Capitolo 25. L'attacco alla Dove Corporation

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Leonardo osservò l'edificio torreggiare dall'altro lato della carreggiata, mentre la sua compagna di viaggio abbandonava l'auto con le ruote a metà sul marciapiede, in un parcheggio che avrebbe fatto venire i brividi a un insegnante di scuola guida. Con le informazioni ottenute da suo padre, era stato semplice trovare l'indirizzo della sede della Dove Corporation; la zona era molto periferica e poco trafficata, adatta a quello che avrebbero dovuto fare senza il rischio di tirare in mezzo altre persone esterne alla vicenda.

Charlotte si allontanò di qualche passo dall'auto e si affiancò al mago, lanciando uno sguardo corrucciato al cielo: non c'era neanche una nuvola e il gigantesco astro espandeva tutta la sua luce e il suo debole calore senza filtri.

«Non mi è mai piaciuto il sole, neanche quando ero viva,» commentò la vampira, alzando il palmo per ripararsi gli occhi.

«Preferisci aspettare?» chiese Leonardo.

Charlotte scosse la testa e lui ne fu sollevato, dopotutto non avevano proprio tempo da perdere. Non aveva la minima idea di cosa Cailean volesse fare con i prigionieri, ma aveva il sospetto che c'entrasse in gran parte ciò che gli aveva raccontato il padre: l'immortale lo aveva minacciato di distruggere il mondo e Giorgio aveva avuto l'impressione che non fossero semplici parole intimidatorie. Leonardo temeva davvero che sua madre e gli altri prigionieri ricoprissero un ruolo centrale in quel progetto di distruzione, altrimenti perché darsi tanta pena per fare dei prigionieri quando avrebbe potuto ucciderli tutti con uno sforzo minore?

«Non mi servono i miei super poteri da vampiro, mi basteranno queste!» La francese indossava dei semplici abiti neri senza alcun disegno o motivo e, sopra la maglietta, aveva indossato una sorta di imbragatura di cuoio a cui erano legate due fondine da cui spuntavano due pistole scintillanti; a completare il quadro, una sottile spada le pendeva dalla cintura legata al fianco. Vista così, chiunque l'avrebbe potuta scambiare per una strana cosplayer di Zorro in versione femminile.

«Allora, andiamo?» sussurrò Leonardo.

Charlotte fece un ampio gesto con la mano e sorrise.

«Après vous, monsieur!»

Leonardo annuì, prese un profondo respiro e s'incamminò a passo leggere sul passaggio pedonale che attraversava la carreggiata; Charlotte lo seguiva come una silenziosa ombra. A pochi metri da loro si trovavano i brevi gradini che conducevano alla porta d'ingresso della Dove Corporation, controllati da un uomo alto e in completo elegante che stava fermo sul lato dell'ingresso, le mani raccolte sulla cintura. Erano a metà strada quando lui li notò: i suoi occhi chiari rimasero fissi per una frazione di secondo su Leonardo, per poi accendersi di un bagliore di riconoscimento. Mosse, veloce, la mano verso l'interno della giacca, ma il mago era già pronto a reagire: l'energia magica fluttuò dalla Trama verso di lui e gli si condensò intorno al corpo in un mulinare di aria compressa che il ragazzo scagliò in avanti; il turbinio sibilante fendette il vuoto per i pochi metri che li separavano e si abbatté con la forza di un uragano contro la guardia, lame d'aria mossa ad altissima velocità gli lacerarono vestiti e carne, alzandolo dal terreno e mandandolo a sbattere con forza contro la vetrata alle sue spalle, infrangendola in milioni di minuscole schegge. Il suono di vetri sbriciolati che crollavano a terra si riversò nella strada silenziosa, mentre il mago e la vampira poggiavano piede sul primo dei quattro scalini che li avrebbe portati davanti all'ingresso divelto.

«Avrei preferito più discrezione,» commentò Charlotte, estraendo una pistola.

