Capitolo 10.

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Each time I take you back, you bring one thousand cracks
And I accept them like a fool.
So now, what’s your excuse?
What do we have to lose, since I’m already losing you?
So hard to face that I can’t feel you anymore.
So walk away until you’re not standing at my door.
Turn your face, walk away e stay.

Evangeline.

Fissai Leonard con il cellulare fra le mie mani e la sua espressione diventò di ghiaccio, così come i suoi occhi che tornarono di un verde chiaro scintillante. La sua mano destra tremò leggermente e il suo pollice accettò la telefonata, così lui si portò all’orecchio il cellulare e si girò verso di me. La sua smorfia mi terrorizzò: lo sguardo era così gelido da poter uccidere qualcuno, le labbra erano strette in un sorriso spaventato e la sua pelle mi parve più pallida del solito. Chi lo stava chiamando? E perché era così terrorizzato, mentre un minuto prima pareva sul punto di divorarmi dalla passione? Mi sollevai dal materasso e mi coprii il seno con le lenzuola, fissando l’espressione sconvolta di Leonard che fece qualche passo indietro e si posizionò davanti alla finestra della sua stanza. Fissai il suo corpo nudo passeggiare nervosamente avanti e indietro, quando notai che la sua mano destra stringeva così tanto il telefono da far sbiancare le sue nocche. Era arrabbiato, spaventato.

Che stava succedendo? Scattai subito in piedi e provai ad avvicinarmi a lui per confortarlo, ma Leonard si girò di scatto e si allontanò da me, impedendomi di fare un passo in avanti. E la nostra serata era stata appena rovinata, pensai triste, però mi dispiaceva più vedere il mio uomo in quelle condizioni. Chi l’aveva chiamato? Chi aveva deciso di infastidirlo in quel modo? E chi era quel mostro che aveva deciso di rovinare la mia splendida notte in sua compagnia? Doveva essere una sera basata sul sesso selvaggio, avrei permesso a Leonard di scoparmi nelle posizioni più strane e in tutte le stanze della sua villa ma dopo quella telefonata, sapevo che non avremmo più combinato nulla. Leonard si voltò di nuovo verso di me e chiuse gli occhi, portandosi una mano sul viso senza emettere un solo suono.

«Non credo sia una buona idea.» La sua voce era poco più che un sussurro terrorizzato, perciò ignorai il suo ringhio quando mi vide avvicinarsi e lo raggiunsi, avvolgendo le mie braccia intorno ai suoi fianchi. Lui cercò di liberarsi dalla mia stretta, spingendomi via dalle spalle, ma mi aggrappai con così tanta forza da restare incollata al suo corpo. Posai un bacio al centro del suo petto e Leonard mugolò, pizzicandomi la schiena. «Dopo così tanto tempo?» chiese con speranza. Io alzai la testa, osservando la sua espressione rilassarsi, e mimai un ‘cosa’ a cui lui non rispose. Si limitò a sorridere e ad allontanarmi ancora una volta, lasciando perplessa. Che stava succedendo? Era forse uno dei suoi clienti che gli aveva dato il via libera per costruire un altro hotel in giro per il mondo, magari in Italia? Poi scacciai quel pensiero: era sabato, nessuno lavorava nel campo dell’edilizia. «Domani.»

E Leonard chiuse la telefonata, appoggiando il suo cellulare sul comodino. Non mi degnò nemmeno di uno sguardo e si infilò sotto le lenzuola del materasso, spegnendo la luce. Io restai immobile ai piedi del letto senza capire cosa stava succedendo, ma quando mi accorsi che Leonard si stava per addormentare, afferrai alla cieca le sue ciabatte e gliele scagliai addosso senza esitare. Chi era la persona che l’aveva chiamato nel cuore della notte? E perché, subito dopo la telefonata, non mi aveva nemmeno più guardata ma si era infilato a letto? La rabbia cominciò a montare dentro di me e il sangue ribollì nelle mie vene, mentre percepii il mio cuore accelerare i battiti. Leonard accese la luce della camera e si girò verso di me. La sua espressione tornò di ghiaccio.

«Cosa vuoi?» domandò infastidito.

Lo fissai sconvolta. «Come scusa? Ti rendi conto che mi stai ignorando?»

Fece una smorfia, tornando con la testa sul cuscino. «Non ho tempo per queste stronzate, sono stanco e vorrei solo dormire in questo momento quindi prenditi una coperta e vai di sotto.»

Stava dicendo sul serio o era forse un modo per stuzzicarmi? Se si trattava della seconda opzione, non stava di certo ottenendo la reazione che sperava perché mi fece innervosire ancora di più. Avevamo appena deciso di uscire insieme la settimana successiva eppure si stava comportando in modo idiota da quando aveva chiuso la telefonata. Perché? E con chi si vedeva domani?

«Stai dicendo sul serio, Leonard?»
La rabbia si trasformò in delusione.

«Ti sembra che io stia scherzando?»

Deglutii a vuoto per la sua risposta così acida. «D’accordo, perfetto.»

Mi avvicinai a lui con passo svelto e senza nemmeno pensare alle mie azioni, gli tirai uno schiaffo sulla guancia che probabilmente si sarebbe ricordato per il resto della sua vita. Ma se lo meritava. Nessuno mi trattava in quel modo dopo avermi rivelato d’essere interessato a me, era contraddittorio, ed io non avevo alcuna intenzione di frequentare un uomo indeciso. Leonard non reagì nemmeno, si limitò ad alzare la testa e a guardarmi come se lo avessi appena pugnalato. Che si aspettava? Mi stava cacciando, quando fino a meno di dieci minuti prima era sul punto di fare ancora l’amore con me.

«Che razza di problemi hai?!» esclamò

Sbarrai gli occhi alla sua domanda, stringendo le mani a pugno. «E me lo stai chiedendo? Cazzo, non pensavo fossi così coglione da non rendertene conto!»

A quelle parole, Leonard scese rapidamente dal letto e mi bloccò contro la parete. «Non ti permettere.»

Il suo peso schiacciò il mio corpo ed io percepii i miei polmoni pizzicare. Per quanto fosse eccitante il choking, non era il caso che svenissi per asfissia in quel momento né che mi bagnassi per quella situazione. Leonard mi stava trattando come una prostituta e non lo accettavo, non soprattutto dopo ciò che avevamo fatto e ciò che mi aveva detto prima di andare a lavorare al locale. Che razza di problemi aveva lui? Un minuto prima tentava di sottomettermi e mi baciava con una foga mai vista prima, ma quello dopo diventava di ghiaccio e mi diceva di andare a dormire di sotto. Perché? Cos’era successo? E perché non mi diceva niente? forse era la sua ex ragazza che lo chiamava, forse.. m’irrigidii. Si sarebbe visto con lei? Ricordai mi avesse detto che erano quattro anni che non aveva una relazione seria e che non usciva seriamente con una donna. E al telefono aveva chiesto al mittente se dopo tutto questo tempo.. diamine. Perché ero stata così stupida da credere ai suoi comportamenti, ai suoi gesti? Io ero solo un modo per dimenticarsi di quella donna che gli aveva spezzato il cuore, pensai. Non avevo la minima idea di che cosa fosse successo né se fosse stata davvero una donna – non potevo sapere se Leonard fosse bisessuale. Ma perché allora sembrava così sincero quando mi guardava negli occhi e diceva di essere interessato a me, interessato a conoscermi sul serio?

Leonard lasciò la presa sul mio corpo e tornò sul suo letto senza più degnarmi di uno sguardo, mentre io rimasi a fissare la sua figura nascondersi sotto le lenzuola. Ero scioccata, delusa e non sapevo che cosa fare in quell’istante. Alla fine decisi di togliermi di mezzo, non mi sentivo più a mio agio in quella casa e avrei dovuto sparire il prima possibile. Come potevo restare nello stesso posto di un uomo che mi stava cacciando dopo aver fatto l’amore? Dopo avermi chiesto di uscire? Era assurdo. Uscii dalla sua camera da letto con gli occhi lucidi, costringendomi a non piangere dalla rabbia. Scesi rapidamente al piano inferiore e raccolsi tutti i miei vestiti che indossai, nascondendo nel mio zaino la lingerie che avevo indossato per sorprendere Leonard sia al locala sia a casa sua per la nostra notte insieme e una lacrima scivolò sulla mia guancia. Non avevo mai pianto per un uomo, non soprattutto per un ragazzo che conoscevo da appena una settimana. Era ridicolo, assurdo, e se Melanie fosse venuta a saperlo, mi avrebbe schiaffeggiato finché non mi avrebbe staccato il naso.

