Cap XX - Preda e Predatore

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Come prevedibile, alla vigilia di mezzo autunno il capo del clan Hikuitaki non aveva resistito.
Avere una bella e giovane kitsune a portata di mano, per uno come lui, voleva dire solo una cosa.
Una notte di piacere.
Ren non si faceva illusioni; se si fosse rifiutata, quel Katsumi, con tutta probabilità, l'avrebbe fatta trascinare a forza nella sua stanza.
E a quel punto, o Ren avrebbe dovuto reagire, e mandare tutto a monte, o si sarebbe dovuta far picchiare. E non aveva nessuna voglia della seconda opzione, e la prima non le interessava.
Meglio che Yoichi avesse qualcosa per cui essere in debito con lei.
Così, con la sua miglior espressione da povera cucciola indifesa, si lasciò scortare nelle stanza di Hikuitaki no Katsumi.
Lo spettacolo fu perfino peggiore di quanto temesse.
Il signore del clan Hikuitaki era giovane, e se ne stava sdraiato mollemente su un letto carico di cuscini. Ren dovette reprimere un sussulto.
Katsumi era magro, scheletrico, con i capelli stopposi e lunghi, abbigliato con una veste blu che lasciava intravedere il petto. Ren poteva contargli le costole da quella distanza.
«Mia cara, piccola volpe...» iniziò Katsumi, sorridendo lascivo «spero tu non abbia problemi, stanotte, ad essere la preda...»
Sollevando un sopracciglio, Ren sentì quel poco di eccitazione scemare. Quell'idiota era riuscito a dire un'idiozia tale, e dall'espressione compiaciuta pareva anche credere che fosse qualcosa di attraente
«Vieni, piccola volpe... fatti cacciare...» l'elfo batté sul materasso accanto a lui.
La coda di Ren vibrò di disgusto
«Oh, per il buio dello Yomi, sta zitto» voleva giocherellare un poco, ma se avesse sentito un'altra frase del genere, la kitsune era pronta ad ammazzare l'idiota.
Per sua fortuna, la volontà di Katsumi pareva più debole del suo corpo. L'elfo si zittì, rimanendo a fissarla con occhi vacui. Ren sospirò, sbarrando la porta
«Bene» la kitsune sorrise, leccandosi le labbra «siediti come un cane!»
Hikuitaki no Katsumi non se lo fece ripetere due volte. Si mise a quattro zampe, la lingua di fuori, se avesse avuto una coda avrebbe senz'altro scodinzolato
«Bene, sarà più facile del previsto» Ren prese qualche nastro di stoffa, strappandolo ai vestiti; Katsumi non fece obiezioni, continuando a fissarla eccitato.
La kitsune lo legò al letto, gambe e braccia spalancate. Coperto solo dalla biancheria intima, l'elfo appariva ancora più vulnerabile.
Per un momento, Ren ebbe la folle idea di controllare sotto la biancheria, in mezzo alle gambe di Katsumi. Un brivido selvaggio la bloccò, e si limitò a schioccare le dita, interrompendo la possessione
«Cosa... che succede?» disse l'elfo, agitandosi nei suoi legacci «brutta... puttana! Cosa mi hai fatto? Liberami subito! Ora!»
La vocetta stridula dell'elfo divenne isterica, mentre tentava senza successo di mulinare le braccia. Come previsto, aveva così poca forza che a malapena faceva tremare i legacci
«Allora, piccolo riassunto» disse Ren, passando un dito artigliato lungo l'ombelico dell'elfo «non sono qui per farti divertire, ma per aiutare altri a eliminare il tuo clan; ora, noi rimarremo qui a divertirci...» il suo artiglio salì, lento, dall'ombelico fino al petto dell'elfo «e se farai il bravo, quando tutto sarà finito, vedrò di liberarti in tempo per firmare la resa; tutto chiaro?»
Katsumi non le diede retta, continuò a urlare, frignare, minacciare, scuotendo le braccia scheletriche con tanta foga che Ren per un momento pensò se le sarebbe spezzate.
Per qualche momento si godette lo spettacolo, poi, annoiata, ficcò senza tante cerimonie un pezzo di stoffa nella bocca dell'elfo
«A ben pensarci, non devo mica sentire la tua voce tutto il tempo...»
Ren sghignazzò, mettendosi a cavalcioni dell'elfo. Sollevò le mani, muovendo le unghie nell'aria. Il volto di Katsumi era una maschera di panico e confusione.
La kitsune si leccò le labbra, eccitata.

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