendoli più che posso per cercare di cancellare l'immagine di Edoardo stretto a Vittoria, Edoardo che bacia Vittoria, ma ce l'ho impressa a fuoco nella retina e anche se chiudo gli occhi non faccio altro che rivederla.

Ancora e ancora.

Non sento niente, la mia vista è sfocata quando li riapro e tutto è un ronzio di sottofondo; non riesco nemmeno a capire le parole che mi sta rivolgendo Marta. Vedo solo i suoi occhi azzurri preoccupati e le sue labbra muoversi, ma nemmeno una sillaba arriva alle mie orecchie.

Volta il viso verso le camere e sembra chiamare qualcuno, ma io non sento nulla.

Nulla se non questo maledetto ronzio.

Mi ricollego alla realtà solo quando due mani, che riconosco essere quelle di Arianna, mi afferrano saldamente il viso e mi costringono ad alzare lo sguardo verso di lei.

«Ali... Ali!», stringe appena la presa sulle mie guance. «Alice respira, fai dei respiri profondi su dai, forza!», e mi mostra come fare, ma io non posso fare altro che guardarla in modo inerme, non riuscendo nemmeno a collegare i pensieri o capire come controllare i polmoni che sembrano non voler collaborare con il mio cervello.

Vittoria ha baciato Edoardo.

Edoardo ha baciato Vittoria.

E io ho visto la scena in diretta, senza poter far niente se non guardare impotente la cosa prima che il telefono di Marta le morisse tra le mani.

Un turbine di pensieri si scatena dentro di me, uno peggio dell'altro: e se quello non fosse stato il primo bacio? E se lui avesse capito che non potrà mai esserci paragone tra me e una modella bella come lei? E se volesse stare con lei? E se...

Mi manca sempre di più il respiro e inizio a sentire la testa leggera, fin troppo leggera...

«Alice CAZZO!», l'urgenza nella voce di Arianna mi ripesca dal turbinio dei miei pensieri e finalmente riesco a focalizzarmi su di lei; ha i capelli scarmigliati, gli occhi spalancati e una lacrima solitaria solcarle il viso.

Una lacrima.

Arianna non piange mai, perché dovrebbe farlo adesso?

Ed è proprio questa scena a farmi capire che c'è qualcosa che non va e quel qualcosa sono io, quindi con uno sforzo non da poco cerco di concentrarmi sulla sua voce e seguire quello che mi dice.

«Inspira ed espira, su forza, fai come me», mi mostra come fare mentre continua a tenere il mio viso tra le mani e io pian piano la seguo, riprendendo man mano la percezione della realtà che mi circonda.

Le orecchie smettono di fischiarmi e il respiro che mi si impigliava in gola riprende a riempirmi i polmoni.

«Ecco, brava, così», Arianna mi rivolge un sorriso accennato e mi scosta una ciocca di capelli dietro all'orecchio. «Respiri lunghi e profondi, così».

E quando torno a percepire meglio la realtà, mi rendo conto di essere seduta sul tappetto, incastrata tra il divano e il tavolino e mi chiedo come sia finita in questa posizione, corrugando la fronte.

«Vuoi sederti sul divano?», mi domanda poi la mia amica e io annuisco.

Mi sento prendere da entrambe le ascelle da lei e Marta, verso la quale mi volto accennando un sorriso di ringraziamento.

Una volta che appoggio la schiena sull'alzata del divano, tutte e tre le mie amiche si mettono intorno a me, mantenendo comunque un minimo di distanza per permettermi di respirare.

I loro sguardi però non mi lasciano nemmeno un attimo, mentre cerco di far ordine ai pensieri.

«Cosa...», mi esce un sibilo più che una parola e mi schiarisco la voce. «Cosa è successo?».

Marta guarda Arianna e mi stringe una mano, «Beh...», deglutisce. «Credo che tu abbia appena avuto un attacco di panico sai dopo che abbiamo...», ma le parole le muoiono in gola.

«Dopo che ho visto Vittoria baciare Edoardo», completo quindi la sua frase con una voce che non riconosco; è una voce quasi metallica quella che mi esce dalle labbra.

