Capitolo 8.

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

My heart’s beating faster, I know what I’m after.
I’ve been standing here my whole life.
Everything I’ve seen twice, now it’s time I realize.
It’s spinning back around know, on this road I’m crawling.
Save ‘cause I’m falling, now I can’t seem to breathe right
‘Cause I keep running, running, running, running from my heart.

8 Febbraio.

Leonard.

Fermai la mia auto davanti all’ingresso del cortile dello Strand Campus nel momento in cui intravidi Evie camminare a passo svelto nel bel mezzo del giardino con il suo zaino nero sulle spalle e il cappuccino della tuta sulla sua nuca. Abbassai il finestrino della macchina e mi girai verso la ragazza che mi salutò con la mano, perciò le feci un cenno con la testa e le indicai il bagaglio della mia macchina. Lei annuì appena e lo aprì, lanciando il suo zaino nel baule per poi salire al mio fianco; si abbassò il cappuccio della tuta e chiuse gli occhi, appoggiando la testa sul sedile. Io la fissai per qualche secondo e il mio cuore si gonfiò. Era così bella: i suoi capelli erano legati in una coda e sembravano così morbidi, mentre non aveva un solo filo di trucco sul suo viso. Le sue labbra erano sempre di un rosa molto acceso ma sapevo che quella sera le avrei viste tinte di un rosso fuoco, così come i suoi occhi che sarebbero stati accentuati dalle ciglia finte, dall’eyeliner e dal glitter sulla palpebra. Ma lei non ne aveva bisogno. Certo, truccata era davvero meravigliosa ma senza nulla su quel viso d’angelo era così.. da perdere il fiato.

«Ciao piccola. – la salutai con un sorriso smagliante – Che succede?»

Notai la sua espressione triste e mi slacciai la cintura, girandomi verso di lei. Evie evitò il mio sguardo e si voltò dalla parte del finestrino, torturandosi le mani con le unghie perciò portai la mia sulle sue, stringendole con delicatezza. La ragazza si lasciò sfuggire un piccolo singhiozzo e il mio cuore si strinse in una morsa fastidiosa. L’ultima volta che avevo visto una donna piangere era stato quattro anni prima, quando, dopo l’ennesima furiosa litigata, Diana mi abbandonò e scappò da casa mia ad Holmes Chapel in lacrime con il mio cuore. Quel pensiero m’irritò ma lo scacciai immediatamente, non era il caso di pensare a lei mentre ero in compagnia di Evangeline.

«Niente, ho avuto una discussione con Melanie.» rispose in tono secco.

La sua freddezza mi spaventò ma mi costrinsi a mantenere la calma. «Mi dispiace, piccola.»

Lei alzò le spalle e si asciugò una lacrima che le bagnò la guancia, così io mi sporsi verso di lei ma lei mi bloccò, rivolgendomi un flebile sorriso. Spostai la mano che avevo appoggiato sulla sua sulla sua giancia e l’accarezzai piano, stampandole un dolce bacio sulla tempia per confortarla; la ragazza chiuse gli occhi e si spinse piano verso di me, girando la testa nella mia direzione.

«Capita, non è la prima volta che litighiamo. – disse Evie – Possiamo andare, se ti va.»

Restai a guardarla qualche secondo, poi annuii e accesi il motore. «Vuoi parlarne? Abbiamo ancora un’ora, se ti va. Magari posso aiutarti in qualche modo. O almeno.. vorrei provarci.»

La ragazza sospirò, allacciandosi la cintura di sicurezza. «Non è niente di così terribile, mi ha solo detto alcune cose che mi hanno ferito e che non doveva dire, ecco. Si sta intromettendo in qualcosa di cui lei non conosce niente, perciò mi sono arrabbiata con lei.»

«Stai parlando della nostra situazione?» chiesi senza esitare.

Notai i suoi occhi sbarrarsi alle mie parole e capii di aver fatto centro. Cos’aveva detto Melanie su di me, o su di noi in generale, da far irritare Evie al punto di piangere per una litigata? Cos’era successo in quelle due ore che erano rimaste insieme, dopo la nostra mezza giornata sul mio divano? Forse avrei dovuto costringerla a restare con me tutto il weekend, ma chi pensava che quelle due ragazze avrebbero litigato una volta che si sarebbero riviste? Mi sentii improvvisamente in colpa perché avevano discusso in parte per causa mia, e l’idea di far piangere Evie per il mio comportamento, per i miei gesti o chissà anche altro, mi fece male. Mi ero intromesso nella sua vita dal nulla, proprio come lei aveva fatto con me, ed io l’avevo già fatta soffrire. Mi sentii male.

«Sì, ha detto alcune cose su di noi che mi hanno davvero infastidita. – replicò Evangeline – Lei e Francisco si sono fidanzati dopo solo una settimana, e oggi lei ha avuto il coraggio di dire a me di rallentare con quello.. insomma, con la nostra situazione.»

Io m’irrigidii. Aveva forse cominciato a domandarsi se provavo interesse nei suoi confronti? O si era forse presa una cotta per me? Strinsi la presa sul volante della macchina e picchiettai le dita sulla superficie in pelle, agitandomi ad ogni secondo che passava. Certo, Evie mi piaceva perché sentivo che era diversa da tutte le donne con cui ero stato e sembrava una ragazza molto interessante, una piacevole scoperta in mezzo a personalità noiose e monotone. Ma ero principalmente attratto fisicamente da lei, non sapevo se ci sarebbe potuto essere qualcosa di più. Poi però soffocai quei pensieri: ero uscito con lei  a pranzo e mi ero divertito, l’avevo portata a casa mia e avevamo trascorso un’intera giornata insieme a ridere, a fare l’amore – o sesso? – e mi ero sentito alla grande. Mi piaceva, non potevo negarlo, ma non ero pronto ad una relazione, non dopo quello che mi era successo.

«Che cos’ha detto? – chiesi, desiderando capire il motivo della rabbia di Evie – E comunque se io decidessi di chiederti di diventare addirittura mia moglie in questo momento, sarebbero solo affari nostri e non suoi, per quanto lei possa volerti bene.»

La ragazza si leccò il labbro inferiore. «Lo so, ma.. è tutto così strano. Ha cominciato a dire che fra noi c’è solo sesso, che non devo illudermi perché tu sei un uomo con un lavoro e tanti soldi, lasciando intendere che io sono ancora all’Università e non ho un..»

La zittii immediatamente, irritato. «Cosa centra l’età in questo momento?»

