Capitolo 7. Les yeux - (Gli occhi)

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I suoi baci sono dolci, velati di lussuria, disseminano una pioggia di piacere in tutto il mio corpo, le sue mani sui miei fianchi m'immobilizzano contro il muro, le mie giocano con i suoi capelli. Quella mattina mi ero svegliato all'improvviso, freddo come il ghiaccio. Avevo indossato una felpa e messo un'altra coperta ma non era bastato, anzi, il freddo si era trasformato in dolore. Non volevo svegliare Alex così tremante mi ero trascinato nel bagno, sull'orlo delle lacrime avevo seguito il mio istinto, entrato in doccia mi ero abbandonato sotto al getto d'acqua fredda. Tempo dopo mi ero alzato, mi ero tolto i vestiti e li avevo nascosti nel cesto della biancheria, tornando verso la doccia Alex era entrato in bagno e senza dire una parola mi aveva fatto segno di rientrare in doccia. Baciandolo anche l'ultimo barlume di dolore svanisce, lui è così caldo, quel calore, lo voglio, mi appartiene. Mi appoggio al suo petto, mi sento così dannatamente bene. Nonostante l'estasi che sto provando non posso fare a meno di chiedermelo, da quanto provava qualcosa per me, per quanto sono rimasto cieco d'innanzi al suo affetto, non so se sarò in grado di restituirgli tutto quell'amore che gli leggo negli occhi. Lui per me è il primo, nemmeno sapevo che il mio primo bacio sarebbe stato con un ragazzo, figuriamoci tutto quello che ne comporta una relazione. Lo sento, si trattiene dall'osare di più, Alex non è un tipo da prima base, vorrei tanto concedertelo quel qualcosa in più, credimi, ti desidero anch'io ma non sono pronto.

<< Smettila, faremo tardi a scuola >>. Lo dico senza convinzione.

Alex continua a baciarmi la spalla, sale, le nostre la labbra si incontrano.

<< Ancora due minuti >>. Mormora stringendomi a lui e continuando a baciarmi.

Nemmeno io vorrei lasciare le sue braccia ma questa mattina ho un appuntamento con la signorina Williams. A malincuore esco dalla doccia, Alex mi segue con il broncio, gli sorrido e gli passo un asciugamano, con un altro inizio ad asciugargli i capelli. Ci guardo, guardo i nostri riflessi nello specchio, non fargli del male dico rivolto al mio riflesso.

<< Com'è che io sembro distrutto e tu invece risplendi? Qual è il tuo segreto Ethan? >>.

Sei tu a rendermi così, vorrei dirglielo ma non è qualcosa che normalmente direi, anzi, questa risposta è più nelle corde di Alex.

<< Siamo in vena di complimenti eh? >> Ironizzo.

Però è vero, sembra stanchissimo, gli occhi sono cerchiati come se non avesse dormito in tutta la notte, un filo di barba gli ricopre il mento salendo timida verso le gote, restava comunque un bellissimo ragazzo e nessuno avrebbe affermato il contrario. Più lo guardo più una parte di me, lontana, si sente colpevole per qualche assurda ragione. Esco dalla stanza, passando di fianco allo specchio mi soffermo un ultimo momento, mi guardo e c'è qualcosa di diverso, di strano. Mi avvicino al me riflesso, mi scruto quasi truce per qualche secondo, cosa cavolo ha la mia faccia? Ecco cos'è, i miei occhi, sono cambiati, dentro il blu dell'iride ci sono come degli strani capillari, sono sottili ma di un brillante color ametista, come gli occhi di James. Da dove saranno saltati fuori? È forse una qualche trasformazione dovuta alla pubertà o semplicemente gli ormoni che mi danno alla testa e mi fanno avere le allucinazioni dopo le effusioni con Alex? Oppure provo solo invidia per gli occhi del signor Evans perché vorrei averli così anche io? Per ora saranno l'ultima delle mie preoccupazioni, ci pensa già la signorina Williams a incupire il mio umore.

                             ...

<< Ho saputo dal signor Evans che mercoledì si terrà la vostra prima seduta. Sono contenta che abbia capito l'importanza e l'urgenza di questo intervento >>. Commenta la signorina Williams.

Sto ancora pensando ai miei occhi. È strano, una volta arrivato a scuola sono corso nei bagni per controllarli nuovamente, ma in loro regnava un calmo oceano blu. Non so cosa pensare, Alex non aveva notato nulla, forse me lo sono immaginato. Nemmeno la voce squillante della consulente scolastica riesce a destarmi dai miei pensieri.

<< Signor White? >>.

<< Si assolutamente >>. Rispondo ancora sovrappensiero, sperando che questa risposta mi salvi da ulteriori domande in merito.