Cercai il mio cellulare dentro il mio zaino e me lo portai subito all’orecchio dopo aver digitato il numero della mia coinquilina, non pensando minimamente al fatto che lei fosse con il suo uomo. Io ero appena stata scaricata in malo modo dal mio e non avevo alcuna intenzione di restare in quella casa, dovevo allontanarmi il prima possibile. Mi sentivo in colpa per interrompere la notte della mia migliore amica, soprattutto dopo la difficile discussione che avevamo avuto riguardo il mio rapporto con Leonard, ma in quel momento ero così ferita che la possibile voce di Mel che diceva ‘te l’avevo detto’ passò in secondo piano. Ero triste, ferita, delusa e disgustata. Ero solo un rimpiazzo per lui, non una ragazza da conoscere e che lo attira come diceva. Dopo qualche squillo, Melanie rispose.

«Hey bambola. – la sua voce era impastata dal sonno – Che succede?»

Trattenni altre lacrime, stringendo gli occhi. «Posso tornare al campus?»

«Aspetta un attimo. Stai piangendo? Che è successo, piccola? – domandò allarmata – Ma certo che puoi tornare qui, ti ricordo che ci dormi anche tu, la stanza non è solo mia.»

Ignorai le sue prime parole, passandomi una mano fra i capelli.

«Non vorrei disturbare te e Francisco.»

«Stai tranquilla, abbiamo già finito. Lui sta dormendo.» rispose lei in tono divertito.

Mi sentivo in colpa ma non volevo più restare. «Chiamerò un taxi.»

E chiusi la chiamata senza dirle altro. Raccolsi il mio zaino da terra e lanciai un’occhiata al baule di legno accanto al caminetto, lasciando che le lacrime scivolassero rapide sulle mie guance. avevamo appena fatto l’amore in quel punto ed eravamo pronti per farlo anche sul letto, ma un minuto dopo lui era diventato una statua di ghiaccio infastidita dalla mia presenza. Tesi le orecchie per cercare di captare qualche possibile rumore ma non sentii nulla, perciò inspirai profondamente e strinsi entrambe le mani a pugno. Era davvero finita in quel modo? E poi.. cos’era finita? Una ‘relazione’ basata su tanto sesso e nient’altro? Ricacciai indietro le lacrime, furiosa con me stessa e senza nemmeno lasciare un biglietto, uscii da casa sua.

**


Melanie aprì lentamente la porta della nostra stanza che scricchiolò ed io entrai a passo svelto, sfilandomi subito la felpa dalle spalle che lanciai sul mio letto. Non dissi una sola parola, ero troppo concentrata a ricacciare indietro le mie lacrime per potermi preoccupare dell’espressione confusa della mia migliore amica vicino al suo letto. Notai Francisco sdraiato sotto le lenzuola del materasso di Mel, addormentato e con il viso nascosto sotto il cuscino, perciò mi lasciai cadere sul mio letto e mi sfilai le scarpe senza nemmeno avere la forza di alzarmi. In quel momento volevo solo dormire e svegliarmi dopo un mese o forse di più, senza più il pensiero di Leonard che torturava la mia mente. Il suo sguardo di ghiaccio mi aveva pietrificata, era stato il momento più terribile di tutta la mia vita.

Come mai la sua espressione era cambiata in quel modo dopo la telefonata? E perché doveva peho successivo? E perché la persona che l’aveva chiamato, aveva rovinato la nostra serata insieme dopo che avevo aspettato quasi ventiquattr’ore per stare di nuovo con lui? Ero furiosa con me stessa, arrabbiata con la sua ex, incazzata con Leonard ma soprattutto delusa dal suo comportamento, infastidita dai suoi gesti, ferita dalle sue parole che erano come spade.
Oo
«Tesoro.. vuoi parlarne?» domandò Melanie con voce dolce.

Affondai il viso nel mio cuscino, girandomi su un fianco. «Non c’è niente da dire.»

La ragazza dai capelli scuri si sedette sul letto, sdraiandosi poi vicino a me.

«Mi dispiace per quello che ti ho detto prima, ma alla fine avevo ragione. Non sono contenta che lui ti abbia fatto qualcosa che ti ha portato a piangere, non sono così crudele, ma te l’avevo detto di andarci con i piedi di piombo. Ti ho fatto quel discorso perché ho visto nei tuoi occhi una scintilla che mi ha spaventata. Non dico che tu ti sia innamorata di lui in così poco tempo ma ti interessa, ti piace davvero molto e non volevo permettergli di spezzarti il cuore.»

Le parole della mia migliore amica mi fecero agitare. Davvero sembravo così presa da Leonard anche se nella mia mente cercavo di costringermi a non correre troppo? E poi aveva ragione, non ero già innamorata di lui ma di certo ciò che provavo era forte, troppo intenso per essere scaturito in solo una settimana di sesso. Sospirai rumorosamente e appoggiai la testa sulla spalla di Melanie che mi fece una lieve carezza ai capelli, chiudendo entrambi gli occhi.

«Qualcuno l’ha chiamato prima ed è stata la fine. Incontrerà questa persona domani.» sussurrai.

La mia amica spense la luce della stanza. «In che senso?»

Sospirai per la seconda volta, sentendo il mio stomaco contorcersi.

«Eravamo sul letto a parlare quando ad un certo punto qualcuno gli ha telefonato, allora lui ha risposto. E poi, da quel momento, ha smesso di guardarmi e mi ha detto di prendere un cuscino per dormire sul divano.»

«Sei riuscita a capire chi era?» domandò Melanie.

Feci una smorfia. «Non proprio, ma credo fosse la sua ex fidanzata.»

La mia coinquilina sbuffò. «E da cosa l’hai capito? Hai sentito la sua voce?»

Non sapevo se fosse il caso di dirle tutto, ma non potevo tacere. «Leonard non ha frequentato nessuna donna per quattro anni, non so il motivo. E durante la telefonata ha detto ‘dopo tutto questo tempo’ perciò ho dedotto che si trattasse di quella persona che l’ha ferito. – replicai sottovoce, infilandomi sotto le lenzuola del mio letto – Non sono sicura che fosse la sua ex fidanzata, è una mia ipotesi. Ad ogni modo, non capisco perché mi abbia trattato in quel modo dopo tutto quello che mi aveva detto prima di arrivare a casa sua. Continuava a ribadire che fosse interessato a me, che desiderava conoscermi e portarmi fuori a cena! Non riesco a capire, Melanie. Che ho fatto di male?»

La mia amica sospirò, accarezzandomi ancora la nuca. «Non ne ho la più pallida idea, non conosco Leonard come te perciò non posso fare supposizioni su di lui. Ciò che penso, però, è che abbia combinato una gran cazzata e che si accorgerà presto di ciò che sta perdendo.»

Non riuscii a trattenere un sorriso. «Grazie, Mel.»

«E di che? Sai che sei la mia migliore amica e sei una delle persone più belle che io conosca, perciò è lui che sta perdendo l’occasione della vita. Ti ha ferito e ha sbagliato. Non so cosa gli sia saltato in mente dopo quella telefonata, ma poco importa. Tu adesso imparerai a trovarti un uomo della tua età, qualcuno che non sia troppo ricco e che possa renderti felice senza ignorarti dopo una chiamata.»

Feci una smorfia alle sue parole, scuotendo il capo. «Credo che per ora mi concentrerò sullo studio, fra poco comincerà una nuova sessione d’esami e non ho intenzione di perdere tempo dietro agli  uomini.»

Melanie tacque per qualche secondo, poi ridacchiò. «Lo hai detto anche due settimane fa e poi ti sei trovata uno come Leonard, piccola. Meglio se stai zitta e lasci accadere ciò che deve accadere.»

«Non capisco come posso essere stata così stupida da credergli.» mormorai.

Lei sospirò leggermente, smettendo di accarezzarmi i capelli. «Se fossi stata al tuo posto, avrei agito proprio come hai fatto te quindi non incolparti troppo. Da ciò che mi raccontavi, lui sembrava preso quanto te per questi appuntamenti perciò è stato anche lui a sbagliare.»

Cercai di girarmi a pancia in su, spingendo Mel verso l’orlo del letto. «Prima di andare a casa sua, mi ha detto che gli piacevo davvero e che desiderava uscire con me per conoscermi. Mi ha illusa, Mel.»