«È quello che ho detto anche io! – esclamò infastidita, battendo una mano contro la portiera – Non ho quindici anni, so cosa voglio dalla mia vita e so a cosa sono andata incontro venendo a letto con te. E so che forse avrei dovuto dirti prima che sono più piccola di quello che credevi, ma comunque non mi sembravi particolarmente infastidito dalla nostra differenza d’età.»

Io feci spallucce, fermandomi al semaforo davanti al Drive In.

«Sinceramente, la prima cosa a cui ho pensato nell’istante in cui ti ho portata nella mia Suite, è stata: “spero di durare abbastanza” e non “chissà quanti anni ha questa ragazza”. Certo, speravo che non fossi minorenne altrimenti potrei finire un carcere e perdere tutto ciò per cui ho lavorato, ma era un rischio ch’ero pronto a correre per una notte. Poi mi sei piaciuta, sei una ragazza interessante e sei riuscita a stuzzicarmi con il regalo che mi hai lasciato la mattina dopo perciò ti ho cercata.»

Le guance di Evie si tinsero di un rosa acceso ed io fui tentato di baciarla.

«Sei durato più di quanto potessi immaginare, più dei due ragazzi con cui sono stata in tutta la mia vita messi insieme.»

Soffocai una risata, riprendendo a guidare. «Grazie, sono molto lusingato.»

«Ad ogni modo, ti ringrazio per quello che hai detto. – rispose lei – E so che forse parlare di fidanzamenti e cose simili non è l’argomento migliore per una spogliarellista, ma..»

La interruppi ancora una volta. «Tu mi interessi davvero, Evangeline. Ieri ti ho portato a casa mia perché, oltre a fare sesso con te, desideravo conoscerti e passare più tempo insieme a te. Martedì ti ho portato a pranzo perché mi sembri una ragazza stupenda e ho voglia di scoprire ogni dettaglio di te. Mi intrighi e non sei ossessionata da me o i miei soldi, mi piaci.»

Evie si portò una mano al collo, sorpresa dalle mie parole. «Uhm.. io..»

«Sono quattro anni che non ho una relazione sentimentale con una donna e tu, una diciannovenne al primo anno di Università, sei riuscita a catturare la mia attenzione con il tuo sguardo. – risposi, zittendola per la terza volta – E credo che l’interesse sia ricambiato da parte tua.»

Lei si coprì la bocca con la sua mano. «Leonard, io non.. Cazzo, perché ne stiamo parlando ora?»

Alzai le spalle con una risata. «Ti ho vista triste, mi sembrava avessi bisogno di qualcosa che ti potesse far sentire meglio. E cosa c’è di meglio nel sentirmi esprimere il mio interesse nei tuoi confronti?»

«Anche tu mi piaci, Leonard. – mormorò sottovoce, interrompendomi – È solo che io non ho mai avuto un fidanzato serio prima d’ora in tutta la mia vita. Ho frequentato qualcuno ma niente di così interessante e stuzzicante com’è invece con te. Tu sei totalmente diverso dai ragazzi con cui sono stata e non solo per l’età, o i soldi. Mi hai resa dipendente da te.»

Sollevai un sopracciglio, sbattendo le palpebre. Aveva davvero pronunciato quelle parole o era solo la mia immaginazione, o erezione, che mi offuscava la mente? Mi costrinsi a mantenere la calma e svoltai nel parcheggio del Drive In, fermando la mia auto davanti al microfono per ordinare. Avremmo concluso la nostra conversazione dopo il suo lavoro oppure una volta arrivati a casa mia, non era né il luogo né il momento adatto.

«Che cosa vuoi da mangiare, piccola?» domandai.

Lei mi guardò per un istante, poi arrossì. «Quello che prendi tu, mi va bene tutto.»

Ordinai due porzioni di pollo fritto con dell’acqua naturale per entrambi, poi pagai alla svelta prima che Evie potesse lamentarsi e guidai in avanti fino a raggiungere la seconda finestra. Il silenzio che si creò fra di noi era leggermente imbarazzante perché sapevo che Evie desiderava concludere la nostra discussione, ma desideravo aspettare fino alla fine del suo turno in modo da poterla stringere fra le mie braccia, guardarla negli occhi e dirle tutto ciò che mi passava per la testa. Le lanciai un’occhiatina curiosa e notai che lei mi stava fissando, quindi mi sporsi per un istante verso di lei e la baciai a stampo, rubandole un sorriso che ricambiai immediatamente. Era bellissima. Mi girai poi verso la finestra dove una commessa mi consegnò la mia ordinazione e la ringraziai, consegnando il nostro cibo alla bionda seduta al mio fianco che infilò una mano nel sacchetto. Afferrò un pezzo di pollo fritto e lo addentò senza nemmeno aspettare, così io scoppiai a ridere per la sua espressione assorta e guidai verso il parcheggio, fermando la mia macchina accanto al cestino. Lo stesso punto dove lunedì sera l’avevo portata e scopata sul sedile della mia auto.

«Leonard, credi che potremo mai..» iniziò.

Io la zittii, rubandole un altro bacio sulle labbra. «Piccola, ne discuteremo più tardi.»

«Oh, uhm, d’accordo. Meglio. – rispose lei, arrossendo al mio gesto – Finirò il turno verso le una, tu che hai intenzione di fare? Rimarrai lì tutto il tempo?»

L’idea di lasciarla andare da sola dietro nel privè con degli sconosciuti che provavano a toccarla, ad accarezzarla e a stare con lei nel modo in cui desideravo io mi mandava in bestia. Non volevo che nessuno osasse ad avvicinarsi a lei perché lei era mia, in qualche modo. Non ufficialmente, ma lei mi apparteneva in fondo e lo sapeva benissimo. Gliel’avevo dimostrato.

«Penso che mi godrò il tuo spettacolo e poi farò una passeggiata fuori, dovrò trattenere la mia voglia di sfondare la porta del privè ed entrare per allontanarti dai clienti. – dissi sottovoce, appoggiando una mano sulla coscia della ragazza che sussurrò – Non permettere a nessuno di toccarti come faccio io, tu sei mia e non ho intenzione di condividerti.»

Evie ebbe un sussulto ma annuì, addentando un pezzo di pollo. «Sì, signore. – ammiccò nella mia direzione ed io le pizzicai il ginocchio – Sei l’unico ad avere il permesso di toccarmi.»

Lei mi baciò, sorprendendomi, e percepii il sapore della nostra cena sulla bocca perciò mi staccai da lei e scoppiai a ridere, accarezzandole la guancia. Mi sentivo così bene insieme a lei, ero me stesso più o meno, com’ero riuscito a resistere tutto quel tempo senza una donna come lei nella mia vita?

«Piccola, sai di pollo.» dissi con un sorriso.

