CAPITOLO 21

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Esitai all'inizio dal bussare alla porta di Logan, sentendo il coraggio scivolarmi di dosso come acqua. Abbassai la mano stretta a pugno e la portai lungo i fianchi, irrigidendomi tutta.
Ce la puoi fare, ce la puoi fare, continuai a ripetermi queste parole come un mantra, facendo un respiro profondo e, finalmente, riuscii a bussare. Dopo un paio di minuti sentii il rumore di passi dall'altra parte della porta e, con il cuore che batteva all'impazzata, la porta venne aperta dal ragazzo con cui avrei dovuto parlare. Lui rimase spiazzato alla mia vista, era talmente sorpreso di vedermi lì che trattenere il respiro. Non riuscivo a tenere lo sguardo su di lui, per questo lo indirizzai verso i miei piedi; ma percepivo i suoi occhi profondi su di me, ricchi di desiderio.
"Allora, non mi inviti ad entrare?" Gli chiesi con un filo di voce, trovando finalmente abbastanza coraggio per posare il mio sguardo su di lui.
"Ehm, sì, certo, entra pure." Si fece da parte per farmi spazio. Appena misi piede oltre la soglia, la nostalgia mi avvolse: conoscevo bene quella dimora, come se fosse la mia seconda casa. Tutto mi era familiare: i muri bianchi, i mobili scuri, le fotografie e lo stile minimalista ed ordinato dei suoi genitori.
"Vuoi sederti?" La voce tremante di Logan mi fece tornare l'attenzione su ciò per cui ero andata là.
"Va bene." Dissi incerta, accomodandomi.
Sembrava diverso dal ragazzo timido e gentile che avevo conosciuto: vestita con colori scuri; il cappuccio calato sulla testa nascondeva in parte gli occhi, rendendoli ancora più scuri e profondi; le occhiaie erano l'unico tocco di colore sul viso pallido, lo sguardo triste e sconsolato.
Ritornò quel silenzio pietoso, fatto di respiri trattenuti e profondo timore nell'aprire bocca.
Alla fine, parlò lui per primo: "Perchè sei qui?" Quelle parole suonarono come una supplica, come se mi stesse chiedendo di non fargli male con la mia presenza, quando sapeva di non poterla sfruttare.
"Volevo parlarti io questa volta," gli dissi, deglutendo. "e tu mi ascolterai."
Si limitò ad annuire, fissando il suo sguardo negli occhi.
"Mi dispiace di non averti detto subito la verità," iniziai, sentendo un groppo formarsi in gola pensando a quando aveva scoperto tutto sulla morte di suo fratello. "è solo che avevo paura che tu mi lasciassi dopo averla scoperta, anche se non c'entravo niente con la morte di Lu..." Mi strozzai, non riuscendo a dire il suo nome.
"Non ti devi preoccupare, non era colpa tua." Cercò di rassicurarmi; alzò una mano come per accarezzarmi la guancia, ma la bloccò a metà strada e la riabassò dopo qualche secondo con lo sguardo abbattuto.
"Fammi parlare, o non ce la farò a dirti tutto." Misi una mano avanti, aspettando che lui annuisse di nuovo per ricominciare a parlare: "Ho sperato fino in fondo che tu tornassi, ma i giorni passavano lenti e tu non tornavi indietro. Non tornavi da me." Le lacrime ormai bruciavano per uscire, e di sicuro l'avrebbero fatto prima o poi, era solo questione di tempo. "Ma poi, quando ti ho visto alla festa baciare Abigail dopo un mese che non ti facevi sentire, qualcosa dentro di me si era spezzato, un filo che teneva appeso il mio cuore è stato staccato, facendolo cadere e frantumandolo così in mille pezzi." Ed ecco che vinsero le lacrime, strozzandomi ma facendo capire lo stesso ciò che volevo dire. "È vero, ho sbagliato anch'io perchè ho baciato Jason, ma è stata solo una reazione instintiva al dolore che mi avevi causato, avevo bisogno di qualcuno, ed in quel momento c'era Jason." Abbassai lo sguardo incapace di continuare a sostenere il suo e lo posai sulle mani. Erano tremanti. "Poi, quando sei venuto a dirmi di stare lontana da Abigail -che era la tua ragazza- e mi hai baciato, io non ci ho capito più niente; ancora meno quando mi hai baciata di nuovo dietro la scuola nella zona fumatori. Credo di non averti mai dimenticato." Feci un respiro profondo e rimasi in silenzio, cercando di fargli capire che avevo finito e che aspettavo solo una sua risposta.
Mi parve di rimanere in quel modo per un tempo infinito, fin quando Logan non allungò una mano per stringere le mie in grembo, che stavano tremando. Le strinse forte, facendo così non notare più il loro tremore. Alzai lo sguardo e vidi dei segni umidi sulle guance e gli occhi luccicare.
"Mi dispiace per tutto quello che ho fatto," sentivo dalla voce che aveva un groppo anche lui in gola. "ma non me ne rendevo conto. Non so quante volte vuoi che mi scusi, ma se servirà a farmi perdonare, lo farò. Io ti ho perdonata per avermi nascosto la verità." Lo fissai, trovando le parole giuste da dire, ma non c'erano bisogno di frasi perfette prese dai libri, dai film o dalle canzoni, bastavano cinque semplici parole per ricominciare a comporre quel puzzle caduto e rotto. "Ma io ti ho perdonato."
Logan, fece un mezzo sorriso di sollievo, mettendosi quasi a ridere e, piano piano, cominciò ad avvicinarsi al mio viso.
"Fermo." Lo avvisai, posandogli una mano sul petto e allontanandolo, ricevendo uno sguardo interrogativo da parte sua. "Ho detto che ti posso perdonare, ma la mia fiducia te la devi riguadagnare se la vuoi."
"Intendi dire: ricominciare da capo?" Domandò triste e un pizzico deluso lui, facendo scivolare via la mano che stava stringendo le mie non più tremanti.
"Sì Logan, intendo dire che dovrai farmi innamorare di nuovo di te. Ti do un vantaggio però, comincierai con l'essermi amico." Mi alzai in piedi, cominciando ad incamminarmi verso la porta; ma una volta che vi fui di fronte, lui mi richiamò.
"Vanessa, aspetta." Mi girai verso di lui, vedendolo alzarsi e poi andare nella mia direzione. Non disse parole, ma i fatti Parlarono al suo posto: mi prese per un braccio per attirarmi più vicino a sè e mi strinse in un abbraccio da mozzare il fiato a chiunque. All'inizio rimasi sorpresa dal gesto, ma quando mi resi conto della situazione, ricambiai l'abbraccio premendo il viso contro la sua spalla e inalandone l'odore: mi era mancato quel pizzico di limone che mi solleticava ogni volta il naso.
Mi lasciò un bacio sulla testa prima di staccarsi, per poi aprire la porta.
"Allora, ci vediamo domani a scuola." Lo salutai, incamminandomi per il vialetto.
"A domani." Lo sentii dire, prima che la porta si chiudesse.

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