«C’è una cosa che non mi è molto chiara, però. – m’interruppe lei, abbassando la voce – Se diceva di desiderarti e altre cose ma poi ti ha abbandonato per la sua ex fidanzata, per quale motivo ti ha portata a pranzo, ti ha invitato per altri appuntamenti e ti ha portato a casa sua? Voglio dire, se fosse stato tutto per un po’ di sesso, non sarebbe venuto fino qui al Campus a prenderti davanti a tutti gli studenti, non credi anche tu?»

Non avevo la minima idea di che cosa pensare, era tutto così ridicolo. «L’ho pensato anche io ma forse voleva solo convincermi che tutto ciò che provava era reale, era solo un modo per farmi cadere fra le sue braccia e usarmi come rimpiazzo.»

«Secondo me non sei stata un rimpiazzo, Evie.» replicò Melanie.

Sbuffai. «Ah no? E come si chiamano quelle persone con cui fai sesso per dimenticarti del tuo ex?»

La mora tacque per qualche istante, sapendo che avevo ragione. «Adesso dormi, ne discuteremo domani se Leonard non si farà vivo prima di mezzogiorno. Non ci pensare, d’accordo?»

Ignorai le sue parole e affondai il viso nel morbido cuscino del letto, nascondendomi sotto le lenzuola mentre la mia migliore amica scese dal mio materasso per tornare insieme al suo fidanzato.

Provai a chiudere gli occhi ma quando lo feci, l’immagine di Leonard tornò prepotentemente nella mia testa e m’immaginai la sua espressione tranquilla mentre me ne andavo. Io invece ero sul punto di avere una crisi di nervi per ciò che era successo. Ero così furiosa e così triste che non riuscivo più a distinguere il motivo delle lacrime che scivolavano silenziose sulle mie guance. erano dovute alla mia furia e al brutto comportamento che aveva avuto Leonard o forse alla delusione di essere stata scaricata per un’ex fidanzata di cui non mi aveva mai parlato? Inspirai profondamente e chiusi entrambi gli occhi, asciugandomi le lacrime con i dosi delle mani per poi forzarmi di smettere di pensare a tutto. Avevo bisogno di dormire perché il giorno successivo sarei dovuta andare a lavorare fino a tardi per via del privè e degli spettacoli.

Poi mi venne un’idea. Avrei potuto dire a James che non mi sentivo bene e che per un paio di giorni non sarei andata al locale. Ero sicura che la sera successiva (e tutto il resto dei giorni) avrei trovato Leonard lì e non avevo alcuna intenzione di passare delle ore a ballare sotto il suo sguardo attento. Volevo stare tranquilla nell’unico posto in cui nessuno avrebbe potuto farmi soffrire.

Allungai una mano verso il mio cellulare nello zaino e l’aprii senza far rumore, prendendo il telefono che collegai subito al caricabatterie accanto al mio comodino. Sbloccai lo schermo e notai una chiamata persa da Leonard pochi minuti prima ma decisi di non richiamarlo né di mandargli un messaggio, si sarebbe dovuto svegliare prima di insultarmi e cacciarmi in quel modo da casa sua. Notai poi anche un messaggio da parte di Tyra che mi avvertiva di aver infilato nel mio zaino la sua maglietta, così le dissi che gliel’avrei riportata il giorno successivo prima della fine del suo turno al bar. Ogni tanto capitava che qualcuna di noi si confondesse con gli armadietti e posasse negli zaini delle altre i propri indumenti, avevamo tutte la stessa tipologia di zaino nero perciò era facile confondersi.

Poi indugiai sulla barra di ricerca di internet. Che avrei dovuto fare? Forse su google avrei trovato qualche notizia in più su Leonard e la sua ex fidanzata, forse avrei scoperto qualche cosa nuova sulla sua vita privata, perciò scrissi rapidamente il nome dell’uomo sulla barra di ricerca e mi comparvero numerosi risultati ma tutti riguardanti gli Hotel. Nessuno scandalo, nessuna ex fidanzata. La sua vita privata era al sicuro come in una botte di ferro ed io restai a mani vuote, confusa per il suo comportamento e ferita per essere stata illusa. Ma forse Melanie aveva ragione. Come poteva un uomo come lui stare insieme ad una come me? E non mi riferivo all’aspetto fisico, perché sapevo di essere attraente, infatti intendevo proprio l’aspetto dell’età e del carattere. Leonard era un uomo con un impero economico enorme, un lavoro con cui era diventato ricco quanto Dio ed era conosciuto in tutta l’Europa se non a livello mondiale mentre io ero una semplice studentessa, una ragazzina di diciannove anni che si era presa una sbandata per un uomo di trent’anni. Mi sentii una stupida.

Forse era stata una specie di ripicca per aver mentito sulla mia età a Leonard, forse cercava solo qualcuno con cui fare sesso o magari far ingelosire la sua ex fidanzata, forse.. basta. Dovevo smetterla di pensare a lui, perciò appoggiai il telefono spento sul comodino e alzai le lenzuola fino a coprirmi il naso. Il mattino successivo mi sarei comportata come nulla fosse. Non l’avrei contattato, non mi sarei rinchiusa in camera a piangere. Ero sempre la solita Evie. Non avrei permesso a Leonard Stiles di rovinare me stessa, ero troppo forte e determinata per poter crollare a causa di un rifiuto.

***

9 febbraio.
Leonard.

«Ciao Leonard.»

Erano passati quattro lunghi anni da quando avevo visto Diana per l’ultima volta, in lacrime, con il trucco sfatto, il mascara che le colava lungo le guance e una mano appoggiata sul suo ventre. Non era cambiata di una sola virgola, se non per la pancia meravigliosamente piatta e i seni piccoli ma più sodi trattenuti dal corpetto aderente dell’abito grigio che indossava.

I suoi capelli rossi come il fuoco erano raccolti in una treccia che le ricadeva sulla spalla sinistra e il suo viso era perfettamente truccato: gli occhi grandi grigi erano contornati da un ombretto dorato e da delle ciglia finte folte scure, mentre le sue labbra erano tinte di un rosa pallido. Il suo sguardo finì sul mio volto e mi osservarono a lungo, alla ricerca di tracce di altre donne sulla mia pelle e sperai che non mi guardasse il collo altrimenti avrebbe notato i lividi violacei e i succhiotti coperti con il colletto della mia camicia che mi aveva lasciato Evangeline la notte precedente. Quei segni mi ricordarono di aver commesso il terribile errore di cacciarla da casa mia. L’avevo trattata così male da portarla alle lacrime subito dopo la chiamata di Diana ma ero così su di giri per aver sentito la voce di quella donna che in quel momento non desideravo altro che dormire per essere pronto per affrontare la mia ex.

Mi si era spezzato il cuore nel vedere Evie con le lacrime gli occhi e una parte di me voleva rincorrerla per chiederle scusa,  ma non potevo rinunciare a Diana. Erano quattro anni che aspettavo di rivederla, quattro anni che lei tormentava i miei pensieri anche se avevo tentato di soffocare le sue immagini, quattro anni in confronto ad una settimana di incontri basata sul sesso. Eppure mi sentivo in colpa ad essere nel mio ristorante con Diana e non a letto con Evie, a coccolarla e a baciarla: le avevo promesso orgasmi, le avevo promesso di trascorrere la mattina sotto le coperte con lei e poi un delizioso pranzetto. E invece l’avevo cacciata malamente da casa mia. Stupido Leonard, pensai senza distogliere lo sguardo dalla donna seduta davanti a me.

«Diana, è un piacere rivederti.» annunciai io.

La mia voce parve poco più che un sussurro ma non m’importava, era l’effetto che lei aveva su di me dopo quattro lunghi anni di separazione. Allungai quindi la mia mano verso la sua e ne accarezzai il dorso liscio, notando le unghie a mandorla laccate di un viola metallizzato che si addiceva alla sua carnagione candida. Come avevo fatto a trascorrere tutto quel tempo senza di lei al mio fianco, senza svegliarmi accanto a lei la mattina?

Inspirai profondamente e il forte profumo di agrumi penetrò nelle mie narici, riportandomi indietro nel tempo. Lei arrossì appena e si accomodò sulla sedia di velluto del ristorante all’interno del mio Hotel nel centro di Londra, accavallando le gambe. Lasciò la presa sulla mia mano e si spostò una ciocca di capelli della frangia dietro l’orecchio.