Lei arricciò il naso, consegnandomi il sacchetto. «Davvero? E la nostra cena è a base di pollo, forse?»

Sollevai un sopracciglio, prendendo la mia bottiglia d’acqua che aprii. «Che simpatica, oh Dio!»

Mi pizzicò il gomito e addentò il suo pezzo di pollo, slacciandosi la cintura di sicurezza con la mano libera per poi fare una smorfia. Si girò verso di me e poi lanciò un’occhiata dietro di me, nella direzione del nightclub che avrebbe dovuto raggiungere nel giro di poco meno di dieci minuti.

«Non dovrei essere qui a mangiare pollo fritto in questo momento. – borbottò e abbassò la cerniera della sua felpa, sistemandosi qualcosa – Cristo, il completo inizia già a stringersi. Forse avrei dovuto cenare dopo invece che prima dello show.»

Finii di mangiare la mia porzione di pollo, pulendomi le mani con i tovaglioli all’interno del sacchetto, e poi bevetti dell’acqua dalla mia bottiglia. Evie sospirò rumorosamente e poi addentò l’ultimo pezzo di pollo, si pulì le dita con la sua salvietta all’aroma di limone e poi si stiracchiò, distendendo le braccia e le gambe in avanti. Non vedevo l’ora di godermi il suo show, di vederla ballare su quel palco in lingerie: chissà di che colore sarebbe stato il suo completo di pizzo, pensai curioso. Le immagini della sera precedente tornarono nella mia mente con prepotenza e rabbrividii: non aveva avuto bisogno di lingerie per stuzzicarmi, anche le mutandine di cotone la rendevano sensuale. Però vederla con un completo di pizzo era decisamente un incentivo. Le mie mani pizzicarono a quel pensiero.

«Ormai hai finito anche la tua porzione. – replicai divertito, pizzicandole la guancia – E poi avevi bisogno di cibo per risollevarti il morale.»

Evie sospirò, infilando una mano nel suo zaino per prendere il suo cellulare. «Secondo te dovrei scusarmi con Melanie o aspettare che sia lei a farlo? Sono un po’ confusa, non mi piace litigare con lei ma mi ha davvero fatta arrabbiare. È stata cattiva con me.»

«Non fare nulla, è sabato e dovresti evitare di pensare ai tuoi problemi ora. Goditi la serata, piccola. – risposi con un sorriso, prendendole la mano – Balla senza pensare a Melanie, divertiti ma non troppo con i tuoi clienti e tieni la mente libera perché stasera voglio giocare pesantemente con te.»

Lei si girò verso di me, intrecciando le nostre dita con delicatezza. «Ne sei sicuro? Credi sia la mossa giusta? Non vorrei sembrare menefreghista nei suoi confronti.»

La sua insicurezza m’intenerì. «Non so se sia la mossa giusta ma è quello che farei io.»

Lasciai la presa sulla mano della ragazza e mi allacciai la cintura di sicurezza, per poi accendere il motore della mia macchina. Era il caso di partire e accompagnare Evie a lavoro, non volevo che James s’infuriasse con lei o la infastidisse a causa mia; uscii dal parcheggio del Drive In e mi indirizzai verso l’ingresso del Secret Dreams, notando alcune macchine ferme fuori dall’ingresso. Ciò che colse la mia attenzione fu proprio James, seduto fuori dalla porta dell’entrata, con una sigaretta in bocca e intento a discutere con una ragazza, mi sembrava Valentina ma non ne ero sicuro. Che avrei fatto? Sarei dovuto entrare nel parcheggio con Evie oppure avrei dovuto farla scendere, farla entrare per prima e poi arrivare qualche minuto più tardi? Mi mordicchiai il labbro inferiore. Non sapevo che fare. Qualcosa mi diceva che James non era molto contento del rapporto che si era creato fra me e la sua dipendente, ma il lavoro era il lavoro mentre la vita sentimentale e sessuale era un’altra, e doveva rimanere divisa dall’impiego perciò accelerai, entrando nel parcheggio del Secret Dreams. Una volta che fermai la mia auto sulla piazzetta, Evie slacciò la sua cintura di sicurezza e si sistemò lo zaino nero sulle gambe; si girò verso di me e sospirò rumorosamente, riponendo il telefono nella tasca più piccola.

«Grazie per sopportare le mie lagne, Leonard.» disse con un piccolo sorriso sulle labbra.

Le accarezzai una guancia, baciandole la punta del naso. «Vai, o arriverai in ritardo.»

Sbuffò alle mie parole ma poi annuì, sporgendosi meglio verso di me per potermi baciare sulla bocca; mi fece una breve carezza con il pollice sul mento e poi scivolò fuori dalla mia macchina, chiudendo la portiera con un tonfo secco e correndo rapidamente verso l’ingresso del locale. Salutò velocemente James che non la degnò di un o sguardo e s’intrufolò dentro, perciò sospirai anche io e fissai per un istante le mie mani appoggiate sulle mie ginocchia. Avevo davvero confessato ad Evie di avere una cotta per lei? Avevo forse bevuto qualcosa che mi aveva fatto diventare stupido? E che fine aveva fatto il mio cuore di ghiaccio? Come avevo potuto prendermi una cotta per una ragazzina che deve ancora finire l’Università e non ha nemmeno un lavoro serio, se non quello di spogliarsi per degli uomini? Scacciai quel pensiero dalla mia testa, aggrottando le sopracciglia: ballare per lei era un lavoro e anche se forse non il migliore del mondo, le bastava per prendere abbastanza soldi per un appartamento. Chi ero io per giudicare un mestiere simile, visto che pagavo per vedere una donna ballarmi davanti in lingerie? Con un sospiro, sfilai le chiavi da sotto il volante e le riposi nella tasca posteriore dei miei jeans; poi aprii la portiera e scesi dalla macchina, richiudendola con la chiave automatica. M’incamminai verso l’ingresso del locale e mi fermai da James che finì di parlare, girandosi verso di me con un sorriso smagliante. Non aveva l’aspetto di ieri, pensai sollevato, e non puzzava più d’alcool ed erba.

«Ciao J, tutto bene?» chiesi cortese.

Lui annuì, sfilandosi la sigaretta dalle labbra. «Sì, perdonami per ieri ma ero un po’.. fatto.»

Mi lasciai sfuggire una risata, portandomi una mano dietro il collo.

«Lo avevo notato. Non ti preoccupare, succede a tutti prima o poi.»

«Sei venuto a vedere Minx? L’ho appena vista entrare, è arrivata da poco. – replicò James ignorando le mie parole, soffiando fuori del fumo dalla bocca – Se desideravi prenotare un’ora con lei, mi dispiace ma è tutto pieno. Non c’è posto.»

