22° capitolo

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Passano le ore e Giustine non aveva ancora ricevuto nessuna risposta.

Sul cellulare la donna lo aveva memorizzato con il suo nome, al femminile, Bernardette.

Aveva ricontrollato per paura che dall'emozione avesse sbagliato. Con quella iniziale ne aveva altri quattro, in rubrica: mamme dei compagni di scuola dei figli, in caso ci fosse stata la necessità che qualcuna di esse potesse andare a prenderli nel momento in cui lei fosse bloccata al lavoro.

Questo pensiero l'aveva messa in apprensione. Per tranquillizzarsi riguardò la missiva spedita e non era stato così, fortunatamente. Le virgolette, anzi, risultavano azzurre; quindi, oltre ad averlo ricevuto, lo aveva anche letto.

"So che aveva un impegno, ma fino a quest'ora? E poi perché leggerlo se poi non risponde, in fondo mi bastava o un sì o un no, invece il silenzio più totale..." si stava domandando, Giustine.

Erano le 14h e quelle domande, nella sua testa, senza risposte la stavano innervosendo sempre più.

Alcuni di quei pensieri  l'avevano fatta ritornare ai giorni passati della loro relazione, in cui l'attesa la lasciava con il dolce/amaro in bocca; quello dei sensi di colpa di Bernard, in cui si chiudeva nel mutismo e spariva per alcuni giorni. E quando poi si rifaceva risentire, le diceva:
"mi spiace " e lei lo perdonava ogni volta, perché lo amava.

Giustine, preferiva piangere qualche giorno che immaginarsi di non essere più al suo fianco. Si dava della stupida, si diceva :"Ora basta è finita!" ma quel briciolo di felicità che lui le dava, passava al di sopra di ogni sua sofferenza e delusione. Poi, Giustine, era certa che anche lui soffrisse perché come lei, non riusciva a starle lontano, anche se Bernard, combatteva questo amore, contro sé stesso.

La donna, continuava a dialogare con sé stessa:
"Solo qualche ora prima mi aveva detto:" ti amo". Queste per lui sono parole al vento. Mi illude, mi fa sognare e poi mi rigetta nello sconforto. Come posso credergli! Come posso fidarmi di lui se ogni volta mi fa dubitare delle sue parole?".

Per non continuare a pensare aveva cercato di gettarsi nel lavoro, ma a quell'ora di clienti ce n'erano pochi: qualche pensionato che passava per un caffè in cerca di qualcuno, anche sconosciuto, con cui scambiare due parole per alleviare per qualche ora, la solitudine della giornata.

Mentre stava riordinando i tavoli, immersa nel suo mondo, uno di loro le disse:
"Ah, l'amore! Beata gioventù" e il viso di Giustine, arrossì.

In quella pace la sua mente era ancora più libera di viaggiare, e più pensava e più si arrabbiava, soprattutto con se stessa per esserci cascata nuovamente. Si diceva che l'amore dell'uomo nei suoi confronti, non era vero amore come diceva: gli piaceva giocare e sapeva bene con chi poterlo fare.

Rassegnata, cercò di rilassarsi dandosi per l'ennesima volta della stupida. Come poteva illudersi che questo suo ritorno sarebbe stata la porta verso la felicità; che la morte li avesse separati.

Era giunta l'ora per lei di abbandonare il lavoro e chiudere con i cattivi pensieri. Mancava ancora del tempo per andare a prendere i figli a scuola: sarebbe andata al supermercato per comprare il necessario per la cena ma uscendo...

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