44° capitolo

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Mancavano ancora 12 ore prima che arrivasse l'indomani.
Giustine preparò la cena come se nulla fosse successo nascondendolo con qualche sorriso forzato; non voleva far trapelare al marito i segni visibili sul viso, dalla rabbia, per quello che aveva scoperto qualche ora prima.
Erano le 22:00 e come tutte le sere, Giustine, dopo aver messo a letto i bambini, raggiungeva il marito in camera da letto. L'ingresso della stanza era adiacente a quella dei figli, troppo vicina per lei da raggiungere.
Il pensiero di dover stare al suo fianco in quel letto la innervosiva e inquietava, come se quell'uomo fosse all'improvviso diventato un estraneo; fortunatamente, la donna pensava tra sé e sé, erano anni che non l'aspettava sveglio.
Le parole di quella lettera le continuavano a girare come una trottola nella testa. L'aveva letta una sola volta ma ricordava parola per parola come se la sua mente le avesse registrate appositamente per non scordarle.
Entrata in camera, Giustine, si mise ad osservare il marito che stava dormendo profondamente. Il viso era sognante e i suoi lineamenti erano dolcemente rilassati dal sonno, gli sembrava un angioletto; molto lontano dall'immagine descritta in quella lettera.
Quante volte si era detta pentita di averlo sposato ma nello stesso istante cancellava quel pensiero perché se non lo avesse sposato non avrebbe avuto i suoi adorati figli.
Come viaggiava la sua mente, passava dal presente al passato nell'arco di pochi secondi. Pensava ai loro momenti d'intimità: non una carezza, non un abbraccio, non un bacio e non una parola d'amore; agli inizi del loro matrimonio era molto affettuoso. Giustine si sentiva amata e riusciva a dimenticare e perdonare l'improvviso cambiamento cercando di darsi una spiegazione: la responsabilità.
Con gli anni e con l'arrivo dei figli però il marito peggiorò e Giustine, per non litigare, ingoiava ogni volta la sua indifferenza, non solo nei suoi confronti ma ignorando quei bambini che avevano voluto entrambi. Quando rientrava a casa con lo sguardo sul fornello per vedere se la cena era pronta, le sue uniche parole erano:
- Sono stanco, lasciatemi in pace.
Come se lei non lo fosse.
Gli anni passavano e anche lei diventò indifferente nei suoi confronti, continuando a fare la moglie, in silenzio,  per la quiete dei bambini ma
ognuno vivendo la propria vita. Giustine si era sposata con la convinzione di una vita felice invece era diventata prigioniera della quotidianità finché arrivò lui, Bernard.

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