Le sue parole mi fecero ridacchiare ma riuscii a contenermi, non era il caso che James scoprisse che avrei avuto Evie con per il resto della notte. Ci saremmo divertiti parecchio ed io non vedevo l’ora che arrivassero le una del mattino per poterla caricare sulla mia spalla e portarla a casa mia. Il solo pensiero spedì mille scintille in tutto il mio corpo.

«Peccato, forse la prenoterò per domani sera allora. – mormorai, fingendomi triste – Adesso entro, vado a bere qualcosa al bar. Ci vediamo più tardi, J.»

E pronunciate quelle parole, m’intrufolai nel locale.

**

9 Febbraio.

1 AM.

Leonard.

Evie passò tutta la serata a stuzzicarmi, a lanciarmi qualche piccola occhiata senza mai avvicinarsi a me e si strusciò contro numerosi clienti senza staccarmi gli occhi di dosso. Aveva continuato a leccarsi le labbra, ad accarezzarsi i seni come aveva fatto la notte precedente, a scuotere il suo splendido sedere sodo in faccia agli uomini che le urlavano contro e le infilavano denaro nelle mutandine striminzite. Il completo che aveva scelto quella sera era da togliere il fiato, non avevo mai visto un colore così bello come quello che risaltava la sua pelle candida. Il pizzo aderiva perfettamente alle sue curve prosperose che avrei marchiato per tutta la notte, ma notai che il reggiseno tratteneva a stento i suoi seni; li avrei liberati il prima possibile, avevo pensato durante il suo show, sembravano così soffocati con quel tessuto che premeva su di loro. Le sue gambe sinuose erano perfettamente depilate e ricoperte di glitter, facendola scintillare e catturando la mia attenzione sin dal momento in cui uscì dalle tende di velluto sul palco al centro del locale. E così come l’attenzione di tutti gli uomini intorno. Tyra era passata in secondo piano nonostante fosse la più conosciuta nel locale e una delle spogliarelliste più desiderate. Ma che si aspettava? Evie era fatta per essere osservata, sembrava una splendida statua da ammirare, studiare, accarezzare su un piedistallo.

Era così bella, così sensuale, così delicata. E il solo pensiero di tornare di nuovo a casa con lei, di poter trascorrere l’intera notte sopra, sotto e dentro di lei mi mandò in visibilio e mi fece sorridere per tutto il tempo. Poveri i suoi clienti, pensavano che poi Evie avrebbe cercato di contattarli e invece le bastavo io. Aveva già me.
Appoggiai il bicchiere vuoto di vodka sul bancone del bar e mi voltai verso la tenda a frange che mi separava dal corridoio, picchiettando rapidamente le dita sul bordo dorato del bancone. Perché Evie non era ancora uscita, nonostante fossero le una del mattino passate? Il suo turno era terminato da circa mezz’ora e avevo bisogno di lei, desideravo portarla a casa mia il prima possibile e infilarmi dentro di lei, stringerla fra le mie braccia e baciarla. Desideravo respirare il suo profumo, baciare la sua pelle, accarezzarle i fianchi e farla mia ancora una volta per tutta la notte. Assottigliai gli occhi nel momento in cui le frange si aprirono ma vidi uscire un uomo, che prima era seduto nel tavolo appena sotto il palco dove si era esibita la mia donna, con la camicia sbottonata.

Strinsi d’istinto la mano a pugno, percependo una strana sensazione attanagliarmi lo stomaco, e m’irrigidii: era forse gelosia? Sì, lo era perché non avevo alcuna intenzione di condividere Evie con qualcuno ma non potevo fare scenate; lei non era ufficialmente mia e poi quello era il suo lavoro, non dovevo intromettermi. Ma l’idea di lei che metteva le mani su quell’uomo o viceversa, mi mandava in bestia. Quella pelle candida era mia, quelle labbra carnose erano mie, quelle mani piccole erano mie, quel corpo meravigliosamente prosperoso apparteneva solo a me, a nessun altro. E quella notte l’avrebbe capito, gliel’avrei dimostrato nella mia maniera ma senza portarla nel piano inferiore. Lei non meritava quel trattamento, nonostante sapevo che le sarebbe piaciuto essere trattata come una schiava. Ma non me la sentivo, non subito almeno, perché Evie non era la mia sottomessa. Lei era una splendida donna che aveva ballato per me e, che nel giro di pochi giorni, era riuscita a rapirmi il cuore come aveva fatto Diana anni prima. Ma lei non era come Diana, per fortuna. Erano due persone totalmente diverse: Evangeline era pura, bellissima, intensa, sensuale, simpatica e divertente, stuzzicante e maliziosa come piacevano a me, un po’ ingenua e timida, mentre Diana era l’opposto. Era una donna adulta, matura, determinata, sicura di sé e molto attenta ai dettagli, dominatrice anche a letto e semplicemente il contrario di ciò che cercavo.

Evie era perfetta per me, tutto ciò che cercavo di più al mondo riunito in una sola donna. Cosa desideravo di più? Se solo avesse avuto qualche anno in più, sarebbe stato meglio ma la differenza d’età che ci divideva mi avrebbe permesso di trasformarla nella donna perfetta. All’improvviso, il pensiero che James potesse cacciarla a casa la sera successiva per i lividi che le avrei provocato quella notte passò in secondo piano perché fui accecato dalla gelosia. Nessun uomo, se non io solo, avrebbe potuto toccarla nel modo in cui solo io potevo fare. Nessuno l’avrebbe fatta venire come facevo io, nessuno le avrebbe provocato mille brividi sulle braccia solo con uno sguardo come facevo io, nessuno era come me per lei, proprio come nessuna donna poteva essere paragonata a lei. In quasi trent’anni di vita non avevo mai conosciuto una ragazza come Evie, così pura e semplicemente meravigliosa, prima d’ora. Diana era stata l’amore della mia vita, sì, ma niente di più. Aveva deciso di uccidermi nel peggiore dei modi e fuggire, lasciandomi a sanguinare per quattro lunghi anni prima che il mio cuore riuscisse a guarire e a trovare qualcuno che soffocasse il mio dolore. Ed Evie era arrivata l momento giusto, aveva scatenato in me un tornado di emozioni che non ricordavo di poter mai provare, e aveva attirato la mia attenzione con un semplice sguardo. Chi avrebbe mai detto che una studentessa della facoltà di lettere potesse essere la mia nuova fiamma? La mia nuova donna? Se mia madre fosse venuta a sapere di ciò che mi era successo, sarebbe sicuramente impazzita proprio come mia sorella perché finalmente ero riuscito a liberarmi da quel guscio di ghiaccio posato sul mio cuore. Non ero innamorato, non ancora almeno, ma avevo ricominciato a provare emozioni, ero riuscito a convincermi di poter provare qualcosa per qualcuno.