«Mi dispiace averti contattato solo oggi del mio arrivo, ma non ho avuto altra scelta. È stato un brutto periodo per me, mi auguro tu possa capire.» rispose lei senza smettere di guardarmi negli occhi.

Annuii appena, sbattendo le palpebre. «Spero che ora sia tutto risolto. Ti vedo molto rilassata!»

Lei alzò le spalle con un sorriso mozzafiato che mi stordì. «Sì, fortunatamente. Credo che ora sia arrivato il momento di discutere di alcune questioni serie che riguardano noi, Leonard.»

Inspirai bruscamente al cambiamento di argomento così brusco e mi morsicai il labbro inferiore a quell’affermazione, ma annuii di nuovo. Afferrai il bicchiere di whiskey e lo bevvi tutto d’un sorso, appoggiandolo sul tavolo di vetro. Non era una bella idea bere alcool prima di pranzo e a stomaco vuoto, ma era il modo migliore per affrontare la donna che era scappata da me quattro anni prima perché incinta del mio migliore amico. Non sarei mai riuscito ad avere una conversazione tranquilla con lei, anche se per lei avevo cacciato da casa mia l’unica ragazza che in quattro anni si era visibilmente interessata a me e non ai miei soldi.

Avevo fatto la scelta giusta raggiungendo Diana o avevo appena perso la mia probabile anima gemella, lasciandola da sola nel cuore della notte senza preoccuparmi che tornasse al suo campus sana e salva? Strinsi il bicchiere tra le dita, facendo girare il cubetto di ghiaccio sul fondo, e sospirai rumorosamente. Forse avevo commesso un terribile errore che Evangeline non mi avrebbe mai perdonato, ed era tutta colpa mia. Maledizione.

«Sentiamo che hai da dire. Penso mi limiterò ad ascoltarti per ora, non mi va di dare spettacolo qui né di litigare con te ancora» Dissi io in tono acido.

Diana inspirò a fondo, appoggiando la schiena contro la sedia. «Non sarei dovuta scappare né svelare a tua madre ciò che sei, mi sono comportata molto male nei tuoi confronti ma dovevo trovare altri motivi per cui farmi odiare da te oltre alla mia bambina. Non ho scuse per quello che ho fatto, ti ho tradito con Simon e questo mi torturerà fino alla fine dei miei giorni. La notte che mi hai trovato a letto con lui, ho capito di averti perso per sempre. E non mi sono mai sentita così male prima d’ora, non pensavo di essere così innamorata di te. Ero convinta che la nostra relazione fosse basata solo sul sesso e non sulla fiducia, non sull’amore. L’ho capito solo quando ti ho visto così arrabbiato e così disgustato da me, dalla mia presenza, dalla mia esistenza. I tuoi occhi erano di ghiaccio e la tua smorfia così arrabbiata mi aveva spaventata; non sapevo cosa fare così ho raccolto le mie cose alla svelta e sono scappata via. Restare sarebbe stato idiota perché significava farti vivere insieme ad un figlio che non ti apparteneva; ti avrebbe costantemente ricordato del mio tradimento che invece io desideravo dimenticassi.»

Restai in silenzio a fissare l’espressione indifferente della donna davanti a me e non riuscii a fare altro che pensare a quanto fossi stato idiota ad aver abbandonato Evie per vedere Diana. La mia ex moglie aveva deciso di contattarmi solo per ricordarmi il dolore che mi aveva fatto provare, non per scusarsi o per chiedermi di tornare da lei. Stava cercando di convincermi che andare a letto con Simon era stato un errore, ma sapevo che nella sua testa stava solo pensando a quella notte e a quanto si fosse divertita, soprattutto per avermi distrutto. Ricordavo perfettamente il suo sguardo nell’istante in cui accesi la luce e li vidi insieme, sotto le lenzuola: era rimasta indifferente, con i capelli scompigliati e l’espressione divertita, come se fosse tutto normale.

Come se andare a letto con il mio migliore amico fosse la cosa più naturale del mondo, una cosa da tutti i giorni. Ma non aveva la minima idea di come funzionavano le relazioni, non sapeva quanto io fossi stato innamorato di lei in quel periodo e forse qualche rimasuglio di quel sentimento era ancora dentro di me ma quando vidi la sua espressione, uguale a quella notte, mentre si sfogava, capii che non le importava assolutamente niente. Ed io avevo commesso un terribile errore, non avrei dovuto lasciare la mia splendida Evie.

Diana prese le mie mani, stringendole con forza. «Devi credermi, ho sbagliato. E sono tornata per ricominciare tutto da capo perché mi manchi, mi manca ciò che avevamo.»

I suoi occhi brillavano di speranza.

«Non credo si possa fare.»

La sua espressione cambiò totalmente. «Come? Non mi ami più?»

Una risata sfuggì dalle mie labbra. «È passato molto tempo dall’ultima volta che siamo stati insieme e non mi sembri cambiata di una virgola. Non sembri così dispiaciuta di avermi tradito né di aver avuto una bambina insieme a Simon che, giusto per ricordartelo, non l’ha mai riconosciuta come sua. – dissi con un sorriso, alzandomi dal tavolo vicino al bancone del bar – Ad ogni modo, non ho altro tempo da perdere per ascoltare i tuoi discorsi strappalacrime. Non ho intenzione di frequentarti di nuovo. Una volta traditrice, per sempre traditrice.»

«Leonard, sono cambiata, te lo posso assicurare. Sono diventata madre e ho messo la testa a posto, ora sto solo cercando di rimediare all’errore più grande che io abbia mai fatto nella mia vita.» esclamò lei, attirando l’attenzione di qualcuno dei miei ospiti che stava pranzando.

Inspirai bruscamente, aggrottando le mie sopracciglia. «Abbassa la voce, Diana.»

Lei si alzò dalla sedia, spostandola all’indietro con un cigolio. «Da quando mi dici che cosa fare?»

Fui tentato di prenderla per le spalle e portarla fuori dal mio hotel, ma avrei peggiorato la situazione e strinsi con forza le mani a pungo, respirando alcune volte profondamente. Dovevo calmarmi o avrei cominciato a fare una scenata io stesso, ed era proprio ciò che Diana desiderava; voleva vedermi vulnerabile, desiderava toccare i miei punti deboli e usarli a proprio piacimento ma ero cresciuto ancora in quei quattro anni, non ero più il ragazzino innamorato che ero stato con lei. Ero cambiato.

«Credo sia il caso che tu te ne vada, Diana. – dissi con tono deciso – Non abbiamo altro da dirci.»

Lei s’irrigidì, notando la mia espressione irremovibile. «Hai un’altra, vero? È per questo che mi stai cacciando dal tuo hotel? Hai paura che possa incontrarla e possa dirle che non amerai mai nessuno nel modo in cui hai amato e ami tutt’ora me?»

«Sì, ho un’altra donna che mi rende felice più di quanto tu abbia fatto in anni di relazione. – replicai, digrignando i denti per la rabbia – E ora sparisci dalla mia vista, torna a Manchester e non farti mai più vedere qui. Sono stato abbastanza chiaro?»

Diana mi guardò con odio e strinse le labbra rosa. «Sei un povero illuso. Provi a rimpiazzarmi con un’altra donna ma sai benissimo di non poterci riuscire, sono l’unica che tu abbia mai amato e che amerai fino alla fine dei tuoi giorni. – mi puntò il dito al petto, aggrottando le sopracciglia – Mi dispiace per te, Leonard. Hai avuto la tua ultima occasione.»

E prima che potessi risponderle, Diana sparì dalla mia vista. Fissai la sua figura uscire a passo svelto dal ristorante del mio hotel e tirai un sospiro di sollievo, sedendomi di nuovo sulla sedia di velluto del tavolino che avevo occupato. Non mi sembrava vero: avevo rifiutato la donna con cui avevo passato sei anni della mia vita, la donna che avevo amato come non avevo mai fatto prima d’ora, la donna che mi aveva distrutto e tenuto legato a lei per quattro anni dopo avermi tradito. Com’era possibile che fossi stato così forte da allontanarla da me prima che potesse ferirmi ancora una volta? No, non gliel’avrei permesso per nessun motivo al mondo. Ma allora perché avevo cacciato Evangeline in quel modo da casa mia la notte prima? Perché ero stato così stupido da permettere alla mia mente di cancellarla per un istante, concentrandomi su Diana? Avevo sbagliato e sapevo che lei non mi avrebbe perdonato, però dovevo almeno dimostrarle che ero davvero dispiaciuto e che avevo sbagliato.
Controllai l’ora sul mio cellulare e mi alzai come una molla dalla poltroncina di velluto.

