Capitolo 5. Un souffle de vie - (Un soffio di vita)

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La città di Millstorm conta più o meno una decina di migliaia di persone, la maggior parte di loro vive qui da generazioni; la città dà sull'oceano Atlantico, siamo una delle città più a nord, non molto distanti da Ocean City e ad ovest di Berlin. Personalmente avrei preferito abitare nell'entroterra, a Baltimora per esempio, circondato dalle foreste e le montagne, al riparo da eventuali uragani. Cammino a passo svelto nella speranza di riscaldarmi presto, svolto sul viale principale che porta al molo, arrivo fino all'ultima banchina. Quella banchina.

Controllo il telefono, 20 minuti; ci ho impiegato 20 minuti da casa mia per arrivare fino a qui, dopo secondo il rapporto della polizia avrebbero trovato le mie scarpe ed il pacchetto di sigarette. Mi siedo stando molto attento dall'avvicinarmi al bordo, per quanto ne sappia la mia caduta potrebbe essere dovuta ad un cedimento dell'impalcatura. Dicono che se ripeti una bugia talmente tante volte poi finisci per crederci anche tu, eppure per quanto continui a rinnegare di essermi gettato volontariamente a morte certa, una minuscola voce dentro di me insiste. In questo freddo tardo pomeriggio di fine gennaio sono qui, al molo, in attesa di un segno, di qualcosa che possa farmi scattare un ricordo, una sensazione, qualsiasi cosa. Il vento mi graffia la faccia e le mani, decido di aspettare ancora, non voglio arrendermi. Ultimamente più mi concentravo sui giorni antecedenti al mio incidente e meno ricordavo, il buco nero nella mia memoria si stava allargando a macchia d'olio. Domani sera Alex avrebbe voluto andare al cinema, ma visto che mia madre riparte domattina, verrà a stare da me. Ha passato le ultime due settimane a farmi da chauffeur; ho preso degli accordi con la signorina Williams ed Alex, incontrerò il signor James Evans, un incontro a titolo informativo ancora da stabilire, Alex avrebbe smesso di sentirsi in dovere di portarmi a scuola e la signorina Williams non avrebbe messo in mezzo mia madre. Purtroppo per me anche Alex voleva che facessi questo percorso di riappacificazione con l'acqua, ovvero che prendessi della dannatissime lezioni di nuoto; nemmeno l'ipotesi di frequentare un college nel bel mezzo del deserto avrebbe potuto dissuaderli dalla loro posizione. Malinconico mi rialzo e mi avvio verso casa.

Sono a pochi passi da casa quando vedo qualcuno di fronte alla porta della signora Lopez, seduto sulla sua veranda, sta fissando casa mia. Avvicinandomi mi accorgo che la signora Lopez è seduta accanto all'individuo, che più alto di lei la sovrasta celandola alla mia vista. Da quanto ne so la sua famiglia è rimasta in Spagna dopo il divorzio, in Europa; all'epoca i suoi figli erano già sposati, così per lei non fu troppo difficile andarsene, si vedono quasi ogni anno per la festa americana del ringraziamento. I due sembrano divertirsi molto, sorseggiano qualcosa di fumante, probabilmente della cioccolata calda alla menta peperita penso. La voce del ragazzo è molto calda, noto che ha i capelli corti.

Sto per mettere la chiave nella serratura quando le loro voci s'interrompono bruscamente.

<< Ethan caro, vieni qui per favore. Questo gentile ragazzo deve parlarti! >>. Urla la signora Lopez.

Attraverso di corsa il vialetto e salgo le poche scale che mi separano dalla veranda. Non conosco questo ragazzo, mentre mi avvicino mi fissa, come a volermi lanciare una sfida. Si alza e mi tende la mano, anche la sua pelle è bianca quasi quanto la mia, i capelli di un biondo chiarissimo, ma a colpirmi di più sono i suoi occhi, hanno un colore indefinito tra il verde ed il viola. Un sorriso beffardo attraversa la sua faccia. Allungo la mano senza convinzione ancora rapito dai suoi occhi, devo trattenermi per non stare sulle punte così da essere alla stessa altezza di quei due piccoli smeraldi accarezzati da venature color ametista.

<< Devi essere il signor Ethan White, molto piacere, io sono il Signor Evans, ma puoi chiamarmi James. Dopotutto abbiamo pochi anni di differenza, non è da molto che ho finito il college >>.