E quel qualcuno era la mia splendida Evangeline che però quella notte avrebbe avuto bisogno di una bella lezioni: doveva capire che il suo corpo apparteneva a me nonostante fare la spogliarellista fosse il suo lavoro, ciò che le permetteva di fare soldi. Scesi quindi dallo sgabello del bar e pagai rapidamente Ariel che non mi staccò gli occhi di dosso, ma io non  la degnai nemmeno di uno sguardo. Aspettavo solo l’arrivo di Evie che, qualche minuto dopo, sbucò dalla tendina con le frange con il suo zainetto sulle spalle ed una borsa bianca in mano.
Si era struccata di nuovo ed era così bella, un vero angelo. Aveva lasciato i capelli sciolti e indossava la tuta grigia con cui l’avevo vista prima di lavorare. Io le feci un cenno con il capo, come per avvertirla che sarei uscito ad aspettarla in macchina, e lei mi rispose con un sorriso smagliante; si avvicinò al bancone del bar e andò da Ariel, perciò io colsi l’occasione e uscii a passo svelto dal locale. Era finalmente arrivato il momento di giocare con la mia donna, pensai con i brividi sulle braccia. M’infilai la giacca sulle spalle prima di uscire dal portone dell’ingresso del Secret Dreams e afferrai le chiavi della mia macchina che aprii in fretta, salendo sul sedile davanti con le mani sul volante. Accesi il motore e uscii dal parcheggio, fermando la mia auto davanti al viale d’ingresso del locale in attesa dell’arrivo di Evie che avrebbe aspettato finché James non si fosse spostato. Lui non doveva ancora sapere di ciò che stava succedendo fra di noi, anche se al novanta per cento aveva capito qualcosa. Picchiettai le dita sul volante della mia auto e aspettai con ansia, mantenendo lo sguardo rivolto sul vialetto che mi separava dal Secret Dreams quando finalmente vidi Evie camminare verso di me con il cappuccio della tuta che le copriva i bellissimi capelli biondi. Io le aprii la portiera della macchina per aiutarla a salire più velocemente e lei montò sulla mia auto, allacciandosi subito le cinture di sicurezza senza alzare la testa; aveva già le guance rosse e le pupille dilatate, notai con la coda dell’occhio, e ciò mi fece sorridere.

Era già eccitata, pronta per giocare con me, così accelerai immediatamente con la mia auto che ripartì rapidamente; non volevo perdere più tempo, desideravo arrivare a casa il prima possibile e distruggerla, fare l’amore con lei, baciarla e farla mia per tutta la notte.

«Piccola, tutto okay?» domandai fingendomi preoccupato.

Lei alzò la testa, girandosi verso di me. «Trova una piazzola di sosta e fermati.»

Le sue parole mi lasciarono senza fiato ma mi ritrovai ad annuire come un idiota, con le unghie conficcate nella pelle morbida del volante che girai di fretta. Avrei dovuto trovare un posto sicuro dove nessuno ci avrebbe disturbati e fui quasi tentato di girarmi verso Evie, dille di calmarsi e guidare fino a casa ma le sue parole mi avevano eccitato oltre ogni misura. Desideravo infilarmi dentro di lei e sentirla stringermi, percepire la sua bocca ovunque sul mio corpo, perciò accelerai di nuovo con la mia auto alla ricerca di un vicolo buio e deserto. Attraversai l’incrocio in fondo al viale del nightclub e m’intrufolai in una delle vie di Londra, guidando con il piede premuto sull’acceleratore. Non avevo tempo da perdere, pensai, e come per magia mi venne in mente il posto perfetto dove parcheggiare la mia auto per poter scopare con Evie. Era il parco di un ex cinema all’aperto che avevano chiuso qualche mese prima per un giro di droga in un quartiere vicino al nightclub, perciò attraversai un secondo incrocio più piccolo e lo raggiunsi in pochi minuti. Ascoltai il respiro affannato di Evie che accelerò quando la macchina si fermò, quindi mi girai verso di lei e lei, senza nemmeno esitare un secondo, scivolò sui sedili posteriori e quasi mi colpì in faccia con i suoi piedi. Decisi che l’avrei perdonata solo perché in quell’istante avevo solo bisogno di stare dentro di lei, perciò la raggiunsi e mi sistemai sopra di lei.

«Ti voglio, ti prego.» sussurrò Evie senza fiato.

Io infilai una mano nella mia tasca dei pantaloni, facendo attenzione a non sbattere la testa contro il tettuccio della macchina, e presi il mio portafoglio che aprii alla ricerca di un profilattico; lo trovai e lo strinsi fra i miei denti, strappandone il bordo mentre la ragazza strattonò i miei pantaloni verso il basso insieme ai boxer, liberando la mia erezione. Quella sarebbe stata una sveltina, non avevamo molto tempo e non era il caso di aspettare o andare con calma. Srotolai il preservativo sul mio pene mentre Evie si abbassò i pantaloni della tuta e aprì con fatica le gambe, quindi mi sistemai fra le sue cosce che si strinsero intorno alle mie e la penetrai con una spinta secca. Non la toccai nemmeno, non la preparai per la troppa foga del momento infatti lei rimase a fissarmi con gli occhi sbarrati, la bocca aperta e la mano sinistra che graffiava con forza il mio polso scoperto.

«Lo so che ti piace, piccola. – ringhiai, cominciando a spingermi dentro di lei – Adori quando ti scopo così, non puoi negarlo. Il tuo corpo è di fuoco.»

Lei si inarcò subito contro di me, annuendo. «Oh sì, ti prego. Scopami, per favore!»

Non le diedi nemmeno il tempo di riprendere fiato che cominciai a cavalcarla con lunghi e intensi affondi, prendendola per i fianchi e premendo la mia bocca sul suo collo. Lei inarcò la schiena e gemette rumorosamente, graffiandomi le spalle coperte dalla mia giacca. Spinsi istintivamente i fianchi in avanti e percepii il suo calore stringermi in una morsa, mandandomi in visibilio, ma ciò che mi eccitò di più fu il modo in cui lei rispondeva alle mie spinte, sollevando il suo bacino che premette sul mio. Poi strusciò appena il suo pube così io intrufolai una mano fra i nostri corpi uniti, massaggiando il suo clitoride con il pollice, e iniziai a sentire le sue pareti stringersi e bagnarsi sempre di più ad ogni secondo che trascorreva, trascinandomi con lei verso l’orgasmo. Saremmo durati entrambi molto poco ma non c’importava, perché quello era solo il riscaldamento per noi. Una volta arrivati a casa mia, saremmo andati con molta più calma e ci saremmo goduti l’intera notte insieme senza pensare al tempo che passava.