Leonardo nascose una smorfia e si portò la mano al fianco, come se quel semplice tocco potesse far sparire il dolore che, dalla sera prima, non accennava ad abbandonarlo; ci sarebbe stato un altro momento per pensare alla salute, non poteva fermarsi e non poteva indugiare. La magia crepitava intorno a lui e piccole scintille di elettricità statica gli danzavano intorno alla mano e all'avambraccio coperto dalla sua giacca a vento preferita; gli riaffiorò il ricordo della promessa che aveva fatto solo pochi giorni prima e abbozzò un sorriso mesto: prima o poi sarebbe stato punito per aver infranto la parola data. Ma non aveva altre alternative, e Michela aveva provato a farglielo capire, seppur con i suoi modi bruschi: la magia era parte di lui e lui era parte della magia. Era nato per farne uso e niente avrebbe potuto cambiarlo; poteva scappare dalla Trama, ma non si sarebbe mai scrollato di dosso il peso del suo retaggio.

«Mi spiace, ho agito d'istinto,» rispose.

Davvero era stato lui a decidere? Negli ultimi giorni la magia sembrava operare di sua spontanea volontà, usando il suo corpo come tramite quasi senza chiedere il permesso. Poteva dire davvero di avere lui il controllo?

Con le vetrate ridotte in frantumi, la parete dell'ingresso della Dove Corporation sembrava una grossa voragine vuota; oltre di essa, nella spaziosa lobby, alcuni uomini si stavano avvicendando frenetici, lanciando richiami e urlando. Leonardo vide due uomini in completo nero fare capolino da un corridoio in fondo e un altro nascondersi dietro il banco della reception, mentre una donna terrorizzata si accaniva sulla pulsantiera di un ascensore; appena il mago e la francese misero piede sulle schegge di vetro che tappezzavano l'ingresso, i primi colpi di pistola esplosero contro di loro.

Con un movimento fluido, Charlotte si spostò di lato e trovò riparo dietro al grosso vaso di una sontuosa pianta ornamentale, mentre Leonardo fu lesto a evocare di nuovo la magia per circondarsi di un turbinio di fiamme scarlatte che ruggirono intorno a lui, fameliche, riempiendogli le orecchie con il loro crepitare; i proiettili si infransero, inutili, contro la temperatura solare del fuoco magico degli Archi e rovinarono sul pavimento mezzi liquefatti.

Leonardo sbirciò attraverso il bozzolo rovente che lo circondava e contò un totale di quattro uomini armati nella lobby del palazzo; si era ripromesso di non uccidere nessuno, dopotutto quelle persone non avevano idea di chi fosse il loro capo e cosa volesse ottenere, erano solo sottoposti pagati per compiere un lavoro che aveva risvolti che non potevano immaginare. Aveva fatto la stessa raccomandazione a Charlotte, poco prima di raggiungere la loro meta, e la vampira aveva risposto con un "meh" piuttosto deluso, ma lui sapeva che l'avrebbe accontentato. Difatti, come ulteriore prova che l'amica stesse frenando i suoi istinti, il primo colpo sparato dalla pistola raggiunse con precisione chirurgica il polso della guardia nascosta dietro il bancone; l'uomo cacciò un urlo e l'arma gli sfuggì di mano, mentre si buttava a terra reggendosi l'avambraccio sanguinante.

Un altro paio di proiettili fischiarono intorno a Leonardo che, circondato dal ruggito delle fiamme, sentì appena il fragore dello sparo; Charlotte rispose esplodendo due colpi in rapida successione, ma mancando il bersaglio e mandando i due proiettili a schiantarsi contro la parete. L'impiegata aveva rinunciato a prendere l'ascensore e si era rannicchiata a terra in posizione fetale, urlando e piangendo; sarebbe bastato un proiettile vagante per mettere a tacere le sue urla di terrore, quello scontro doveva essere concluso quanto prima.

Leonardo percepì l'energia arcana scoppiettargli intorno alle dita, mentre canalizzava quell'ultraterreno potere intorno ai polpastrelli tesi; spostò la mano in avanti e due saette disegnarono un'irregolare scia nella stanza, come fossero fulmini che avevano deciso di formarsi in orizzontale invece che in verticale; il boato del tuono che ne conseguì fu assordante e investì con violenza anche Charlotte e il giovane, mentre i due uomini armati che erano stati colpiti dalla scarica elettrica erano già riversi a terra senza conoscenza. Leonardo aveva dosato al minimo la potenza dell'incantesimo e sperava davvero che non fosse stato troppo.