Sento Arianna e Chiara trattenere il respiro, sorprese da questa mia frase.

Già, loro non erano qui a vedere il red carpet dell'evento, quindi non hanno visto la scena.

«Il tuo telefono non ha smesso un attimo di squillare», mi dice Marta porgendomelo. «Era lui, sempre e solo lui. C-credo che dovresti richiamarlo».

Lo afferro e prima che possa fare qualcosa, vedo lo schermo illuminarsi nuovamente con la foto che ho associato al suo contatto, una delle poche fotografie che sono riuscita a scattargli.

È la foto che gli ho fatto quella sera in cui ho giocato con la sua macchina fotografica, quando il suo sguardo chiaro non ha mollato nemmeno per un secondo il mio viso, quando i suoi occhi erano particolarmente limpidi ed esprimevano tutto l'amore che ogni giorno mi dichiara e mi dimostra.

Uno sguardo che non mi ha mai mentito e che sono sicura che non mi tradirebbe mai.

Ed è questa realizzazione che mi fa prendere la consapevolezza che sicuramente quel bacio non era voluto, perché so che mi ama. E non posso che darmi mentalmente della cretina per la mia reazione, ma non ho potuto controllarla. Il panico e l'irrazionalità si sono abbattute su di me come un'onda che mi ha fatta quasi annegare.

Guardo il telefono illuminarsi ancora e ancora, non gli rispondo però, nonostante la voglia di scorrere il dito sullo schermo e sentire la sua voce riempirmi le orecchie, sentendomi dire che va tutto bene.

Spengo invece il telefono perché ho bisogno di un attimo di silenzio.

E di un vestito.


Edoardo

L'utente da lei chiamato non è al momento raggiungibile, la preghiamo di riprovare più tardi.

«Cazzo!», impreco tra i denti lanciando il telefono sul bordo del lavello del bagno del palazzo in cui si sta svolgendo questo maledetto evento.

Mi passo nervosamente le mani tra i capelli, andando a scompigliare il perfetto lavoro che aveva fatto la truccatrice di Max e afferro saldamente i bordi di marmo fino a quando le dita non incominciano a farmi male e le nocche sbiancano.

Se Alice non mi risponde al telefono e adesso ha la segreteria vuol dire che sa... che ha visto quello stupido red carpet e quella stronza di Vittoria.

E soprattutto ha visto il bacio che mi ha dato, cogliendomi totalmente di sorpresa.

Qualche minuto prima di questa sua mossa, stavo giusto parlando con Max della fortuna riguardante il suo ritardo a causa del traffico e del conseguente sollievo di non dover sfilare per forza con lei sul tappetto rosso.

Ce la stavamo relativamente godendo, io e lui, soprattutto visto che il mio capo stava un po' ridendo a mie spese per il leggero senso di ansia che stavo provando di fronte a tutte quelle fotocamere e telecamere.

«Su Edoardo, per essere un fotografo sei un po' troppo teso di fronte all'obiettivo», mi dà una spallata Max. «Segui quello che faccio io, petto in fuori, spalle dritte e sorriso da "ti strappo le mutandine"», fa un occhiolino. «Non c'è manco quella scopa in culo di Vittoria, goditela!».

Non posso che scoppiare a ridere di fronte a quest'ultima espressione e all'ultimo consiglio e scuotere la testa nel guardarlo precedermi e attuare quanto dettomi.

Faccio un respiro profondo, mi sistemo il bavero della giacca e sciolgo un po' la tensione che sento sulle spalle.

Seguo quindi Max e mi fermo un attimo di fronte alle decine e decine di macchine fotografiche, sfoderando un sorriso che spero possa risultare sicuro e celare un po' il nervosismo. Sento diverse voci richiamare la mia attenzione, «Di qua, da questa parte».

Faccio un altro sorriso e penso che dopo questa dose di fotografie non vorrò stare da questa parte dell'obiettivo per un bel po'.

I flash mi accecano e il brusio dei fotografi non mi fanno rendere conto che qualcuno si sta avvicinando a me fino a quando non sento un braccio insinuarsi dietro alla mia schiena.

Non faccio in tempo a reagire o altro perché due mani mi si infilano tra i capelli e un paio di labbra sconosciute si posa prepotentemente sulla mia bocca.