Erano solo le due del pomeriggio perciò avrei sicuramente trovato Evie ancora nel suo campus, nella sua camera, ma non avevo la minima idea di come poter entrare nel suo dormitorio. Ero certo che se l’avessi chiamata, lei non avrebbe risposto perciò scartai l’idea di telefonarle o di contattarla in qualche modo; poi pensai di trovare il numero della sua compagna di stanza ma non avevo la minima idea di chi fosse, conoscevo solo il suo nome e nient’altro. Attraversai il corridoio della hall dell’hotel a falcate veloci e infilai la mano destra nella tasca dei pantaloni, prendendo il mio telefono; cercai la sua chat nell’applicazione di whatsapp e controllai l’ultimo accesso di Evie, notando che era online in quell’istante ma sapevo che non avrebbe risposto perciò bloccai il telefono. In qualche modo sarei riuscito a trovare la sua stanza.
Uscii dalle porte scorrevoli della hall principale e raggiunsi il parcheggio, aprendo con la chiave automatica la mia auto; accesi il motore e spensi la musica, chiamando Simon al cellulare. Sapevo che mi avrebbe massacrato di botte visto che non era il caso di disturbarlo di domenica pomeriggio, ma avevo bisogno di un favore da parte sua. Collegai il telefono al bluetooth della mia auto e intanto cominciai a guidare verso il campus del college di Evie, stringendo con forza il volante tra le mie dita. dopo qualche squillo, la voce di Simon riecheggiò nelle mie orecchie.

«Mi auguro sia qualcosa di importante o ti uccido, Stiles.» borbottò con voce graffiante.

Mi lasciai sfuggire una risata, fermandomi ad un semaforo. «Non ti lamentare. Ho bisogno di un favore all’istante, è piuttosto urgente. Puoi?»

Simon sbuffò rumorosamente. «Non potevi contattarmi ieri o l’altro ieri?»

Picchiettai le dita sul volante, arricciando le labbra. «Tomlinson, dimmi solo sì o no.»

«D’accordo, lo faccio! Si tratta di qualcosa d’illegale?» domandò il mio amico.

Ripartii con la mia auto, mantenendo lo sguardo sulla strada. «Non credo.»

Il ragazzo dall’altra parte borbottò qualcosa d’incomprensibile.

«Sentiamo, allora. Di che si tratta?»

«Riesci ad entrare nel database degli studenti del King’s College?» domandai.

Simon tacque un istante. «Per quale assurdo motivo ti servono i dati di alcuni studenti?»

«Questi sono affari miei. Puoi farlo o no? – borbottai infastidito – Hai meno di cinque minuti.»

Sentii il rumore di un computer che s’accendeva e sorrisi contento. «Va bene, dimmi che ti serve.»

«Non fare commenti su ciò che ti sto per chiedere. – dissi sottovoce, svoltando nel viale che conduceva al Campus della ragazza – Ho bisogno di sapere il numero della stanza di una ragazza di nome Evangeline, non ho idea del cognome però. Non lo ricordo.»

Il mio amico grugnì dall’altra parte del cellulare. «Leonard.. che stai combinando?»

Sentii il rumore delle sue dita digitare sulla tastiera. «Devo risolvere un casino che ho combinato.»

«E comunque, giusto per avvertirti, è illegale entrare nei server di un’Università. – rispose Simon con un accenno di fastidio nella sua voce – Se finirò in prigione, ti manderò qualcuno.»

Ridacchiai, scuotendo il capo. «Correrò il rischio, so difendermi.»

«Ti ricordi almeno che facoltà frequenta la tua amica o se ha un secondo nome? Ci sono cinque Evangeline in quell’istituto, ho bisogno di qualche informazione in più.»

Fermai la mia auto davanti al College di Evie, fissando la porta dell’ingresso.

«Lettere, il suo secondo nome è norvegese perciò non ho la minima idea di come si pronunci. Dovrebbe cominciare con la lettera ‘f’, se non mi sbaglio.»

«Evangeline Freja Rønning?» domandò Simon.

Io m’illuminai, slacciando la cintura di sicurezza. «Sì, è lei. È nella stessa stanza di una certa Melanie.»

«Secondo edificio, primo piano, stanza venti. – lesse il mio amico – Per favore, non fare cazzate.»

Aprii la portiera della mia auto, controllando che non passassero veicoli. «Non ti preoccupare, al massimo potranno cacciarmi dal Campus ma non mi faranno altro. Grazie mille e scusa se ti ho disturbato a quest’ora, è davvero molto urgente.»

Simon borbottò qualcosa. «A domani, Stiles.»

Staccai immediatamente la chiamata dopo aver bloccato il cellulare e scesi dalla mia macchina che chiusi con la mia chiave automatica, per poi avviarmi a passo svelto verso l’ingresso dello Strand Campus, cercando di non dimenticare le informazioni che avevo ricevuto. Forse presentarmi da lei in quel modo non era il massimo,avrebbe pensato che sono un pazzo o un idiota, ma ormai conoscevo la mente femminile e sapevo che sarebbe rimasta piacevolmente sorpresa una volta che mi avrebbe ritrovato davanti alla porta della sua stanza. Il cortile dell’Università era vuoto se non per un ragazzo seduto vicino alla fontanella con le cuffie nelle orecchie, una giacca di pelo addosso e una sciarpa azzurra legata intorno al collo, intento a leggere un libro con i guanti alle mani. Lo superai, facendo finta di nulla, e raggiunsi l’ingresso dei dormitori del Campus perciò mi guardai intorno per un momento e iniziai a salire la prima scalinata del secondo edificio. E se Evie fosse uscita insieme alla sua amica? E se l’avessi trovata in compagnia di un altro uomo? E se non avesse voluto vedermi, semplicemente? Mi morsicai il labbro inferiore ma mi costrinsi a cancellare quei pensieri dalla mia testa, dovevo essere positivo e prepararmi ad ogni evenienza. Percorsi rapidamente il corridoio del secondo piano del dormitorio e raggiunsi la stanza numero venti, così mi appostai per un momento con l’orecchio ma non sentii nulla. Poi mi vennero in mente le parole di Evangeline: i maschi non erano ammessi in quel dormitorio, ma non c’era nessun controllo all’ingresso perciò mi rilassai. E ad ogni modo, non ero andato da lei per picchiarla o fare altro. Mi feci coraggio e bussai alla porta della camera, percependo il mio cuore cominciare a palpitare velocemente; e dall’altra parte sentii il rumore di qualche passo seguito da una risata femminile che però non apparteneva ad Evie. Infatti, quando la porta si spalancò, mi ritrovai davanti la ragazza dai capelli scuri che mi fissava con un’espressione sorpresa sul viso.

«Uhm.. ciao, sono Leonard.»

Lei rimase immobile con i capelli tirati all’indietro da una bandana. «So chi sei.»

Annuii appena, sentendomi a disagio per il suo sguardo assassino. «Per caso Evie è qui?»

Si girò un momento verso la sua camera, poi sospirò. «Entra pure, stavo proprio.. uscendo.»

Prese un mazzetto di chiavi accanto all’ingresso della stanza e uscì insieme ad un ragazzo dai capelli biondi, vestito con una tuta da ginnastica, che mi squadrò dalla testa ai piedi. Io restai a fissarli per qualche secondo e poi inspirai profondamente, entrando nella camera da letto di Evie; lei era sdraiata sul suo materasso con un pigiama azzurro addosso e le cuffie nell’orecchio, perciò richiusi la porta dietro di me e mi avvicinai a lei, sedendomi al suo fianco.

Non mi degnò di un solo sguardo ed io mi sentii peggio del solito: aveva davvero intenzione di ignorarmi dopo che avevo attraversato mezza Londra e costretto il mio migliore amico ad entrare nel database della scuola solo per trovare il numero della sua stanza e del suo edificio? Avevo fatto rischiare il carcere ad una delle persone più importanti della mia vita, come poteva snobbarmi in quel modo?