Il riverbero del tuono non si era ancora affievolito che Charlotte balzò di lato per uscire dalla copertura improvvisata e sparò un singolo colpo contro l'ultima guardia che aveva deciso di provare a darsi a una fuga disperata, uscendo dal riparo dietro il semplice divano color crema e puntando verso l'imboccatura del corridoio davanti alla quale stavano riversi i suoi due colleghi. Il proiettile lo colpì nel ginocchio e, con un urlò di agonia, l'uomo rotolò a terra, andando a sbattere sgraziatamente contro la parete.

Lo scontro si era concluso in una manciata di secondi e Leonardo si sentì abbastanza sicuro da disperdere il bozzolo fiammeggiante che lo proteggeva; la lobby era caduta nel silenzio, rotto soltanto dal pianto disperato della donna e dalle urla di dolore dei due uomini che erano ancora svegli, ma senza dubbio non in condizioni da poter essere una minaccia. Charlotte avanzò facendo scricchiolare i vetri sotto le spesse suole delle scarpe ed estrasse la sua seconda arma per tenere entrambi gli uomini sotto tiro.

«Fate i bravi e tornerete a salutare le vostri mogli, questa sera,» minacciò, avvicinandosi alle porte chiuse dell'ascensore.

Leonardo fece qualche passo titubante verso l'uomo appoggiato alla reception: si teneva ancora il polso, perdeva molto sangue e non aveva proprio l'aria di uno che voleva rischiare la vita per l'uomo che gli pagava lo stipendio.

L'impiegata di mezza età che stava rannicchiata a terra lanciò un grido stridulo quando vide Charlotte avvicinarsi e strisciò convulsa sul pavimento, in un debole tentativo di fuga, ma la voce autoritaria della francese la paralizzò all'istante.

«Vale anche per te, tesoro: non muovere un muscolo e faremo finta di non averti neanche vista, oui

Un bip prolungato e sommesso si propagò nel silenzio della sala e le porte metalliche slittarono di lato, annunciando l'arrivo dell'ascensore. La cabina non era vuota: l'uomo vestito da militare imbracciava un fucile e sparò a bruciapelo alla prima cosa che vide; il colpo impattò contro la coscia di Charlotte. Il suo urlo di sorpresa si trasformò in un prolungato ringhio quando la vampira alzò la pistola e la scaricò contro il mercenario. La pallottola gli esplose in faccia e uscì dall'altra parte del cranio insieme a uno spruzzo cremisi che tinteggiò la parete dell'ascensore.

«Charlotte!» urlò Leonardo.

L'uomo in nero vicino a lui si gettò in avanti e afferrò la pistola con la sinistra, la puntò con mano tremante contro il ragazzo e premette il grilletto. Il proiettile gli sibilò vicino al viso e l'Archi si sentì la guancia bruciare e l'orecchio fischiare; lanciò un grido di dolore e barcollò all'indietro, mentre la vista gli si appannava, non tanto per la gravità della ferita, quanto per la sorpresa e per il dolore improvviso.

Quando era bambino aveva preso alcune lezioni di equitazione, ma aveva smesso subito perché si era accorto che non era proprio il suo sport: la muscolosa e imponente sagoma del cavallo lo intimidiva e, quando era in sella, non riusciva a dimostrare la giusta decisione per far sentire all'animale che era lui che comandava e non viceversa. "Le briglie ce le hai tu, non ce le ha Egidio!", così lo redarguiva l'istruttore. Beh, Egidio era il figlio di puttana più grande che il mondo equino avesse mai conosciuto, e solo un pazzo avrebbe pensato che sarebbe stata una buona idea dare lezioni a un bambino con quel cavallo: il quadrupede sembrava divertirsi a fare l'opposto di quello che Leonardo tentava di comunicargli, aveva anche nitrito in segno di scherno quando il gracile umano in miniatura aveva provato a spronarlo con un debole colpo di talloni. Egidio era ben conscio del fatto che le briglie le stesse reggendo lui, in realtà, e non Leonardo. Ecco, la sensazione che provò dopo essere stato colpito di striscio dalla pallottola gli ricordò le ore sprecate sul dorso di quel cavallo del cazzo. Bastò un secondo di smarrimento, un attimo di concentrazione persa, perché la magia gli strappasse le briglie dalle mani.