«Ma che cazz...», mi allontano furioso, ma le mani di quella che risulta essere Vittoria si arpionano di più ai miei capelli.

«Sorridi alle telecamere tesoro, magari la tua fidanzatina avrà visto e si sarà goduta questo spettacolo», le sue labbra mi sfiorano il lobo dell'orecchio.

«Non pensi che sia stato romantico il nostro primo bacio?», mi fa un occhiolino e si allontana poi da me e inizia a posare di fronte ai fotografi come se niente fosse, mentre sento chiedere a gran voce a lei chi io sia, se sia il suo ragazzo o altro sul nostro possibile legame.

Rimango di sasso.

Che significa quello che ha detto? Viene trasmesso in diretta da qualche parte questo evento?

Un brivido di orrore si propaga lungo la mia spina dorsale andando ad aggiungersi alla furia. Mi allontano di gran carriera ed entro all'interno del palazzo per cercare Max, ma è lui a trovare me.

«Edoardo che succede?», mi domanda preoccupato.

Ignoro la sua domanda e gli chiedo, «L'evento è trasmesso in diretta?».

Corruga la fronte, «Sì, perché?».

«Perché quella stronza di Vittoria mi ha appena baciato in diretta streaming su quel cazzo di tappeto rosso!».

Max sbianca e spalanca gli occhi, «Cosa?».

«Già, io ho chiuso con quella. Basta, non me ne frega niente dell'accordo. Ho sopportato le sue stronzate anche fin troppo».

Il mio capo annuisce serio, «Oh, ci puoi scommettere. Fammi chiamare il suo agente».

Annuisco e cerco un posto tranquillo per chiamare Alice. Saluto distrattamente chi incrocio e intanto inizio a far partire la chiamata, ma suona a vuoto.

L'ansia inizia ad attanagliarmi lo stomaco perché sento che ha visto quel video, non so come o perché, ma qualcosa dentro di me mi dice che è così.

Riprovo ancora e ancora e quando parte la segreteria, ho la certezza che sia così.

«CAZZO», impreco guardandomi allo specchio. Non so per quanto tempo sono rimasto qui a cercare di mettere ordine ai pensieri, potrebbero essere passati pochi minuti come mezz'ora.

Il mio riflesso è impietoso: ho gli occhi iniettati di sangue e noto con orrore che una sbavatura di rossetto mi sporca il labbro inferiore e parte della guancia. Apro di scatto il rubinetto e mi sciacquo cercando di lavare anche il ricordo della sua bocca sulla mia.

Dopo un respiro profondo, riafferro il cellulare e provo a chiamarla di nuovo, anche se so già che il telefono sarà ancora staccato.

E, infatti, come volevasi dimostrare, la voce metallica della segreteria riparte non appena la chiamo.

«CAZZO».

Esco dal bagno, deciso a mollare la serata per andare sotto casa di Alice; sono pronto ad attaccarmi al citofono e a passare la notte di fronte alla sua porta, solo per spiegarle che niente di quello che ha visto è vero.

Che mai bacerei qualcuno che non sia lei, che mai potrei farle una cosa del genere e che avrei tanto voluto avere lei al mio fianco stasera su quel dannato tappeto rosso per mostrare al mondo che lei è la mia ragazza, la mia bellissima ragazza.

L'avrei baciata di fronte a tutte quelle telecamere, pronte a immortalare il rossore sulle sue guance e il rimprovero che subito dopo mi avrebbe rivolto per averlo fatto davanti agli occhi di tutta quella gente, facendomi sorridere di fronte all'ennesima dimostrazione della sua timidezza.

Avremmo passato una serata bellissima, lei stretta a me, e magari mi avrebbe addirittura concesso un ballo, sulle note della musica dell'orchestra che ho visto passando alla ricerca dei bagni.

Sarebbe stata una serata perfetta.

Già.