«Sei così stretta, cazzo. Mi fai impazzire, Evie.» sussurrai al suo orecchio.

Lei gemette ancora una volta contro la mia bocca, baciandomi immediatamente con foga. Io affondai nel suo corpo bollente e lei non riuscì a trattenere un grido che rimbombò nella mia macchina, spedendo mille scintille in tutto il mio organismo. Mi ritrovai a chiudere gli occhi e a spingermi ripetutamente dentro di lei, senza nemmeno rendermi conto dei miei stessi movimenti tanto era il piacere che stavo provando in quel momento. Evie cercò di sollevare i suoi fianchi per stringere le gambe intorno al mio bacino ma i pantaloni le bloccavano le ginocchia, costringendola a restare immobile sui sedili della mia macchina ad accogliermi dentro di lei. Aprì la bocca e inarcò la schiena, premendo il suo seno prosperoso e coperto dalla tuta contro il mio torace.

«Leonard.. oh Dio, ti prego, non ti fermare.» mormorò lei con gli occhi sbarrati.

La luce scarsa che filtrava dai finestrini mi permise di vedere il suo viso contratto dal piacere ed io ansimai come un idiota, beato dalla bellezza della donna che si aggrappò a me con le sue braccia e le sue mani piccole. Accelerai i miei movimenti e sbattei le palpebre senza mai distogliere lo sguardo dal suo volto, affondando e cavalcando la ragazza con rapidità; spalancai meglio le sue gambe, costringendola ad aprire meglio le cosce nonostante i suoi pantaloni, ed Evie urlò di nuovo, inarcandosi all’indietro con la testa appoggiata alla portiera.

«Piccola, abbassa la voce, non vorrai farci scoprire.»

Lei mi rispose con un gemito ed uno schiaffo dietro il collo. Stuzzicai con rapidità il suo clitoride con il pollice senza smettere di muovermi dentro di lei quando finalmente sentii le sue pareti contrarsi di scatto, segno che stava per venire nel giro di poco, e infatti qualche secondo dopo lei gridò il mio nome. Il suo piacere esplose e mi trascinò verso l’oblio, così mentre lei veniva, anche io riempii il preservativo e mi spinsi a fondo nel suo corpo bollente. Il suo calore umido mi bagnò le cosce e la sua bocca si soffermò sul mio collo, mentre il suo respiro mi riscaldava la pelle e le sue mani crollarono sui miei fianchi. Mi sfilai piano dal suo corpo esausto con un gesto fluido dei fianchi e tolsi il preservativo a cui feci un nodo sul bordo, gettandolo dal finestrino senza curarmi che qualcuno potesse guardarci. Per quanto fosse stato bello quell’orgasmo, desideravo arrivare a casa e tornare dentro di lei. La volevo più di ogni altra cosa al mondo e se non l’avessi posseduta con calma, sul mio letto, sarei andato fuori di testa nel giro di poco.

«Leonard, sei..»

La zittii con un bacio, già desideroso di rovinare quelle labbra. «Cosa, piccola?»

Lei arrossì leggermente, aggrappandosi al mio collo. «Mi hai scopato con così tanta foga.»

La baciai di nuovo, accarezzandole piano i capelli. «Te l’ho detto, mi fai impazzire.»

Mi rialzai sia i boxer che i pantaloni, tornando sul sedile con il volante. La ragazza sospirò qualcosa che non riuscii a capire e mi raggiunse, allacciandosi le cinture di sicurezza con le mani appoggiate alle ginocchia. I suoi capelli erano già arruffati e le sue guance erano più rosse di prima, così come le pupille che occupavano quasi gran parte dei suoi occhi. Era bellissima in quelle condizioni, subito dopo una scopata. Sembrava un angelo.

«Melanie mi ha chiesto scusa per messaggio.» disse Evie, cambiando argomento.

Io mi rilassai alle sue parole e appoggiai le mani sul volante, cominciando a guidare di nuovo verso il centro della città per poter raggiungere il mio appartamento. Forse era quello uno dei motivi per cui lei si era rilassata e mi aveva permesso di scoparla nella mia macchina, pensai con un sorriso sulle labbra.

«Oh, meno male piccola. – dissi io con un sorriso – Quindi ora sei più tranquilla?»

Accelerai nel vedere il semaforo scattare con la luce verde e, con la coda dell’occhio, notai Evie aggrapparsi alla portiera della macchina con lo sguardo rivolto sulla strada. Mi venne da ridere: era così tenera, non era abituata alla velocità, a differenza mia perciò rallentai di scatto in modo da evitare di far sussultare la ragazza. Evie si girò verso di me per un istante e si mordicchiò il labbro inferiore, appoggiando una mano sul mio ginocchio che accarezzò con la punta delle dita per poi risalire rapidamente verso la mia coscia. Avevamo appena finito e già era così vogliosa?

«Leonard.»

La sua voce mi fece tremare ma io riuscii a mantenere la calma, perciò guidai il più rapidamente possibile verso il mio appartamento e cercai di allontanare la sua mano. Non era il caso di sbandare con la macchina solo per la voglia di Evie, perciò le lanciai un’occhiatina preoccupata e lei sospirò, infilandosi la mano nella felpa della tuta che indossava. Il mio cuore ebbe un sussulto e mi costrinsi a tenere lo sguardo sulla strada, perciò continuai a guidare, ascoltando la musica suonare all’interno dell’auto a basso volume e picchiettai le dita sul volante. Con la coda dell’occhio, fissai per un istante Evangeline seduta al mio fianco e la vidi accavallare le gambe, appoggiandosi alla schiena sul mio sedile con gli occhi chiusi. Mi mancava già il suo corpo sul mio, avevo bisogno di lei ma per fortuna nel giro di poco sarei arrivata a casa.

«Piccola, posso chiederti una cosa?» domandai.

Lei si girò verso di me, sbattendo le palpebre con gli occhi scintillanti. «Sì, dimmi.»