Il fuoco magico crepitò tre le mani per un solo istante, prima che un raggio di fuoco scarlatto si riversasse sull'uomo che gli aveva sparato. Le tremende urla di dolore e il nauseabondo odore di carne bruciata riportarono Leonardo alla realtà; agghiacciato da quello che stava succedendo, dovette lottare per tornare padrone della situazione ed estinguere l'incantesimo che aveva inconsciamente scagliato contro la guardia. Troppo tardi; lo spettacolo era da incubo: la sagoma umana si scorgeva appena attraverso le fiamme magiche che lo divoravano, le urla riempivano la sala e sovrastavano persino i singhiozzi incontrollati dell'impiegata riversa a terra; l'uomo si dimenava sul pavimento mentre pelle e carne venivano consumati dal terribile potere che il giovane Archi gli aveva scagliato addosso. Leonardo non riuscì a far altro che guardare, incapace di distogliere lo sguardo o persino di pensare; per un istante, il rogo a forma di umano si bloccò, la schiena inarcata, e le fiamme si diradarono abbastanza perché il mago potesse fissarne il volto: irriconoscibile, composto da carne carbonizzata che si staccava dalle ossa sottostanti, gli occhi ridotti a un liquido che colava dalle orbite vuote e spente. Si sentì urlare.

Lo sparo mise fine a tutto. Charlotte aveva puntato la pistola e aveva fatto fuoco contro l'uomo, in un gesto fin troppo umano che pose fine allo strazio di tutti i presenti. Il corpo cadde in avanti e rimase immobile, mentre le fiamme inestinguibili degli Archi continuavano a danzare sul suo corpo senza vita.

«Merde!» ringhiò Charlotte, avvicinandosi a Leonardo che si era appoggiato contro il bancone della reception per non crollare a terra. «Stai bene?»

Leonardo non rispose, non riusciva a staccare gli occhi da quello che aveva fatto, come ipnotizzato dalla danza delle lingue di fuoco.

Charlotte sibilò e si voltò ancora verso l'uomo ferito al ginocchio e l'impiegata in tailleur che sembrava avere una riserva infinita di lacrime.

«Bene, questo è quello che succede quando le persone non fanno quello che diciamo,» annunciò la francese, indicando il cadavere carbonizzato. «Siamo qui soltanto per il vostro capo, non createci problemi e noi non ne creeremo a voi.»

«Lui non c'è!» urlò la donna, tra un singhiozzo e l'altro.

Quella frase schiacciò Leonardo come un macigno. Annaspò alla ricerca d'aria e si voltò a fissare gli occhi rossi della donna.

«Come non c'è?» chiese Charlotte con la voce appena incrinata. «Dov'è?»

«In uno degli stabilimenti dell'azienda fuori Milano,» rispose l'ultima guardia rimasta cosciente; era a terra e si stringeva il ginocchio con entrambe le mani, mentre i suoi occhi scuri velati di terrore si alternavano a fissare la vampira e il mago.

Cailean non c'era. Era stato tutto inutile. Aveva ucciso in modo orribile una persona e non era servito a nulla. Venne investito di nuovo dall'odore di carne bruciata e lo stomaco gli si ribaltò, come se qualcuno l'avesse alzato di peso per i piedi e avesse iniziato a scrollarlo con forza; si voltò e stramazzò al suolo, raggiungendo un angolo nascosto dal banco della reception. Vomitò tutto quello che gli era rimasto dentro.

Charlotte sbuffò infastidita.

«Ecco perché odio lavorare con i novellini,» commentò.