«Edoardo», mi richiama la voce di Max non appena esco dal bagno e io mi fermo, volandomi nella sua direzione. Il mio capo ha uno sguardo sollevato nel vedermi, «Ho risolto la faccenda: ho appena chiuso la chiamata con l'agente e gli ho detto che il contratto è finito nell'esatto istante in cui Vittoria ha deciso di comportarsi nuovamente in maniera del tutto avventata. Sei ufficialmente libero», mi sorride e a queste parole un po' del peso che mi opprimeva il petto si allevia.

«I servizi fotografici tanto sono conclusi, la casa di moda è soddisfatta. Vittoria e il suo agente possono anche andarsene a fanculo», il sorriso gli si apre maggiormente sul volto, diventato quasi diabolico. «Potrei inoltre aver fatto un'altra telefona e potrei aver cancellato i loro impegni per la nuova campagna pubblicitaria per Gucci. Sai ad Alessandro non piacciono le vipere, quindi mi ha solo ringraziato».

Si sistema gli occhiali sul ponte del naso e mi guarda compiaciuto, «E poi non dirmi che non sono il migliore capo del mondo».

Batto le palpebre sorpreso, «Hai cancellato il lavoro di Vittoria con Alessandro Michele?!».

«Ovvio! Quella lì ha pestato i piedi alla puttana sbagliata. Doveva in qualche modo pagarla», si sistema la cravatta nera che ha intorno al collo. «E poi io e Lallo siamo praticamente fratelli, quindi non è stato un grande favore».

Gli sorrido, grato per tutto quello che ha fatto per me e sono anche contento che in qualche modo gliel'abbia fatta pagare.

Ben le sta.

«Grazie Max, per tutto».

«Oh, ma ci mancherebbe. Abbiamo trascinato questo teatrino anche per troppo tempo. E anzi, non avrei dovuto nemmeno accettare in prima battuta. Mi spiace».

«Tranquillo», gli rispondo anche se una parte di me vorrebbe insultarlo solo per aver pensato di accettare una cosa del genere. «Ora però, se non ti dispiace, devo correre da Alice e cercare di spiegarle la situazione. Sperando che voglia starmi a sentire».

«Oh, credo proprio che lo farà», afferma sicuro il mio capo.

«Non lo so, lo spero, ma ha il telefono staccato quindi non credo voglia starmi molto a sentire».

«Invece io dico di sì», mi sorride furbo, lanciando uno sguardo alle mie spalle. «Ne sono sicuro al cento per cento».

Dice così e poi poggia entrambe le mani sulle mie spalle e mi fa voltare, «Guarda tu stesso».

Corrugo la fronte, non cogliendo il senso della sua frase, ma lo capisco nell'esatto istante in cui mi volto e una figura, che ormai riconoscerei tra mille, fa capolino tra la folla, fasciata da un vestito lunghissimo, blu notte e con uno spacco vertiginoso, che mette in risalto la sua figura slanciata.

I suoi lunghi capelli sono lasciati sciolti e un trucco molto più elaborato di quelli che porta ogni tanto rende i suoi occhi scuri ancora più grandi e profondi di quanto già non siano.

E quando il suo sguardo incrocia finalmente il mio, un sorriso enorme le se dipinge in viso e inizia a camminare velocemente verso di me.


Alice

Quando ho illustrato il mio piano folle alle mie coinquiline, loro, dopo un attimo di sconcerto totale, si sono mosse alla velocità della luce, manco fossimo la squadra del pit-stop della Formula 1.

Mi sono lanciata in doccia, lavata e truccata in quindici minuti netti e nel frattempo Chiara ha rovesciato il contenuto del suo armadio sul suo letto fino a trovare il vestito blu che aveva usato per una cerimonia e che non aveva mai più messo perché non ce n'era stata più l'occasione. E a ben vedere, aggiungerei, visto che ha uno strascico importante e uno spacco che è a dir poco vertiginoso.

Quando l'ho visto, ho pensato a due cose: la prima è stata quale tipo di cerimonia richiede un abito del genere; la seconda è che non avrei potuto chiedere di meglio, soprattutto visto il tipo di evento che è la serata a cui mi sono appena catapultata.

Me ne accorgo ancora meglio mentre calco il tappeto rosso che ho visto neanche un'ora fa tramite lo schermo del cellulare di Marta: tutto è molto sfarzoso, curato e patinato e per un attimo mi domando se ho fatto la scelta giusta a venire qui... magari quello che ho visto, quel bacio, era stato concordato con l'agente, oppure Edoardo l'ha voluto...