La sua stretta è salda, la sua mano è calda mentre la mia è congelata; sono consapevole di dover rispondere ma sono troppo sorpreso. Intuendo dalla mia faccia che per ottenere una risposta ci sarebbe voluto ancora tanto tempo prosegue senza lasciar andare la mia mano, anzi ci mette sopra anche l'altra, come se volesse scaldarmi.

<< Sono a conoscenza del tuo astio verso questo programma e non ho certo intenzione di convincerti del contrario questa sera. Come stavo raccontando alla signora Maria, qualcuno deve avermi dato il numero sbagliato >>. Mi fa l'occhiolino.

Arrossisco, sapevo che prima o poi dalla segreteria avrebbero capito l'imbroglio, ma non pensavo certo sarebbe venuto a cercarmi a casa. La sua bellezza è innegabile, quando parla trasuda persuasione, e così sarebbe lui il mio angelo custode della rehab.

<< Ethan, se sei d'accordo potrei chiamarti lunedì per darti il primo appuntamento >>.

La signora Lopez lo interrompe per chiedergli qualcosa, lui si volta, interrompendo quel contatto visivo così vorace, mi sento di nuovo padrone dei miei pensieri, ma cos... Come si permette, non dovrebbe essere qui, ma soprattutto cosa ci faccio io ancora qui.

<< Non si deve permettere di venirmi a cercare a casa mia, nessuno può costringermi a fare terapia con lei, quindi ha buttato via il suo sabato aspettandomi qui al freddo >>. Sibilo tutto d'un fiato.

Nel suo sguardo non c'è rabbia e nemmeno risentimento, al contrario di quella della signora Lopez, lei non ammette la maleducazione, così facendo ho infranto la sua regola d'oro, sotto il suo stesso tetto per di più.

<< Mi avevano avvisato del tuo frizzante caratterino Ethan >>.

L'occhiolino sta volta è indirizzato alla signora Lopez.

La goccia che fa traboccare il vaso, ma chi crede di essere non siamo mica amici, non può parlarmi come se fossi un bambino, che caratterino frizzante, te lo faccio vedere io il caratterino frizzante. Il suoi occhi, le sua mani calde, il suono della voce, tutto in lui mi aveva ammaliato, quelle venature color ametista nei suoi occhi; adesso mi sentivo minacciato dalla sua presenza, non fidarti, non guardarlo negli occhi e vattene.

<< Visto che vuoi giocare la parte dell'amicone, ti parlerò come se lo fossi >>. Sorrido raggiante. 

<< Vaf-fan-cu-lo James >>. Sillabo compiaciuto.

un'uscita di scena perfetta, mi sarei scusato con la signora Lopez l'indomani. Sulla soglia di casa mi sento afferrare brutalmente per un braccio, sono costretto a girarmi, è ancora lui. Mi mozza il fiato, con un braccio mi torce il braccio dietro la schiena immobilizzandomi, mentre con l'altro mi tappa la bocca facendomi segno di tacere. Ora sono spaventato, i suoi occhi s'impiantano nella mia anima, mi sento completamente nudo sotto quello sguardo inumano e incapace di reagire.

<< Ascoltami bene adesso, andrai a casa, ti farai una doccia fredda, vedrai che ti sentirai meglio >>. La sua voce è piatta ma tradisce il suo stato d'animo inquieto.

<< Dormirai, e domani mi chiamerai per fissare questo fottuto incontro altrimenti non sarai mai abbastanza... Lascia perdere, adesso vai! >>. Sputa le ultime parole come se fosse un'automa.

Ancora incapace di parlare apro la porta, salgo in camera, mi tolgo i vestiti ed entro in doccia, non so quanto tempo passi prima che mia madre blateri qualcosa sul costo delle bollette bussando alla porta. Mi alzo ancora intorpidito, spengo il getto d'acqua gelida e torno in camera, ancora fradicio mi metto sotto le coperte. Non ho freddo, dal nostro incontro conservo ancora il calore trasmesso delle sue mani, si è propagato nel mio corpo, come soffice soffio di vita. Non riesco a pensare, non riesco a fare nulla ma ho improvvisamente tanto, tanto sonno. Per la prima volta in settimane mi addormento e dormo tutta la notte, nessun incubo, alcun sogno solo la quiete.

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