Si chinò sui due superstiti e l'impiegata trattenne il fiato, come aspettandosi di morire da un momento all'altro.

«Ora mi direte dove trovare il Signor Dove e poi ce ne andremo,» aggiunse, alzando di qualche centimetro una pistola.

Leonardo tossì e si rialzò tremante, puntellandosi sul bancone. Si era svegliato quella mattina sentendosi una persona diversa, convinto di aver ritrovato la fiducia nelle sue capacità e nella Trama, come se avesse risolto un mistero che gli era rimasto sconosciuto per anni. Invece non era cambiato di una briciola, era ancora lo stesso idiota che aveva paura del potere che gli era stato concesso. Otto anni sprecati a temere la magia, otto anni buttati nel cesso per inseguire una stupida convinzione, credendo di onorare la memoria di suo padre... avrebbe potuto usarli meglio, avrebbe potuto imparare a tenere ben salde le briglie, e invece non era altro che un ragazzino messo su un cavallo troppo grande per lui, spaventato e caduto in preda al panico alla prima incertezza. Ed era finito per ammazzare qualcuno, senza neanche volerlo, senza neanche rendersene conto. Ancora una volta la magia aveva agito da sola, forse salvandogli la vita, ma dimostrandogli che non poteva tornare da lei dopo tutto quel tempo e pretendere che tutto fosse come prima. No, nulla sarebbe mai stato come prima.

Era così immerso in quei pensieri che neanche sentì Charlotte avvicinarsi, e sobbalzò quando la vampira gli toccò la spalla per richiamare la sua attenzione.

«La segretaria mi ha detto dove trovare Cailean,» disse la vampira, indicando l'impiegata in tailleur che si era alzata e si era data alla fuga lungo il corridoio. «Dobbiamo andarcene. Abbiamo fatto troppo chiasso e la polizia arriverà a momenti.»

Il ragazzo annuì, pallido in volto, e seguì la francese fuori dal palazzo. Attraversarono la strada di corsa, senza badare alle due auto che si erano fermate all'incrocio poco più avanti e ai loro conducenti che avevano abbassato il finestrino e stavano guardando fuori, tentando di comprendere la fonte del frastuono che avevano sentito poco prima. Il suono di sirene in lontananza fece accapponare la pelle a Leonardo e, per un istante, si vide chiuso in una cella per il resto dei suoi giorni. Che sarebbe stato un lasso di tempo molto breve, se non avessero fermato Cailean.

Salirono in auto e Charlotte partì facendo stridere gli pneumatici. La vampira guidava in silenzio e Leonardo non riusciva a fare nulla se non guardare fuori dal finestrino. Il silenzio fu interrotto dalla vampira, qualche minuto dopo.

«Dovremmo esserci allontanati abbastanza,» disse, poi fece un lungo sospiro e aggiunse «Caspita, che giornata!»

Il mago annuì, apprezzando quel tentativo di smorzare la tensione, ma dubitava che sarebbe bastato così poco per levargli dalla testa l'immagine del volto sciolto dell'uomo che aveva condannato al rogo.

«Scusami, Charlotte,» rispose, a mezza voce. «Io... io credevo che ce l'avrei fatta, ma...»

«Non puoi incolparti se non riesci a saltare su un ramo troppo alto per te,» lo interruppe la francese, e Leonardo si girò a cercare il suo volto.

«Cosa vuoi dire?» le chiese.

Lei non sorrise, né si voltò a guardarlo.

«Non voglio uccidere nessuno, non voglio far del male alle persone,» elencò, in risposta. «Non puoi pretendere di risolvere questa faccenda senza spargere del sangue. Cosa pensi di fare, una volta arrivato di fronte a Cailean? Gli chiederai gentilmente di tornarsene in Scozia a cantare The Bonnie Banks of Loch Lomond

Il mago non rispose, ma continuò a fissare il profilo della francese, mentre quelle parole gli rimbombavano nella testa.