Mi sfilai la giacca dalle spalle e l’appoggiai sul letto libero, sdraiandomi poi al fianco della ragazza che spense il suo iPad e si girò un momento verso di me. I suoi occhi azzurri erano contornati da delle occhiaie leggere. Si sfilò le cuffie dalle orecchie e si sedette con le gambe incrociate sul suo materasso, osservandomi come se volesse uccidermi. Non l’avrei biasimata se avesse tentato di mettermi le mani attorno al collo, mi ero comportato da vero idiota e non l’avrei negato. Non aveva dormito molto per colpa mia, pensai, e mi sentii subito in colpa perché avevo commesso io il terribile errore di cacciarla nel cuore della notte. Ero stato un coglione.

«Buongiorno signor Stiles. A cosa devo una sua visita nel mio dormitorio, alle tre del pomeriggio?»
M’irrigidii per il tono acido della sua voce ma mi costrinsi a mantenere la calma.

Mi meritavo quel trattamento dopo ciò che le avevo detto la notte precedente. Con un sospiro, mi sistemai nella sua stessa posizione e mi passai una mano fra i capelli che ravvivai. Da quando rincorrevo una ragazza? Mi parve di ritornare ai tempi del liceo, quando, innamorato di almeno una decina di donne, cercavo di farmene il più possibile e tentavo di scusarmi con loro per tutti i tradimenti. Ero un povero idiota.

«Mi dispiace per quello che è successo.»

Lei alzò un sopracciglio, poi scoppiò in una risata. «Già, lo immagino.»

Strinsi una mano a pugno, sbuffando rumorosamente. «Evie, sono serio. Ho sbagliato, non avrei dovuto cacciarti via in quel modo.»

«Spero tu ti sia divertito al tuo appuntamento. – replicò acidamente, prendendo il suo cellulare – E ancora non capisco perché tu sia qui, Leonard.»

La fissai con le labbra strette. «Vuoi che io me ne vada? Perché mi stai facendo passare la voglia di parlarti. – poi mi fermai – Aspetta, come sai del mio appuntamento di oggi?»

Evangeline fece una smorfia. «Quindi era un appuntamento.»

«Non sviare i discorsi. – dissi infastidito – Come fai a saperlo?»

Fece spallucce, appoggiando il cuscino contro la spalliera del suo letto. «Hai risposto al telefono davanti a me, ieri sera, e hai chiesto se era domani. Ho pensato che fosse qualcuno del tuo lavoro, ma oggi è domenica perciò non era possibile quindi ho immaginato che fosse la tua ex fidanzata. E dal tuo sguardo, sembra proprio che sia così.»

«Forse avresti dovuto fare psicologia invece di lettere.» dissi irritato.

Lei aggrottò le sopracciglia chiare e scese dal letto, scuotendo la testa. «’Fanculo.»

Non riuscii a trattenere una risata: per quanto fosse arrabbiata con me in quel momento, la sua espressione si era addolcita subito dopo la mia battuta perciò colsi l’occasione per avvicinarmi a lei; Evie restò ferma in piedi ed io scesi dal letto, circondandole il fianco con il braccio destro ma lei non alzò la testa, anzi si limitò ad abbassare lo sguardo e fissare l’iPad spento.

«Mi dispiace davvero, Evangeline. – mormorai sottovoce, nascondendo il viso nell’incavo del suo collo e la ragazza chiuse gli occhi – Non avrei dovuto cacciarti in quel modo, ma..»

Lei si liberò dalla mia presa. «Volevi un rimpiazzo da scopare finché la tua ex ragazza non fosse tornata da te e ora che è arrivata qui, non hai più bisogno di me.»

Aggrottai le sopracciglia. «No, non è questo. Smettila.»

Evie fece una smorfia, sollevando un sopracciglio. «Ne sei sicuro? A me sembra proprio così.»

«No, ti stai sbagliando. Non sai cos’è successo, non sai che rapporto ho con Diana e..»

M’interruppe, scuotendo la testa. «Allora avevo ragione, eri con la tua ex.»

Mi passai le mani fra i capelli, esasperato. «Cristo, mi fai finire di parlare?»

«Non so che altro dirti, Leonard. Mi avevi promesso di stare con te per tutta la notte, di fare l’amore e di passare tutta la mattina con me ma a quanto pare hai preferito vedere la tua ex. – rispose con le sopracciglia aggrottate, incrociando le braccia al petto – Per me puoi fare ciò che vuoi, non siamo fidanzati perciò sei libero di scoparti e di stare con chi preferisci.»

Afferrai il polso di Evie e la strattonai verso di me. «Stai zitta una cazzo di volta, ragazzina.»

Lei digrignò i denti, tentando di liberarsi da me, ma io aumentai la presa e percepii le sue ossa premere contro i miei polpastrelli quindi la spinsi con forza verso il letto, facendola cadere sul materasso. E prima che lei potesse rotolare via, o spostarsi, salii sul suo corpo e la bloccai contro il letto; appoggiai le mani ai lati della sua testa e avvicinai i nostri visi, strappandole un gemito di sorpresa. Sapevo che la mia vicinanza la stordiva, ma la cosa era reciproca e me ne resi conto quando le mie labbra sfiorarono appena la pelle morbida del suo collo, e il forte profumo di fragole m’invase la mente. E prima che potessi aprire bocca per dirle la verità, lei mi baciò.

Tracciò il contorno della mia bocca con la sua lingua rovente e le sue mani accarezzarono la mia schiena, mentre io mi schiacciai completamente sul suo corpo esile che mi accolse senza esitazioni. Le sue dita accarezzarono e tirarono i miei capelli, scompigliandoli, mentre le sue ginocchia si cinsero intorno al mio bacino e i suoi piedi premettero sulle mie caviglie, spingendomi verso di lei. Il fuoco che si accese dentro di lei mi confuse: perché un minuto fa era furiosa e quello dopo mi aveva ficcato la lingua in gola come se nulla fosse, come se quello fosse uno dei nostri tanti incontri? Decisi di accantonare ogni mio pensiero e concentrarmi sulla ragazza che ansimò sotto di me, graffiandomi le spalle e attirandomi verso di lei. Mi sarei fatto perdonare con il sesso.

«Mi fai impazzire, Evie.» mormorai ad occhi chiusi.

Lei leccò il mio labbro inferiore, rotolando sul mio corpo. «Tra poco perderai del tutto la testa.»

I suoi occhi divennero più scuri e le mie mani vagarono sui suoi fianchi. «Che hai in mente?»

La ragazza scese dal mio corpo per potersi avvicinare alla porta della camera e la chiuse a chiave, fiondandosi ancora una volta su di me. Si sistemò a cavalcioni dei miei fianchi e appoggiò le sue mani al centro del mio petto, strofinando il suo sedere sodo contro il mio bacino, quando una scintilla di piacere si accese nel mio basso ventre.

«Comando io, adesso.» rispose lei con voce rauca.

Alzai un sopracciglio, piacevolmente sorpreso. «Ah, davvero?»

La ragazza annuì con vigore, strattonando la camicia grigia. «Hai sempre fatto tutto tu, perciò questa volta comanderò io. Dovrai fare ciò che dirò io per farti perdonare, Leonard. – rispose lei – E poi non ho ancora avuto il tempo di esplorare il tuo corpo, cosa che ho intenzione di fare ora.»

Allargai le braccia con un sorriso, portandomi le mani dietro la nuca. «Sono tutto tuo, piccola.»

Una risata sfuggì dalle sue labbra e la sua espressione tornò subito rilassata. Era così bella, come avevo potuto anche solo pensare di tornare Diana dopo tutto il dolore che quella donna mi aveva fatto provare durante la nostra relazione? Era assurdo, avevo una ragazza meravigliosa che non aspettava altro che me, ed io ero stato così stupido da provare a cacciarla, sapendo benissimo che l’avrei rincorsa di nuovo.

«Usami come più preferisci, mia splendida vichinga.»

Evie si fermò all’istante, fissandomi come se avessi appena ucciso un gattino davanti ai suoi occhi, e poi scoppiò in una risata così rumorosa che quasi cadde a terra; io l’afferrai per evitare che finisse sul pavimento e scossi il capo, arrossendo. Okay, forse avevo esagerato con i nomignoli.

«Ti prego, non dirlo mai più. – esclamò Evie, portandosi una mano alla bocca – È imbarazzante.»

Sollevai un sopracciglio, alzando la maglietta del suo pigiama per poterle accarezzare i fianchi nudi, e nell’istante in cui le mie dita sfiorarono la sua pelle nuda, una scarica elettrica invase il mio corpo e finì dritta nel mio basso ventre. Adoravo sentire il calore del suo corpo sul mio così sbottonai rapidamente la parte sopra del suo pigiama e la sfilai dalle sue spalle, facendola cadere a terra.