<< Signor White, forse lei non sarà ancora pienamente convinto dei benefici che potrà ottenere confrontandosi con il signor Evans. Sappia che questi è laureato in psicologia e la sua specializzazione si basa in un trattamento di riabilitazione ambientale, che consiste nel accompagnare il paziente, lei dunque, ad avere un rapporto pacifico e sicuro con l'elemento che ha causato il trauma. Nel suo caso specifico sarebbe portato a costruire un rapporto calmo e controllato a contatto con l'acqua; imparare a nuotare è solo uno dei tanti traguardi che l'aspettano >>.

Sbuffo e azzardo nuovamente la risposta.

<< Cercherò di fare del mio meglio >>. Taglio corto.

Cerco di assecondarla, probabilmente l'unico traguardo raggiunto sarà mettermi in costume senza sentirmi ridicolo, vista la scelta offerta da Alex.

La signorina Williams prorompe in uno dei suoi grandi sproloqui, parla del college, della vita e molto altro, io faccio finta di ascoltare annuendo di tanto in tanto; dovrei dirle dei miei dolori, di quel senso di vuoto con cui convivo, delle notti insonni, ma temo chiederebbe una perizia psichiatrica approfondita sul mio caso. Quella fame, quel desiderio che mi corrompe, che s'infrange come lava ardente nei miei pensieri, che mi tormenta, lasciandomi assetato. Forse confondo tutto, quello che sto cercando è l'amore ma quello che sento ultimamente è la paura di restare da solo, il freddo manifesta la sofferenza che alberga nel mio cuore, mentre il conforto che ricerco in quelle lunghe docce, aggrappandomi ad ognuna di quelle gelide gocce, espongono il trauma nella sua forma più subdola portandomi a cercare di rivivere quella terrificante notte, dove l'oceano ha cercato di inghiottirmi.

Conclusa la chiacchierata del lunedì con la consulente scolastica, mi precipito a francese. Sono in ritardo, accanto al mio solito posto si è seduta una ragazza, un morbido caschetto le mette in risalto il viso dai tratti duri, rossetto rosso e vestiti di marca, sicuramente una cheerleader, sospiro sedendomi accanto a lei. Cerco di ignorare le sue continue occhiate e seguire la lezione, ma miss caschetto mi sta davvero innervosendo.

<< Maintenant, monsieur White, voulez-vous dire quelque chose au sujet de M. La Fontaine? >>. Domanda la professoressa Argent.

La professoressa mi stava chiedendo di esporre di fronte alla classe il mio elaborato sullo scrittore francese La Fontaine, me l'ero completamente dimenticato con tutto quello che era successo durante il week-end con Alex. Miss caschetto fa scivolare i suoi appunti sotto il mio naso, salvandomi all'ultimo secondo. La sua calligrafia è molto delicata, arriccia spesso alcune lettere, pur restando ordinata.

Mi schiarisco la gola e tenendo gli appunti nascosti sotto il braccio spiego la natura delle favole scritte da La Fontaine, di come avvenga la bestializzazione dell'uomo e di come questi si faccia sotto un certo aspetto animale per poter insegnare ad altre persone, letto diversamente "un percorso che ha costruito il potere di alcuni uomini sugli altri". Queste ovviamente non sono parole mie, ma i geniali pensieri di Miss caschetto.

Sussurro un grazie alla mia salvatrice, porgendole i suoi appunti.

<< Non preoccuparti, non sono gelosa del mio genio. Mi chiamo Lauren, sono del terzo anno ma frequento questo corso avanzato di francese insieme a voi fortunelli dell'ultimo anno >> esclama sorniona.

<< Ethan, molto piacere. Non sminuirti, non tutti l'avrebbero fatto, ti sono debitore>>.

<< Non farti ingannare dall'aspetto, non appartengo al gruppo delle cheerleaders, sono sicura che l'hai pensato non appena mi hai visto!>> dice ridendo. La sua voce è squillante e la sua risata contagiosa.

<< Hai ragione Lauren, scusami tanto. Ora che ti osservo meglio, gli stivali alti e il top a righe rimandano ad uno stile molto chic et français >>.

<< Très bien, che ne dici di bere un caffè più tardi? >> propone timidamente Lauren.

<< Ragazzi, se proprio dovete parlare ignorando la mia lezione que ça soit en français au moins! >> ci riprende la professoressa.

In silenzio guardo Lauren e mimo oui con le labbra, Alex sarebbe stato preso dagli allenamenti extra in vista della partita di venerdì, mi avrebbe fatto bene stare con qualcuno. Bevo dell'acqua, da quando sono arrivato a scuola ho già riempito tre volte la stessa bottiglietta eppure mi sembra di non placare mai veramente la sete. Guardo ancora Lauren, i suoi occhi sono verdi come quelli di James, ma privi di quelle caratteristiche sfumature ametista che tanto si sono impresse nella mia mente. 

Lauren si rivela essere la "ragazza della porta accanto", dopo aver preso un caffè decidiamo di scambiarci i numeri, si è offerta di darmi una mano con francese, che purtroppo resta la sola nostra materia in comune essendo lei al terzo anno.

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