«Non voglio uccidere nessuno è un obiettivo irraggiungibile nella nostra situazione,» continuò Charlotte, lanciandogli un'occhiata obliqua. «Hai deciso di saltare su un ramo troppo alto per te. Ovviamente non ci sei riuscito; ma non è colpa delle tue capacità, è colpa delle tue aspettative.»

«Io non sono come te, Charlotte,» rispose Leonardo, voltandosi di scatto per nascondere gli occhi umidi. «Io non... non ce la faccio a—»

«Pensi che per me sia facile?» lo interruppe lei, aspra. «Il fatto che non sia più viva non significa che abbia dimenticato cosa voglia dire. È ancora peggio, per me. Quando uccido qualcuno ripenso sempre a com'era essere viva, e ricordo la sensazione di quando sono morta. L'unica cosa a cui riuscivo a pensare era che non volevo andarmene, che non volevo lasciare le persone che amavo e che avrei fatto qualsiasi cosa per stare con loro di più. Quello che ho sentito io è la stessa cosa che provano tutte le persone di fronte alla bocca di una pistola. Aver provato quella paura viscerale prima di morire ed essere ancora viva per ricordarlo è lo strazio più grande della mia intera esistenza.»

Leonardo abbassò il capo e strizzò le palpebre, in un vano tentativo di scacciare le lacrime e desiderò non aver mai parlato. Idiota, non era altro che un idiota.

«Uccidere, talvolta, diventa un bisogno, non una scelta,» continuò lei, imperterrita, come se sapesse che quelle parole stavano percuotendo il suo compagno come un randello. «Prima o poi l'umanità arriverà a un punto in cui questa necessità non esisterà più. Almeno spero.»

Ridacchiò, in un altro tentativo di alleggerire l'atmosfera pesante che si era creata nell'auto. Leonardo sospirò a pieni polmoni e annuì. Non si sarebbe mai abituato all'idea di essere diventato un assassino, ma Charlotte aveva ragione: se l'istinto non avesse preso il sopravvento, non avrebbe potuto far altro che guardare quell'uomo puntare la sua arma e sparargli ancora. Spostò la mano verso la guancia per toccarsi il graffio superficiale che il proiettile gli aveva disegnato; aveva sanguinato leggermente, ma poteva dirsi molto fortunato. La guardia che aveva ucciso non si era fatta alcuno scrupolo a esplodere quel colpo contro di lui e la magia aveva agito per difenderlo nel modo più rapido ed efficiente. Uccidere o venire uccisi, la dicotomia più antica del mondo. Avrebbe preferito prendere lui quella decisione, senza perdere il controllo o lasciare che fosse la Trama a decidere per lui, ma, ancora una volta, doveva la vita a quel misterioso potere. Possibile fosse tutta solo una questione d'istinto? La magia era stata richiamata dal suo inconscio spirito di conservazione, o c'era stato qualcosa di diverso a muoverla per lui? La risposta lo spaventava a morte.

«Grazie,» disse Leonardo, voltandosi a incrociare gli occhi di Charlotte.

Lei, in risposta, scrollò le spalle e girò bruscamente il volante per seguire la strada.

«Preparati, perché non sarà facile come prima,» lo avvisò la vampira.

Ah, era stato facile? Leonardo si sistemò gli occhiali sul naso e puntò lo sguardo fuori dal parabrezza: avevano lasciato la città per imboccare la tangenziale ovest, il metodo più semplice e rapido per spostarsi lungo le zone periferiche della grande metropoli. Non aveva capito dove fossero diretti, ma la francese sembrava sapere dove andare. Abbassò lo sguardo sulle mani e ricordò la sensazione di formicolio che il fluire dell'energia magica gli causava. L'immagine degli occhi ricolmi di terrore di Michela gli si materializzò nella mente; gli occhi di chi guarda il proprio assassino compiere la propria opera. Alla fine ci aveva visto giusto sugli Archi. Chiunque utilizzasse la magia in quel modo non poteva che trasformarsi in un pericoloso assassino, uno sterminatore di esseri viventi.

Gli ci era voluto del tempo, ma alla fine anche lui aveva raccolto l'eredità della sua famiglia. Era un Archi a tutti gli effetti, ora.

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