«Va bene, perdonami. Sto zitto.» mormorai con un sorrisetto.

Lei fece una smorfia, piegandosi in avanti mentre cercò di slacciarsi il reggiseno. «Bravo.»

Sbottonò rapidamente anche la mia camicia che tolse con facilità e aprì la cerniera dei miei pantaloni, infilando la sua mano nei miei boxer senza distogliere il suo sguardo dal mio. Io schiusi le mie labbra nel momento in cui le sue dita calde accarezzarono la mia erezione e mi lasciai sfuggire un lungo gemito di piacere, aprendo le gambe come per permetterle di sistemarsi meglio. Era impressionante come un semplice contatto con lei potesse offuscare in quel modo la mia mente, non mi era mai capitato prima ed era assurdo che fossi sul punto di perderla per la mia ex moglie.

«Voglio toccarti, Evie.»

Lei schiaffeggiò la mia mano, costringendomi ad appoggiare le braccia sul materasso. «Non adesso.»

«Sei stronza.» Replicai infastidito, bramando di toccare la sua pelle.

La ragazza fece spallucce con un sorriso. «Ti sto facendo provare quello che ho subito io per mano tua domenica scorsa, quando desideravo baciarti e toccarti ma non ho potuto perché mi avevi legata.»

Gemetti per la frustrazione, distendendo le gambe sul letto. Lei appoggiò le sue mani sulle mie spalle e le fece scorrere sulle mie braccia, accarezzando la mia pelle con la punta delle sue dita senza distogliere lo sguardo dal mio viso. Trattenni il respiro quando le sue dita si strinsero alla base del mio pene e chiusi per un momento gli occhi, portando la mia testa all’indietro contro il cuscino. Percepii il sorriso della ragazza a contatto con la pelle del mio collo e cercai di sollevare le braccia, ma lei mi bloccò con la mano libera, impedendomi di muovermi. Il suo pollice stuzzicò la punta del mio pene, raccogliendo uan goccia di liquido con cui mi lubrificò, e ansimai rumorosamente.

«Siediti sul bordo del letto, Leonard.» ordinò la ragazza, scendendo dal mio corpo seminudo.

Annuii senza esitare, seguendo le sue parole. «Questa tua svolta autoritaria mi piace, signorina.»

Lei si leccò il labbro inferiore ed io ansimai all’istante. «E ti eccita, mi sembra.»

Ammiccai nella sua direzione, osservando Evie scendere dal materasso e mettendosi in piedi fra le mie gambe con lo sguardo attento sul mio viso. La sua espressione era carica d’eccitazione e i suoi occhi scintillavano per il piacere, mentre le sue mani tremavano per la voglia di toccarmi proprio come le mie che prudevano. L’avrei punita per avermi strappato il controllo. Di solito ero io ad avere il controllo della situazione.

«Da morire, piccola. Non puoi capire.» sussurrai già senza fiato.

S’inginocchiò davanti a me e mi tolse le scarpe, posando un bacio sulle mie ginocchia coperte dal tessuto dei pantaloni che finirono sul pavimento. Tolse anche i miei calzini e poi appoggiò le sue mani sulle mie cosce, spostando i suoi occhi sul mio viso. Le mie guance si scaldarono per l’imbarazzo, non ero abituato a guardarla in quella posizione ma dovevo ammettere che non mi dispiaceva affatto. Era bellissima.

«Alzati, Leonard.»

M’irrigidii. Non voleva farmi un pompino inginocchio? Peccati, pensai con una punta di delusione, ma eseguii il suo ordine e scesi dal materasso. Evie abbassò anche i miei boxer, lasciandomi completamente nudo sotto il suo sguardo attento, e le sue labbra si schiusero appena sotto la mia erezione che sfiorò il suo nasino all’insù. Poi la ragazza si alzò da terra, massaggiandosi per un momento sulle ginocchia, e cominciò a spogliarsi dei pantaloni corti che le coprivano a malapena il bellissimo sedere sodo. I suoi movimenti erano lenti e misurati, calcolati per portarmi alla follia e farmi impazzire in un istante ma sarei riuscito a resistere; sarei riuscito a rimanere fermo, godendomi l’immagine della ragazza piegarsi in avanti per spogliarsi. Sfilò anche le sue mutandine di cotone nero e restò nuda davanti a me, strappandomi un gemito di piacere; non aveva la minima idea di quanto fossi innamorato del suo corpo, era così delicato e sensuale allo stesso tempo.

«Stenditi sul letto, Leonard.» disse Evie con voce rauca.

Io annuii e mi girai verso il materasso, eseguendo i suoi ordini. Poggiai la testa sul cuscino e chiusi per un momento gli occhi, poi osservai la ragazza muoversi all’interno della stanza e mi leccai il labbro inferiore con il cuore sul punto di scoppiare nel mio petto.

«Sei così bella che mi fa quasi male guardarti, ma non sono capace di distogliere gli occhi da te neanche per un momento.» sussurrai con un piccolo sorrisetto sulle labbra

Lei arrossì, ma si coprì le guance con le mani. «Bene, perché non voglio che tu lo faccia. Amo il modo in cui mi guardi, sembra che tu mi stia venerando.»

Mi raggiunse sul letto e si appostò fra le mie gambe, mettendosi in ginocchio. «Tieni le braccia aperte e non provare a toccarmi, altrimenti finirà tutto qui e ti caccerò dalla mia camera.»

Boccheggiai a quelle parole, scuotendo la testa. «Certo, piccola. Farò del mio meglio per rimanere fermo ma non ti assicuro niente, la tua pelle e il tuo corpo bramano d’essere toccati.»

Lei non rispose alle mie parole e si limitò a coprirmi la bocca con la sua piccola mano, infilando poi il suo pollice fra le mie labbra; le mordicchiai il polpastrello e lei fece una smorfia, allontanando di scatto la sua mano con una risatina. Si abbassò su di me per potermi baciare e finalmente riuscii ad assaggiare le sue labbra che già mi mancavano, perciò feci scivolare la mia lingua nella sua bocca e presi il controllo di quel bacio focoso a cui lei pose fine qualche secondo dopo. Strofinò il suo naso sulla mia pelle del collo e rabbrividii quando la sua lingua bagnò una piccola porzione di pelle appena sotto il mio mento, mentre le sue ginocchia si strinsero ai lati dei miei fianchi. Sollevai appena il bacino per farlo scontrare con il suo e lei mugolò, seguendo i miei movimenti per avere più contatto.

«Sei fortunato, Francisco ha lasciato qualche preservativo qui.» sussurrò Evie al mio orecchio.

Io aprii i miei occhi, sentendo un’ondata di gelosia travolgermi. «Chi cazzo è?»

La ragazza ridacchiò, notando la mia espressione furiosa, e passò una mano fra i miei capelli. «Il fidanzato della mia coinquilina, non ti scaldare troppo. Sei l’ultimo che può arrabbiarsi in questo momento, visto che mi hai cacciato per uscire con la tua ex.»

Arricciai il naso, accusando il colpo. «Giusto, scusami piccola.»

«Basta giocare, ti voglio troppo. – mormorò lei con una smorfia, chinandosi in avanti con la bocca sul mio collo – Cazzo, non ce la faccio. Prendimi, ti prego, ho bisogno di sentirmi tua ancora una volta.»

Rotolai immediatamente sul corpo della ragazza con le labbra incurvate in un sorriso malizioso e afferrai una bustina argentata da sopra il comodino, scoppiando a ridere quando lessi che tipologia di profilattici erano. Ritardanti. Sul serio? Povero ragazzo, pensai divertito. Decisi di non dire nulla alla ragazza sotto di me e strappai la bustina, infilando immediatamente il mio preservativo sulla mia erezione per poi divaricarle le gambe. Evie sollevò la coscia sinistra e appoggiò la caviglia sulla mia spalla, così io mi avvicinai a lei per potermi premere meglio sul suo corpo tonico.

«Aspetta, piccola. Voglio cambiare posizione oggi. Mettiti a gattoni.» Sussurrai all’orecchio.