Sapevo che non era il caso di sganciare quella bomba in quell’esatto istante, ma decisi di farlo in ogni caso e inspirai profondamente, mordicchiandomi il labbro inferiore. Sfiorai con il pollice la pelle del volante e sbattei le palpebre: si sarebbe offesa, una volta sentita la mia domanda? Io avevo bisogno di sentirla stringermi con il suo corpo senza protezioni. Poi m’irrigidii: avevo davvero fatto quel pensiero? Avevo davvero pensato di fare sesso senza preservativo con Evie, dopo solo una settimana di conoscenza? Ero un emerito coglione. Perché mi stavo lasciando trascinare in quel modo solo per un po’ di attrazione nei confronti di una donna? No, ciò che mi faceva provare Evie non era semplice eccitazione o voglia di sesso. No, certo che no, era decisamente molto di più: perché riusciva a stordirmi con uno sguardo? Perché la sua pelle era così calda e morbida, e mi provocava mille brividi sulle braccia al minimo contatto? Perché non pensavo ad altro che alle sue labbra morbide sulle mie? Ero un coglione.

«Uhm.. a che ora devi tornare al campus domani?» chiesi,cambiando totalmente domanda.

Se le avessi chiesto se prendesse la pillola, di sicuro avremmo finito per discutere. «Quando vuoi tu, non è un problema per me. Sono sicuro che Mel e Francisco resteranno fino a mezzogiorno.»

Arricciai le labbra, entrando con la mia auto nel cancello della mia villa per poi parcheggiare il veicolo sotto al gazebo accanto alla mia villa. Io mi girai verso la ragazza che mi fissò senza dire una sola parola e mi rivolse un debole sorriso, per poi slacciarsi la cintura di sicurezza e scendere dall’auto; richiuse la portiera con un tonfo secco ed io la imitai, sfilando il mazzo di chiavi da sotto il volante e la giacca che avevo lasciato sui sedili posteriori. Mi sarei dovuto ricordare di mettere un piccolo profumo, i sedili odoravano di sesso e di sudore. Come diamine sarei riuscito a salire in auto ogni mattina per il lavoro con il profumo di Evie che aleggiava nell’abitacolo? Sarei impazzito ogni volta.

«D’accordo, allora pranzeremo insieme. Ti porterò fuori, forse. – dissi con un sorriso, avvolgendo un braccio sulla spalla della ragazza – O magari potremo rimanere qui, se saremo troppo stanchi.»

Lei annuì con vigore, stampando un piccolo bacio sul mio mento. «Sì, a me va bene.»

**

9 Febbraio.

Leonard.

Osservai Evie spogliarsi rapidamente dei suoi vestiti nell’angolo della mia camera da letto: le sue dita sfiorarono appena la pelle candida delle spalle che si scoprì una volta che la felpa le scivolò giù, cadendo sulle lenzuola del mio materasso, così come i suoi pantaloni grigio scuri che rivelarono le splendide gambe magre e lucide, con ancora piccoli residui di glitter sulle ginocchia. Non si era tolta il completo azzurro di pizzo, o forse lo aveva indossato per rendermi felice: il pizzo le aderiva perfettamente alla pelle morbida e i suoi seni erano coperti con fatica dal tessuto delicato con piccoli ricami di fiori, ma che sarebbe finito a terra insieme alle mutandine striminzite che le mettevano in risalto il bellissimo sedere sodo che si sarebbe colorato di un rosso acceso entro la fine della sera. Ripensai al fatto che meno di un’ora prima era stata nel privè con alcuni clienti e le mie mani cominciarono a pizzicare, così scesi dal materasso e avanzai verso di lei per poterla prendere per i fianchi.

Lei mi vide arrivare e indietreggiò senza distogliere lo sguardo attento da me, perciò aggrottai le sopracciglia e mi fermai. Aveva voglia di giocare, pensai notando le sue guance rosse per l’eccitazione. Evie allungò le braccia magre verso la mia camicia azzurra sul materasso e la infilò senza esitare un solo istante, poi si avvicinò a me con passo svelto e mi circondò il collo con le sue braccia.

«Ieri mi sono accorta che hai una libreria vicino a quella stanza. – disse con un sorriso sulle labbra, accarezzandomi per un istante il mento – Non pensavo che fossi un amante della lettura.»

Io la guardai con attenzione, appoggiando una mano sulla curva della sua schiena. «Ti ho sorpresa?»

Lei annuì con convinzione, sbattendo le sue palpebre. «Direi proprio di sì ed è la terza volta in meno di ventiquattr’ore. Complimenti, signor Stiles.»

Le sue parole spedirono  mille scintille nel mio basso ventre e un brivido mi travolse dalla testa ai piedi, ma cercai di mantenere un briciolo di controllo per evitare di saltarle addosso anche se ormai la lussuria e l’eccitazione stavano oltrepassando ogni limite. Avevo bisogno di stare dentro di lei e se non fosse successo nel giro di poco, sarei davvero impazzito. Feci scorrere la mia mano sulla sua schiena fino a toccarle il sedere sodo con il palmo destro e lo palpai vigorosamente, strappando un gemito alla ragazza che sbarrò i suoi splendidi zaffiri e spalancò le labbra rosse come rubini.

«Smetti di stuzzicarmi.»

E senza permetterle di proferire altra parola, mi avventai sulla sua bocca. La baciai con un’urgenza che non avevo sentito la notte precedente, sembrava non avessi mai avuto la possibilità di toccare quelle splendide labbra che tormentavano i miei pensieri da una settimana. Il suo sapore mi stordì immediatamente e io la strinsi con forza al mio corpo, spingendo la mia lingua nella sua bocca che l’accolse senza esitazione. Evie si aggrappò al mio collo con le sue mani morbide che sfiorarono la mia pelle ed io chiusi i miei occhi, perdendomi completamente in quel bacio che mi lasciò senza fiato. Non desideravo altro che il suo corpo sotto al mio, il suo calore che mi stringeva, le sue gambe agganciate ai miei fianchi e i suoi gemiti, la sua voce soave chiamarmi e supplicarmi.

«Non ti sto stuzzicando, Leonard. – rispose Evie in tono di sfida – Che c’è? Perché mi guardi così?»

Io alzai le spalle senza distogliere il viso da lei, rivolgendole un sorrisetto malizioso. «Non posso ammirare una splendida donna vicina al mio letto, con della splendida lingerie sotto la mia camicia che ha deciso di rubare, pronta a farsi scopare per l’intera notte da me?»

Le sue guance si tinsero di un rosa pallido. «Avrai visto mille donne in queste condizioni.»

M’irrigidii alle sue parole. «Sei la prima a toccare qualcosa che mi appartiene.»

Evie mi guardò con gli occhi socchiusi. «Leonard.. c’è qualcosa di strano in te.»

«Che intendi? – domandai perplesso, sollevando un sopracciglio – Non c’è..»