No, lo escludo categoricamente.

Nonostante il mio attacco di panico, sono certa del mio amore per Edoardo e del suo per me, quindi ecco perché sono qui: perché sono venuta a riprendermi quello che è mio e mettere in chiaro le cose con Vittoria. Non mi importa un accidente del contratto, della casa di moda, del servizio fotografico, del suo agente, di lei e di qualsiasi cosa la riguardi.

Quando è troppo è troppo.

Sicura di ciò cammino decisa sul tappeto rosso, evitando accuratamente le parole dei giornalisti lì presenti che mi bombardano con qualsiasi domanda: da chi sia, a che casa di moda mi stia vestendo, per quale agenzia di modelle io lavori (ma che?!), di fermarmi per una fotografia e quant'altro. Tutte richieste che mi fanno avvampare e procede in maniera più spedita, rendendomi anche più insicura sui miei piedi, il che mi fa inciampare ovviamente.

Vengo però prontamente soccorsa da uno dei bodyguard all'ingresso, un omone di due metri e una quantità spropositata di muscoli che mi cinge per la vita e mi prende per mano, evitando una rovinosa caduta a pelle d'orso e una figura di merda colossale.

«Tutto bene, signorina?», mi domanda preoccupato da dietro le lenti scure degli occhiali da sole. Il perché abbia degli occhiali scuri a sera inoltrata è per me un mistero, ma non mi faccio troppe domande e annuisco semplicemente rivolgendogli un sorriso imbarazzato.

Una volta che si è assicurato che io possa reggermi sui miei piedi, mi lascia andare e io gli faccio un cenno di ringraziamento prima di fare qualche passo all'interno della sala.

Rimango a bocca aperta di fronte all'opulenza dello spazio che mi si apre di fronte: i soffitti sono riccamente affrescati e incorniciati da volute dorate. Le pareti anche, dal gusto rinascimentale, mi lasciano senza parole: semicolonne, quadri e affreschi decorano tutta la loro superficie.

Ma distolgo ben presto l'attenzione da tutto ciò, nonostante la voglia di darci un'occhiata più da vicino, perché sono qui per una sola ragione: Edoardo.

Inizio quindi a percorrere con lo sguardo tutta la sala: diversi gruppi di persone con un bicchiere di champagne in mano stanno conversando tra di loro, ma di Edoardo neanche l'ombra. Rimango stupita dalla caratura delle persone presenti: noto diverse celebrità e molti giornalisti di moda famosi, tra di loro anche grandi fotografi che hanno immortalato super modelle di ieri e oggi.

Il bodyguard di poco fa, vedendomi un po' spaesata, si avvicina di nuovo a me, «Signoria, mi scusi il disturbo, ma sta cercando qualcuno? Posso darle una mano», mi sorride cordiale.

«In realtà sì», confesso. «Sto cercando Edoardo Stigliani e Max Cardelli... potrebbe aiutarmi?».

L'uomo annuisce e si avvicina a un altro tipo, con i capelli argentati in tinta con il completo che porta. I due si scambiano qualche parola e poi il bodyguard torna da me, «Signorina, il signor Stigliani dovrebbe essere nell'altra sala, da quella parte», mi indica un'arcata verso destra.

Lo ringrazio e mi avvio fino a raggiungere la seconda sala, che è ancora più imponente e maestosa della prima.

Accidenti!

Lascio anche questa volta vagare lo sguardo tra la folla fino a quando non sento quel formicolio che ormai ho imparato a conoscere fin troppo bene, ovvero la sensazione che mi provoca lo sguardo di Edoardo su di me.

Penserete che io sia matta o che mi immagini le cose, ma posso giurare di sentire una piacevole pressione sulla pelle ogni volta che i suoi occhi sono su di me e, infatti, non appena sposto lo sguardo verso la mia sinistra, eccolo lì, in tutta la sua bellezza, con i capelli scarmigliati, in netto contrasto alla piega che gli ho visto quando ha calcato il red carpet, segno che è nervoso, perché quando lo è non fa altro che passare le mani tra le ciocche scure.

Lo punto avvicinandomi velocemente e lui mi viene incontro, affrettandosi per raggiungermi. Ci incontriamo a metà sala e io non faccio in tempo ad aprire bocca che le sue mani sono sul mio viso e le sue labbra sulle mie.

Non le muove, le lascia lì appoggiate, come se volesse godersi la cosa, senza qualche altro desiderio. È uno di quei baci delicati, volti solo a sentire l'altro, senza foga o passione, ma che mi fa attorcigliare lo stomaco e mi provoca la pelle d'oca. Un bacio che ha un po' il sapore del primo che ci siamo scambiati a Gare de Lyon, a Parigi.

Solo dopo un po' si stacca e mi guarda negli occhi, «Sei qui», una nota di puro stupore colora la sua voce.

«Sono qui», confermo mentre le sue dita mi accarezzano gli zigomi.

«Ma... io pensavo che tu...», si inciampa nelle parole.

«Non volessi parlarti perché ho visto in diretta streaming che quella stronza ti ha baciato?», completo quindi la sua frase.

Edoardo spalanca gli occhi e deglutisce nervoso, «Quindi l'hai visto...».

Annuisco e nel suo sguardo vedo rammarico, dispiacere e un pizzico di paura, «Ali, ti giuro che non io non volevo, non l'ho neanche vista arrivare, non la bacerei mai, io amo te e io...», inizia a parlare a raffica e io gli poso l'indice sulle labbra.

«Lo so», gli sorrido.

«E allora perché hai staccato il telefono?».

Mi irrigidisco appena, speravo che non me lo chiedesse perché non avrei voluto dirgli dell'attacco di panico che ho avuto, «Beh... diciamo che ho avuto un leggero attacco di panico quando ho visto...», leggero è l'eufemismo dell'anno. «...e avevo bisogno di un attimo per raccogliere i pensieri».

Un lampo di dolore gli illumina lo sguardo, «Hai avuto un attacco di panico?».

«S-sì, ma è passato», distolgo lo sguardo e lo abbasso verso i miei piedi.

Edoardo mi alza il viso posando due dita sotto al mento, «Sei sicura? Stai bene?».

I suoi occhi verdi mi inchiodano e cercano di cogliere la minima incertezza, «Sì, adesso sì... ma diciamo che non è stato il più piacevole degli spettacoli».

Ed è la pura e semplice verità, vederlo baciare un'altra è stato come se qualcuno mi avesse squarciato il petto in due e stretto il cuore in una morsa.

«Ma poi, dopo aver raccolto i pensieri, ho capito che dovevo venire qui e rivendicare quello che è mio. Non posso accettare che una modella qualunque mi freghi il ragazzo», dico risoluta raddrizzando le spalle.

Una scintilla furba illumina lo sguardo di Edoardo che inarca il sopracciglio, «Ah sì?», mi rivolge il suo classico sorriso sghembo, quello che mi fa tremare le ginocchia.

«Già. Perché. Tu. Sei. Mio», scandisco bene ogni singola parola, in barba a qualsiasi discorso politicamente corretto. «E quella stronza deve capirlo una volta per tutte».

Edoardo ridacchia, «Lo terrò a mente per il futuro. Ma non devi più preoccuparti di lei, Max ha reciso il contratto, con lei ho chiuso».

Poi mi si avvicina pericolosamente all'orecchio, sfiorandomi il lobo con le labbra, «Te l'ho mai detto però quanto sei sexy quando mi rivendichi?», con una mano mi cinge maggiormente a sé.

Scuoto la testa in segno di diniego, salutando tutta la grinta che poco fa mi ardeva nel petto.

«Beh, andiamocene da qui e ti mostrerò quanto questa cosa mi ecciti», dice mellifluo e mi prende per mano, iniziando a trascinarmi fuori dalla sala, ma lo fermo.

«Aspetta», lo richiamo e i suoi occhi verdi mi guardano confusi.

«Concedimi almeno un ballo, visto che siamo qui».

Il suo sguardo si scalda immediatamente e il suo sorriso sghembo gli illumina il volto, «Tutti quelli che vuoi».


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