Evie arrossì alle mie parole ma annuì, mettendosi girata di schiena per poi sistemarsi a quattro zampe davanti al mio sguardo con il sedere appena sotto al mio viso. M’irrigidii, colpendole per un momento le natiche con entrambe le mie mani e notai l’impronta delle mie dita colorare il sedere della ragazza che ebbe un sussulto ma non si mosse. Adoravo il modo con cui incassava i colpi senza lamentarsi, era davvero la mia anima gemella sotto il punto di vista sessuale.

«Chinati in avanti e appoggia la guancia e le braccia sul materasso.» Dissi eccitato al suo orecchio.

La ragazza eseguì i miei ordini, sistemandosi alla perfezione davanti a me. E poi, dopo qualche secondo d’esitazione nel vedere le sue splendide natiche sode, mi convinsi a sprofondare nel suo corpo che si tese, pronto ad accogliere il mio. Afferrai quindi la mia erezione con una mano e, senza fatica, scivolai dentro di lei con un lungo gemito di piacere che riecheggiò nella camera da letto di Evie. La ragazza si inarcò con gli occhi chiusi all’indietro ed io portai subito una mano sotto al suo collo, stringendo la presa sulla sua pelle morbida e l’altra sui suoi capelli che strattonai con forza. Coprii il suo corpo con il mio e affondai il volto nell’incavo del suo collo, baciando la sua pelle nuda e ne succhiai una piccola porzione mentre mi feci spazio dentro di lei, affondando fino a toccare il suo sedere con il pube.

«Oh Leonard, sì. – mormorò lei, crollando in avanti – Dio, così.»

Strinsi con forza la ciocca di capelli che trattenevo nella mia mano e la costrinsi ad inarcare la schiena, sollevando il suo corpo che mi accolse senza fatica. Io feci scivolare le mie dita dal suo collo fino al suo seno destro che palpeggiai con delicatezza, stuzzicandole il capezzolo con i polpastrelli; io morsicai la pelle della sua spalla e chiusi i miei occhi, muovendo il bacino in avanti e all’indietro. La ragazza gemette rumorosamente e portò la testa all’indietro, esponendo il suo collo candido che assaltai con altri numerosi morsi e lividi rossicci. Non ne avevo mai abbastanza di lei, la desideravo con tutto il mio corpo e la bramavo con tutta la mia anima.

Com’era possibile?

Fino a quella mattina avevo mille dubbi sul nostro rapporto, mille domande senza risposta che avrei dovuto porre a lei per capire la nostra situazione ma in quel momento, sepolto dentro di lei con il suo corpo incollato al mio, non pensavo ad altro che a tenerla insieme a me per sempre.

«Non faccio altro che pensare a te, Evie.» Pronunciai con voce rauca al suo orecchio.

Lei aprì la bocca ma non disse nulla, ma spinse i suoi fianchi contro ai miei e mi permise di affondare meglio dentro di lei; le colpii entrambe le natiche con la mia mano sinistra, lasciando la presa sui suoi capelli, e feci scivolare l’altra fra le mie cosce per poter stuzzicare il suo clitoride. E in quell’istante, le sue pareti si strinsero con forza intorno al mio pene e un brivido mi attraversò dalla testa ai piedi, offuscando la mia vista e stordendomi completamente.

«Sono qui con te, ora. Sono scappato via da lei per venire da te. – dissi sottovoce, passando la punta della lingua appena sotto al suo lobo sinistro – Riesci a capire che sei l’unica che mi interessa?»

Evie sospirò ancora una volta, cercando di girarsi verso di me. «Sì, ora lo capisco. Lo sento.»

Ridacchiai senza fiato, avvolgendo entrambe le braccia intorno ai suoi fianchi e mi spinsi con più rapidità dentro di lei, affondando la mie erezione tra le sue pieghe fradice. Il suo calore mi portò sempre più vicino all’orgasmo quando sentii lei tremare, le sue cosce crollare leggermente in avanti e il suo respiro farsi più affannoso, segno che stava per venire. Rallentai quindi i miei movimenti ma li resi più profondi e lei spalancò la sua bocca, non riuscendo nemmeno a urlare per il piacere perciò le graffiai i fianchi e la strinsi con forza al mio corpo, impedendole di muoversi. La cavalcai velocemente con la bocca premuta sul suo collo candido e chiusi i miei occhi, abbandonandomi al profumo della sua pelle candida e al calore della sua intimità che mi accoglieva deliziosamente dentro di lei quando la sentii tendersi sotto di me.

I suoi capezzoli premettero contro il mio braccio e i suoi occhi si chiusero, mentre la sua espressione cambiò completamente; era immersa nel suo stesso piacere. qualche secondo dopo, esplose in un violento orgasmo che la fece strillare.

«Leonard, Leonard!»

Sentirla gridare in quel modo il mio nome mi spinse sempre più verso l’orgasmo finché anche io venni e mi svuotai nel preservativo, rallentando progressivamente le mie spinte fino a fermarmi del tutto. Feci scivolare le braccia intorno ai suoi fianchi e la ragazza crollò in avanti, cadendo con il viso nel cuscino e le gambe distese perciò seguii i suoi movimenti e mi appoggiai per un momento sulla sua schiena sudata, strofinando il naso dietro al suo collo e in mezzo ai suoi riccioli biondi. Non volevo che quel momento finisse, era così bello ed eccitante. Prenderla in quel modo era appena diventato il mio passatempo preferito. Il suo sedere oscillava dall’alto verso il basso ad ogni mio colpo ed era ipnotizzante, magnetico, bellissimo e maledettamente sensuale. Spostai le mie mani sulle sue e intrecciai le mie dita alle sue, posando una serie di piccoli baci dietro al suo collo per poi sfilare la mia erezione dal suo corpo esausto.

«Piccola.. stai bene?» domandai con voce rauca.

Lei annuì appena, girandosi con fatica su un fianco. «Mai stata meglio.»

Con una risata, lasciai la presa sulla sua mano e sfilai il preservativo a cui feci un nodo; scivolai quindi giù dal letto per poter entrare nel bagno della sua stanza e mi guardai intorno per qualche secondo, notando il cassetto della lingerie di Evie aperto. Mi costrinsi a distogliere gli occhi da tutti quei bellissimi completi colorati e lanciai il profilattico usato nel cestino, raggiungendo poi la ragazza sul letto che circondai fra le mie braccia. Lei appoggiò la testa sul mio torace ed io le accarezzai i capelli con dolcezza, stampandole una serie di dolci baci sulla fronte con gli occhi chiusi. Il suo respiro accarezzò piano la pelle del mio collo e i suoi seni sfioravano il mio petto ad ogni suo atto respiratorio, così spostai la mia mano dietro alla sua schiena e la strinsi piano a me.

«Mi dispiace davvero per ciò che è successo la scorsa notte.» dissi sottovoce.

Non volevo rovinare l’atmosfera che si era creata fra di noi in quel momento, ma dovevo farle capire in tutti i modi che mi ero pentito di averla trattata in quel modo. E poi avrei dovuto raccontarle tutta la verità sul rapporto fra me e Diana, meritava di essere a conoscenza di ciò che era successo tra e la mia ex moglie ma qualcosa mi diceva che Evie si sarebbe infuriata. E forse mi avrebbe addirittura cacciato via, però, se desideravo che dal nostro rapporto nascesse una relazione sana, avrei dovuto aprirmi con lei ed era ciò che intendevo fare in quel momento.

«Non sono un rimpiazzo per lei, vero?»  hiese Evie con voce debole.

La sua tristezza mi strinse il cuore in una morsa fastidiosa. «Piccola.. non lo sei mai stata.»

Lei sospirò, nascondendo il viso contro il mio collo. «Dopo quella chiamata, sei diventato come una statua di ghiaccio e non mi hai nemmeno degnata di uno sguardo. Pensavo di aver combinato qualcosa di male o di averti fatto arrabbiare, ma quando ho capito che avresti visto qualcuno, e più specificatamente una donna, ho frainteso tutto. Puoi biasimarmi, Leonard?»

Posai un piccolo bacio sulla sua fronte. «No, avrei pensato la stessa cosa. Con quella persona ho un rapporto molto, molto particolare. L’ho rivista dopo quattro anni di silenzio tombale, perciò ero alquanto scosso quando ho ricevuto la sua telefonata; semplicemente, non mi aspettavo che potesse contattarmi dopo così tanto tempo.»

«Come mai?»

Inspirai profondamente, attirando la ragazza al mio fianco con la mano sulla sua schiena. «Quella che tu consideri la mia ex fidanzata, in realtà è la mia ex moglie.»

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