Lei mi accarezzò i capelli, passando le dita fra i miei ricci. «Non importa. Fammi male, Leonard.»

Io obbedii senza esitare, scacciando quella strana sensazione che mi attanagliò lo stomaco a causa del tono di voce che Evie aveva usato. Che cos’era successo? Perché aveva detto quelle cose? Cosa c’era di strano in me che la preoccupava, che la terrorizzava? Decisi di non pensarci e di concentrarmi solo su ciò che stava succedendo, perciò la spinsi con delicatezza sul letto dietro la sua schiena e salii sul suo corpo, mettendomi a cavalcioni su di lei. In quell’istante, la lingerie passò in secondo piano e gliela strappai di dosso, lasciandola completamente nuda sotto di me: la sua pelle era meravigliosamente morbida, calda, delicata e soffice. Il mio paradiso. Ma il mio sguardo finì fra le sue cosce aperte: la sua intimità brillava di umori così ci passai subito le dita sopra, stuzzicandole il clitoride che la fece aprire bene gli occhi e gemere sottovoce.

I suoi fianchi si sollevarono per un momento ma la voce le morì in gola: desiderava parlare, potevo leggerglielo in viso, ma non riusciva a farlo. Io decisi di stuzzicarla, meritava di essere punita nonostante fare la spogliarellista fosse il suo lavoro, perciò mi alzai di scatto dal suo corpo e m’infilai il pollice in bocca, gustandomi il suo sapore. Lei mi guardò con gli occhi stralunati e l’espressione scioccata, ma non disse una sola parola: sapeva che se l’avesse fatto, sarebbe stato ancora peggio, perciò strinse le labbra in una linea sottile e mugolò. Indietreggiai verso il mio armadio di legno e aprii le ante, estraendo una bellissima vestaglia di seta bianca che avevo acquistato nel pomeriggio proprio per la mia Evie. Sembrava fatto a posta per la mia donna: morbido e sottile, delicato e leggero, con le maniche corte a sbuffo e un piccolo fiore viola chiaro sul seno destro che terminava sulla schiena con un intricato gambo e foglie dorate. Era bellissimo.

«Fatti una bella doccia, puzzi di sigaro. – annunciai con una smorfia, ripensando all’ultimo uomo che era uscito dal privè – Mettiti questa vestaglia e poi vieni di sotto, ti aspetterò in salotto.»

Appoggiai la confezione dell’abito sul materasso su cui era distesa Evie e le stampai un veloce bacio sul ginocchio, uscendo a passo svelto dalla mia camera da letto con il cuore pesante. La sua espressione era confusa e i suoi occhi annebbiati dalla lussuria, così come le sue mani che tremavano per l’eccitazione: conoscevo già il suo corpo come un libro aperto, era una ragazza così semplice ma particolarmente intensa, sensuale, bellissima che mi confondeva. Era l’opposto di Diana. Con lei avevo fatto molta fatica a capire ciò che le piaceva, ciò che le provocava orgasmi violenti, ciò che la portava a perdere del tutto il controllo che pretendeva del quale pretendeva tenere le redini e avevo impiegato oltre due anni, due terribili lunghissimi anni d’agonia per comprendere ogni tecnica, per imparare ogni gioco. E alla fine di tutto lei mi aveva lasciato. Come un idiota. Un idiota a cui aveva strappato il cuore dal petto, fingendosi innamorata per poi scomparire nel nulla dopo avermi tradito con il mio migliore amico, l’unica persona a cui io abbia mai rivelato davvero la natura. Niall sapeva che mi piacevano donne particolari e giochi a letto, ma nessuno aveva la minima idea di cosa ci fosse al mio piano inferiore nella taverna. Tranne Evie, lei ora aveva visto ogni cosa di me e ne ero terrorizzato. Mi ero aperto con lei in meno di una settimana, mentre con Simon impiegai quasi un anno. Perché con lei era tutto così semplice? Con lei ero me stesso, mi sentivo in pace con i miei sensi ed ero un uomo completamente diverso; la mia ossessione per i soldi diminuiva, la mia voglia e il mio bisogno di compagnia aumentavano a dismisura e mi bastava un solo bacio di Evie per perdermi dentro di lei, perdermi nel suo profumo.

Era tutto così nuovo per me eppure così difficile, così strano nonostante avessi già amato e avuto donne in precedenza. Che fosse l’inizio di qualcosa di bellissimo, di importante proprio come Diana? Quel pensiero mi spaventò: non era possibile che in una settimana pensassi cose del genere, Evie era troppo semplice per me, io avevo bisogno di una donna in grado di tenermi testa. Eppure lei mi faceva impazzire, molto più di Diana che decideva quando fare sesso e non mi permetteva di baciarla né di prenderle la mano in pubblico. Con Evie era tutto diverso: a lei piaceva il mio contatto, lei adorava quando le stringevo con delicatezza le dita, lei mi aiutava a far uscire solo il meglio di me. Da quando cominciai a frequentarla, solo sei giorni prima, non ebbi più scatti d’ira né urlai contro i miei dipendenti. Con Diana ero scorbutico, irritabile, fastidioso e molto agitato perché ogni minimo gesto poteva farla arrabbiare e sapevo che lei reagiva con lacrime, astinenza dal sesso e urla. Ed io non volevo altro che amore, in quel periodo. Scesi la rampa di scale per raggiungere il pian terreno della mia villa e mi avvicinai al caminetto davanti al divano, buttandoci dentro della legna e un fiammifero acceso che pian piano disperse il fuoco che scaldò subito l’ambiente. Io restai a fissare qualche secondo le fiamme bruciare la corteccia della legna e scricchiolare, segno che era rimasta della resina sotto alle schegge. Il calore si diffuse in tutto il mio corpo e percepii i miei muscoli rilassarsi, così sbattei le palpebre e mi sbottonai la camicia che appoggiai con cura sul divano dietro di me. Le mie mani cominciarono a pizzicare ed io mi mordicchiai il labbro inferiore: i pensieri di Diana furono subito sostituiti dalla donna che, al piano superiore, entrò nella doccia nel mio bagno. Chissà se stava pensando a me. Chissà se si aspettava tanta violenza o una serata tranquilla. E all’improvviso, la mia voglia di giocare sparì completamente ma non potevo deluderla. Quella notte mi sarei limitato a poco, avevo bisogno di tenerla stretta a me e di stare dentro di lei per tutto il tempo che avevamo a disposizione, visto che la settimana successiva sarei stato soffocato e immerso dal lavoro.

«Sono qui, signore.»

E mi girai verso di lei, perdendomi nella sua bellezza. Pensai: ci siamo.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro